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mercoledì 3 aprile 2019

Sei giorni prima di Pasqua Gesù andò a Betania...


Lettura del santo Vangelo secondo Giovanni
Gio 12:1-9.
Sei giorni prima di Pasqua Gesù andò a Betania, dov'era Lazzaro, il morto che Gesù aveva risuscitato. Eccetera.

Omelia di sant'Agostino Vescovo
Tratt. 50 sopra Giovanni. dopo il principio
Affinché gli uomini non pensassero che Lazzaro era un fantasma e non era veramente risuscitato, egli era del numero dei commensali: viveva, parlava, partecipava al festino; la verità così si manifestava, e l'incredulità dei Giudei rimaneva confusa. Gesù era dunque a tavola con Lazzaro e cogli altri: e Marta, una delle sorelle di Lazzaro, li serviva. «Or Maria», l'altra sorella di Lazzaro, «presa una libra di profumo di nardo puro, molto prezioso, ne unse i piedi di Gesù, e glieli asciugò coi suoi capelli, e la casa fu ripiena dell'odore del profumo» Joann. 12,3. Abbiamo sentito il fatto: cerchiamone il mistero.


Chiunque tu sia che vuoi essere anima fedele, ungi con Maria i piedi del Signore con profumo prezioso. Questo profumo era la giustizia, perciò pesava una libra : ed era anche un profumo di nardo puro molto prezioso. La parola «pistici», indica verosimilmente la contrada donde proveniva questo profumo prezioso: e questa parola non è senza motivo, ma è in perfetta relazione col mistero di cui si tratta. «Pistis» in Greco, si traduce in Latino per a «fides». Tu cerchi di operare la giustizia. «Il giusto vive di fede» Rom. 1,17. Ungi i piedi di Gesù vivendo bene: segui le orme del Signore. Asciugane i piedi coi capelli: se hai del superfluo, dallo ai poveri, ed avrai asciugato i piedi del Signore: perché i capelli sembrano per il corpo qualche cosa di superfluo. Tu vedi che occorre fare del tuo superfluo: superfluo per te, esso è necessario per i piedi del Signore. Forse sulla terra i piedi del Signore (i poveri) si trovano nell'indigenza.



Non è de' suoi membri infatti che il Signore dirà alla fine dei tempi: «Quello che avete fatto ad uno dei miei fratelli più piccoli lo avete fatto a me?» Matth. 25,40. Avete distribuito il vostro superfluo: ma avete sollevato i miei piedi. «La casa fu ripiena di profumo»: il mondo s'è ripieno di buona fama: perché il buon odore è la buona fama. Quelli che vivono male, e si chiamano Cristiani, fanno ingiuria a Cristo: e di loro è scritto «che per essi il nome del Signore viene bestemmiato» Rom. 2,24. Ma se per causa loro il nome di Dio viene bestemmiato, per i buoni il nome del Signore viene lodato. Ascolta l'Apostolo: «Noi siamo, dice, il buon odore di Cristo in ogni luogo» 2Cor. 2,15.

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.
E quì la narrazione  secondo Maria Valtorta:

Risultati immagini per a betania maria lava e profuma i piedi di gesù e li asciuga con i suoi capelli
AMDG et DVM

sabato 22 luglio 2017

SANTA MARIA MADDALENA: ...L'APOSTOLA DEGLI APOSTOLI

 


CON  S. MARIA MADDALENA

Nella festa di S. Maria Maddalena, la grande amante di Cristo apparve a Geltrude durante i primi Vespri ador­na di rose d'oro e splendente di tante gemme quanti furo­no i suoi peccati. Ritta alla destra del Figlio di Dio, diffondeva su tutta la Corte celeste il meraviglioso splendore della sua gloria, e il Salvatore Gesù, prodigandole familiari carezze, le diceva tenerissime parole. Geltrude comprese che i fiori d'oro rappresentavano la divina clemenza che aveva rimessi i peccati di S. Maria Maddalena, le gemme preziose simboleggiavano la penitenza con cui ella, aiutata dalla di­vina grazia, aveva cancellato tutte le sue colpe.

Durante il Mattutino Geltrude applicò la sua divozione alle parole ed ai neumi che erano cantati in onore di S. Maria Maddalena, e la pregò d'intercedere per lei e per le per­sone che le erano state raccomandate. La Santa penitente s'avanzò, si prostrò ai piedi del Signore, li baciò con amore e li offerse, in virtù dei suoi meriti, a tutti coloro che desi­deravano avvicinarsi ad essi con sincera penitenza. 
Gel­trude venne a baciare teneramente quei sacratissimi piedi, dicendo: « Ecco, o amatissimo Gesù, che ti offro le pene di tutte le persone che mi sono affidate e in loro compagnia, lavo i tuoi santissimi piedi ». Rispose il Signore: « Con ra­gione mi hai lavato i piedi in nome loro, adesso di' a co­loro per i quali tu preghi che me li asciughino coi loro capelli, che li bacino e li profumino con preziosi aromi ». 

vedere.... CAPITOLO XLVI

sabato 15 aprile 2017

Sapientia Sanctorum

Santa Gertrude ci parla di S. MARIA MADDALENA


Nella festa di S. Maria Maddalena, la grande amante di Cristo apparve a Geltrude durante i primi Vespri adorna di rose d'oro e splendente di tante gemme quanti furono i suoi peccati. Ritta alla destra del Figlio di Dio, diffondeva su tutta la Corte celeste il meraviglioso splendore della sua gloria, e il Salvatore Gesù, prodigandole familiari carezze, le diceva tenerissime parole. Geltrude comprese che i fiori d'oro rappresentavano la divina clemenza che aveva rimessi i peccati di S. Maria Maddalena, le gemme preziose simboleggiavano la penitenza con cui ella, aiutata dalla divina grazia, aveva cancellato tutte le sue colpe.

