San Francesco: “Fratelli miei,
voglio mandarvi tutti in Paradiso”
«Secondo un’antica e documentata tradizione, una notte, mentre Francesco sta pregando accanto alla Porziuncola, viene assalito da una violenta prova: è tentato di abbandonare la penitenza per godersi di nuovo la sua giovinezza.
Subito si spoglia della tonaca e si getta in mezzo a un roveto, il quale, per grazia, si trasforma in un meraviglioso roseto privo di spine. Due angeli si avvicinano e lo conducono nella piccola chiesa, dove trova ad attenderlo il Cristo e la Madonna che gli domandano quale premio desideri per quel suo atto così eroico.
Francesco chiede che venga concessa un’indulgenza straordinaria – cioè l’assoluzione generale di tutte le colpe – a coloro che fossero giunti in quel luogo pentiti e confessati. “Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande – gli disse il Signore – ma di maggiori cose sei degno e maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza”.
Il poverello si reca subito da Papa Onorio III che in quei giorni si trovava a Perugia, e con candore gli racconta la visione avuta. Il Papa lo ascolta attentamente e gli concede la sua approvazione. Poi dice: “Per quanti anni vuoi questa indulgenza?”. Francesco prontamente risponde: “Santo Padre, non domando anni, ma anime”.
Così, pieno di gioia, si avvia verso l’uscita. Il Pontefice però lo richiama; “Come, non vuoi nessun documento?”.
E Francesco: “Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli penserà a manifestare l’opera sua. Io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli angeli i testimoni”.
E qualche giorno più tardi, davanti ai vescovi dell’Umbria e al popolo convenuto alla Porziuncola, grida tra le lacrime: “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso”».
Questo il racconto della genesi della Perdonanza d’Assisi apparso sull’OR del 31.7.'13 in un articolo a firma di Stefano Orsi (titolo: Incontro che salva la vita).
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Condizioni per ottenere l’indulgenza plenaria secondo la Perdonanza d’Assisi (si può lucrare dal mezzogiorno del primo agosto alla mezzanotte del 2 agosto).
– Confessione sacramentale (negli otto giorni precedenti o seguenti);
– Partecipazione alla Messa e Comunione Eucaristica;
– Visita alla chiesa della Porziuncola (o un’altra chiesa francescana o chiesa parrocchiale), per recitare queste preghiere:
Il Credo;
Il Padre Nostro;
Una preghiera secondo le intenzioni del Papa (ad esempio Padre Nostro, Ave Maria, Gloria al Padre);
Il Padre Nostro;
Una preghiera secondo le intenzioni del Papa (ad esempio Padre Nostro, Ave Maria, Gloria al Padre);
Perché si possa lucrare l’indulgenza si richiede una disposizione d’animo che escluda ogni affetto al peccato, anche veniale.
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1047 7. Ormai ben radicato nell'umiltà di Cristo, Francesco richiama alla memoria
l'obbedienza di restaurare la chiesa di San Damiano, che la Croce gli ha imposto.
Vero obbediente, ritorna ad Assisi, per eseguire l'ordine della voce divina, se non altro
con la mendicazione.
Deposta ogni vergogna per amore del povero Crocifisso, andava a cercar l'elemosina
da coloro con i quali un tempo aveva vissuto nell'abbondanza, e sottoponeva il suo debole
corpo, prostrato dai digiuni, al peso delle pietre.
Riuscì così, a restaurare quella chiesetta, con l'aiuto di Dio e il devoto soccorso dei
concittadini. Poi, per non lasciare intorpidire il corpo nell'ozio, dopo la fatica, passò a
riparare, in un luogo un po' più distante dalla città, la chiesa dedicata a San Pietro spinto
dalla devozione speciale che nutriva, insieme con la fede pura e sincera, verso il Principe
degli Apostoli.
1048 8. Riparata anche questa chiesa, andò finalmente in un luogo chiamato
Porziuncola, nel quale vi era una chiesa dedicata alla beatissima Vergine: una fabbrica antica,
ma allora assolutamente trascurata e abbandonata.
Quando l'uomo di Dio la vide così
abbandonata, spinto dalla sua fervente devozione per la Regina del mondo, vi fissò la sua
dimora, con l'intento di ripararla.
Là egli godeva spesso della visita degli Angeli, come sembrava indicare il nome della
chiesa stessa, chiamata fin dall'antichità Santa Maria degli Angeli. Perciò la scelse come sua
residenza, a causa della sua venerazione per gli Angeli e del suo speciale amore per la Madre
di Cristo.
Il Santo amò questo luogo più di tutti gli altri luoghi del mondo. Qui, infatti, conobbe
l'umiltà degli inizi; qui progredì nelle virtù; qui raggiunse felicemente la mèta. Questo luogo,
al momento della morte, raccomandò ai frati come il luogo più caro alla Vergine.
1049 Riguardo a questo luogo, un frate, a Dio devoto, prima della sua conversione ebbe una
visione degna di essere riferita. Gli sembrò di vedere innumerevoli uomini, colpiti da cecità,
che stavano attorno a questa chiesa, in ginocchio e con la faccia rivolta al cielo. Tutti
protendevano le mani verso l'alto e, piangendo, invocavano da Dio misericordia e luce.
Ed ecco, venne dal cielo uno splendore immenso, che penetrando in loro tutti, portò a
ciascuno la luce e la salvezza desiderate.
1050 E' questo il luogo, nel quale san Francesco, guidato dalla divina rivelazione, diede inizio
all'Ordine dei frati minori. Proprio per disposizione della Provvidenza divina, che lo dirigeva
in ogni cosa, il servo di Cristo aveva restaurato materialmente tre chiese, prima di fondare
l'Ordine e di darsi alla predicazione del Vangelo.
In tal modo non solamente egli aveva
realizzato un armonioso progresso spirituale, elevandosi dalle realtà sensibili a quelle
intelligibili, dalle minori alle maggiori; ma aveva anche, con un'opera tangibile, mostrato e
prefigurato simbolicamente la sua missione futura.
Infatti, così come furono riparati i tre edifici, sotto la guida di quest'uomo santo si
sarebbe rinnovata la Chiesa in tre modi: secondo la forma di vita, secondo la Regola e
secondo la dottrina di Cristo da lui proposte -e avrebbe celebrato i suoi trionfi una triplice
milizia di eletti.E noi ora costatiamo che così è avvenuto.
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“Ave Virgo Maria Mater Dei
nunc et semper
memento mei”
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