In occasione del suo viaggio in Angola, papa Benedetto XVI ha rilevato un'obiezione spesso fatta ai missionari del Vangelo: «Perché non lasciamo gli altri in pace? Essi hanno la loro verità ; e noi, la nostra. Cerchiamo di convivere pacificamente, lasciando ognuno com'è, perché realizzi nel modo migliore la propria identità ». Il Papa ha risposto: «Se noi siamo convinti e abbiamo fatto l'esperienza che, senza Cristo, la vita è incompleta, le manca una realtà – anzi la realtà fondamentale –, dobbiamo essere convinti anche del fatto che non facciamo ingiustizia a nessuno se gli presentiamo Cristo e gli diamo la possibilità di trovare, in questo modo, anche la sua vera autenticità, la gioia di avere trovato la vita. Anzi, dobbiamo farlo, è un obbligo nostro offrire a tutti questa possibilità di raggiungere la vita eterna» (Omelia nella chiesa di São Paulo di Luanda, 21 marzo 2009). Tra i predicatori che hanno preso sul serio questo dovere di annunciare la salvezza a tutti è San Leonardo da Porto Maurizio.
Il 20 dicembre 1676, a Porto Maurizio, sulla costa ligure, nel nord Italia, viene al mondo un bambino posto con il battesimo sotto il patrocinio dei Santi Paolo e Girolamo. Dirà in seguito di aver ricevuto la grazia di avere dei genitori molto bravi. La sua giovinezza è esemplare; trascina facilmente i compagni a pregare e a fare opere buone. Uno dei suoi autori spirituali preferiti è San Francesco di Sales di cui ha sempre con sé il libro Introduzione alla vita devota. Trova sostegno morale e spirituale negli incontri di giovani organizzati dai gesuiti e degli oratoriani; vi attinge un crescente fervore per la pratica delle virtù, accompagnato dal desiderio delle penitenze. Nei giorni di festa, percorre le strade e le piazze di Roma, e, sfidando lo sprezzo e gli insulti, esorta tutti coloro che vogliono ascoltarlo a recarsi a sentire i sermoni nelle chiese.
Paolo Girolamo si sente chiamato allo stato religioso. Il suo confessore lo stimola a intensificare la sua vita di preghiera e di penitenza per ottenere la grazia di conoscere la volontà di Dio. Un giorno, al vedere due religiosi vestiti poveramente e dall'atteggiamento modesto, Frati Minori Riformati del «Ritiro di San Bonaventura», sente nascere in sé il desiderio di abbracciare il loro genere di vita. Entrando nella chiesa del convento nel momento in cui i Fratelli iniziano la recita della Compieta, sente queste parole: « Convertici, Dio, nostra Salvezza ! » Queste parole gli vanno diritto al cuore e decide di chiedere la sua ammissione. Accolto nel noviziato, riceve, il 2 ottobre 1697, l'abito e il nome di Fra Leonardo. Un anno dopo, pronuncia i suoi voti. Il giovane religioso è l'edificazione di tutti, in particolare per la sua fedeltà alle osservanze, anche a quelle che sembrano più insignificanti. Egli ama dire: «Se, mentre siamo giovani, teniamo in poco conto le piccole cose e vi manchiamo volontariamente, quando saremo avanti negli anni e avremo più libertà, ci permetteremo di mancare ai punti più importanti».Zelante per gli studi sacri, insiste sulla necessità di acquisire nuove conoscenze per la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Dopo la sua ordinazione sacerdotale, viene nominato professore di filosofia. Si ammala però gravemente. I suoi superiori lo mandano a Porto Maurizio, suo paese natale, ma questo cambiamento d'aria si rivela inefficace. Il giovane Padre supplica allora la Vergine Maria di ottenergli dal suo divin Figlio una salute robusta che dedicherà a guadagnare anime per il Cielo. La sua preghiera viene esaudita; l'infermità di cui soffre scompare completamente.
Nel 1708, padre Leonardo predica, non lontano da Porto Maurizio, la sua prima «missione popolare». Questo nome viene dato a una serie di sermoni predicati nel corso di diversi giorni o settimane, presso una parrocchia, da un sacerdote di passaggio. Queste missioni, allora in voga, portavano frutti abbondanti. Tradizionalmente, il predicatore prendeva per tema la necessità di convertirsi al Signore al fine di condurre una vita veramente cristiana per la salvezza della propria anima.