Durante il Mattutino Geltrude applicò la sua divozione alle parole ed ai neumi che erano cantati in onore di S. Marria Maddalena, e la pregò d'intercedere per lei e per le persone che le erano state raccomandate. La Santa penitente s'avanzò, si prostrò ai piedi del Signore, li baciò con amore e li offerse, in virtù dei suoi meriti, a tutti coloro che desideravano avvicinarsi ad essi con sincera penitenza. Geltrude venne a baciare teneramente quei sacratissimi piedi, dicendo: « Ecco, o amatissimo Gesù, che ti offro le pene di tutte le persone che mi sono affidate e in loro compagnia, lavo i tuoi santissimi piedi ». Rispose il Signore: « Con ragione mi hai lavato i piedi in nome loro, adesso di' a coloro per i quali tu preghi che me li asciughino coi loro capelli, che li bacino e li profumino con preziosi aromi ». Geltrude comprese che quelle persone dovevano fare tre cose: per asciugare i piedi di Gesù era necessario che si esaminassero accuratamente se nei dolori da loro sofferti, nulla vi fosse di opposto a Dio, o che impedisse la loro unione col Signore; in caso affermativo dovevano proporre di vincere ogni ostacolo, a prezzo di qualsiasi sacrificio. Per baciare i piedi di Gesù dovevano confidare ciecamente nella bontà infinita di Dio, sempre pronto a perdonare le colpe dei cuori sinceramente pentiti. Infine per profumare quei santi piedi dovevano proporre di fuggire, per quanto è possibile, la minima offesa di Dio.

Aggiunse il Signore: « Se vuoi offrirmi il profumo che, secondo il Vangelo, quella grande penitente versò sul mio capo, spezzando il vaso che lo conteneva, così che « la casa fu tutta piena di quella fragranza: et domus impleta est ex odore unguenti (Giov. XII, 3), devi amare la verità. Infatti colui che, per amore della verità e per difenderla si espone ad avere sofferenze, a perdere amici, a compiere gravi rinunce, colui, dico, spezza realmente il vaso d'alabastro e profuma il mio capo, sì che tutta la casa è fragrante di quest'olezzo. Egli dà realmente buon esempio e mentre si sforza di correggere gli altri, migliora se stesso, cercando di evitare le colpe che biasima nel prossimo. Così il buon odore si diffonde per l'esempio edificante e le opportune correzioni al prossimo. Se mai poi, nel suo amore alla verità, cadesse in qualche difetto, sia correggendo con asprezza e zelo eccessivo, sia mostrandosi negligente o troppo rigido, io lo scuserò davanti al Padre celeste e a tutti gli eletti, come seppi difendere Maria Maddalena; di più soddisferò a tutte le sue colpe ».

Geltrude chiese: « Amorosissimo Gesù, si dice che Maria abbia comperato quell'unguento odoroso, come potrei anch'io, (sia pure a prezzo grande), renderti un omaggio così gradito? ». Egli rispose: « Colui che in ogni occasione, mi offre la sua buona volontà, che si sforza di agire per amore, e che accetta i più gravi sacrifici per la mia gloria, compera veramente questo balsamo squisito. Lo acquista purché, preferendo il mio onore al suo vantaggio, si assoggetta a qualsiasi rinuncia; lo acquisterebbe anche se per gravi ostacoli, non potesse tradurre in opera il suo progetto ».
CAPITOLO XLVI, libro quarto

lunedì 10 aprile 2017

Ad un certo punto Pietro, che mangia di gusto, osserva: «Guarda! Mi accorgo ora! Tutti piatti come si usa in Galilea. Mi sembra... Ma sì! Mi sembra di essere ad un pranzo di nozze. Però qui non manca il vino come mancò a Cana».


DLXXXVI. Il sabato avanti l’entrata in Gerusalemme. La cena di Betania. Giuda di Keriot ha deciso.
Mt 26, 6-13; Mc 14, 3-9; Gv 12, 1-8

La cena è stata preparata nella sala tutta bianca dove Gesù parlò alle discepole. Ed è tutto uno splendore di bianco e di argento, nel quale mettono una sfumatura meno nivea e fredda dei fasci di rami di melo o di pero, o altra pianta da frutto, candidi come la neve, ma con un così lieve ricordo di rosa che fa pensare a neve sfiorata da un bacio di lontana aurora. Si ergono, da vasi panciuti o da esili anfore d'argento, sulle mense e sugli scrigni e le credenze che sono lungo le pareti della sala. I fiori spargono per la sala il caratteristico odore dei fiori di pianta da frutto, di fresco, di amarognolo, di primavera pura...

Lazzaro entra nella sala al fianco di Gesù. Dietro, due a due, o a gruppi più folti, gli apostoli. Ultime, le due sorelle di Lazzaro con Massimino. Non vedo le discepole. Neppure Maria vedo. Forse hanno preferito rimanere nella casa di Simone intorno alla Madre afflitta.
Il giorno volge al crepuscolo. Ma un superstite ricordo di sole colpisce ancora la chioma frusciante di alcune palme, riunite in gruppo a pochi metri dalla sala, e la vetta di un lauro gigantesco in cui rissano i passeri prima di porsi a riposo. Oltre le palme e il lauro, oltre le siepi di rose, di gelsomini, e le aiuole di mughetti, di altri fiori e pianticine odorifere, la macchia candida, spruzzata del verde tenero delle prime foglie, di un gruppo di meli o di peri tardivi nel frutteto. Sembra una nuvola rimasta impigliata fra i rami.


