giovedì 4 agosto 2011

S. Domenico di Guzman e il Santo Rosario.




San Domenico Confessore, che fu il Fondatore dell'Ordine dei Frati Predicatori, 
e si riposò in pace ai sei di questo mese.


Essendo la festa del Padre San Domenico è opportuno riportare l'origine del santo Rosario, secondo la fedele tradizione, come ne parla san Luigi Maria Grignion de Montfort nel gran libro "Il segreto ammirabile del Santo Rosario" che consigliamo a tutti.



[11] Il Santo Rosario,
 nella forma e nel metodo in cui è recitato attualmente, fu ispirato alla santa Chiesa e suggerito dalla Vergine a san Domenico per convertire gli Albigesi e i peccatori, soltanto nel 1214, nel modo che sto per dire, così come lo riferisce il beato Alano della Rupe nel suo celebre libro De Dignitate psalterii.
San Domenico, constatando che i peccati degli uomini erano di ostacolo alla conversione degli Albigesi, si ritirò in una foresta presso Tolosa e vi restò tre giorni e tre notti in continua preghiera e penitenza. E tali furono i suoi gemiti e i suoi pianti, le sue penitenze a colpi di disciplina per placare la collera di Dio che cadde svenuto. 


La Vergine santa, allora gli apparve accompagnata da tre principesse del cielo e gli disse: «Sai tu, caro Domenico, di quale arma si servì la SS. Trinità per riformare il mondo?» - «Signora mia - le rispose - voi lo sapete meglio di me: dopo il figliolo vostro Gesù voi foste lo strumento principale della nostra salvezza». Ella soggiunse: «Sappi che l'arma più efficace è stato il Salterio angelico, che è il fondamento della Nuova Alleanza; perciò se tu vuoi conquistare a Dio quei cuori induriti, predica il mio salterio».

Il Santo si ritrovò consolato e ardente di zelo per la salvezza di quelle popolazioni, andò nella cattedrale di Tolosa. Immediatamente le campane, mosse dagli angeli, suonarono a distesa per radunare gli abitanti. 
All'inizio della sua predica si scatenò un furioso temporale; il suolo sussultò, il sole si oscurò, tuoni e lampi continui fecero impallidire e tremare tutto l'uditorio. Il loro spavento crebbe quando videro una effige della Vergine, esposta in luogo ben visibile, alzare per tre volte le braccia al cielo e chiedere la vendetta di Dio su di loro qualora non si convertissero e non ricorressero alla protezione della santa Madre di Dio. Questo prodigio del cielo infuse la più alta stima per la nuova devozione del Rosario e ne estese la conoscenza.

Il temporale finalmente cessò per le preghiere di san Domenico, che proseguì il discorso spiegando l'eccellenza del santo Rosario con tanto fervore ed efficacia da indurre quasi tutti gli abitanti di Tolosa ad abbracciarne la pratica e a rinunciare ai propri errori. 
In breve tempo si notò nella città un grande cambiamento di costumi e di vita.


ROSA TERZA


[12] Questo prodigioso stabilirsi del santo Rosario, che ricorda un poco il modo con cui Dio promulgò la Legge sul Sinai, mostra con chiarezza l'eccellenza di questa sublime pratica. 


 San Domenico, ispirato dallo Spirito Santo, istruito dalla Vergine e dalla sua personale esperienza, fin che visse predicò il Rosario con l'esempio e con la parola, nelle città e nelle campagne, ai grandi e ai piccoli, ai sapienti ed agli ignoranti ai cattolici ed agli eretici. 


Il santo Rosario, ch'egli recitava ogni giorno, era la sua preparazione alla predica e il suo appuntamento dopo la predicazione.
[13] Un giorno - ricorreva la festa di san Giovanni Evangelista - il Santo stava in una cappella dietro l'altare maggiore della cattedrale di Notre-Dame a Parigi e recitava il santo Rosario per prepararsi a predicare. 

