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tutti, meno Giovanni e me’. Giovanni serve per andare al
ponte del Cedron ad attendere Nicodemo, che è in una delle case di Lazzaro, fuori le mura. Io servivo a
spiegare. Ho fatto male?”
“Hai fatto bene. Vai, Giovanni, al tuo posto.”
Restano soli Simone e Gesù. Gesù è pensieroso. Simone
rispetta il suo silenzio. Ma Gesù lo rompe
d’improvviso e, come terminando ad alta voce un interno
discorso, dice: “Sì. E’ bene fare così. Isacco, Elia, gli altri, bastano per tenere viva l’idea che già si afferma
fra i buoni e negli umili. Per i potenti... vi sono altre leve. Vi è Lazzaro, Cusa, Giuseppe, altri ancora... Ma i
potenti... non mi vogliono. Temono e tremano per il loro potere. Io andrò lontano da questo cuore giudeo, sempre
più ostile al Cristo.”
“Torniamo in Galilea?”
“No. Ma lontano da Gerusalemme. La Giudea va evangelizzata.
E’ Israele essa pure. Ma qui, lo vedi... Tutto serve ad accusarmi. Mi ritiro. E per la seconda volta...”
“Maestro, ecco Nicodemo” dice Giovanni entrando per primo.
Si salutano e poi Simone prende Giovanni ed esce dalla
cucina, lasciando soli i due.
“Maestro, perdona se ti ho voluto parlare in segreto.
Diffido per Te e per me di molti. Non tutta viltà la mia. Anche prudenza e desiderio di giovarti più che se ti
appartenessi apertamente. Tu hai molti nemici. Io sono uno dei pochi che qui ti ammirano. Mi sono consigliato con
Lazzaro. Lazzaro è potente per nascita, temuto perché in favore presso Roma, giusto agli occhi di Dio,
saggio per maturazione di ingegno e cultura, tuo vero amico e mio vero amico. Per tutto questo ho voluto parlare
con lui. E’ sono felice che egli abbia giudicato nel mio stesso modo. Gli ho detto le ultime... discussioni
del Sinedrio su Te.”
“Le ultime accuse. Di’ pure le verità nude come sono.”
“Le ultime accuse. Sì, Maestro. Io ero in procinto di dire,
‘Ebbene: io pure sono dei suoi’. Tanto perché in quell’assemblea ci fosse almeno uno che fosse in tuo favore.
Ma Giuseppe, che mi era venuto vicino, mi ha sussurrato: ‘Taci. Teniamo occulto il nostro pensiero. Ti
dirò poi’. E uscito di là ha detto; sì, ha detto: ‘Giova di più così. Se ci sanno discepoli, ci tengono all’oscuro di
quanto pensano e decidono, e possono nuocergli e nuocerci. Come semplici studiosi di Lui, non ci faranno
sotterfugi’. Ho capito che aveva ragione. Sono tanto... cattivi! Anche io ho i miei interessi e i miei
doveri... e così Giuseppe... Capisci, Maestro.”
“Non vi dico nessuna rampogna. Prima che tu venissi, dicevo
questo a Simone. E ho deciso anche di
allontanarmi da Gerusalemme.”
“Ci odi perché non ti amiamo!”
“No. Non odio neppure i nemici.”
“Tu lo dici. Ma così è. Hai ragione. Ma che dolore per me e
Giuseppe! E Lazzaro? Che dirà Lazzaro, che proprio oggi ha deciso di farti dire di lasciare questo
luogo per andare in una delle sue proprietà di Sionne. Tu sai? Lazzaro è potente in ricchezza. Buona parte della
città è sua e così molte terre di Palestina. Il padre, al suo censo ed a quello di Eucheria della sua tribù e
famiglia, aveva unito quanto era ricompensa dei romani al servitore fedele, ed ai figli ha lasciato ben grande
eredità. E, quel che più conta, una velata ma potente amicizia con Roma. Senza quella, chi avrebbe salvato
dall’improperio tutta la casa dopo l’infamante condotta di Maria, il suo divorzio, solo avuto perché era
‘lei’, la sua vita di licenza in quella città che è suo feudo e in Tiberiade che è l’elegante lupanare dove Roma e
Atene hanno fatto letto di prostituzione per tanti del popolo eletto? Veramente, se Teofilo siro fosse stato un
proselite più convinto, non avrebbe dato ai figli quella educazione ellenicizzante che uccide tanta virtù e
semina tanta voluttà e che, bevuta ed espulsa senza conseguenze da Lazzaro, e specie da Marta, ha contagiato e
proliferato nella sfrenata Maria, ed ha fatto di lei il fango della famiglia e della Palestina. No, senza la
potente ombra del favore di Roma, più che ai lebbrosi, sarebbe stato mandato il loro anatema. Ma posto che così è,
approfittane.”