Gesù, nel passare vicino ad un'anfora piena di rami, osserva: «Avevano già i primi frutticini. Guarda! Sulla cima fiori, mentre più in basso è già caduto il fiore e gonfia l'ovario».
«È Maria che li ha voluti cogliere. Ne ha portato fasci anche a tua Madre. Si è alzata all'alba, io credo, per paura che un giorno di più di sole consumasse queste fragili corolle. Io ho saputo da poco di questa strage. Ma non ne ho avuto lo sdegno che ne ebbero i servi agricoltori. Ho pensato, anzi, che era giusto offrirti tutte le bellezze del creato, a Te, Re di tutte le cose».
Gesù si siede sorridendo al suo posto e guarda Maria, che insieme alla sorella si appresta a servire come fosse un'ancella, porgendo le coppe della purificazione e gli asciugatoi, e poi versando il vino nei calici e posando i vassoi di vivande sulla tavola man mano che i servi li portano dalle cucine o li porgono, dopo averli scalcati sulle credenze.
Naturalmente, se le sorelle servono con cortesia tutti i commensali, la loro premura è specialmente concentrata sui due commensali che sono a loro dilettissimi: Gesù e Lazzaro.

Ad un certo punto Pietro, che mangia di gusto, osserva: «Guarda! Mi accorgo ora! Tutti piatti come si usa in Galilea. Mi sembra... Ma sì! Mi sembra di essere ad un pranzo di nozze. Però qui non manca il vino come mancò a Cana».

Maria sorride mescendo all'apostolo un nuovo calice di vino ambrato e limpidissimo. Ma non parla.
È ancora Lazzaro che spiega: «Questo fu infatti il pensiero delle sorelle, e specie di Maria: dare una cena in cui il Maestro avesse l'impressione di essere nella sua Galilea, certo migliore, molto migliore, sebbene essa pure imperfetta, di ciò che non siano questi luoghi...».
«Ma per fargli pensare questo ci sarebbe voluta Maria a questa tavola. A Cana c'era. Per Lei avvenne il miracolo», osserva Giacomo d'Alfeo.
«Doveva essere un gran vino quello! ».
«Vino è simbolo di allegria e dovrebbe esserlo anche di fecondità, essendo il vino succo della feconda vite. Ma non mi sembra che abbia fecondato molto. Susanna non ha un figlio», dice l'Iscariota. ( Susanna, ora discepola, è menzionata al Vol 1 Cap 51 come la sposa delle nozze di Cana, cui è dedicato il capitolo 52).
«Oh! se era un vino! Ci ha fecondati nello spirito...», dice Giovanni sognante un poco, come è sempre quando contempla nel suo interno i miracoli operati da Dio. E termina: «Per una vergine è stato fatto... e influsso di purezza scese in chi lo gustò».
«Ma credi Susanna vergine?», chiede ridendo l'Iscariota.
«Non ho detto questo. Vergine è la Madre del Signore. Verginità si emana da tutto ciò che per Lei si è compiuto. Sempre io penso come sono verginizzanti tutte le cose che per Maria si fanno... », e sogna di nuovo, sorridendo a chissà che visione.
«Beato quel ragazzo! Io credo che non ricorda più neppure il mondo, ora. Osservatelo», dice Pietro indicando Giovanni che, sdraiato sul suo lettuccio, smuove sopra pensiero dei pezzetti di pane dimenticandosi di mangiare.


Anche Gesù si curva un poco per guardare Giovanni, che è a un angolo del lato della tavola messa a U, e perciò un poco dietro alle spalle del Signore, che è al centro del lato centrale, avendo suo cugino Giacomo a sinistra e Lazzaro a destra, e dopo Lazzaro è lo Zelote e Massimino, come dopo Giacomo è l'altro Giacomo e Pietro. Giovanni, invece, è fra Andrea e Bartolomeo, poi è Tommaso, avendo di fronte Giuda, Filippo e Matteo e il Taddeo, che è proprio all'angolo dove la tavola lunga, centrale, incomincia.
Maria di Lazzaro esce dalla sala, mentre Marta mette sulla tavola dei vassoi colmi di fiori di fichi novelli, di verdi steli di finocchio e mandorle fresche sgusciate, fragoloni o lamponi, che so io, che sembrano ancor più rossi in mezzo agli smeraldi pallidi dei finocchi e delle fiore e al latteo delle mandorle, dei piccoli poponi o altro frutto del genere... mi sembrano quei poponi verdi della bassa Italia, e aranci dorati.
«Già di questi frutti? Non ne ho visti in nessun luogo di maturi», dice sgranando gli occhi Pietro, accennando le fragole e i poponi.
«Sono venuti in parte dalle sponde oltre Gaza, dove ho un orto di questi prodotti, e parte dalle terrazze solari che ho sopra la casa, i vivai delle pianticine più delicate che occorre proteggere dal gelo. Me ne insegnò l'uso un amico romano... Non mi insegnò che questo di buono...». Lazzaro si incupisce. Marta sospira... Ma Lazzaro torna subito il perfetto ospite che non dà tristezze ai suoi invitati: «Molto si usa, nelle ville di Baia e Siracusa e lungo l'arco di Sibari, coltivare di queste delizie con questo metodo per averle precocemente. Mangiate: gli ultimi frutti negli aranci libici, i primi nei poponi d'Egitto cresciuti nei solari e in queste frutta latine, e le mandorle bianche della nostra patria, le fave tenere, i digestivi steli che sanno d'anaci... Marta, hai pensato al bambino?».
«A tutti ho pensato. Maria si è commossa ricordando l'Egitto ...».
«Ne avevamo qualche pianta nel povero orto. Nei grandi caldi era una festa immergere i poponi nel pozzo del vicino, che era fondo e freddo, e mangiarne la sera... Ricordo... E avevo una capretta golosa che bisognava guardare, perché era ghiotta delle piante e delle frutta tenerelle...». Gesù, che parlava a capo un po' chino, alza la testa e guarda le palme stormenti nel vento della sera che cala: «Quando vedo quelle palme... Sempre che vedo le palme, rivedo l'Egitto, la sua terra gialla e sabbiosa che il vento smuoveva così facilmente, e lontano tremolavano nell'aria rarefatta le piramidi... e i fusti alti dei palmizi... e la casa dove... Ma è inutile dire. A ogni tempo il suo affanno... E con il suo affanno la sua gioia... Lazzaro, mi daresti qualcuno di questi frutti? Li vorrei portare a Maria e Mattia. Non credo che Giovanna ne abbia».
«Non ne ha. Lo diceva ieri proponendosi di metterne a Bétèr, facendo costruire i solari. Ma non te li do ora. Ho colto quanti ne avevo e per qualche giorno mancano dei frutti maturi. Te li manderò, oppure mandali a prendere entro giovedì. Ne prepareremo un grazioso canestro per quei fanciulli. Non è vero, Marta?».
«Sì, fratello mio. E vi metteremo i piccoli gigli delle convallarie, che a Giovanna piacciono tanto».


