sabato 12 maggio 2018

12 numeri=un discorso, dalla vita di sant'Antonio abate, opera di sant'Atanasio


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Ascensione di Gesù 
Opera di Benvenuto Tisi, detto Garofalo (1510-1520)



16. Un giorno, mentre [Antonio] usciva, tutti i monaci gli si fecero incontro e lo pregarono di tenere un discorso. Ed egli così parlò loro in lingua egiziana: 

«Le Scritture sono sufficienti all’insegnamento;
ma è bene che noi a vicenda ci esortiamo nella fede e ci incitiamo con i discorsi. Voi, come figli,
riferite a me, come a un padre, le cose che sapete. E io, essendo più anziano di voi, vi riferirò quello
che so e che ho sperimentato. 
Sia questa la comune aspirazione di tutti: non retrocediamo dopo aver
cominciato, non scoraggiamoci nelle fatiche, non diciamo mai “abbiamo praticato per molto tempo
l’ascesi”. Piuttosto accresciamo lo zelo come se incominciassimo ogni giorno. Di fronte ai secoli
futuri la vita umana è brevissima; tutto il nostro tempo è nulla rispetto alla vita eterna. In questo
modo ogni cosa si vende al giusto prezzo e lo scambio avviene sempre con cose di ugual valore; ma
la promessa della vita eterna si compra a basso prezzo. Infatti sta scritto: “Gli anni della nostra vita
sono settanta, ottanta per i più robusti; ma quasi tutti sono fatica, dolore” (Sal 89,10). Se
perseveriamo per tutti gli ottanta anni oppure per cento nella pratica ascetica, non regneremo 
soltanto per cento anni ma regneremo nei secoli dei secoli. Se lotteremo sulla terra, non avremo
eredità sulla terra ma la promessa nei cieli. Quando deporremo il corpo corruttibile, ne riceveremo
uno incorruttibile» (1Cor 15,42).
17. «Perciò, o figli, non ci scoraggiamo, non crediamo di durare a lungo o di fare qualcosa di
grande: “Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà
essere rivelata in noi” (Rm 8,18). 
Né guardando l’universo dobbiamo credere di aver rinunciato a grandi cose; tutta la terra, paragonata a tutto il cielo, è piccolissima. Se noi fossimo padroni di tutta la terra e rinunciassimo ad essa, nulla di quello a cui abbiamo rinunciato sarebbe degno del regno dei cieli. 

Come uno disprezza una dracma di bronzo per guadagnare cento dracme d’oro, così chi è
padrone di tutta la terra e rinuncia ad essa, perde poco ma fa un guadagno cento volte maggiore. Se
tutta la terra non è degna del regno dei cieli, chi perde poche arure, non perde quasi niente; se poi
lascia la casa e molto oro, non deve vantarsi né scoraggiarsi. Dobbiamo anche tener presente che se
non lasciamo le nostre cose in nome della virtù, le lasceremo in seguito quando moriremo e spesso
a persone alle quali non vorremmo lasciarle, come ricorda l’Ecclesiaste (Qo 4,8). Perché, dunque,
non lasciarle in nome della virtù per ereditare il regno dei cieli? Per questo nessuno di noi si lasci
prendere dalla cupidigia di possedere. 

Che guadagno c’è a possedere cose che non possiamo
portarci con noi? Perché non ci preoccupiamo di acquistare cose che possiamo portar via con noi
come la prudenza, la giustizia, il coraggio, l’intelletto, la carità, l’amore verso i poveri, la fede in
Cristo, la mansuetudine, l’ospitalità? Se acquisteremo queste cose, le troveremo là dove ci
accoglieranno come ospiti nella terra dei miti».

18. «Per queste ragioni ciascuno di voi si convinca di non perdersi d’animo, specialmente se pensa
di essere il servo del Signore e di doverlo servire. Come un servo non osi dire: “Siccome ieri ho
lavorato, oggi non lavoro”, né calcolando il tempo trascorso, si riposerà nei giorni successivi. Ma
ogni giorno, come è scritto nel vangelo (Lc 17,7-10), mostri lo stesso zelo per piacere al Signore e
non essere in pericolo. Così noi, ogni giorno, dobbiamo perseverare nella pratica ascetica sapendo
che se anche per un solo giorno la trascureremo, il Signore non ci perdonerà a causa del tempo
passato ma, per la nostra negligenza, si mostrerà contrariato nei nostri confronti. Così è scritto in
Ezechiele (Ez 18,24-26); così anche Giuda per una sola notte perdette la fatica del tempo trascorso»
(Gv 13,30).