La Vergine gli apparve e disse: «Domenico, la predica che, hai preparato è buona, ma molto migliore è questa che ti pre-sento». San Domenico riceve dalle mani di lei il libro in cui è scritto il discorso, lo legge, lo gusta, lo fa suo e ringrazia la Vergine santa. All'ora della predica sale sul pulpito e, dopo aver detto in lode di san Giovanni Evangelista soltanto ch'egli aveva meritato di essere il custode della Regina del cielo, dichiara all'illustre uditorio dei grandi e dei dottori abituati a discorsi singolari e forbiti, che avrebbe continuato non con le dotte parole della sapienza umana, ma con la semplicità e la forza dello Spirito Santo. E li intrattenne sul Rosario, spiegando loro, parola per parola come avrebbe fatto parlando a fanciulli, il Saluto angelico, servendosi dei pensieri e degli argomenti molto semplici letti sul foglio che gli era stato consegnato dalla Madonna.

[14] Il fatto è stato tolto, almeno in parte, dal libro del beato Alano della Rupe: De Dignitate Psalterii, e così riferito dal Cartagena: 



Il beato Alano afferma che san Domenico gli disse un giorno in una rivelazione: «Figlio mio, tu predichi, e sta bene; ma perché tu non abbia a ricercare la lode umana più che la salvezza delle anime, ascolta quanto mi accadde a Parigi. Dovevo predicare nella grande chiesa dedicata alla beata Vergine Maria e volevo parlare in modo ingegnoso, non per orgoglio ma per riguardo alla qualità elettissirna degli uditori. Mentre pregavo, come ero solito per un'ora circa prima del discorso, recitando il Rosario, fui rapito in estasi: vidi la divina Madre, mia amica, porgermi - un libretto e dirmi: "Domenico, per quanto sia ben fatto il discorso che conti di tenere, io te ne porto uno molto migliore". Tutto lieto prendo, il libro, me lo leggo per intero e, come ella aveva detto, vi trovo ciò che bisognava predicare. La ringraziai di cuore. Venuta l'ora di predicare, avevo davanti l'intera Università di Parigi ed un gran numero di signori, informati o testimoni essi pure, delle meraviglie operate dal Signore per mio mezzo. Salgo all'ambone. Era la festività di san Giovanni evangelista, ma dell'apostolo io mi limito a dire che meritò di essere prescelto come custode della Regina del cielo. Poi passai a dire così all'uditorio: "Signori e Maestri illustri; voi siete abituati ad ascoltare discorsi eleganti ed elevati, però oggi non voglio rivolgervi le dotte parole della sapienza umana, ma rivelarvi lo Spirito di Dio e la sua forza"». E allora, nota Cartagena insieme al beato Alano, S. Domenico, spiegò, con paragoni e similitudini familiari, la salutazione angelica.

[15] Lo stesso beato Alano della Rupe, come riferisce ancora il Cartagena, racconta di parecchie altre apparizioni di Nostro Signore e della Vergine Santa a san Domenico per stimolarlo ed infervorarlo sempre più a predicare il santo Rosario perché il peccato sia distrutto e i peccatori e gli eretici si convertano. Ad un certo punto il Cartagena scrive: «Il Beato Alano racconta che la Madonna gli rivelò come suo Figlio Gesù Cristo era apparso a san Domenico, e gli aveva detto: «Domenico, io mi compiaccio nel constatare che non ti appoggi sulla tua personale sapienza, che lavori con umiltà alla salvezza delle anime e non cerchi di piacere agli uomini vani. Molti predicatori, invece, usano fin dal principio tuonare contro i peccati più gravi, ignorando che prima di somministrare un rimedio disgustoso bisogna disporre il malato a riceverlo e a profittarne. Per questo devono innanzitutto esortare gli uditori ad amare la preghiera e specialmente il salterio angelico. Se tutti incominceranno a pregare così, senza dubbio la divina clemenza sarà propizia a quanti persevereranno. Predica dunque il mio Rosario».


***** ***** *****








Si distinse fin da giovane per carità e povertà. Convinto che bisognasse riportare il clero a quella austerità di vita che era
alla base dell'eresia degli Albigesi e dei Valdesi, fondò a Tolosa l'Ordine dei Frati Predicatori che, nato sulla Regola
agostiniana, divenne nella sostanza qualcosa di totalmente nuovo, basato sulla predicazione itinerante, la mendicità
(per la prima volta legata ad un ordine clericale), una serie di osservanze di tipo monastico e lo studio approfondito. San
Domenico si distinse per rettitudine, spirito di sacrificio e zelo apostolico. Le Costituzioni dell'Ordine dei Frati Predicatori
attestano la chiarezza di pensiero, lo spirito costruttivo ed equilibrato e il senso pratico che si rispecchiano nel suo
Ordine, uno dei più importanti della Chiesa.