Rientra Maria Maddalena. Ha nelle mani un'anfora dall'esile collo, terminante in un beccuccio, aggraziato come gola di uccello. L'alabastro è di un prezioso colore giallo rosato, come certe carni di bionde.
Gli apostoli la guardano, forse credendo che porti qualche ghiottoneria rara. Ma Maria non va al centro, fra 1'U della tavola, dove è la sorella. Passa dietro i sedili-lettucci, va a collocarsi fra quello di Gesù e Lazzaro e quello dove sono i due Giacomi. Stura il vaso d'alabastro e pone la mano sotto il beccuccio, raccogliendo alcune gocce di un liquido filante che geme lentamente dall'anfora aperta. Un acuto odore di tuberose e altre essenze, un profumo intenso e buonissimo, si sparge per la sala. Ma Maria non è contenta di quel poco che viene. Si china e infrange con un colpo sicuro il collo dell'anfora contro lo spigolo del lettuccio di Gesù. Il collo esile cade a terra spargendo sui marmi del pavimento gocce profumate. Ora l'anfora ha un'ampia bocca e l'esuberanza dell'unguento ne trabocca in righe pesanti.
Maria si pone alle spalle di Gesù e sparge l'olio spesso sul capo del suo Gesù, ne cosparge tutte le ciocche, le stende e poi le ravvia col pettine che si leva dai capelli, le ricompone in ordine sul capo adorato. La testa biondo-rossa di Gesù splende come un oro cupo, lucidissimo dopo quest'unzione. La luce del lampadario, che i servi hanno acceso, si riflette sul capo biondo di Cristo come su un casco di un bronzo ramato bellissimo. Il profumo è inebriante. Penetra nelle nari, sale al capo, quasi è stuzzicante come una polvere starnutatoria tanto è acuto, sparso così senza misura.


Lazzaro, col capo girato all'indietro, sorride vedendo con qual cura Maria unge e ravvia le ciocche di Gesù perché il suo capo appaia ordinato dopo l'odorosa frizione, mentre non si cura che le sue trecce, non più sorrette dal largo pettine che aiuta le forcine nel loro compito, stanno abbassandosi sempre più sul collo, prossime ad allentarsi del tutto giù per le spalle. Anche Marta guarda e sorride. Gli altri parlano fra loro a bassa voce e con diverse espressioni sul viso.
Ma Maria non è sazia ancora. Vi è ancora molto unguento nel vaso spezzato, e i capelli di Gesù, per quanto siano folti, ne sono già saturi. Allora Maria ripete il gesto d'amore di una sera lontana. (Vedi Vol 4 Cap 236). Si inginocchia ai piedi del lettuccio, scioglie le fibbie dei sandali di Gesù e scalza i piedi di Lui e, tuffando le lunghe dita della bellissima mano nel vaso, ne trae quanto più unguento può, e lo stende, lo sparge sui piedi nudi, dito per dito, poi la pianta e il calcagno e su, al malleolo, che scopre gettando indietro la veste di lino, per ultimo sul dorso dei piedi, indugia là sui metatarsi dove entreranno i chiodi tremendi, insiste sinché non trova più balsamo nel cavo del vasello, e allora lo infrange al suolo e, libere le mani, si spunta le grosse forcine, si scioglie svelta le trecce pesanti e asporta, con quella matassa d'oro, viva, morbida, fluente, quanto supera dell'unzione dai piedi, stillanti balsamo, di Gesù.