19. «Dedichiamoci, o figli, alla pratica ascetica e non siamo negligenti. Abbiamo in questo il
Signore come aiuto perché “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,28). Per non
essere negligenti, ci conviene meditare sulle parole dell’Apostolo: “Ogni giorno io affronto la morte
(1Cor 15,31). Se vivremo, come se dovessimo morire ogni giorno, non peccheremo. Il che significa
che quando ogni giorno ci alziamo, non dobbiamo credere che vivremo fino alla sera e quando
andiamo a letto non dobbiamo credere di alzarci. La nostra vita, per natura, è incerta e ogni giorno
viene misurata dalla Provvidenza. Se ci disporremo così e se così ogni giorno vivremo, non
peccheremo, né saremo presi dalla cupidigia di qualcosa. Con nessuno ci adireremo, non
accumuleremo tesori sulla terra, ma ogni giorno, aspettando la morte, non possederemo niente e a
tutti perdoneremo qualsiasi cosa. Non avremo concupiscenza di donna, né saremo dominati da
piaceri osceni che anzi avverseremo come cose caduche, sempre lottando e avendo davanti agli
occhi il giorno del giudizio. Infatti il timore grandissimo e il pericolo dei tormenti dissolvono
sempre le lusinghe del piacere e rinsaldano l’anima che vacilla».

20. «Dunque, cominciamo e, presa la strada della virtù, protendiamoci sempre di più per
raggiungere la meta (Fil 3,13). Nessuno si volga indietro, come la moglie di Lot (Gn 19,26), 
soprattutto perché il Signore ha detto: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge
indietro, è adatto per il regno dei cieli” (Lc 9,62). Guardare indietro altro non vuoi dire che
cambiare idea e pensare di nuovo alle cose del mondo. Sentendo parlare della virtù, non abbiate
paura, né dovete temere il nome. Non è infatti lontana da noi, né si trova fuori di noi; l’opera è in
noi stessi ed è facile realizzarla solo se noi vogliamo. I greci viaggiano, attraverso il mare, per
apprendere le lettere; noi non abbiamo bisogno di muoverci per il regno dei cieli, né di attraversare
il mare per la virtù. Il Signore ci ha già detto: “Il regno di Dio è in mezzo a voi!” (Lc 17,21). La
virtù perciò ha bisogno soltanto della nostra volontà, dal momento che è in noi e da noi trae la sua
origine. Infatti quella parte dell’anima che per natura è intelligente, è virtù e conserva la sua natura
quando rimane così come è stata creata, cioè buona e retta. Per questo Giosuè, figlio di Nun,
ammaestrando il popolo diceva: “Rivolgete il cuore verso il Signore, Dio d’Israele” (Gs 24,23) e
Giovanni Battista: “Raddrizzate i suoi sentieri” (Mt 3,3). Quando l’anima è retta, la sua razionalità è
come fu creata; se invece l’anima declina e svia dalla sua natura, allora si dice che l’anima è
corrotta. Non si tratta di cosa difficile: se noi rimaniamo come siamo stati creati, saremo virtuosi, se
invece ci abbandoniamo al male, saremo giudicati come cattivi. Se dovessimo uscire fuori di noi per
conquistare la virtù, le difficoltà non mancherebbero. Ma poiché essa è in noi, guardiamoci dai
cattivi pensieri e custodiamo l’anima che il Signore ci ha dato come in deposito affinché, rimanendo
essa nello stato in cui l’ha foggiata, egli riconosca in noi la sua opera».

