lunedì 1 settembre 2014

Sermone Angelico - Lunedì - Santa Brigida



Nelle tre lezioni seguenti l'angelo mostra come, dopo la caduta di Lucifero, gli angeli conobbero che doveva esser creata la beata Vergine, e quanto godettero della sua futura creazione; e come, dopo la creazione del mondo, la stessa beata Vergine era vista presente davanti a Dio ed agli angeli.
LEZIONE PRIMA – CAPITOLO IV  
Lunedì
Assoluzione: Concittadini degli angeli e santi ci renda la Madonna tutti quanti. Amen.

Dio, dunque consapevole d'aver tutto in se stesso per la sua eterna felicità, era mosso dal solo ardore della sua carità a creare, affinché altri potessero partecipare del suo ineffabile gaudio. Creò, dunque, una moltitudine innumerevole di angeli, dando loro la libertà di arbitrio, per fare, nei limiti della loro capacità, quanto volevano, affinché come Egli, senza alcuna costrizione ma per la sua ardente carità, li aveva creati per loro stesso interminabile gaudio, così anch'essi, non per costrizione, ma con libera volontà, rendessero incessantemente al loro Creatore amore per amore, e omaggio di gratitudine per l'interminabile gaudio. Ma, nello stesso momento che furono creati, alcuni di essi, abusando malamente del dono gratissimo del libero arbitrio, cominciarono ad invidiare maliziosamente il loro Creatore, invece di riamarlo sommamente, come avrebbero dovuto, per il suo grandissimo amore. Perciò decaddero subito, giustamente, con la loro malizia, dalla loro eterna felicità in una interminabile miseria. Altri angeli, invece, rimasero con la loro carità nella gloria loro preparata da Dio, riamandolo ardentemente per il suo amore e contemplando in lui ogni bellezza, ogni potenza ed ogni virtù.

Dalla contemplazione di Dio angeli compresero pure ch'egli solo esisteva senza principio e senza fine, e che essi erano stati da lui creati, e che quanto di bene avevano lo dovevano alla sua bontà e potenza. Conobbero anche, nella sua visione beatifica, ch'essi erano stati fatti così sapienti, dalla sapienza di lui, da poter prevedere con chiarezza, nei limiti concessi da Dio, tutte le cose future; delle quali abbracciarono con intimo affetto la previsione che Dio, per sua umiltà e carità, voleva di nuovo riempire, per gloria sua e consolazione delle sue schiere, le mansioni celesti, dalle quali erano decaduti gli angeli per la loro superbia ed invidia. Contemplavano pure, in quel benedetto specchio, cioè in Dio loro Creatore, una sede veneranda, così vicina allo stesso Dio, che sembrava impossibile potersene fare una più vicina, e conobbero pure che ancora non era creato chi era destinato a quella sede. Inoltre, per la visione della chiarità divina, l'amore di Dio li infiammava talmente in un istante, che ognuno amava l'altro come se stesso. Però amavano Dio sommamente e sopra tutte le cose; ed anche più che se stessi, quell'essere non ancora creato, che doveva esser collocato nella sede più vicina a Dio, perché vedevano che Dio amava sommamente quell'essere non ancora creato, e che di esso aveva massima compiacenza.

O consolazione di tutti, Vergine Maria, tu sei quell'essere, per il quale gli angeli dal principio della loro creazione arsero di tanto amore che, sebbene fossero ineffabilmente beati per la soavità e splendore che avevano nella visione e vicinanza di Dio, pure furono moltissimo lieti che tu dovessi essere più vicina di essi a Dio, e che a te fosse riservato più grande amore e maggior godimento di quello ch'essi avevano.

Vedevano pure su quella sede una corona di tanta bellezza e dignità che nessuna maestà doveva superarla all'infuori di Dio. Quindi, pur sapendo che Dio aveva veramente grande onore e gioia per aver creati loro, vedevano però che a Dio derivava più grande onore e gioia dal fatto che tu dovevi esser creata a tanto sublime corona. E perciò gli stessi angeli esultavano più perché Dio voleva creare te, che perché aveva creati loro. E così, Vergine santissima, fosti di gioia agli angeli, appena creati, tu che a Dio senza principio fosti di sommo diletto. E così veramente Dio con gli angeli e gli angeli con Dio intimamente si compiacevano di te, degnissima fra tutte le creature, già prima che fossi creata.
LEZIONE SECONDA – CAPITOLO V  
Lunedì
Assoluzione: La gran madre di Dio, vergine eletta, della Patria ci mostri la via retta. Amen.