Giuda - fin qui aveva taciuto, osservando con sguardo impuro di lussuria e di invidia la bellissima donna e il Maestro che ella ungeva sul capo e sui piedi - alza la voce, unica voce di aperto rimprovero; gli altri, non tutti ma alcuni, avevano avuto qualche mormorio o gesto di disapprovazione stupita ma anche pacata. Ma Giuda, che si è alzato anche in piedi per vedere meglio l'unzione sparsa sui piedi di Cristo, dice con mal garbo: «Quale inutile e pagano sciupìo! Perché farlo? E poi non si vuole che i Capi del Sinedrio mormorino di peccato! Codesti sono atti di cortigiana lasciva e non si addicono alla nuova vita che tu conduci, o donna. Troppo ricordano il tuo passato!».
L'insulto è tale che tutti restano sbalorditi. È tale che tutti si agitano, chi sedendosi sui lettucci, chi balzando in piedi, tutti guardando Giuda come fosse uno impazzito d'improvviso.
Marta avvampa. Lazzaro si alza di scatto picchiando un pugno sul tavolo e dice: «In casa mia...», ma poi guarda Gesù e si frena.
«Sì. Mi guardate? Tutti avete mormorato in cuor vostro. Ma ora, perché io mi sono fatto vostra eco e ho detto apertamente ciò che pensavate, ecco che siete pronti a darmi torto. Ripeto ciò che ho detto. Non voglio già dire che Maria sia l'amante del Maestro. Ma dico che certi atti non si convengono né a Lui né a lei. È un'azione imprudente. E ingiusta, anche. Sì. Perché questo spreco? Se ella voleva distruggere i ricordi del suo passato, poteva dare a me quel vaso e quell'unguento. Almeno una libbra di nardo puro era! E di gran pregio. Lo avrei venduto per trecento denari al minimo, ché un nardo di tal pregio va su quel prezzo. E potevo vendere il vaso che era bello e prezioso. Avrei dato ai poveri, che ci assediano, questi denari. Non bastano mai. E domani, a Gerusalemme, senza numero saranno quelli che chiedono un obolo».
«Questo è vero! », assentono gli altri. «Potevi usarne un poco per il Maestro e l'altro ...».
Maria di Magdala è come fosse sorda. Continua a detergere i piedi di Cristo con i suoi capelli sciolti, che ora, giù nel basso, sono pesanti di unguento essi pure e più scuri che sull'alto del capo. I piedi di Gesù sono lisci e morbidi nel loro color di avorio vecchio, come fossero coperti di un'epidermide novella. E Maria calza di nuovo i sandali al Cristo e bacia ogni piede prima e dopo di averlo calzato, sorda ad ogni cosa che non sia il suo amore per Gesù.
Il quale la difende posandole una mano sulla testa, curva nell'ultimo bacio, e dicendo: «Lasciatela fare. Perché le date pena e molestia? Voi non sapete ciò che ella ha fatto. Maria ha compiuto un'azione doverosa e buona verso di Me. I poveri saranno sempre fra voi. Io sto per andarmene. Essi li avrete sempre, ma Me presto non mi avrete più. Ai poveri potrete dare sempre un obolo. A Me fra poco, al Figlio dell'uomo fra gli uomini, non sarà più possibile dare onore alcuno, per volere di uomini e perché l'ora è venuta. L'amore le è luce. Ella sente che Io sto per morire e ha voluto anticipare al mio corpo le unzioni per la sepoltura. In verità vi dico che là dove sarà predicata la Buona Novella sarà fatta ricordanza di questo suo atto d'amore profetico. In tutto il mondo. In tutti i secoli. Volesse Iddio far di ogni creatura un'altra Maria, che non calcola valore, che non nutre attaccamento, che non serba un ricordo anche minimo del passato, ma distrugge e calpesta ogni cosa della carne e del mondo, e si infrange e si sparge, come fece del nardo e dell'alabastro, sul suo Signore, e per amore di Lui. Non piangere, Maria. Io te le ripeto in quest'ora le parole dette a Simone fariseo (Vol 4 Cap 236) e a Marta tua sorella: (Vol 6 Cap 377) "Tutto ti è perdonato perché tu hai saputo amare totalmente". "Tu hai scelto la parte migliore. E non ti verrà tolta". Va' in pace, mia dolce pecorella ritrovata. Va' in pace. I pascoli dell'amore saranno il tuo cibo in eterno. Alzati. Bacia anche le mie mani che ti hanno assolta e benedetta... Quanti hanno assolto, benedetto, guarito, beneficato, queste mie mani! Eppure Io vi dico che il popolo che lo ho beneficato sta apprestando a queste mani la tortura...».


Si fa un silenzio pesante, nell'aria pesante dell'acuto profumo. Maria, i capelli sciolti sulle spalle a farle manto e sul volto a farle velo, bacia la destra che Gesù le porge e non sa staccare da essa le labbra...
Marta, commossa, le viene vicino e le raccoglie i capelli disciolti, li intreccia carezzandola poi e stendendole il pianto sulle gote nel tentativo di asciugarlo...
Nessuno ha più voglia di mangiare... Le parole di Cristo fanno pensosi.
Il primo ad alzarsi è Giuda d'Alfeo. Chiede licenza di ritirarsi. Giacomo suo fratello lo imita e così fanno Andrea e Giovanni. Restano gli altri, ma già in piedi, intenti a purificarsi le mani ai bacili d'argento che i servi porgono loro. Maria e Marta lo fanno col Maestro e con Lazzaro.
Entra un servo e si china a parlare a Massimino. «Maestro», dice questo dopo averlo ascoltato, «ci sono delle persone che vorrebbero vederti. Vengono di lontano, dicono. Che facciamo?».
Gesù chiama Filippo, Giacomo di Zebedeo e Tommaso, e ordina: «Andate, evangelizzate, guarite, fate in mio Nome. Annunciate che domani salirò al Tempio».
«Sarà bene dirlo, questo, Signore?», chiede Simone Zelote.
«È inutile tacerlo poiché già è detto, dai nemici più che dagli amici, nella Città santa. Andate! ».
«Uhm! Finché lo sanno gli amici... si sa. Ma essi non tradiscono. Io non so come possano saperlo gli altri».


«Fra i molti amici è sempre qualche nemico, Simone di Giona. Troppi ormai sono... gli amici, e con troppa facilità vengono accolti per tali. Se penso quanto dovetti pregare e attendere io! ... Ma erano i primi tempi e si era guardinghi. Poi i trionfi abbagliarono e non si fu più guardinghi. E fu male. Ma ciò avviene a tutti i vincitori. Le vittorie offuscano la limpidezza del vedere e indeboliscono la prudenza nell'agire. Parlo di noi discepoli, naturalmente. Non del Maestro. Egli è perfetto. Fossimo rimasti noi dodici, non si dovrebbe tremare per tema di tradimenti! », mente spudoratamente Giuda di Keriot.


È indescrivibile lo sguardo che Cristo posa sull'apostolo traditore. Uno sguardo di richiamo e di dolore infiniti. Ma Giuda non lo raccoglie. Passando davanti alla tavola, si avvia per uscire... "Gesù lo segue con lo sguardo e, quando lo vede proprio uscire, gli chiede: «Dove vai?».
«Fuori...», risponde evasivamente Giuda.
«Fuori da questa stanza, o fuori da questa casa?».
«Fuori... Così... A camminare un poco».
«Non andare, Giuda. Resta con Me, con noi...».
«Sono andati via i tuoi fratelli e Giovanni con Andrea. Perché non devo andare io?».
«Tu non vai a riposare come loro...».
Giuda non risponde, ma esce caparbio. Le parole si sono taciute nella sala. Gli ospiti e i quattro apostoli rimasti - Pietro, Simone, Matteo e Bartolomeo - si guardano fra loro.