21. «Il nostro impegno sia quello di non essere schiavi dell’ira, di non essere posseduti dalla
concupiscenza. Infatti è scritto: “L’ira dell’uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio” (Gc
1,20) e: “La concupiscenza concepisce e genera il peccato, e il peccato, quand’è consumato,
produce la morte” (Gc 1,15). Scelto questo metodo di vita, dobbiamo vivere molto sobriamente. È
scritto infatti: “Con ogni cura vigila sui cuore” (Pro 4,23).
Abbiamo dei nemici terribili e astuti, i malvagi demoni e noi dobbiamo combattere, come dice
l’Apostolo: “non contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i principati e le potestà,
contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni
celesti” (Ef 6,12). Grande è il loro numero nell’aria che è intorno a noi ed essi non sono lontani da
noi, e inoltre molte sono le loro varietà. Sulle loro proprietà e varietà si potrebbero dire molte cose;
ma è un discorso che riserviamo a persone più grandi di noi. A noi ora interessa conoscere le astuzie
che essi mettono in pratica contro di noi».

22. «Innanzitutto dobbiamo sapere che quelli che noi chiamiamo demoni non furono creati tali: Dio
non ha fatto nulla di male. Anch’essi sono stati creati buoni, ma si staccarono dalla sapienza celeste,
caddero poi sulla terra e ingannarono i pagani con le loro immagini. Sono invidiosi di noi cristiani e
cercano con ogni mezzo di impedire la nostra ascesa verso il cielo da dove essi sono precipitati.
Necessita quindi la continua preghiera, occorre la pratica ascetica perché chi riceve attraverso lo
Spirito Santo la grazia di distinguere gli spiriti possa conoscere le cose che riguardano i demoni:
quali sono meno malvagi, quali più malvagi, quali le loro consuetudini e attività, come possono
essere respinti e cacciati via. Molti sono infatti i loro inganni e molti anche i loro movimenti per
tendere insidie. Perciò il santo Apostolo e quelli che con lui conoscevano i demoni dicevano: “Non
ignoriamo le macchinazioni” (2Cor 2,11). E noi che ne abbiamo fatto esperienza, dobbiamo a
vicenda ammonirci. Io che poi ne ho fatta una certa esperienza, parlo a voi come a dei figli».

23. «Costoro, quando vedono che tutti i cristiani e soprattutto i monaci sono zelanti e
progrediscono, in primo luogo tentano l’aggressione e pongono agguati lungo la strada (Sal 139,6).
Perciò noi non dobbiamo lasciarci spaventare dalle loro suggestioni: con le preghiere, con i digiuni,
con la fede nel Signore, essi subito cadono. Ma anche caduti, essi non si arrendono; subito si
avvicinano nuovamente con astuzia e con inganno. Infatti non potendo apertamente ingannare il 
cuore con il piacere osceno, cercano altri mezzi, tentano di far paura con vane immagini,
assumendo forme di donne, di belve, di rettili, di grandi corpi, di schiere di soldati. Ma neppure
queste immagini si devono temere. Esse sono il nulla e quindi presto si dileguano, soprattutto se noi
ci fortifichiamo con la fede e il segno di croce. I demoni sono audaci e molto impudenti: se sono
sconfitti in un modo, aggrediscono ancora in un altro modo. Simulano di essere esperti di vaticinio
e di predire il futuro, si mostrano molto alti per raggiungere i tetti, si estendono in larghezza per
sedurre con questi aspetti coloro che essi non sono riusciti a ingannare con i pensieri. Se poi trovano
un’anima salda nella fede e nella speranza della conversione, allora fanno venire il loro capo».