Volendo dunque Dio creare il mondo con le altre creature che vi sono, disse: « Fiat! », e subito perfettamente fu fatto ciò ch'egli voleva creare. Fatto quindi il mondo e tutte le creature fuori dell'uomo, e stando riverentemente presenti al suo cospetto con la loro bellezza, rimaneva ancora davanti a Dio, con tutta venustà, un altro piccolo mondo non creato, dal quale doveva provenire a Dio maggior gloria, agli angeli maggiore letizia, e ad ogni uomo volenteroso di beneficiare della sua bontà, una utilità maggiore di quella proveniente dal mondo più grande. O dolcissima signora, Vergine Maria, a tutti amabile, a tutti utile, tu sei giustamente significata in questo mondo minore.

Risulta inoltre dalla scrittura che piacque a Dio aver diviso in questo mondo maggiore la luce dalle tenebre. Ma molto più piacque a lui quella divisione della luce dalle tenebre che doveva esser fatta in te dopo la tua creazione, quando, cioè, doveva affatto allontanarsi da te l'ignoranza della tenera infanzia, paragonata alle tenebre, e rimanervi la pienissima cognizione di Dio, con quell'intelligenza e volontà di vivere secondo il suo volere, che è paragonata alla luce, con ferventissimo amore. Convenientemente, dunque, si paragona alle tenebre la tenerezza d'infanzia, in cui Dio non è conosciuto e la ragione non sa affatto discernere ciò che deve farsi.

Tu certo trascorresti innocentissimamente questa tenerezza dell'età infantile, o Vergine esente da ogni peccato. Quindi, come Dio creò, insieme alle stelle, due luminari necessari a questo mondo, uno per il giorno e l'altro per la notte, così anche in te previde di fare due luminari più fulgidi. Il primo era la tua divina obbedienza, che splendesse a guisa di sole davanti agli angeli in cielo, e nel mondo davanti agli uomini buoni, per i quali Dio è veramente l'eterno giorno. Il secondo luminare poi era la tua fede costantissima, dalla quale dovevano esser condotti, come da chiarore di luna, alla cognizione della verità i molti che vagavano miseramente nelle tenebre della disperazione e della perfidia nel tempo della notte (cioè dall'ora in cui il Creatore doveva patire nella carne assunta per la creatura, fino alla sua risurrezione).

Anche i pensieri del tuo cuore in questo apparivano simili alle stelle, in quanto dal primo tempo in cui avesti la cognizione di Dio rimanesti così fervente nel suo amore fino alla morte, che allo sguardo di Dio e degli angeli tutti i tuoi pensieri apparivano più nitidi che le stelle allo sguardo dell'uomo. Tutte le parole delle tue labbra, che dal tuo corpo terreno dovevano ascendere, con ogni soavità e somma esultanza degli angeli, alle orecchie di colui che siede nel trono della maestà, figuravano i sublimi voli e gli armoniosi concenti di tutte le specie di uccelli. Fosti, inoltre, simile a tutta la terra, in quanto, come tutti gli aventi corpo terreno nel mondo dovevano esser nutriti dai frutti della terra, così tutti essi dovevano ottenere dal tuo frutto, non solo il nutrimento, ma anche la stessa vita. Le opere tue, poi, con ragione potrebbero paragonarsi ad alberi da fiori e da frutti, perché le avresti fatte con tanta carità, da dilettare Dio e gli angeli più che la soavità di tutti i fiori e frutti; specialmente deve credersi senza dubbio che Dio previde in te, prima della tua creazione, più virtù che in tutte le specie di erbe, fiori, alberi, frutti, gemme e metalli preziosi, che possano trovarsi in tutta la vastità della terra.

Non meraviglia, quindi, che Dio si dilettasse di te, o mondo minore, ancora da crearsi, più che di questo mondo maggiore. Perché, sebbene il mondo creato esistesse prima di te, era destinato a perire con tutto il suo contenuto; mentre tu dovevi inseparabilmente rimanere, secondo il disegno di Dio, nella sua amantissima dilezione con la tua immarcescibile bellezza. Perché il mondo maggiore non meritò affatto, né poteva meritare, di esser fatto eterno, ma tu, o beata Maria, pienissima di virtù, dopo la tua creazione, con l'aiuto della grazia divina, meritasti molto degnamente con la perfezione di tutte le virtù, tutto quello che Dio si degnò fare con te.
LEZIONE TERZA – CAPITOLO VI  
Lunedì
Assoluzione: La regina di virtù incoronata a tutelarci ognor sia preparata. Amen.