Gesù guarda fuori. Si è alzato andando ad una finestra per seguire le mosse di Giuda e, quando lo vede uscire dalla casa col mantello già indossato e avviarsi verso il cancello che da qui non si vede, lo chiama forte: «Giuda! Attendimi. Ti devo dire una cosa», e respinge dolcemente Lazzaro che, intuendo un dolore nel suo Maestro, lo aveva cinto con un braccio alla vita; ed esce dalla sala, raggiungendo Giuda che ha continuato a camminare sebbene più lentamente.


Lo raggiunge a un buon terzo della distanza tra la casa e la cinta del giardino, presso un boschetto di piante dalle spesse foglie, che sembrano di ceramica verde cupa tutta spruzzata di piccoli fiori a ciocche, e ogni fiore è una crocetta con petali pesanti come fossero fatti di cera appena ingiallita, dal profumo intenso. Non ne so il nome. Lo attira dietro quel folto e, sempre tenendogli la mano stretta sull'avambraccio, gli torna a chiedere: «Dove vai, Giuda? Te ne prego, resta qui! ».
«Tu che sai tutto perché me lo chiedi? Che bisogno hai di chiedere, Tu che leggi nel cuore degli uomini? Lo sai che vado dai miei amici. Non mi concedi di andarvi. Essi mi sollecitano. Vado».
«I tuoi amici! La tua rovina, devi dire! Tu vai a quella. Vai ai tuoi veri assassini. Non andare, Giuda! Non andare! Tu vai a commettere un delitto... Tu...».
«Ah! hai paura?! Hai finalmente paura?! Ti senti uomo, finalmente! Sei un uomo! Nulla più di un uomo! Perché solo l'uomo ha paura della morte. Dio sa che non può morire. Se ti sentissi Dio, sapresti che non potresti morire e non avresti paura. Perché Tu, ora, ora che ti senti vicina la morte, l'hai questa paura comune a tutti gli uomini, e cerchi, con tutti i mezzi, di allontanarla, e vedi da per tutto e in ogni cosa un pericolo. Dove sono le tue belle audacie? Dove le proteste sicure di esser contento, di essere sitibondo di compiere il Sacrificio? Non ne hai più neppure un'eco in cuore! Credevi che non venisse mai quest'ora, e allora facevi il forte, il generoso, dicevi le frasi solenni. Va'! Non sei da meno di quelli che Tu rimproveri come ipocriti! Ci hai lusingati e traditi. E noi che avevamo per Te lasciato ogni cosa! Noi che per causa tua siamo odiati! Tu sei la causa della nostra rovina... ».
«Basta. Va'! Va'! Non sono passate molte ore che tu mi hai detto: "Aiutami a rimanere. Difendimi!". L'ho fatto. A che è giovato? Dimmi ancora una cosa, e rifletti prima di dirla. È questa la tua pura volontà? Questa di andare dai tuoi amici, di preferirli a Me?».
«Sì. È questa. Non ho bisogno di riflettere, perché da tempo non ho che questa volontà».
«E allora va'. Dio non violenta la volontà dell'uomo», e Gesù gli volge le spalle tornando lentamente verso la casa.


Quando è prossimo ad essa, alza il capo attirato dallo sguardo che Lazzaro, ritto al posto di prima, tiene puntato su Lui. Ed è un ben pallido viso quello che si sforza di sorridere all'amico fedele.
Rientra nella sala dove i quattro apostoli parlano con Massimino, mentre Marta e Maria dirigono il lavoro dei servi, che riordinano la sala levando le stoviglie e le biancherie usate nel convito.
Lazzaro è andato sulla soglia e ha cinto di nuovo Gesù alla cintura e, passando presso un servo, gli dice: «Portami quel rotolo che è sul tavolo della mia stanza di lavoro».
Conduce Gesù su uno di quegli ampi sedili che sono nell'incassatura delle finestre, perché si sieda. Ma Gesù resta in piedi, sforzandosi di prestare attenzione a quanto gli dice Lazzaro... ma è visibile che il suo pensiero è altrove e che il suo cuore è molto afflitto benché, quando si accorge di essere osservato dagli apostoli, sorrida per dissipare il sospetto che è nel cuore di chi lo ha avvicinato circondandolo e che bisbiglia col vicino e ammicca accennando al Maestro.


Il servo torna col rotolo e Pietro, visto che quelle pergamene contengono cose più alte di quanto la sua testa possa capire, si ritira dicendo: «I pesci non abboccano a certi cibi. Meglio parlare con Massimino di piante e colture».