Nel nostro tempo, parlare della salvezza dell'anima non è più di moda. Il contesto culturale e le ideologie diffuse rinchiudono sempre più l'uomo all'interno delle realtà terrene: molti vivono solo per questo mondo e non pensano a ciò che segue la morte. Per altri, vi è certo «un'eternità» dopo la morte, ma la salvezza non costituisce un problema: si immagina che tutti senza distinzione vadano in Paradiso. Il risultato, in entrambi i casi, è la noncuranza per la salvezza delle anime.
Ora, «Dio ci ha creati per conoscerlo, servirlo e amarlo, e così giungere in Paradiso... La beatitudine promessa ci pone di fronte alle scelte morali decisive. Essa ci invita a purificare il nostro cuore dai suoi istinti cattivi e a cercare l'amore di Dio al di sopra di tutto. Ci insegna che la vera felicità non si trova... in alcuna creatura, ma in Dio solo, sorgente di ogni bene e di ogni amore... Il Decalogo, il Discorso della Montagna e la catechesi apostolica ci descrivono le vie che conducono al Regno dei Cieli» (Catechismo della Chiesa Cattolica, CCC, 1721-1724). Il Signore Gesù è venuto a rivelare agli uomini l'amore infinito del Padre che vuole che tutti siano salvati e partecipino alla sua vita divina in Cielo, ma Egli insiste anche sul fatto che gli uomini saranno giudicati secondo le loro opere e che coloro che non muoiono nell'amicizia divina non possiederanno la vita eterna. «Gesù parla ripetutamente della geenna, del fuoco inestinguibile, (cf. Mt 5,22.29; 13,42.50; Mt 9,43-48) che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l'anima che il corpo (cf. Mt 10,28). Gesù annunzia con parole severe che egli manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno (...) tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente (Mt 13,41-42), e che pronunzierà la condanna: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno! (Mt 25,41). La Chiesa nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell'inferno, «il fuoco eterno». La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira» (CCC, 1034-1035).
Il 20 dicembre 1676, a Porto Maurizio, sulla costa ligure, nel nord Italia, viene al mondo un bambino posto con il battesimo sotto il patrocinio dei Santi Paolo e Girolamo. Dirà in seguito di aver ricevuto la grazia di avere dei genitori molto bravi. La sua giovinezza è esemplare; trascina facilmente i compagni a pregare e a fare opere buone. Uno dei suoi autori spirituali preferiti è San Francesco di Sales di cui ha sempre con sé il libro Introduzione alla vita devota. Trova sostegno morale e spirituale negli incontri di giovani organizzati dai gesuiti e degli oratoriani; vi attinge un crescente fervore per la pratica delle virtù, accompagnato dal desiderio delle penitenze. Nei giorni di festa, percorre le strade e le piazze di Roma, e, sfidando lo sprezzo e gli insulti, esorta tutti coloro che vogliono ascoltarlo a recarsi a sentire i sermoni nelle chiese.
Parole che vanno diritto al cuore
Paolo Girolamo si sente chiamato allo stato religioso. Il suo confessore lo stimola a intensificare la sua vita di preghiera e di penitenza per ottenere la grazia di conoscere la volontà di Dio. Un giorno, al vedere due religiosi vestiti poveramente e dall'atteggiamento modesto, Frati Minori Riformati del «Ritiro di San Bonaventura», sente nascere in sé il desiderio di abbracciare il loro genere di vita. Entrando nella chiesa del convento nel momento in cui i Fratelli iniziano la recita della Compieta, sente queste parole: « Convertici, Dio, nostra Salvezza ! » Queste parole gli vanno diritto al cuore e decide di chiedere la sua ammissione. Accolto nel noviziato, riceve, il 2 ottobre 1697, l'abito e il nome di Fra Leonardo. Un anno dopo, pronuncia i suoi voti. Il giovane religioso è l'edificazione di tutti, in particolare per la sua fedeltà alle osservanze, anche a quelle che sembrano più insignificanti. Egli ama dire: «Se, mentre siamo giovani, teniamo in poco conto le piccole cose e vi manchiamo volontariamente, quando saremo avanti negli anni e avremo più libertà, ci permetteremo di mancare ai punti più importanti».Zelante per gli studi sacri, insiste sulla necessità di acquisire nuove conoscenze per la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Dopo la sua ordinazione sacerdotale, viene nominato professore di filosofia. Si ammala però gravemente. I suoi superiori lo mandano a Porto Maurizio, suo paese natale, ma questo cambiamento d'aria si rivela inefficace. Il giovane Padre supplica allora la Vergine Maria di ottenergli dal suo divin Figlio una salute robusta che dedicherà a guadagnare anime per il Cielo. La sua preghiera viene esaudita; l'infermità di cui soffre scompare completamente.
