domenica 10 luglio 2016

L'AMORE MIRA ALL'ETERNITA'

 Il dovere di amare

5. C'è un altro insegnamento che ci viene dall'amore di Dio manifestato nella croce di Cristo. L'amore di Dio per l'uomo è fedele ed eterno: "Ti ho amato di amore eterno", dice Dio all'uomo nei profeti (Ger 31, 3), e ancora: "Alla mia fedeltà non verrò mai meno" (Sal 89, 34). Dio si è legato ad amare per sempre, si è privato della libertà di tornare indietro. È questo il senso profondo dell'alleanza che in Cristo è divenuta "nuova ed eterna".

Nell'enciclica papale [Deus caritas est] leggiamo: "Fa parte degli sviluppi dell'amore verso livelli più alti, verso le sue intime purificazioni, che esso cerchi ora la definitività, e ciò in un duplice senso:  nel senso dell'esclusività - "solo quest'unica persona" - e nel senso del "per sempre". L'amore comprende la totalità dell'esistenza in ogni sua dimensione, anche in quella del tempo. Non potrebbe essere diversamente, perché la sua promessa mira al definitivo: l'amore mira all'eternità" (12).

Nella nostra società ci si domanda sempre più spesso che rapporto ci può essere tra l'amore di due giovani e la legge del matrimonio; che bisogno ha di "vincolarsi" l'amore che è tutto slancio e spontaneità. Così sono sempre più numerosi coloro che rifiutano l'istituzione del matrimonio e scelgono il cosiddetto amore libero o la semplice convivenza di fatto. Solo se si scopre il profondo e vitale rapporto che c'è tra legge e amore, tra decisione e istituzione, si può rispondere correttamente a quelle domande e dare ai giovani un motivo convincente per "legarsi" ad amare per sempre e a non aver paura di fare dell'amore un "dovere".

"Soltanto quando c'è il dovere di amare, - ha dichiarato il filosofo che, dopo Platone, ha scritto le cose più belle sull'amore, Kierkegaard -, allora soltanto l'amore è garantito per sempre contro ogni alterazione; eternamente liberato in beata indipendenza; assicurato in eterna beatitudine contro ogni disperazione" (13). Il senso di queste parole è che la persona che ama, più ama intensamente, più percepisce con angoscia il pericolo che corre il suo amore. Pericolo che non viene da altri, ma da lei stessa. Essa sa bene infatti di essere volubile e che domani, ahimé, potrebbe già stancarsi e non amare più o cambiare l'oggetto del suo amore. E poiché, adesso che è nella luce dell'amore, vede con chiarezza quale perdita irreparabile questo comporterebbe, ecco che si premunisce "legandosi" ad amare con il vincolo del dovere e ancorando, in tal modo all'eternità il suo atto d'amore posto nel tempo.

Ulisse voleva giungere a rivedere la sua patria e la sua sposa, ma doveva passare attraverso il luogo delle Sirene che ammaliavano i naviganti con il loro canto e li portavano a schiantarsi contro gli scogli. Cosa fece? Si fece legare all'albero della nave, dopo aver turato le orecchie con cera ai compagni. Giunto sul luogo, ammaliato, gridava per essere sciolto e raggiungere le Sirene, ma i compagni non potevano udirlo e così poté rivedere la sua patria e riabbracciare la sposa e il figlio (14). È un mito, ma aiuta a capire il perché, anche umano ed esistenziale, del matrimonio "indissolubile" e, su un piano diverso, dei voti religiosi.

Il dovere di amare protegge l'amore dalla "disperazione" e lo rende "beato e indipendente" nel senso che protegge dalla disperazione di non poter amare per sempre. Datemi un vero innamorato - diceva lo stesso pensatore - ed egli vi dirà se, in amore, c'è opposizione tra piacere e dovere; se il pensiero di "dovere" amare per tutta la vita procura all'amante paura e angoscia, o non piuttosto gioia e felicità somma.

Apparendo, un giorno della settimana santa, alla beata Angela da Foligno, Cristo le disse una parola divenuta celebre: "Non ti ho amato per gioco!" (15). Cristo non ci ha amato davvero per gioco. C'è una dimensione ludica e giocosa nell'amore, ma esso stesso non è un gioco; è la cosa più seria e più carica di conseguenze che esista al mondo; la vita umana dipende da esso. Eschilo paragona l'amore a un leoncello che si alleva in casa, "docile e tenero dapprima più d'un fanciullo", con il quale si può anche scherzare, ma che, crescendo, è capace di fare strage e lordare la casa di sangue (16).

Queste considerazioni non basteranno a mutare la cultura in atto che esalta la libertà di cambiare e la spontaneità del momento, la pratica dell'"usa e getta" applicata anche all'amore. (Si incaricherà, purtroppo, la vita a farlo, quando alla fine ci si ritroverà con delle ceneri in mano e la tristezza di non aver costruito nulla di duraturo con il proprio amore). Ma che almeno servano, queste considerazioni, a confermare della bontà e bellezza della propria scelta coloro che hanno deciso di vivere l'amore tra l'uomo e la donna secondo il progetto di Dio e serva a invogliare tanti giovani a fare la stessa scelta.

Non ci resta ormai che intonare con Paolo l'inno all'amore vittorioso di Dio. Egli ci invita a fare con lui una meravigliosa esperienza di guarigione interiore. Ripensa a tutte le cose negative e ai momenti critici della sua vita:  la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada. Guarda ad essi alla luce della certezza dell'amore di Dio e grida:  "In tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati!".

Solleva quindi lo sguardo; dalla sua vita personale passa a considerare il mondo che lo circonda e il destino umano universale, e di nuovo la stessa giubilante certezza:  "Io sono persuaso che né morte né vita... , né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo  Gesù,  nostro  Signore"  (Rm  8, 37-39).

Raccogliamo il suo invito, in questo Venerdì di passione, e ripetiamo tra noi le sue parole mentre fra poco adoreremo la croce di Cristo