Marta continua il suo lavoro. "Maria, anche tacendo, prende parte ai discorsi di Lazzaro, che segnala al Maestro alcuni punti scritti sulle pergamene, dicendo: «Non ha una preveggenza singolare questo pagano? Più che molti fra noi. Forse... se fosse stato qui, mentre Tu sei il Maestro nostro, sarebbe stato fra i tuoi discepoli, e uno dei migliori. E ti avrebbe capito come molti fra noi non sanno. E quale poema avrebbe tratto al suo genio l'ammirazione per Te! Le tue parole raccolte e conservate da uno spirito che è luminoso pur essendo di pagano! La tua vita descritta da questo intelletto aperto e limpido! Noi non abbiamo più scrittori e poeti. Tu sei nato tardi. Quando l'egoismo della vita e la corruzione religioso-sociale hanno estinto in noi poesia e genio. Ciò che senza conoscerti hanno scritto di Te i nostri sapienti e profeti non ha trovato riscontro nella voce viva di un tuo seguace. I tuoi prediletti, i tuoi fedeli sono, per la più parte, gente senza istruzione. E gli altri... No. Non abbiamo più degli scioelet (dico come è pronunciato Gli ebrei chiamavano così coloro che parlavano alle adunanze. I libri sapienziali sono composti delle parole degli scioelet raccolte nei rotoli delle Scritture) per tramandare alle folle le tue sapienze e la tua figura. Non li abbiamo più, perché manca lo spirito e la volontà più che la capacità di farlo. La parte umanamente più eletta di Israele è sorda come una tromba guastata e non sa più cantare le glorie e meraviglie di Dio. Il mio timore è che tutto si perda o venga alterato, parte per incapacità, parte per malvolere... ».
«Non accadrà. Lo Spirito del Signore, quando sarà stabilito nell'interno dei cuori, ripeterà le mie parole e ne spiegherà il significato. È lo Spirito di Dio Colui che parla sulle labbra del Cristo. Poi... Poi parlerà direttamente agli spiriti e ricorderà le mie parole».
«Oh! fosse presto! Presto, poiché le tue parole sono così poco ascoltate e meno capite. Io penso che violento come fuoco che divampi sarà il ruggire dello Spirito di Dio per scolpire nelle menti, con la violenza, ciò che non vollero accogliere perché era dolce e mite. Io penso che il fiammeggiante Spirito brucierà con le sue fiamme le tiepide o torpide coscienze, scrivendo su esse le tue parole. Il mondo dovrà amarti. L'Altissimo lo vuole! Ma quando sarà?», dice la Maddalena col suo solito impeto.
«Quando Io mi sarò consumato nel Sacrificio d'amore. Allora l'Amore verrà. Sarà come la fiamma bella che si alza dalla Vittima immolata. E non si spegnerà questa fiamma, perché non cesserà il Sacrificio. Stabilito che sia, durerà per tutto il tempo della Terra».
«Ma allora... Tu dovresti proprio essere immolato perché ciò avvenisse! ».
«Così è». Gesù ha il suo gesto solito di adesione alla propria sorte. Allarga le braccia con le mani rivolte in fuori e china il capo. Poi lo rialza per sorridere a Lazzaro afflitto e dice: «Però non sarà violenta come un ruggito la voce immateriale dello Spirito di Amore, ma sarà dolce come l'amore, il quale è soave come vento di nisam eppure è forte come la morte. L'ineffabile ministero dell'Amore! Il complemento, il completamento del mio ministero. La perfezione del mio ministero di Maestro... Io non temo, come tu temi, o Maria, che nulla si perda di quanto ho dato. (Nulla deve qui intendersi nel significato positivo di qualcosa o alcunché, per coerenza con l'affermazione "non temo, come tu temi..."). Anzi, in verità ti dico che raggi di luce saranno gettati sulle mie parole e ne vedrete lo spirito. Io me ne vado serenamente, perché affido la mia dottrina allo Spirito Santo e il mio spirito al Padre mio».
Curva il capo pensando e poi, posato il rotolo, che ha originato la conversazione, su una specie di alta credenza o cofano d'ebano o di altro legno scuro, tutta a intarsi di avorio giallastro, che quattro servi hanno portato dalla stanza vicina e nella quale Marta sta ordinando la disposizione delle stoviglie più preziose, dice: «Lazzaro, vieni fuori. Ho bisogno di parlarti! ».
«Subito, Signore», e Lazzaro si alza dal sedile su cui si era seduto e segue Gesù nel giardino che imbruna, morendo in cielo l'ultima luce del giorno ed essendo ancor troppo tenue il primo albore lunare che si manifesta appena.
AMDG et BVM

venerdì 22 luglio 2016

Maria di Magdala


Maria di Magdala



Sorella di Lazzaro e di Marta di Betania, invocata in testa alle vergini per la sua totale conversione ed il suo totale amore. 
Incontri prima della sua conversione 2.098 - 2.135 - 2.136 - 3.174 - 3.183. Conversione e perdono in casa di Simone il fariseo a Cafarnao 4.236Ritiratasi dalla Madonna, torna con Lei a Cafarnao 4.238 e Gesù la impone agli apostoli abbattendo le loro possibili prevenzioni e riluttanze, la farà conoscere alle sue "sorelle" discepole e la porterà nei luoghi dove maggiormente aveva mancato, perché affronti subito il mondo e strozzi ogni rispetto umano che potrà paralizzare la sua eroica conversione 4.239. Maria di Magdala viene condotta da Gesù ed accompagnata dalle sorelle discepole a Betsaida dove incontrerà Porfirea, moglie di Pietro apostolo, Salome e le donne di Bartolomeo e Filippo 4.240, a Magdala in una casa, dove una madre ha sofferto per causa sua e dove Gesù racconta la parabola della dramma ritrovata 4.241, a Tiberiade dove molti la riconoscono e la scherniscono, mentre il vecchio Crispo la ringrazia d'aver per lei conosciuto Gesù 4.242, a Cana dove Susanna l'accoglie con amore4.243. "Nazaret è già in subbuglio per l'arrivo di Gesù con quell'appendice di Maria di Magdala" 4.245, ma Maria d'Alfeo l'accoglie e la bacia felice d'averla per sorella e la vuole con tutti in casa sua. Maria Vergine ammaestra la Maddalena 4.247 sulla via verso Betlemme di Galilea 4.248. A Sicaminon 4.250 la comitiva viene attesa da molti discepoli, ai quali Gesù parla della Maddalena e dei grandi peccatori convertiti 4.250. Vi è presente anche Giovanni di Endor.
Vanno verso Cesarea Marittima e Maria sta sulle spine, avendo là molte conoscenze del passato. "Più soffrirai e meglio sarà. Perché dopo non soffrirai più di queste inutili pene... Ti lavorerò col fuoco e sull'incudine... Ti concedo di piangere per pentimento e per amore non per altro!" 4.253. A Cesarea è vista da Lidia che cerca di trattenerla e da un giovane che le chiede: "È la tua ultima pazzia?" "No, è la mia unica saggezza" 4.254. Un carro di Lazzaro preordinato da Gesù 4.239 attende vicino a Cesarea e porterà le sorelle con Sintica a Betania dal fratello 4.255. Maria di Magdala con molte discepole nel grande viaggio apostolico nella Perca e nella Decapoli 4.285 - 4.294. A Betania, avanti la Pasqua del terzo anno, in una discussione sull'Iscariota sempre più enigmatico, la Maddalena prorompe: "Io l'ho capito più di tutti: è l'obbrobrio vicino alla perfezione. E non c'è altro da dire!" 6.365.
Forte è anche la reazione della Maddalena furente di vedere che la paura di Giona del Getsemani, un dipendente di Lazzaro, costringa Gesù ad astenersi dall'alloggiare ancora nel Getsemani 6.372. Maria al guado di Betabara per mettere Gesù in guardia 5.361. Maria a Betania ai piedi di Gesù lo ascolta; Marta insiste che l'aiuti e Gesù: "Maria ha scelto la parte migliore, quella che non le sarà mai più tolta" 6.377. Durante la malattia di Lazzaro nasce il sospetto di lebbra; Maria si accerta che non lo è 8.519. Maria e i farisei che vogliono salutare Lazzaro moribondo 8.542.
Maria non vuole fare avvertire Gesù, quando il medico lo consiglia e Marta lo vorrebbe ad ogni costo, perché Egli ha detto: "Quando sarà morto fatemelo sapere" 8.543. Maria alla risurrezione di Lazzaro 8.548. Maria a Gesù dopo la risurrezione di Lazzaro: "Questo voglio. Che Tu metta in me un amore senza limiti" 8.550.
Maria di Magdala alla Cena di Betania sente che Gesù va incontro alla morte e gli unge il capo e i piedi con nardo prezioso 9.586.
Sul Calvario e al Sepolcro 10.610 - 10.611. Risurrezione di Gesù: Maria di Magdala al Sepolcro 10.619, Gesù la chiama: "Maria" ed essa: "Rabbonì" e lo riconosce 10.619.