“No. Mi ritiro. Chi mi vuole verrà con Me.”
“Ho fatto male a parlare!” Nicodemo è accasciato.
“No. Attendi e persuaditi.” e Gesù apre una porta e chiama:
“Simone! Giovanni! Venite da Me.”
Accorrono i due.
“Simone, di’ a Nicodemo quanto ti dicevo quando entrò lui.”
“Che per gli umili bastano i pastori, per i potenti Lazzaro,
Nicodemo e Giuseppe con Cusa, e che Tu ti ritiri lontano da Gerusalemme pur senza lasciare la Giudea. Questo
dicevi. Perché me lo fai ripetere? Che è avvenuto?”
“Nulla. Nicodemo temeva che Io me ne andassi per le sue
parole.”
“Ho detto al Maestro che il Sinedrio è sempre più nemico, e
che era bene si mettesse sotto la protezione di Lazzaro. Ha protetto i tuoi beni perché ha dalla sua Roma.
Proteggerebbe anche Gesù.”
“E’ vero. E’ un buon consiglio. Per quanto la mia casta sia
invisa anche a Roma, pure una parola di Teofilo mi ha conservato l’avere durante la proscrizione e la
lebbra. E Lazzaro ti è molto amico, Maestro.”
“Lo so. Ma ho detto. E quello che ho detto, faccio.”
“Noi ti perdiamo, allora!”
“No, Nicodemo. Dal Battista vanno uomini di tutte le sètte.
Da Me potranno venire uomini di tutte le sètte e di tutte le cariche.”
“Noi venivamo da Te sapendoti da più di Giovanni.”
“Potete venirci ancora. Sarò un rabbi solitario Io pure come
Giovanni, e parlerò alle turbe vogliose di sentire la voce di Dio e capaci di credere che Io sono quella Voce.
E gli altri mi dimenticheranno. Se almeno saranno capaci di tanto.”
“Maestro, Tu sei triste e deluso. Ne hai ragione. Tutti ti
ascoltano. E credono in Te tanto da ottenere dei miracoli. Persino uno di Erode, uno che deve per forza avere
corrotta la bontà naturale in quella corte incestuosa. Persino dei soldati romani. Solo noi di Sionne
siamo così duri... Ma non tutti. Lo vedi... Maestro, noi sappiamo che sei venuto da parte di Dio, suo dottore che
più alto non c’è. Lo dice anche Gamaliele.
Nessuno può fare i miracoli che Tu fai se non ha seco Iddio.
Questo credono anche i dotti come Gamaliele.
Come allora avviene che non possiamo avere la fede che hanno
i piccoli d’Israele? Oh! dimmelo proprio. Io non ti tradirò anche se mi dicessi: ‘Ho mentito per
avvalorare le mie sapienti parole sotto un sigillo che nessuno può deridere’. Sei Tu il Messia del Signore?
l’Atteso? la Parola del Padre, incarnata per istruire e redimere Israele secondo il Patto?”
“Da te lo domandi, o altri ti mandano a chiederlo?”
“Da me, da me, Signore. Ho un tormento qui. Ho una burrasca.
Venti contrari e contrarie voci. Perché non in me, uomo maturo, quella pacifica certezza che ha costui,
quasi analfabeta e fanciullo, e che gli mette quel sorriso beato sul volto, quella luce negli occhi, quel sole
nel cuore?
