mercoledì 3 agosto 2011

Genesi biblica (3)


5.
Il terzo capitolo della Genesi va riletto
alla luce delle nuove conoscenze


Di fronte alle mie perplessità di conciliare la nuova rivelazione con la
lettura del Testo biblico, don Guido mi spiegava:


– Tutto il brano mosaico del terzo capitolo della Genesi va considerato
un brano ermetico come l’Apocalisse, perché fu scritto in forma simbolica
in cui la verità è stata nascosta dietro molte allegorie. Senza dubbio questo
ermetismo rientrava nel progetto di Dio che aveva riservato la sua comprensione
per i tempi nei quali l’umanità sarebbe stata in grado di comprendere
i meccanismi genetici e le loro implicazioni morali. Fu dunque
per Sua Volontà che solo oggigiorno venisse data al mondo la chiave di
lettura per la sua decodificazione per mezzo di questa rivelazione.
È il concetto di Eva quello che va riveduto nella tradizionale interpretazione
del terzo capitolo della Genesi. Eva, quella che la Bibbia chiama ‘la
madre di tutti i viventi’, è lei ‘l’albero della conoscenza del bene e del male’,
oggetto della proibizione del Signore, albero selvatico che avrebbe potuto
diventare ponte pericoloso fra le due specie perché potenzialmente in grado
di procreare, con i suoi 47 cromosomi, sia dagli ancestri che dall’Uomo.
Da questo ‘albero selvatico’ l’Uomo, per volontà di Dio, generò ‘in
bene’ la Donna e, contro la volontà di Dio, generò ‘in male’ Caino. Dio,
rispettoso della libertà che aveva donato all’Uomo, si astenne in questa
circostanza di intervenire con la Sua opera creatrice. –
Molto inchiostro è stato versato per tentare di spiegare il mistero dei
versetti del Terzo capitolo del testo mosaico e fortunatamente l’interpretazione
letterale del serpente, dell’albero e del frutto è stata già da lungo
tempo abbandonata.


a) Per alcuni studiosi il ‘peccato originale’ è consistito nel sottrarsi da
parte dell’uomo o della prima comunità di uomini (in evoluzione, loro dicono)
alle leggi della natura che regolano negli animali i tempi e le stagioni
della fertilità. Questa libertà rubata e ripetuta all’infinito dai loro discendenti
portò, secondo costoro, alla perdita della felicità. Essi non considerano
che Dio possa aver creato l’Uomo già diverso dagli animali.


b) Per molti, invece, ‘il peccato originale’ è considerato soltanto un peccato
della mente, causato dalla superbia, dall’autosufficienza e dalla disob-
bedienza dell’uomo. Secondo costoro il peccato dell’uomo, e dell’umanità, è
consistito nell’addentrarsi in campi del sapere che non erano a loro permessi.
Questo modo di interpretare il passo biblico appare alquanto riduttivo e
fuorviante, perché dà l’immagine di un Dio che, geloso dei propri segreti,
mortifichi la creatura umana nella sua naturale e legittima ricerca della verità.
Partendo da questa interpretazione nasce il dubbio che l’uomo possa
mai essere felice avendo insito nella sua natura il bisogno di conoscenza.
Risulterebbe che Dio è un Dio distante, incomprensivo, punitivo, un tiranno.
Questo sarebbe un Dio imperfetto dal quale ci si dovrebbe difendere, un
Dio che ha più l’aspetto di una proiezione umana piuttosto che l’immagine
del Dio della Misericordia. Non sarebbe più Dio.