24. «Essi appaiono come il Signore rivelò il diavolo a Giobbe dicendo: “I suoi occhi sono come le
palpebre dell’aurora. Dalla sua bocca partono vampate, sprizzano scintille di fuoco. Dalle sue narici
esce fumo come da caldaia, che bolle sul fuoco. Il suo fiato incendia carboni e dalla bocca gli
escono fiamme” (Gb 41,10-13). Il capo dei demoni, mostrandosi in questo modo, atterrisce, come
ho detto prima. Quello scaltro si vanta pronunciando grosse parole, come il Signore dimostrò a
Giobbe: “Stima il ferro come paglia, il bronzo come legno tarlato. Fa ribollire come pentola il
gorgo, fa del mare come un vaso da unguenti. Dietro a sé produce una bianca scia e l’abisso appare
canuto” (Gb 41,19.23-24); e ancora per mezzo del profeta: “Il nemico aveva detto: Inseguirò,
raggiungerò” (Es 15,9) e poi: “La mia mano, come in un nido, ha scovato la ricchezza dei popoli.
Come si raccolgono le uova abbandonate, così ho raccolto tutta la terra” (Is 10,14).
Di simili cose si vantano e promettono di farle con lo scopo di sedurre quanti adorano Dio. Ma
occorre che noi che abbiamo fede non temiamo le apparizioni del diavolo, né prestiamo fede alle
sue voci. Egli infatti mente e non dice alcuna cosa vera. Mentre egli dice tante e tante cose con
audacia, viene trascinato dal Salvatore come un serpente all’amo, come un animale che riceve la
cavezza alle narici; come un fuggiasco ha il naso legato a un anello, ha le labbra trafitte da uno
spiedo (Gb 40,24-26). È legato dal Signore come un passero perché sia schernito da noi (Gb 40,29).
Sia il diavolo che i demoni che sono con lui sono stati posti come scorpioni e serpenti per essere
calpestati da noi cristiani (Lc 10,19). Infatti chi ha minacciato di essiccare il mare e di impadronirsi
del mondo, ecco che ora non può impedire la vostra pratica ascetica, né me che parlo contro di lui.
Non ascoltiamo le cose che dice, egli mente, non temiamo le sue apparizioni perché anch’esse sono
false. Non è luce vera quella che appare in loro; portano soltanto un anticipo e un’immagine del
fuoco preparato per loro. Con le fiamme con le quali bruceranno, essi cercano di intimorire gli
uomini. In realtà appaiono ma subito scompaiono, non danneggiano nessuno dei fedeli, portano essi
stessi un’immagine del fuoco dal quale saranno accolti. Neppure per questo devono essere temuti.
Tutti i loro tentativi per la grazia di Cristo sono resi vani».

25. «Sono astuti e pronti a trasformarsi in tutte le immagini e le forme. Spesso simulano anche di
cantare i salmi e, senza essere visti, recitano le parole delle Scritture. Molte volte, mentre noi
leggiamo, essi ripetono subito come un’eco le cose che noi leggiamo; mentre dormiamo, ci incitano
a pregare e fanno questo di continuo, impedendoci quasi di dormire. Altre volte, dopo aver assunto
le sembianze di monaci, parlano come uomini devoti per ingannarci con un aspetto simile al nostro
e poi trascinano dove vogliono coloro che hanno sedotto. Ma essi non devono essere ascoltati
neppure se spingono a pregare, neppure se esortano a non mangiare, neppure quando fingono di
accusarci e di rimproverarci per dei peccati di cui, come noi, sono a conoscenza. Non si comportano
così in nome della fede o della verità, ma per portare alla disperazione le persone semplici e rendere
inutile la pratica ascetica. Vogliono generare nausea negli uomini per la vita monastica, come se
fosse troppo gravosa e scomoda e cercano di essere di ostacolo a coloro che la praticano».

26. «Perciò il profeta mandato dal Signore compiangeva questi miseri dicendo: “Guai a chi fa bere i
suoi vicini versando veleno per ubriacarli e scoprire le loro nudità” (Ab 2,15). Infatti simili pensieri 
e macchinazioni allontanano dalla strada che porta alla virtù. Il Signore stesso, sebbene i demoni
dicessero la verità (infatti essi dicevano: “Tu sei il Figlio di Dio” [Lc 4,41]), tappava loro la bocca,
li costringeva al silenzio perché essi non seminassero con la verità la loro malizia e perché noi
prendessimo la consuetudine di non prestare loro attenzione anche se quelli davano la parvenza di
dire la verità. Sarebbe infatti vergognoso che noi che abbiamo le Sacre Scritture e che dal Salvatore
abbiamo ricevuto la libertà, ci lasciassimo istruire dal diavolo, da colui che violò l’ordine per lui
stabilito e passò da un pensiero all’altro. Perciò il Signore gli impedì di parlare quando egli si mise
a recitare i brani delle Scritture, con queste parole: “Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre
in bocca la mia alleanza?” (Sal 49,16). Fanno tutte queste cose, ciarlano, rumoreggiano, simulano,
per ingannare i semplici. Fanno strepito, ridono scioccamente, sibilano; se nessuno presta loro
attenzione, piangono e si lamentano come se fossero sconfitti».

