sabato 13 agosto 2011

Beati martiri di Otranto


Beati martiri di Otranto

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Reliquie dei Martiri di Otranto conservate nella Cattedrale della Città
I Beati martiri di Otranto, o Beati martiri idruntini, sono gli 800 abitanti della città salentina uccisi il 14 agosto 1480 dai Turchi guidati da Gedik Ahmed Pasha, per aver rifiutato la conversione all'Islam dopo la caduta della loro città.

Storia

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Battaglia di Otranto.
Il castello di Otranto.
Il 28 luglio 1480 un'armata turca proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto.
La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini.
Quando Gedik Ahmed Pasha chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono ed in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L’11 agosto, dopo 15 giorni d’assedio, Gedik Ahmed Pasha ordinò l’attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello.
Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città[1].
I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmed Pasha ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli.
Particolarmente barbara fu l’uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città.
Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo.

A capo degli Otrantini - che il 12 agosto si erano opposti alla conversione all'Islam - era anche il vecchio sarto Antonio Pezzulla, detto Il Primaldo.
Il 14 agosto Gedik Ahmed Pasha fece legare i superstiti e li fece trascinare sul vicino colle della Minerva, dove ne fece decapitare almeno 800, costringendo i parenti ad assistere alle esecuzioni. Il primo a essere decapitato fu Antonio Primaldo. La tradizione tramanda che il corpo di Antonio Primaldo, dopo la decapitazione, stette ritto in piedi, a dispetto degli sforzi dei carnefici per abbatterlo, sin quando l'ultimo degli otrantini non fu martirizzato. Durante quel massacro le cronache raccontano che un turco, tal Bersabei, si convertì nel vedere il modo in cui gli otrantini morivano per la loro fede e subì anche lui il martirio, impalato dai suoi stessi compagni d'arme.
Dopo tredici mesi Otranto venne riconquistata dagli Aragonesi, guidati da Alfonso d'Aragona, figlio del Re di Napoli.

Reliquie

Il 13 ottobre 1481 i corpi degli otrantini trucidati furono trovati incorrotti e vennero successivamente traslati nella Cattedrale di Otranto.
A partire dal 1485, una parte dei resti di quei martiri furono trasferiti a Napoli e riposano nella Chiesa di Santa Caterina a Formiello, dove furono collocati sotto l'altare della Madonna del Rosario (che ricorda la vittoria definitiva delle truppe cristiane sugli ottomani nella famosa battaglia di Lepanto); successivamente furono collocati nella cappella delle reliquie, consacrata da papa Orsini, e solo dal 1901 deposte sotto l'altare in cui si trovano oggi. Una recognitio canonica, effettuata tra il 2002 e il 2003, ne ha ribadito l'autenticità. Nel 1930 monsignor Cornelio Sebastiano Cuccarollo O.F.M., vescovo di Bovino dal 1923, fu nominato arcivescovo di Otranto e, in segno di affetto e riconoscimento verso la sua ex diocesi, donò parte delle reliquie al Santuario di Santa Maria di Valleverde in Bovino (FG), dove attualmente si trovano nella cripta della nuova basilica. [1].
Reliquie dei beati Martiri sono venerate in molti luoghi della Puglia, in particolare nel Salento, e a Napoli, a Venezia e in Spagna.

Culto

Un processo canonico iniziato nel 1539 terminò il 14 dicembre 1771, allorché papa Clemente XIV dichiarò Beati gli 800 trucidati sul colle della Minerva, autorizzandone il culto; da allora essi sono protettori di Otranto.
In vista di una possibile canonizzazione, su richiesta dell'arcidiocesi di Otranto, il processo è stato recentemente riaperto, confermando in pieno le conclusioni del precedente. Papa Benedetto XVI, il 6 luglio 2007, ha emanato un decreto in cui riconosce il martirio di Antonio Primaldo e dei suoi concittadini uccisi "in odio alla fede".

Note

  1. ^ Paolo Ricciardi, Gli Eroi della Patria e i Martiri della Fede: Otranto 1480-1481, Vol. 1, Editrice Salentina, 2009

Bibliografia

  • Paolo Ricciardi, Gli Eroi della Patria e i Martiri della Fede: Otranto 1480-1481, Vol. 1, Editrice Salentina, 2009
  • Grazio Gianfreda, I beati 800 martiri di Otranto, Edizioni del Grifo, 2007

Voci correlate



AMDG et BVM

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