c) Altri ancora considerano l’espressione ‘albero della conoscenza del
bene e del male’ come il desiderio dell’uomo di crearsi un proprio concetto
di bene e di male. Questo atteggiamento presuntuoso sarebbe stato il cosiddetto
‘peccato originale’, peccato che è sempre stato presente nell’animo
umano fin dalle sue origini. Nel volersi appropriare da parte dell’uomo di
questa distinzione che spetta solo a Dio, consisterebbe, essi dicono, il vero
peccato di superbia e di disobbedienza. Da questa disobbedienza, che in
verità è arroganza, nasce la presunzione di negare una ‘morale oggettiva’.
Da qui alla ‘morale relativa’, già avanzata da Voltaire, il passo è breve.
Questa presunzione, che il Signore non tollera perché è una morale che va
contro l’uomo, sarebbe, secondo questi pensatori, il nocciolo del ‘peccato
originale’. In realtà quest’ultima interpretazione, alla luce di questa rivelazione,
è la più vicina alla verità perché l’autogiustificazione delle proprie
trasgressioni agli ordini di Dio porta inevitabilmente alla superbia e all’autosufficienza
in campo morale. Questi biblisti hanno il merito d’aver compreso
che l’uomo non può trovare la felicità quando esce arbitrariamente
dalla legge di Dio. Ma non basta. Ora noi sappiamo che il lato morale è
solo un aspetto del ‘peccato d’origine’, che invece si è attuato anche in un
atto concreto.


d) Soltanto una minoranza di studiosi ha preso in considerazione il fatto
che questo peccato possa aver compromesso anche l’integrità fisica e psichica
dell’uomo. Le scoperte archeologiche relative all’evoluzione, che ora
sappiamo trattarsi di una regressione e di una lenta ricostruzione, avevano
sviato il pensiero teologico e fatto dimenticare che la Bibbia aveva enunciato che
l’Uomo era stato creato con la massima perfezione: era cosa ‘molto’
buona. Questa affermazione della Bibbia non era stata presa in seria considerazione,
perché pareva non potersi conciliare con l’imperfezione dell’uomo
attuale e tanto meno con quella dell’uomo preistorico. Il problema
sembrava insolubile e finiva per togliere alla Genesi credibilità e il requisito
di ‘Parola di Dio’. Solo una nuova rivelazione poteva darci la chiave di
lettura di questo brano ermetico.

Pg 345 e ss.
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Il Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) 

nei paragrafi riportati sotto, 397-400, menziona soprattutto l'uomo, mentre "Eva" è citata una sola volta. Non si vedrebbe qui un contrasto netto con la rivelazione a Don Guido, date le obiezioni che alcuni hanno fatto in proposito (nella Bibbia pecca per prima "Eva"). Anche negli atti del Concilio Vaticano II, seconda citazione sotto, Eva e la donna non sono mai menzionate. Idem nel Concilio di Trento, terza citazione, dove si nomina solo Adamo. 
Sulle modalità concrete del peccato originale il Magistero non si esprime perché non sa come sono andate le cose e lo ammette al paragrafo 390 del CCC:

390 Il racconto della caduta utilizza un linguaggio di immagini, ma espone un avvenimento primordiale, un fatto che è accaduto all'inizio della storia dell'uomo. La Rivelazione ci dà la certezza di fede che tutta la storia umana è segnata dalla colpa originale liberamente commessa dai nostri progenitori.


Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica - Il primo peccato dell'uomo

 397 L'uomo, tentato dal diavolo, ha lasciato spegnere nel suo cuore la fiducia nei confronti del suo Creatore e, abusando della propria libertà, ha disobbedito al comandamento di Dio. In ciò è consistito il primo peccato dell'uomo. In seguito, ogni peccato sarà una disobbedienza a Dio e una mancanza di fiducia nella sua bontà.

398 Con questo peccato, l'uomo ha preferito se stesso a Dio, e, perciò, ha disprezzato Dio: ha fatto la scelta di se stesso contro Dio, contro le esigenze della propria condizione di creatura e conseguentemente contro il suo proprio bene. Costituito in uno stato di santità, l'uomo era destinato ad essere pienamente "divinizzato" da Dio nella gloria. Sedotto dal diavolo, ha voluto diventare "come Dio", ma "senza Dio e anteponendosi a Dio, non secondo Dio".

399 La Scrittura mostra le conseguenze drammatiche di questa prima disobbedienza. Adamo ed Eva perdono immediatamente la grazia della santità originale. Hanno paura di quel Dio di cui si son fatti una falsa immagine, quella cioè di un Dio geloso delle proprie prerogative.

