La loro malizia, istruita da Satana, al quale sono servi o schiavi (a seconda della loro aderenza ai voleri e alle suggestioni del Maligno) non vuole questi arretramenti e questi ritorni. Annulla perciò la fede nell’Inferno quale realmente è e ne fabbrica un altro, se pure se lo fabbrica, il quale non è altro che una sosta per prendere lo slancio ad altre, future elevazioni.
Spinge questa sua opinione sino a credere sacrilegamente, che il più grande di tutti i peccatori dell’umanità, il figlio diletto di Satana, colui che era ladro, com’è detto nel Vangelo, che era concupiscente e ansioso di gloria umana, come dico Io, l’Iscariota, che per fame della triplice concupiscenza si è fatto mercante del Figlio di Dio, e per trenta monete e col segno di un bacio – un valore monetario irrisorio e un valore affettivo infinito – mi ha messo nelle mani dei carnefici, possa redimersi e giungere a Me passando per fasi successive. No. Se egli fu il sacrilego per eccellenza, Io non lo sono. Se egli fu quello che sparse con sprezzo il mio Sangue, Io non lo sono. Perdonare a Giuda sarebbe sacrilegio alla mia divinità da lui tradita, sarebbe ingiustizia verso tutti gli altri uomini, sempre meno colpevoli di lui e che pure sono puniti per i loro peccati, sarebbe sprezzo al mio Sangue, sarebbe infine venire meno alle mie leggi.
Ho detto, Io Dio Uno e Trino, che ciò che è destinato all’Inferno dura in esso per l’eternità, perché da quella morte non si esce a nuova risurrezione. Ho detto che quel fuoco è eterno e che in esso saranno accolti tutti gli operatori di scandali e d’iniquità. Né crediate che ciò sia sino al momento della fine del mondo. No, che anzi, dopo la tremenda rassegna, più spietata si farà quella dimora di pianto e tormento, poiché ciò che ancora è concesso ai suoi ospiti d’avere per loro infernale sollazzo – il poter nuocere ai viventi e il vedere nuovi dannati precipitare nell’abisso – più non sarà e la porta del Regno nefando di Satana sarà ribattuta, inchiavardata dai miei angeli, per sempre, per sempre, per sempre, il cui numero di anni non ha numero e rispetto al quale, se anni divenissero i granelli di rena di tutti gli oceani della terra, sarebbero meno di un giorno di questa mia eternità immisurabile, fatta di luce e di gloria nell’alto per i benedetti, fatta di tenebre e orrore per i maledetti nel profondo. ( … )
L’Inferno è luogo in cui il pensiero di Dio, il ricordo del Dio intraveduto nel particolare giudizio non è, come per i purganti, santo desiderio, nostalgia accorata ma piena di speranza, speranza piena di tranquilla attesa, di sicura pace che raggiungerà la perfezione quando diverrà conquista di Dio, ma che già dà allo spirito purgante un’ilare attività purgativa perché ogni pena, li avvicina a Dio, loro amore; ma è rimorso, è rovello, è dannazione, è odio. Odio verso Satana, odio verso gli uomini, odio verso sé stessi. Dopo aver adorato Satana, nella vita, al posto mio, ora che lo possiedono e ne vedono il vero aspetto, non più celato sotto il maliardo sorriso della carne, sotto il lucente brillio dell’oro, sotto il potente segno della supremazia, lo odiano perché causa del loro tormento.
Dopo avere, dimenticando la loro dignità di figli di Dio, adorato gli uomini sino a farsi degli assassini, dei ladri, dei barattieri, dei mercanti d’immondezze per loro, adesso che ritrovano i loro padroni per i quali hanno ucciso, rubato, truffato, venduto il proprio onore e l’onore di tante creature infelici, deboli, indifese, facendone strumento al vizio che le bestie non conoscono – alla lussuria, attributo dell’uomo avvelenato da Satana – adesso li odiano perché causa del loro tormento.
