sabato 23 luglio 2016

Santo Apollinare, primo vescovo di Ravenna



La basilica di Sant'Apollinare in Classe è una basilica situata a circa 5 chilometri dal centro di Ravenna. È stata costruita nella prima metà del VI secolo; fu consacrata nel 549 dal primo arcivescovo Massimiano ed è stata dedicata a sant'Apollinare, il primo vescovo di Ravenna[1].
Nell'ottobre del 1960 papa Giovanni XXIII la elevò alla dignità di basilica minore[2].
La basilica è inserita, dal 1996, nella lista dei siti italiani patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, all'interno del sito seriale "Monumenti paleocristiani di Ravenna". È di proprietà statale, in gestione al Polo museale dell'Emilia-Romagna
Nel 2015 è stato il monumento più visitato in Emilia-Romagna[3] con 156.368 visitatori.

Esterno

La basilica è a tre navate con corpo mediano rialzato e abside poligonale affiancata da due cappelle absidate.
La facciata, in parte rifatta come altre parti della chiesa, è preceduta da un nartece, sotto cui ci sono marmi ed iscrizioni, che originariamente era un quadriportico, ed è alleggerita dall'apertura di una trifora. Gli stipiti e l'architrave del portale sono in marmogreco.
A sinistra della chiesa c'è il campanile del IX secolo che si alza con la sua forma cilindrica, mentre le finestre, dal basso verso l'alto, prima sono monofore, poi bifore e infine trifore. Questo accorgimento permette di rendere l'edificio più stabile e leggero, in modo che possa reggersi senza crollare.

Interno

All'interno della basilica le pareti sono spoglie, eccetto la zona absidale, ricoperta da mosaici, risalenti a epoche diverse. Al centro della basilica, sul luogo del martirio del santo, è collocato un altare antico.
Tutta la decorazione del catino absidale risale circa alla metà del VI secolo e si può dividere in due zone:
Nella parte superiore un grande disco racchiude un cielo stellato nel quale campeggia una croce gemmata, che reca all'incrocio dei bracci il volto di Cristo dentro un medaglione circolare. Sopra la croce si vede una mano che esce dalle nuvole, la mano di Dio. Ai lati del disco, le figure di Elia e Mosè. Ai lati, in mezzo a nubi, si trovano i simboli alati degli evangelisti (tetramorfo): l'Aquila (Giovanni), l'Angelo (Matteo), il Leone (Marco), il Vitello (Luca). I tre agnelli, che si trovano spostati un po' verso il basso, proprio all'inizio della zona verde, con il muso rivolto verso la croce gemmata, simboleggiano gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni: siamo probabilmente di fronte alla rappresentazione della Trasfigurazione sul Monte Tabor.
Nel ciclo dei miracoli, le scene non seguono un preciso ordine cronologico e sono stati tralasciati importanti episodi della vita di Gesù; mentre ne compaiono altri che costituiscono un unicum nell'arte paleocristiana, quali la “parabola del Fariseo e del Pubblicano”, la “guarigione del paralitico di Cafarnao”, o che comunque sono molto rari, come la “guarigione dei due ciechi di Gerico”, oppure “l'obolo della povera vedova”.
Nel ciclo della Passione mancano invece le scene della flagellazione e della Crocifissione, considerate infamanti dalla religione ariana.
Nella zona inferiore si allarga una verde valle fiorita, con rocce, cespugli, piante e uccelli. Al centro si erge solenne la figura di Santo Apollinare, primo vescovo di Ravenna, con le braccia aperte in atteggiamento orante, cioè ritratto nel momento di innalzare le sue preghiere a Dio perché conceda la grazia ai fedeli affidati alla sua cura, qui rappresentati da dodici agnelli bianchi.
Nei rinfianchi dell'arco vi sono due palme, che nella letteratura biblica sono emblema del giusto. Sotto a queste si trovano le figure degliarcangeli Michele e Gabriele, con il busto di San Matteo e di un altro santo non chiaramente identificato, di esecuzione più tarda (primo XII secolo).
Negli spazi tra le finestre sono rappresentati quattro vescovi, fondatori delle principali basiliche ravennati: Ursicino, Orso, Severo ed Ecclesio, vestiti in abito sacerdotale e recanti un libro in mano.
Ai lati dell'abside si trovano due pannelli del VII secolo: quello di sinistra, molto rimaneggiato, riproduce l'imperatore bizantinoCostantino IV(668-685), mentre conferisce i privilegi per l'autocefalia della Chiesa ravennate a Reparato, un inviato dell'arcivescovo Mauro.
Nel pannello di destra sono rappresentati AbramoAbele e Melchisedec attorno ad un altare mentre offrono un sacrificio al Signore.
La scelta del tema è strettamente legata alla lotta all'arianesimo, poiché ribadisce la natura umana e non divina di Gesù Cristo, quest'ultima negata dagli ariani. Nell'episodio della risurrezione di Lazzaro nel quale, secondo il Vangelo di Giovanni (Giov, 11, 41-42) Cristo prega il Padre di concedergli il miracolo, si afferma il precetto di fede ariano della subordinazione del Figlio al Padre. Nei pannelli con le scene cristologiche, il Maestro non ha l'abbigliamento consueto della iconografia cristiana, anzi veste abiti di porpora, così come abiti regali vestono la Vergine e il Cristo assisi sul trono nella fascia inferiore.
Inoltre la rappresentazione di Apollinare tra gli apostoli figurati era una legittimazione per Massimiano come primo arcivescovo di una diocesi direttamente collegata ai primi seguaci di Cristo, essendo Apollinare, secondo la leggenda, discepolo di San Pietro.
Restauri hanno permesso di scoprire una sinopia al di sotto dei mosaici del catino, scoprendo come il tema decorativo, già con fiori, frutta e coppe con uccelli, venne completamente cambiato proprio in occasione della necessità di celebrare il raggiunto rango di arcidiocesi.
Lungo i muri della basilica sono sistemati numerosi sarcofagi databili dal V all'VIII secolo. Essi danno la possibilità di valutare i cambiamenti di stile che ci sono stati nel corso dei secoli. Dai rilievi, di straordinaria plasticità, con figure umane, dei sarcofagi romani, si passa alle simbologie bizantine, quindi alla sempre maggiore astrazione e semplificazione di tali simbologie.
I ritratti degli arcivescovi ravennati, dipinti nei muri della navata centrale, in gran parte furono eseguiti durante il XVIII secolo.