400 L'armonia nella quale essi erano posti, grazie alla giustizia originale, è distrutta; la padronanza delle facoltà spirituali dell'anima sul corpo è infranta; l'unione dell'uomo e della donna è sottoposta a tensioni; i loro rapporti saranno segnati dalla concupiscenza e dalla tendenza all'asservimento. L'armonia con la creazione è spezzata: la creazione visibile è diventata aliena e ostile all'uomo. A causa dell'uomo, la creazione è "sottomessa alla caducità" ( Rm 8,20 ). Infine, la conseguenza esplicitamente annunziata nell'ipotesi della disobbedienza si realizzerà: l'uomo tornerà in polvere, quella polvere dalla quale è stato tratto. La morte entra nella storia dell'umanità.



Concilio Vaticano II

Costituito da Dio in uno stato di giustizia, l'uomo però, tentato dal Maligno, fin dagli inizi della storia abusò della libertà, erigendosi contro Dio e bramando di conseguire il suo fine al di fuori di lui. Pur avendo conosciuto Dio, gli uomini « non gli hanno reso l'onore dovuto... ma si è ottenebrato il loro cuore insipiente »... e preferirono servire la creatura piuttosto che il Creatore. Quel che ci viene manifestato dalla rivelazione divina concorda con la stessa esperienza. Infatti l'uomo, se guarda dentro al suo cuore, si scopre inclinato anche al male e immerso in tante miserie, che non possono certo derivare dal Creatore, che è buono.
Spesso, rifiutando di riconoscere Dio quale suo principio, l'uomo ha infranto il debito ordine in rapporto al suo fine ultimo, e al tempo stesso tutta l'armonia, sia in rapporto a se stesso, sia in rapporto agli altri uomini e a tutta la creazione. Così l'uomo si trova diviso in se stesso.
Per questo tutta la vita umana, sia individuale che collettiva, presenta i caratteri di una lotta drammatica tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre.
Anzi l'uomo si trova incapace di superare efficacemente da sé medesimo gli assalti del male, così che ognuno si sente come incatenato.

Ma il Signore stesso è venuto a liberare l'uomo e a dargli forza, rinnovandolo nell'intimo e scacciando fuori « il principe di questo mondo » (Gv12,31), che lo teneva schiavo del peccato. Il peccato è, del resto, una diminuzione per l'uomo stesso, in quanto gli impedisce di conseguire la propria pienezza. Nella luce di questa Rivelazione trovano insieme la loro ragione ultima sia la sublime vocazione, sia la profonda miseria, di cui gli uomini fanno l'esperienza. 
(Gaudium et spes, 13)

L'eterno Padre, con liberissimo e arcano disegno di sapienza e di bontà, creò l'universo; decise di elevare gli uomini alla partecipazione della sua vita divina; dopo la loro caduta in Adamo non li abbandonò... (Lumen Gentium, 1-2)



Dagli Atti dei Concilio di Trento

1. Chi non ammette che il primo uomo Adamo, avendo trasgredito nel paradiso il comando di Dio, ha perso subito la santità e la giustizia, nelle quali era stato creato e che è incorso per questo peccato di prevaricazione nell’ira e nell’indignazione di Dio, e, quindi, nella morte, che Dio gli aveva prima minacciato, e, con la morte, nella schiavitù di colui che, in seguito, ebbe il potere della morte e cioè il demonio (21); e che Adamo per quel peccato di prevaricazione fu peggiorato nell’anima e nel corpo: sia anatema.


2. Chi afferma 
*che la prevaricazione di Adamo nocque a lui solo, e non anche alla sua discendenza; *che perdette per sé soltanto, e non anche per noi, la santità e giustizia che aveva ricevuto da Dio; o 
*che egli, inquinato dal peccato di disobbedienza, abbia trasmesso a tutto il genere umano solo la morte e le pene del corpo, e non invece anche il peccato, che è la morte dell’anima: sia anatema. Contraddice infatti all’apostolo, che afferma: Per mezzo di un sol uomo il peccato entrò nel mondo e a causa del peccato la morte, e così la morte si trasmise a tutti gli uomini, perché in lui tutti peccarono (22).

AMDG et BVM

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