sabato 6 settembre 2014

La garrincha. Un po' di sport non fa male


...Gli atleti del calcio, sono diversi da tutti gli altri. Abituati anche per via della pubblicità, ad ammirare i bicipiti di Cristiano Ronaldo, ci sfugge che il calciatore medio è un atleta in fondo modesto, a volte bruttino, persino con difetti fisici e quindi assai comune. Alcuni esempi. Maradona ha lottato per l'intera sua carriera con il mal di schiena e ha un piede del 37; questo spiega anche perché riusciva a imprimere al pallone traiettorie impensabili per altri. A Messi, il campione vivente fra i più grandi, fu diagnosticata all'età di 11 anni, una grave deficienza nella secrezione dell'ormone della crescita. Fu proprio il Barcellona a contribuire alle sue cure; oggi Messi è un campione anche perché la bassa statura gli consente una rapidità di movimenti che gli permette di essere sempre in vantaggio sul difensore.
Il caso più eclatante, dolce e tragico al tempo medesimo, però, è quello di uno dei più grandi calciatori di sempre: il brasiliano Manoel Francisco dos Santos, detto Manè Garrincha. Nato nello stato di Pau, egli era un bambino della giungla, che viveva fra fiumi e foresta tropicale. Ingenuo fino poter sospettare una psicologia mai divenuta veramente adulta, fin da bambino fu afflitto da diversi difetti congeniti dovuti alla malnutrizione e addirittura – secondo alcune fonti – a una leggera forma di poliomielite. Oltre allo strabismo, Garrincha aveva la spina dorsale deformata da uno sbilanciamento del bacino, le ginocchia afflitte da disturbi congeniti e operate più volte. Infine, l'ultimo problema, addirittura stupefacente per un calciatore: una gamba sei centimetri più corta dell'altra, a causa di un'operazione! In quale altro sport, un atleta considerato normo dotato potrebbe eccellere? Eppure Garrincha fu fra i più grandi di sempre. Il soprannome gli viene proprio dal suo corpo gracile e gli fu dato dalla sorella: la garrincha è un piccolo uccello minuto e simpatico. Al campione brasiliano ha dedicato un racconto assai bello Ugo Riccarelli, lo scrittore romano recentemente scomparso, nella sua più bella raccolta, intitolata L'angelo di Coppi.
Su Garrincha esistono molti aneddoti, uno dei quali viene ripreso proprio nel libro citato. Quando il Brasile vinse il mondiale in Svezia nel 1958, fra i regali che il campione chiese c'era una radio. Sapendo della sua scarsa cultura e dell'ingenuità di quell'uomo buono ma del tutto sprovveduto, qualcuno pensò di fargli uno scherzo dicendogli: “Manè, ma cosa te ne fai di una radio che parla svedese?” e lui la lasciò lì. Un altro assai divertente accadde proprio durante la cerimonia di premiazione sempre in Svezia. Mentre sfilavano sul palco d'onore Garrincha, del tutto estraneo a quanto stava accadendo e perso nel suo mondo, si rivolse al capitano della squadra chiedendogli: “Ma cosa sta succedendo?” “Manè, abbiamo vinto il mondiale” rispose il compagno sorpreso e lui di rimando: “Sì, ma quando la giochiamo la partita di ritorno?”
L'episodio più straordinario però è un altro e accadde al ritorno in patria. Tutta la squadra fu ricevuta dal Governatore di Rio. Alla fine del discorso, il politico disse che c'era una villetta per ognuno di loro sulla spiaggia, come premio. Garrincha gli si avvicinò e disse "A me non interessa la villetta, ho un altro desiderio...". Invitato a parlare dal Governatore, Garrincha chiese la liberazione di una colomba (secondo altre fonti si trattava di un passero), che l'uomo politico teneva chiuso in un gabbia. Garrincha non smise mai di essere un ragazzo della foresta, che non seppe sopravvivere al successo e alla grande città. Morì di droga e alcolismo all'età di 49 anni, ma il riso ingenuo e solare, nel vederlo ancora oggi nelle fotografie, è contagioso. Circola un aneddoto fra i brasiliani, non so quanto vero ma certamente verosimile, che ci fa capire cosa sia stato Garrincha per i suoi connazionali. Se si parla di Pelè a un vecchio questi si toglie il cappello per un senso di gratitudine, ma se gli si parla di Garrincha, il vecchio si mette a piangere. Il calcio come metafora

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