Nel 1708, padre Leonardo predica, non lontano da Porto Maurizio, la sua prima «missione popolare». Questo nome viene dato a una serie di sermoni predicati nel corso di diversi giorni o settimane, presso una parrocchia, da un sacerdote di passaggio. Queste missioni, allora in voga, portavano frutti abbondanti. Tradizionalmente, il predicatore prendeva per tema la necessità di convertirsi al Signore al fine di condurre una vita veramente cristiana per la salvezza della propria anima.
Nel nostro tempo, parlare della salvezza dell'anima non è più di moda. Il contesto culturale e le ideologie diffuse rinchiudono sempre più l'uomo all'interno delle realtà terrene: molti vivono solo per questo mondo e non pensano a ciò che segue la morte. Per altri, vi è certo «un'eternità» dopo la morte, ma la salvezza non costituisce un problema: si immagina che tutti senza distinzione vadano in Paradiso. Il risultato, in entrambi i casi, è la noncuranza per la salvezza delle anime.
La vera felicità
Ora, «Dio ci ha creati per conoscerlo, servirlo e amarlo, e così giungere in Paradiso... La beatitudine promessa ci pone di fronte alle scelte morali decisive. Essa ci invita a purificare il nostro cuore dai suoi istinti cattivi e a cercare l'amore di Dio al di sopra di tutto. Ci insegna che la vera felicità non si trova... in alcuna creatura, ma in Dio solo, sorgente di ogni bene e di ogni amore... Il Decalogo, il Discorso della Montagna e la catechesi apostolica ci descrivono le vie che conducono al Regno dei Cieli» (Catechismo della Chiesa Cattolica, CCC, 1721-1724). Il Signore Gesù è venuto a rivelare agli uomini l'amore infinito del Padre che vuole che tutti siano salvati e partecipino alla sua vita divina in Cielo, ma Egli insiste anche sul fatto che gli uomini saranno giudicati secondo le loro opere e che coloro che non muoiono nell'amicizia divina non possiederanno la vita eterna. «Gesù parla ripetutamente della geenna, del fuoco inestinguibile, (cf. Mt 5,22.29; 13,42.50; Mt 9,43-48) che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l'anima che il corpo (cf. Mt 10,28). Gesù annunzia con parole severe che egli manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno (...) tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente (Mt 13,41-42), e che pronunzierà la condanna: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno! (Mt 25,41). La Chiesa nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell'inferno, «il fuoco eterno». La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira» (CCC, 1034-1035).
La considerazione dei Novissimi, cioè delle realtà ultime, è al cuore dell'insegnamento di padre Leonardo. «Considera, scrive, quanto sia importante per te giungere alla tua meta ultima. Ne va di tutto per te; perché, se vi arrivi, sei salvato, sei eternamente felice, colmo di tutti i beni per l'anima e per il corpo. Se invece la manchi, sei perduto, corpo e anima, perdi Dio e il paradiso, sei eternamente infelice, dannato per sempre. Ecco allora, tra tutte le occupazioni, l'unica utile, importante, necessaria: servire Dio e salvarsi. Se tu perdessi ora una parte dei tuoi beni, te ne resterebbero degli altri; se perdessi una causa, potresti ricorrere in appello; se ti accadesse di commettere qualche errore temporale, può essere riparato. E qualora tu venissi anche a perdere tutto, che importa? Comunque, che ti piaccia o no, verrà un giorno in cui bisognerà lasciare tutto. Ma se manchi la tua meta ultima, perdi tutti i beni e attiri su di te mali irreparabili per tutta un'eternità. Che giova all'uomo, dice il Salvatore, se guadagna tutto il mondo e poi perde la propria anima? (Mt 16,26). Salvarci! ecco la nostra grande, la nostra unica occupazione. Quando non si tratta che delle faccende di questo mondo, se non ci pensi, un altro può pensarci per te; ma quando si tratta di quella grande della tua salvezza eterna, se non ci pensi, chi può pensarci per te? Se non te ne prendi cura, chi può assumere questo incarico per te? Se non ti aiuti da te stesso a salvarti, chi ti salverà ? Quel Dio che ti ha creato senza di te non vuole salvarti senza di te. Se vuoi salvarti , bisogna che tu ci pensi» (Meditazione sul fine dell'uomo).