Domenico nacque nel 1170 a Caleruega, un villaggio montano della Vecchia Castiglia (Spagna) da Felice di Gusmán e
da Giovanna d'Aza.
A 15 anni passò a Palencia per frequentare i corsi regolari (arti liberali e teologia) nelle celebri scuole di quella città. Qui
viene a contatto con le miserie causate dalle continue guerre e dalla carestia: molta gente muore di fame e nessuno si
muove! Allora vende le suppellettili della propria stanza e le preziose pergamene per costituire un fondo per i poveri. A
chi gli esprime stupore per quel gesto risponde: "Come posso studiare su pelli morte, mentre tanti miei fratelli muoiono
di fame?"


Terminati gli studi, a 24 anni, il giovane, assecondando la chiamata del Signore, entra tra i "canonici regolari" della
cattedrale di Osma, dove viene consacrato sacerdote. Nel 1203 Diego, vescovo di Osma, dovendo compiere una
delicata missione diplomatica in Danimarca per incarico di Alfonso VIII, re di Castiglia, si sceglie come compagno
Domenico, dal quale non si separerà più.
Il contatto vivo con le popolazioni della Francia meridionale in balìa degli eretici catari, e l'entusiasmo delle cristianità
nordiche per le grandi imprese missionarie verso l'Est, costituiscono per Diego e Domenico una rivelazione: anch'essi
saranno missionari. 


Di ritorno da un secondo viaggio in Danimarca scendono a Roma (1206) e chiedono al papa di
potersi dedicare all'evangelizzazione dei pagani.
Ma Innocenzo III orienta il loro zelo missionario verso quella predicazione nell'Albigese (Francia) da lui ardentemente e
autorevolmente promossa fin dal 1203. Domenico accetta la nuova consegna e rimarrà eroicamente sulla breccia anche
quando si dissolverà la Legazione pontificia, e l'improvvisa morte di Diego (30 dicembre 1207) lo lascerà solo. Pubblici e
logoranti dibattiti, colloqui personali, trattative, predicazione, opera di persuasione, preghiera e penitenza occupano
questi anni di intensa attività; cosi fino al 1215 quando Folco, vescovo di Tolosa, che nel 1206 gli aveva concesso S.Maria di Prouille per raccogliere le donne che abbandonavano l'eresia e per farne un centro della predicazione, lo nomina predicatore della sua diocesi.


Intanto alcuni amici si stringono attorno a Domenico che sta maturando un ardito piano: dare alla Predicazione forma
stabile e organizzata. 
Insieme a Folco si reca nell'ottobre del 1215 a Roma per partecipare al Concilio Lateranense IV e
anche per sottoporre il suo progetto a Innocenzo III che lo approva. L'anno successivo, il 22 dicembre, Onorio III darà
l'approvazione ufficiale e definitiva. E il suo Ordine si chiamerà "Ordine dei Frati Predicatori".


Il 15 agosto 1217 il santo Fondatore dissemina i suoi figli in Europa, inviandoli soprattutto a Parigi e a Bologna,
principali centri universitari del tempo. Poi con un'attività meravigliosa e sorprendente prodiga tutte le energie alla
diffusione della sua opera. Nel 1220 e nel 1221 presiede in Bologna ai primi due Capitoli Generali destinati a redigere la
"magna carta" e a precisare gli elementi fondamentali dell'Ordine: predicazione, studio, povertà mendicante, vita
comune, legislazione, distribuzione geografica, spedizioni missionarie.


Sfinito dal lavoro apostolico ed estenuato dalle grandi penitenze, il 6 agosto 1221 muore circondato dai suoi frati, nel
suo amatissimo convento di Bologna, in una cella non sua, perché lui, il Fondatore, non l'aveva. 


Gregorio IX, a lui legato
da una profonda amicizia, lo canonizzerà il 3 luglio 1234. Il suo corpo dal 5 giugno 1267 è custodito in una preziosa
Arca marmorea. 


I numerosi miracoli e le continue grazie ottenute per l'intercessione del Santo fanno accorrere al suo
sepolcro fedeli da ogni parte d'Italia e d'Europa, mentre il popolo bolognese lo proclama "Patrono e Difensore perpetuo
della città;".