Dopo avere adorato se stessi dando alla carne, al sangue, ai sette appetiti della loro carne e del loro sangue, tutte le soddisfazioni, calpestando la Legge di Dio e la legge della moralità, ora si odiano perché si vedono causa del loro tormento.
La parola “Odio” tappezza quel regno smisurato; rugge in quelle fiamme; urla nei chiachinni dei demoni; singhiozza e latra nei lamenti dei dannati; suona, suona, suona come un’eterna campana a martello; squilla come una eterna buccina di morte; empie di sé i recessi di quella carcere; è, di suo, tormento, perché rinnovella ad ogni suono, il ricordo dell’Amore per sempre perduto, il rimorso di averlo voluto perdere, il rovello di non poterlo mai più rivedere.
L’anima morta, fra quelle fiamme, come quei corpi gettati nei roghi o in un forno crematorio, si contorce e stride come animata di nuovo da un movimento vitale e si risveglia per comprendere il suo errore e muore e rinasce a ogni momento con sofferenze atroci, perché il rimorso la uccide in una bestemmia e l’uccisione la riporta a rivivere per un nuovo tormento. Tutto il delitto d’aver tradito Dio nel tempo, sta di fronte all’anima nell’eternità; tutto l’errore d’aver ricusato Dio nel tempo, sta per suo tormento, presente a essa per l’eternità.
Nel fuoco le fiamme simulano le larve di ciò che adorarono in vita, le passioni si dipingono in roventi pennellate con i più appetitosi aspetti e stridono, stridono il loro memento: Hai voluto il fuoco delle passioni, ora abbiti il fuoco acceso di Dio il cui santo Fuoco hai deriso.
Fuoco risponde a fuoco. In Paradiso è fuoco d’amore perfetto, in Purgatorio è fuoco d’amore purificatore, in Inferno è fuoco d’amore offeso. Poiché gli eletti amarono alla perfezione, l’Amore a loro si dona nella sua Perfezione. Poiché i purganti amarono tiepidamente, l’Amore si fa fiamma per portarli alla Perfezione. Poiché i maledetti arsero di tutti i fuochi, meno che del Fuoco di Dio, il fuoco dell’ira di Dio li arde in eterno e nel fuoco è gelo.
Oh! Che sia l’Inferno non potete immaginare. Prendete tutto quanto è tormento dell’uomo sulla terra: fuoco, fiamma, gelo, acque che sommergono, fame, sonno, sete, ferite, malattie, piaghe, morte e fatene un’unica somma e moltiplicatela milioni di volte. Non avrete che una larva di quella tremenda verità.
Nell’ardore insostenibile sarà commisto il gelo siderale. I dannati arsero di tutti i fuochi umani avendo unicamente gelo spirituale per il Signore Iddio loro. E gelo li attende per congelarli dopo che il fuoco li avrà salati come pesci messi ad arrostire su una fiamma. Tormento nel tormento questo passare dall’ardore che scioglie al gelo che condensa.(…)
La parola “Odio” tappezza quel regno smisurato; rugge in quelle fiamme; urla nei chiachinni dei demoni; singhiozza e latra nei lamenti dei dannati; (…)
L’oscurità sarà il terzo tormento. Oscurità materiale e oscurità spirituale. Esser per sempre nelle tenebre dopo aver visto la luce del paradiso ed essere nell’abbraccio della Tenebra dopo aver visto la Luce che è Dio! Dibattersi in quell’orrore tenebroso in cui s’illumina solo, al riverbero dello spirito arso, il nome del peccato per cui sono in esso orrore, confitti. Non trovare appiglio, in quel rimestìo di spiriti che si odiano e si nuocciono a vicenda, altro che nella disperazione che li rende folli e sempre più maledetti. Nutrirsi di essa, appoggiarsi ad essa, uccidersi con essa. La morte nutrirà la morte, è detto. La disperazione è morte e nutrirà questi morti per l’eternità. (…)
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