L'ostacolo da rimuovere
Prima di iniziare un'opera, è necessario rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla sua realizzazione. L'ostacolo alla salvezza eterna è il peccato mortale, vale a dire una violazione pienamente cosciente della legge di Dio su una questione grave. «Il peccato mortale è una possibilità radicale della libertà umana, come lo stesso amore. Ha come conseguenza la perdita della carità e la privazione della grazia santificante, cioè dello stato di grazia. Se non è riscattato dal pentimento e dal perdono di Dio, provoca l'esclusione dal Regno di Cristo e la morte eterna dell'inferno; infatti la nostra libertà ha il potere di fare scelte definitive, irreversibili» (CCC, 1861).
A questo proposito, ecco in quali termini padre Leonardo era solito rivolgersi ai suoi ascoltatori: «Ah! come aveva ben ragione sant'Agostino a prendersela con la strana cecità che considera il male come un bene, e il bene come un male, secondo le parole di Isaia (5,20): Guai a coloro che chiamano «bene» il male e «male» il bene! Egli non sa come chiamare, se sia frenesia, passione o demenza, questo disordine, così comune tra gli uomini, per cui, pur essendo il peccato il male più abominevole che vi sia al mondo, non vi è al mondo un male che sia detestato meno del peccato... Ecco qual è l'origine di tante cadute, e perché tante anime fanno passi falsi, e si precipitano in un abisso di iniquità: il motivo è che non si pensa, no, non si riflette al male che si fa commettendo un peccato mortale» (Sermone sulla malizia del peccato mortale).
Alcuni pensano che il peccato mortale sia commesso solo in casi eccezionali di odio o di disprezzo esplicito di Dio. Ma San Giovanni Paolo II ha ricordato nell'Enciclica Veritatis splendor (6 agosto 1993): «La grazia della giustificazione, una volta ricevuta, può essere perduta non solo per l'infedeltà, che fa perdere la stessa fede, ma anche per qualsiasi altro peccato mortale... È peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso... Si ha, infatti, peccato mortale anche quando l'uomo, sapendo e volendo, per qualsiasi ragione sceglie qualcosa di gravemente disordinato», il che avviene «in tutte le disubbidienze ai comandamenti di Dio in materia grave» (nn. 68 e 70). Il Catechismo spiega: «La materia grave è precisata dai dieci comandamenti, secondo la risposta di Gesù al giovane ricco: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre (Mc 10,19)» (CCC, 1858). Tra i peccati gravi frequenti, bisogna menzionare i peccati contro il sesto e il nono comandamento: «Sono peccati gravemente contrari alla castità, ognuno secondo la natura del proprio oggetto: l'adulterio, la masturbazione, la fornicazione, la pornografia, la prostituzione, lo stupro, gli atti omosessuali. Questi peccati sono espressione del vizio della lussuria» (Compendio del CCC, 492), che, senza essere il più grave, tuttavia porta alla cecità della mente sulle realtà eterne.
Non ci si deve quindi stupire delle seguenti parole di padre Leonardo: «Peccatore, a che cosa pensi? Saresti più duro della pietra? Hai mai riflettuto alla grazia tutta speciale che Dio ti fa dandoti il tempo di fare penitenza? Insensato che sei!... Che cosa fai per metterti al sicuro? Sarebbe troppo praticare qualche piccola mortificazione?... Sarebbe troppo preparare una buona confessione generale, per porre fine a questa vita piena di disordini che conosci?» (Invito alla penitenza).
Il rimedio
Ma padre Leonardo non si accontenta di fustigare il male; fornisce anche il rimedio: lasciarsi conquistare dal Signore che offre a tutti la sua misericordia: «Considerate che se la giustizia di Dio è infinita nei confronti dei peccatori ostinati, la sua misericordia non è meno infinita nei confronti dei peccatori penitenti. Dio odia infinitamente il peccato; ma ama infinitamente le sue creature: non appena l'anima si pente del suo peccato, ritrova l'amore del suo Dio; se tutti i peccatori volessero ricorrere a Dio con un cuore contrito e umiliato, tutti sarebbero salvati. Questa bontà infinita desidera che tutti gli uomini arrivino in Paradiso... Una madre sarebbe meno sollecita nel soccorrere il suo bambino caduto nel fuoco di quanto Dio sia sollecito nell'abbracciare il peccatore pentito. Più i vostri peccati sono grandi, più è grande anche il trionfo della bontà, della carità, della clemenza di questo Dio infinitamente ricco di misericordia» (Meditazione sulla misericordia di Dio).