La fisionomia spirituale di S. Domenico è inconfondibile; egli stesso negli anni duri dell'apostolato albigese si era
definito: "umile ministro della predicazione". Dalle lunghe notti passate in chiesa accanto all'altare e da una tenerissima
devozione verso Maria, aveva conosciuto la misericordia di Dio e "a quale prezzo siamo stati redenti", per questo
cercherà di testimoniare l'amore di Dio dinanzi ai fratelli. Egli fonda un Ordine che ha come scopo la salvezza delle
anime mediante la predicazione che scaturisce dalla contemplazione: contemplata aliis tradere sarà la felice formula
con cui s.Tommaso d'Aquino esprimerà l'ispirazione di s. Domenico e l'anima dell'Ordine. Per questo nell'Ordine da lui
fondato hanno una grande importanza lo studio, la vita liturgica, la vita comune, la povertà evangelica.


Ardito, prudente, risoluto e rispettoso verso l'altrui giudizio, geniale sulle iniziative e obbediente alle direttive della
Chiesa, Domenico è l'apostolo che non conosce compromessi né irrigidimenti: "tenero come una mamma, forte come un
diamante", lo ha definito Lacordaire. E Dante lo associa a san Francesco tessendo il suo elogio per mezzo di san Bonaventura.



*****
SAN GIOVANNI-MARIA
VIANNEY

Nel villaggio di Ars, nella diocesi di Belley, in Francia, il natale di san Giovanni-Maria Vianney, Prete e Confessore, insigne nell'esercizio dell'ufficio parrocchiale; che dal Papa Pio undecimo fu inserito nel numero dei Santi, prescrittane la festa ai nove di questo mese, e fu dichiarato celeste Patrono di tutti i parroci.

*****


COSI' insegna il Santo Curato d'Ars


Del Prete


"Quando vedete un prete, dovete dire: "Ecco colui che mi ha reso figlio di Dio e mi ha aperto il cielo per mezzo del santo Battesimo, colui che mi ha purificato dopo il mio peccato, colui che nutre la mia anima..."
Il prete è per voi come una madre, come una nutrice per un neonato: ella gli dà da mangiare e il bimbo non deve fare altro che aprire la bocca. La Madre dice al suo bimbo: " Tieni, piccolo mio, mangia". 
Il prete vi dice: "Prendete e mangiate, ecco il Corpo di Gesù Cristo. Possa custodirvi per la vita eterna".
Che belle parole!
Il Prete possiede le chiavi dei tesori del Cielo: è lui ad aprirne la porta; egli è l'economo di Dio, l'amministratore dei suoi Beni (cfr.1Cor.4,1)".







La Messa, dono di Dio"Tutte le buone opere insieme non equivalgono al Santo Sacrificio della Messa: esse, infatti, sono opere degli uomini, mentre la Messa è opera di Dio.Il martirio è nulla al suo confronto: è l'uomo che sacrifica a Dio la sua vita, ma la Messa è Dio che sacrifica all'uomo il suo Corpo e il suo Sangue.Alle parole del Sacerdote, Nostro Signore scende dal cielo ed entra in una piccola ostia.Dio fissa il suo sguardo sull'altare. "Ecco, dice, il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto". Per i meriti dell'offerta di questa vittima non può rifiutare nulla!Che bello!Dopo la Consacrazione, il buon Dio è lì, nell'Ostia, come in cielo! Se riuscissimo a comprendere veramente questo mistero, moriremmo d'amore!! Dio ci tratta con indulgenza a causa della nostra debolezza. Se qualcuno ci dicesse: "Alla tal ora, verrà resuscitato un morto", ci affretteremmo sicuramente per assistere all'evento. Eppure la consacrazione che cambia il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Dio, non è forse un miracolo ben più grande della risurrezione di un morto? Bisognerebbe sempre dedicare almeno un quarto d'ora a prepararsi ad ascoltare la Messa con devozione. Bisognerebbe arrivare prima alla Messa per avere il tempo di recitare un Rosario. Bisognerebbe umiliare se stessi davanti al buon Dio, sull'esempio del suo profondo annientamento nel Sacramento dell'Eucarestia, e fare l'esame di coscienza, poichè per assistere bene alla Messa, bisogna essere in stato di grazia. Oh! Se avessimo fede, se capissimo il valore del Santo Sacrificio, dimostreremmo molto più fervore nell'assistere alla Messa!"        LAUDETUR JESUS CHRISTUS!           LAUDETUR CUM MARIA! 
            SEMPER LAUDENTUR!                                             


Nessun commento:

Posta un commento