27. «Perciò il Signore, in quanto Dio, chiudeva la bocca ai demoni. E noi, istruiti dai santi,
dobbiamo imitarli, emulare il loro coraggio. Vedendo queste cose, essi dicevano: “Porrò un freno
alla mia bocca mentre l’empio mi sta dinanzi. Sono rimasto quieto in silenzio” (Sal 38,2-3); e
ancora: “Io, come un sordo, non ascolto e come un muto non apro la bocca; sono come un uomo
che non sente” (Sal 37,14-15). Noi non dobbiamo ascoltarli perché ci sono estranei, né dobbiamo
obbedire loro quando ci invitano alla pratica ascetica che ci siamo proposta e non lasciamoci
sedurre da coloro che agiscono con inganno. Non dobbiamo temerli neppure se sembra che ci
aggrediscano, né se ci minacciano di morte. Sono dei deboli e perciò si limitano alle sole minacce».

28. «Fin qui ho parlato brevemente di queste cose, ma ora non esiterò a parlarne più diffusamente.
Così ne avrete un fermo ricordo. All’arrivo del Signore, il nemico cadde e le sue forze si fiaccarono.
Per questo, come tiranno, nulla potendo, pur essendo caduto non sta fermo, ma minaccia sia pure
con le sole parole. Ognuno di voi rifletta su questo e così potrà disprezzare i demoni. Se come noi
avessero avuto dei corpi, avrebbero potuto dire: “Non riusciamo a trovare gli uomini che si sono
nascosti, ma possiamo far del male a quelli che troviamo”. E noi potremmo evitarli nascondendoci e
sbarrando le porte. Ma le cose non stanno così. Infatti anche con le porte chiuse possono entrare
perché sia essi che il loro capo si trovano in tutta l’aria e sono pronti ad arrecare mali e danni, come
dice il Salvatore: “Egli è stato omicida fin da principio” (Gv 8,44). Ma noi continuiamo a vivere e
la nostra condotta di vita è contro di lui ed è evidente che i demoni nulla possono. Infatti né il luogo
vieta loro di operare il male, né scorgono in noi degli amici da risparmiare, né amano il bene per
correggerci. In realtà sono dei malvagi e non si curano di altro che di danneggiare coloro, che
amano Dio e la virtù. Non potendo far nulla, si limitano alle minacce. Se potessero fare qualche
cosa, farebbero subito del male e in questo la loro volontà è disponibile, soprattutto contro di noi.
Ecco perché ci siamo riuniti per parlare contro di loro; essi sanno che sono fiaccati dal nostro
progredire nel bene. Se avessero qualche potere, non permetterebbero di vivere a nessuno di noi
cristiani: “Per il peccatore la pietà è un abominio” (Sir 1,22). Siccome nulla possono, danneggiano
se stessi perché non hanno il potere di realizzare le loro minacce. Inoltre, per non temerli, pensiamo
anche a questo: se avessero potere, non verrebbero in massa, né con visioni, né poi preparerebbero
insidie dopo aver assunto varie sembianze. Inoltre sarebbe sufficiente che uno solo venisse e facesse
ciò che vuole e può. Chi può, infatti, non cerca di uccidere con le visioni, né atterrisce con la
moltitudine, ma si serve della propria forza, subito e a suo piacimento. Ma i demoni, che nulla
possono, giocano come se fossero sulla scena e, cambiando aspetto, spaventano i bambini con
tumulti e fantasmi. Essendo dunque dei deboli, devono essere disprezzati. Il vero angelo inviato dal
Signore contro gli assiri non ebbe bisogno di folle, né di assumere immagini, né di strepiti, né di
suoni. Usò in silenzio la sua forza e uccise subito centottantacinquemila uomini (2Re 19,35). Invece
i demoni, non avendo forza, cercano di far paura con le immagini». 

AMDG et DVM

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