Operatore di ogni virtù, e la virtù stessa, è Dio. Anzi, anche in tutte le cose create, è impossibile che alcuna di esse risplenda in qualche virtù senza l'aiuto di colui che in principio, dopo aver finito di creare il mondo e tutte le cose, in ultimo con la sua potenza creò l'uomo, dandogli il libero arbitrio, perché con esso perseverasse nel bene, per averne premio meritato, e non andare incontro al castigo, cadendo nel male. Perché, come tra gli uomini sono stimati poco quelli che non operano se non costretti con catene, mentre sono degne di ottimo premio ed amore le opere di quelli che fanno non costretti, ma di spontanea volontà, il da farsi, per sincero amore, allo stesso modo, se Dio non avesse dato agli angeli e agli uomini il libero arbitrio, sarebbero sembrati in certo modo costretti nell'agire, e le loro opere sarebbero state meritevoli di poca ricompensa. Piacque perciò alla virtù che è Dio di donare la libertà di fare ciò che volevano, e fece loro comprendere qual retribuzione meritava l'obbedienza a Dio, ed a quali pene si esponevano i disobbedienti ostinati.

Gran potenza certamente mostrò Dio quando plasmò l'uomo dalla terra perché meritasse con l'umiltà e la carità di diventare cittadino delle celesti mansioni, dalle quali erano stati scacciati gl'infelici angeli, ribelli alla divina volontà per superbia ed invidia. Ebbero essi in odio le virtù per le quali avrebbero potuto meritare sublime corona. Non v'è dubbio, infatti, che come il re è glorificato ed onorato dalla corona regale, così ogni virtù non solo onora il virtuoso tra gli uomini, ma anche davanti a Dio ed agli angeli gli dà insigne decoro come di fulgida corona. Perciò ogni virtù può non incongruamente chiamarsi fulgida corona.

Deve, quindi, ritenersi veramente incalcolabile il numero di corone di cui rifulge nel modo più sublime Dio, le cui virtù, passate, presenti e future, superano incomparabilmente per numero, grandezza e dignità tutte le cose presenti, passate e future. Infatti non ha mai operato altro che virtù. Ma tre specialmente, come tre fulgidissime corone, l'adornano più gloriosamente. La potente virtù, con la quale creò gli angeli, era la sua prima corona, della quale si privarono infelicemente alcuni di essi, invidiando alla gloria di Dio. L'altra virtù, per cui creò l'uomo, era per lui la seconda corona, di cui anche l'uomo subito si privò, cedendo per sua insipienza alla suggestione del maligno. Però dalla rovina degli angeli e dell'uomo non restò minorata la virtù di Dio o la gloria della sua virtù, benché essi, per la propria iniquità decadessero dalla gloria, perché non vollero render gloria a Dio d'averli creati a sua e loro gloria. Anzi la somma sapienza di Dio mutò la loro malvagità in gloria della sua potenza.

Ma la virtù con la quale, per sua eterna gloria, creò te, o Vergine amabile, lo glorificò in certo modo con una terza corona, per la quale gli angeli capivano che venivano a reintegrarsi le rotture delle due precedenti corone. Perciò, o Signora, speranza della nostra salvezza, tu potrai essere chiamata giustamente corona dell'onore di Dio. Perché, come in te rivelò la somma potenza della sua virtù, così anche per te gli proviene sommo onore, più che per tutte le altre sue creature. Certamente agli angeli apparve con chiarezza, quando stavi ancora davanti a Dio non creata, che tu dovevi superare con la tua santissima umiltà il Diavolo, che si era dannato per la sua superbia, e con la sua malizia aveva rovinato l'uomo. Perciò, sebbene gli angeli avessero visto l'uomo cadere in grande miseria, non potevano però sentirne dolore, essendo nel gaudio della visione divina, specialmente perché era loro evidente quanti e quali cose grandi Dio si sarebbe degnato di fare con la tua umiltà, dopo averti creata.

<<Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis>>

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