lunedì 24 febbraio 2014

Gesù, Marta, Lazzaro, e ...la Maddalena


«Io sono il conforto dei tormentati e il compagno degli abbandonati. 
Sono venuto a te anche per questo». 

«Ah! Tu allora sai?... Oh! mia vergogna!». 
«No. Perché tua? So. E che perciò? Avrò anatema per te che soffri? 
Io sono Misericordia, Pace, Perdono, Amore per tutti; e che sarò per 
gli innocenti? Tu non hai il peccato per cui soffri. Dovrei infierire su te se ho 
pietà anche di lei?...». 
«L'hai vista?». 
«L'ho vista. Non piangere». 
Ma Lazzaro, col capo abbandonato sulle braccia conserte su un tavolo, 
piange con singhiozzi penosi. Marta si affaccia e guarda. Gesù le fa cenno 
di stare zitta. E Marta se ne va con dei lacrimoni che scendono senza 
rumore. Lazzaro si calma poco a poco e si umilia per la sua debolezza. 
Gesù lo conforta e, poiché l'amico desidera ritirarsi un momento, esce nel 
giardino e passeggia fra le aiuole dove resiste ancora qualche rosa 
porpurea. Marta lo raggiunge dopo poco. 

«Maestro... Lazzaro ha parlato?». 
«Sì, Marta». 
«Lazzaro non sa darsi pace da quando sa che Tu sai e che l'hai vista...». 
«Come lo sa?». 
«Prima quell'uomo che era con Te e che si dice tuo discepolo, 
quello giovane, alto, bruno e senza barba... poi Doras. 
Ci ha frustati col suo disprezzo, questo. L'altro ha detto solo che l'avete 
vista sul lago... coi suoi amanti...». 
«Ma non piangete per questo! Credete che Io ignorassi la vostra ferita? 
La sapevo da quando ero nel Padre... Non ti accasciare, Marta. Solleva 
cuore e fronte». 
«Prega per lei, Maestro. Io prego... ma non so perdonare del tutto, 
e forse l'Eterno respinge l'orazione». 
«Bene hai detto: perdonare bisogna per essere perdonati e ascoltati. 
Io prego già per lei. Ma dàmmi il tuo perdono e quello di Lazzaro. 
Tu, sorella buona, puoi parlare e ottenere ancora più di Me. La sua 
ferita è troppo aperta e bruciante perché anche la mia mano la sfiori. 
Tu puoi farlo. Datemi il vostro perdono pieno, santo, ed Io farò...». 
«Perdonare... Non potremo. La madre nostra è morta di dolore per le 
sue maleazioni e... erano ancora lievi rispetto a quelle di ora. Io vedo 
le torture della madre... le ho sempre presenti. E vedo ciò che soffre 
Lazzaro». 
«Una malata, Marta, una folle. Perdonate». 
«Una indemoniata, Maestro». 
«E che è la possessione diabolica se non una malattia dello spirito 
contagiato da Satana al punto di snaturarsi in un essere spirituale 
diabolico? Come spiegare altrimenti certe perversioni negli umani? 
Perversioni che rendono l'uomo molto peggiore delle belve in ferocia, 
più libidinoso delle scimmie in lussuria, e così via, e 
ne fanno un ibrido in cui sono fusi l'uomo, l'animale e il demonio? 
Questa è la spiegazione di ciò che ci stupisce come una mostruosità 
inspiegabile in tante creature. Non piangere. Perdona. Io vedo. 
Perché Io ho una vista più alta di quella dell'occhio e del cuore. Ho vista di Dio. 
Vedo. Ti dico: perdona perché è malata». 
«E guariscila, allora!». 
«La guarirò. Abbi fede. Ti farò felice. Ma tu perdona e di' a Lazzaro 
che lo faccia. Perdona. Amala ancora. Avvicinala. Parlale come 
fosse una come te. Parlale di Me...». 
«Come vuoi che capisca Te, Santo?». 
«Sembrerà che non comprenda. Ma anche solo il mio Nome è salvezza. 
Fa' che mi pensi e mi nomini. Oh! Satana fugge quando il mio Nome 
viene pensato da un cuore. Sorridi, Marta, a questa speranza. Guarda 
questa rosa. La pioggia dei giorni scorsi l'aveva mortificata, ma il sole 
di oggi, guarda, l'ha schiusa, ed essa è ancor più bella perché la pioggia 
che permane fra petalo e petalo l'ingemma di diamanti. Così sarà la vostra 
casa... Pianto e dolore ora, e poi... gioia e gloria. Va'. Dillo a Lazzaro 
mentre Io, nella pace del tuo giardino, prego il Padre per Maria e per voi...». 
Tutto ha fine così. 

(cap 112, L'Evangelo come mi è stato rivelato)

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