« Gesù invita i peccatori... alla conversione, senza la quale non si può entrare nel Regno, ma nelle parole e nelle azioni mostra loro l'infinita misericordia del Padre suo per loro (cf. Lc 15,11-32) e l'immensa gioia [che] ci sarà in cielo per un peccatore convertito (Lc 15,7). La prova suprema di tale amore sarà il sacrificio della propria vita in remissione dei peccati (Mt 26,28)» (CCC 545).
Diventato maestro nell'arte di guidare le anime, padre Leonardo ha spesso fatto l'esperienza dell'utilità di certe devozioni per aiutarle a convertirsi e a mantenersi nello stato di grazia ritrovato.
Vi è prima di tutto la pratica delle tre Ave Maria. Questa pratica deve la sua origine alla benedettina tedesca santa Matilde, che un giorno chiese alla Madonna di ispirarle una preghiera che le piacesse. Le apparve la Vergine che portava sul petto a lettere d'oro l'Ave Maria. «Mai, le disse, si arriverà più in alto di questo saluto, e non mi si può salutare con più dolcezza che facendolo rispettosamente con queste parole».
Un altro giorno, la stessa santa chiedeva alla sua celeste Regina come ottenere sicuramente la grazia della perseveranza finale e della buona morte. Di nuovo, la santa Madre di Dio le si mostrò e le disse: «Se vuoi ottenere questa grande grazia, recita ogni giorno tre Ave Maria, in onore dei miei privilegi, e te la concederò ». San Leonardo si fa propagatore di questa devozione consigliando di recitare queste tre Ave Maria in onore dei privilegi di Maria: «Tutte le mattine al suo risveglio, e alla sera prima di coricarsi, l'anima devota a Maria chiederà la benedizione della sua santa Madre; non mancherà di recitare tre Ave Maria, in onore della sua purezza senza macchia, di offrirle i suoi sensi e tutte le potenze della sua anima, affinché li custodisca come cose a lei appartenenti e consacrate in suo onore, e le chiederà la grazia di non cadere, in quel giorno (o in quella notte), nel peccato».
La tromba dell'ultimo giorno
Il santo diffonde anche la breve invocazione: «Gesù mio, misericordia!» Egli riferisce queste parole di un missionario: «Quando ritorno in un luogo in cui ho già predicato la missione, mi accade spesso di veder venire a me dei penitenti che iniziano la loro confessione con queste parole: «Padre mio, sono quel dissoluto che, diversi anni fa, è venuto a sgravarsi ai vostri piedi di un sacco di iniquità; non so se mi riconoscete, ma grazie a Dio, a partire da quella missione, non ho più commesso alcun peccato disonesto, né alcuna colpa mortale. – Come avete fatto? gli chiedeva il missionario. – Ah! Padre mio, ho messo in pratica la grande risoluzione che ci avete così fortemente inculcata di raccomandarci sovente a Dio con questa pia invocazione: 'Gesù mio, misericordia!' L'ho fatta tutti i giorni, mattino e sera, e, soprattutto nelle tentazioni, imploravo spesso l'aiuto di Dio dicendo: 'Gesù mio, misericordia!' Devo dirvi di più, Padre mio? Sentivo rinascere nella mia anima nuove forze e, in questo modo, non mi è più accaduto di soccombere»». E padre Leonardo proseguiva: «Fratelli miei carissimi, chi mi darà una voce di tuono, o piuttosto una di quelle trombe che risuoneranno nel giorno del giudizio finale, e, trasportato da un santo zelo, m'innalzerò sulla cima delle più alte montagne, e di là griderò con tutte le mie forze: Popoli smarriti! Svegliatevi una buona volta, e se volete assicurarvi la vostra eternità, raccomandatevi a Dio, ricorrete spesso a Lui, con queste o altre simili parole: «Gesù mio, misericordia!» E vi do la mia parola, poiché Gesù Cristo vi ha dato la sua prima di me nel suo santo Vangelo: «Chiedete e vi sarà dato (Mt 7,7), chiedete il mio aiuto e l'avrete, e con il mio aiuto non peccherete più». Ve ne do la mia parola, ripeto, se vi raccomandate spesso a Dio dicendo dal profondo del cuore: «Gesù mio, misericordia!» non peccherete più, e vi salverete».