Come credi tu, Giovanni, per essere così sicuro? Insegnami o figlio, il tuo segreto, il segreto per
cui sapesti vedere e capire il Messia in Gesù Nazareno!”
Giovanni si fa rosso come una fragola e poi china il capo
come si scusasse di dire una cosa così grande, e risponde semplicemente: “Amando.”
“Amando! E tu, Simone, uomo probo e sulle soglie della
vecchiezza, tu dotto e tanto provato da essere indotto a temere inganno dovunque?”
“Meditando.”
“Amando! Meditando! Io pure amo e medito, e non sono certo
ancora!”
Interloquisce Gesù dicendo: “Io te lo dico il segreto vero.
Costoro seppero nascere nuovamente, con uno spirito nuovo, libero da ogni catena, vergine da ogni idea.
E compresero perciò Dio. Se uno non nasce di nuovo, non può vedere il Regno di Dio, né credere nel suo
Re.”
“Come può un uomo rinascere essendo già adulto? Espulso dal
seno materno, l’uomo non può mai più rientrarvi. Alludi forse alla reincarnazione come la credono
tanti pagani? Ma no, non è possibile in Te questo. E poi non sarebbe un rientrare nel seno, ma un
rincarnare oltre il tempo. Perciò non più ora. Come? Come?”
“Non vi è che una esistenza della carne sulla terra e una
eterna vita dello spirito oltre la terra. Ora Io non parlo della carne e del sangue. Ma dello spirito immortale,
il quale per due cose rinasce a nuova vita. Per l’acqua e per lo Spirito. Ma il più grande è lo Spirito,
senza il quale l’acqua non è che un simbolo. Chi si è mondato con l’acqua deve purificarsi poi con lo Spirito e
con Esso accendersi e splendere, se vuole vivere in seno a Dio qui e nell’eterno Regno. Perché ciò che è
generato dalla carne è e resta carne, e con essa muore dopo averla servita nei suoi appetiti e peccati. Ma ciò che
è generato dallo Spirito è spirito, e vive tornando allo Spirito Generatore dopo aver allevato sino all’età
perfetta il proprio spirito. Il Regno dei Cieli non sarà abitato che da esseri giunti all’età spirituale perfetta.
Non meravigliarti dunque se dico: ‘Bisogna che voi nasciate di nuovo’.
Costoro hanno saputo rinascere. Il
giovane ha ucciso la carne e fatto rinascere lo spirito mettendo il suo io sul rogo dell’amore. Tutto fu arso di ciò
che era la materia. Dalle ceneri ecco sorgere il
nuovo fiore spirituale, meraviglioso elianto che sa volgersi
al Sole eterno. Il vecchio ha messo la scure della meditazione onesta ai piedi del suo vecchio pensiero ed ha
sradicato la vecchia pianta lasciando solo il pollone della buona volontà, dal quale ha fatto nascere il
suo nuovo pensiero. Ora ama Dio con spirito nuovo e lo vede. Ognuno ha il suo metodo per giungere al suo
porto. Ogni vento è buono purché si sappia usare la vela. Voi sentite soffiare il vento e dalla sua corrente
potete regolarvi e dirigere la manovra. Ma non potete dire da dove esso viene né chiamare quello che vi occorre.
Anche lo Spirito chiama e viene chiamato e passa.
Ma solo chi è attento lo può seguire. Conosce la voce del
padre il figlio, conosce la voce dello Spirito lo spirito da Lui generato.”
“Come può avvenire questo?”
“Tu maestro in Israele me lo chiedi? Tu ignori queste cose?
Si parla e si testifica di ciò che sappiamo e abbiamo visto. Or dunque Io parlo e testifico di ciò che so.
Come potrai mai accettare le cose non viste se non accetti la testimonianza che Io ti porto? Come potrai
credere allo Spirito se non credi all’incarnata Parola? Io sono disceso per risalire e meco trarre coloro che
sono quaggiù. Uno solo è disceso dal Cielo: il Figlio dell’uomo. E uno solo salirà col potere di aprire il
Cielo: Io, Figlio dell’uomo. Ricorda Mosè. Egli alzò un serpente nel deserto per guarire i morbi d’Israele.