L'esercizio della Via Crucis – che consiste nel seguire Gesù nelle tappe principali della sua Passione – esiste già a quell'epoca, ma è poco in uso al di fuori dell'Ordine francescano. Grazie a padre Leonardo, questa pratica si estenderà a tutta la Chiesa. Egli ne parla con affetto, e non teme di chiamarla «la madre di tutte le devozioni, in quanto la più antica, la più santa, la più pia, la più divina, la più eccellente, e meritevole, per questo, di avere, giustamente, la precedenza su tutte le altre». Da solo padre Leonardo istituirà 572 Via Crucis. La sua devozione alla Passione poggia su una lunga tradizione. San Bonaventura, per esempio, dichiara che, tra tutti gli esercizi di pietà, non ve ne sono che contribuiscano in modo più efficace alla santificazione.
Il Cielo benedice le opere del Padre e le missioni si moltiplicano. Quasi tutta l'Italia e la Corsica beneficiano delle sue predicazioni. Nel 1715, padre Leonardo viene nominato custode del convento di San Françesco al Monte, a Firenze, dove introduce la massima regolarità. Ma la solitudine di un convento ordinario non gli basta; cerca, come san Francesco ha fatto prima di lui, un luogo appartato dove poter, di tanto in tanto, vivere da solo con Dio. Fonda un eremo situato su una montagna, chiamato Santa Maria dell'Incontro, dove possono ritirarsi i religiosi che vogliono raccogliervisi. Vi si osservano le regole della più rigorosa povertà e ci si dedica ai lavori manuali. Ben presto, religiosi di diversi istituti e anche uomini laici chiedono di esservi accolti per partecipare agli esercizi spirituali. Padre Leonardo stesso lo ama tanto che solo il suo ardente zelo di apostolo può strapparlo da quel luogo.
Il sole del cristianesimo
Partito dopo il Giubileo del 1750 per un nuovo giro di missioni, il Padre viene ben presto richiamato a Roma dal Papa. In uno spirito di obbedienza al Vicario di Cristo, si mette in cammino. Questo viaggio, in prossimità dell'inverno, gli è molto faticoso. Lasciando Tolentino si sente male, ma deve valicare le montagne. Arrivato a Foligno, desidera celebrare la Messa; a un Fratello che lo prega di rinunciarvi a causa della sua grande stanchezza, risponde: «Fratello mio, una Messa vale più di tutti i tesori del mondo». Aveva scritto in un opuscolo: «La Santa Messa non è niente di meno che il sole del cristianesimo, l'anima della fede, il cuore della religione di Gesù Cristo; tutti i riti, tutte le cerimonie, tutti i sacramenti vi si ricollegano. Essa è, in una parola, la quintessenza di tutto ciò che vi è di bello e di buono nella Chiesa di Dio... Per me, non ne ho nessun dubbio, senza la Santa Messa il mondo sarebbe a quest'ora in fondo all'abisso, trascinato dal peso spaventoso di tante iniquità. La Messa, ecco la leva vittoriosa che lo sostiene. Vedete quindi, dopo questo, a che punto il divino Sacrificio ci è indispensabile» (La Santa Messa, Tesoro Sconosciuto).
È recitando il Te Deum che padre Leonardo arriva al convento di San Bonaventura nel novembre 1751. Viene fatto scendere con difficoltà dalla carrozza: è così debole che non si sente più il suo polso. Appena arrivato all'infermeria, si confessa e riceve gli ultimi sacramenti, dopo aver pronunciato con un'energia sorprendente gli atti di fede, di speranza e di carità. Gli viene offerta una bevanda che accetta, poi dice: «Non ho abbastanza parole per ringraziare Dio per la grazia che mi concede di morire in mezzo ai miei confratelli». Poco dopo aver ricevuto l'Estrema Unzione, si addormenta tranquillamente nel Signore. Era il venerdì 26 novembre 1751. Canonizzato dal beato Pio IX, è stata dichiarato da Pio XI «celeste patrono dei sacerdoti che si dedicano alle missioni popolari».
San Leonardo, ottienici la grazia di un grande zelo per la salvezza delle anime!
Dom Antoine Marie osb
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