Quando Io sarò innalzato, coloro che la febbre della colpa fa ciechi, sordi, muti, folli, lebbrosi, malati,
saranno guariti e chiunque crederà in Me avrà vita eterna. Anche coloro che in Me avranno creduto, avranno
questa beata vita.
Non chinare la fronte, Nicodemo. Io sono venuto a salvare, non a perdere. Dio non
ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo perché chi è nel mondo sia condannato, ma perché il mondo
sia salvo per mezzo di Lui. Nel mondo Io ho trovato tutte le colpe, tutte le eresie, tutte le idolatrie.
Ma può la rondine che vola ratta sulla polvere sporcarsene la piuma? No. Porta solo per le tristi vie della
terra una virgola d’azzurro, un odore di cielo, getta un richiamo per scuotere gli uomini e far loro alzare lo
sguardo dal fango e seguire il suo volo che al cielo ritorna. Così Io. Vengo per portarvi meco. Venite!... Chi
crede nel Figlio Unigenito non è giudicato. E’ già salvo, perché questo Figlio perora al Padre e dice ‘Costui
mi amò’. Ma chi non crede è inutile faccia opere sante. E’ già giudicato perché non ha creduto nel nome del
Figlio Unico di Dio. Quale è il mio Nome, Nicodemo?”
“Gesù.”
“No. Salvatore. Io sono la Salvazione. Chi non mi crede,
rifiuta la sua salute ed è giudicato dalla Giustizia eterna. E il giudizio è questo: ‘La Luce ti era stata
mandata, a te e al mondo, per esservi di salvezza, e tu e gli uomini avete preferito le tenebre alla Luce perché
preferivate le opere malvagie, che ormai erano la consuetudine vostra, alle opere buone che Egli vi additava
da seguire per essere santi’. Voi avete odiato la Luce perché i malfattori amano le tenebre per i loro
delitti, e avete sfuggito la Luce perché non vi illuminasse nelle vostre piaghe nascoste. Non per te, Nicodemo. Ma la
verità è questa. E la punizione sarà in rapporto alla condanna, nel singolo e nella collettività. Riguardo a
coloro che mi amano e mettono in pratica la verità che insegno, nascendo perciò nello spirito per una seconda
volta, che è la più vera, ecco Io dico che essi non temono la Luce, ma anzi ad essa si accostano, perché la loro
luce aumenta quella da cui furono illuminati, reciproca gloria che fa beato Dio nei suoi figli e i figli
nel Padre. No, che i figli della Luce non temono d’essere illuminati. Ma anzi col cuore e con le opere
dicono: ‘Non io; Egli il Padre, Egli il Figlio, Egli lo Spirito hanno compiuto in me il Bene. Ad essi gloria in
eterno’. E dal Cielo risponde l’eterno canto dei Tre
che si amano nella loro perfetta Unità: ‘A te benedizione in
eterno, figlio vero del nostro volere’. Giovanni, ricorda queste parole per quando sarà l’ora di scriverle.
Nicodemo, sei persuaso?”
“Maestro... sì. Quando potrò parlarti ancora?”
“Lazzaro saprà dove condurti. Andrò da lui prima di
allontanarmi da qui.”
“Io vado, Maestro. Benedici il tuo servo.”
“La mia pace sia teco.”
Nicodemo esce con Giovanni.
Gesù si volge a Simone: “Vedi l’opera della potestà delle
tenebre? Come un ragno, tende la sua insidia e invischia e imprigiona chi non sa morire per rinascere
farfalla, tanto forte da lacerare la tela tenebrosa e passare oltre, portando a ricordo della sua vittoria
brandelli di lucente rete sulle ali d’oro, come orifiamme e labari vinti al nemico. Morire per vivere. Morire per darvi
la forza di morire. Vieni, Simone, al riposo. E Dio sia con te.”
Tutto ha fine.
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