Una o più Marie ?


Nel contesto generale dell'esame delle tradizioni, conviene fare piazza pulita di certe affermazioni, gratuite e recenti, su Maria Maddalena: una scuola -ahimè ascoltata!- di "moderni" spande in effetti l'idea che Maria, sorella di Lazzaro, e Maria Maddalena (o di Magdala), siano due persone distinte.

Taluni, nella folla di pseudo-rivelazioni private, giungono perfino ad attribuire a Lazzaro e Marta una o due sorelle oltre a Maria. E perfino il Dizionario Biblico Universale di Monloubou e Buit, che fa autorità, scrivono (a pag. 454): "Maria di Betania non può essere confusa né con Maria di Magdala, e ancor meno con l'anonima peccatrice nella casa di Simone il fariseo".

Sarebbe interessante sapere su cosa si basano questi specialisti per fare tali affermazioni, se non per l'idea... che non può essere altrimenti perché gli evangelisti non lo precisano!

Vi sono molti modi per ritrovare nei testi sacri delle realtà non esplicitate direttamente, e il caso di Maria di Magdala sembra esemplare a questo riguardo. Cosa dicono gli evangelisti?

• la peccatrice anonima della casa del fariseo era una nota peccatrice, molto audace (Luca 7,37 e 38 - 7,47) sulla via del pentimento, e l'incidente si situa verso il centro della vita pubblica di Gesù.

• In seguito (Luca 8,1) Maria di Magdala, guarita da 7 demoni, segue Gesù.

• Più tardi (Luca 10,39) Marta, sorella di Lazzaro, riceve in casa Gesù. Sua sorella Maria è là, ai piedi di Gesù, che beve letteralmente le sue parole, e questo avviene prima della morte di Lazzaro. Poco prima della fine della vita pubblica di Gesù, muore Lazzaro, e la sua resurrezione farà scattare la decisione dei giudei di assassinare Gesù (Gv 11,5), e Maria, sua sorella, è sempre là.

• E, come abbiamo già visto in precedenza, il sabato, vigilia delle Palme, è con un profumo di grande valore che Maria unge i piedi di Gesù (Gv. 12,3), in un gesto del tutto simile, e anche qui incompreso tranne che da Gesù, a quello della peccatrice anonima della casa del fariseo.

• Infine Maria di Magdala (l'ex Maria di Magdala, guarita da Gesù, e che quando poteva era sempre presente al suo seguito), la si ritrova ai piedi della Croce (Matteo 27,56), alla sepoltura di Gesù (Marco 15,47), e alla tomba il mattino della Resurrezione (Gv. 20,1 - Matteo 28,1). In cosa c'è incompatibilità che si tratti della stessa persona?

- non incompatibilità nel tempo
- non incompatibilità nell'audacia
- non nelle attitudini

Non è infine una grazia data a una grande peccatrice pentita quella di far sentire quale è "la parte migliore" (Luca 10,42) a colei che si è poi rivolta unicamente verso l'amore del Suo Dio?

Se questo insieme di compatibilità molto diverse, che ha poche probabilità di essere puramente casuale, non basta a trascinare l'adesione del lettore, io gli propongo di rispondere a questa domanda
:
Come mai Maria, sorella di Lazzaro, sempre in atteggiamento adorante verso Gesù, Maria, sorella di Lazzaro, che sfida il giudizio degli apostoli alla cena di Betania, alla vigilia della Domenica delle Palme, ha lo stesso atteggiamento forte verso Gesù della peccatrice di Simone il fariseo; come questa donna, sei giorni più tardi, sarebbe stata in prima linea tra coloro che sfidarono la folla eccitata ai piedi della Croce? Come poteva non essere tra le prime, se non la prima, a portarsi alla tomba il mattino della Risurrezione?

Ora, cosa ci dicono i quattro evangelisti? Che Maria di Magdala era là. Chi sarebbero dunque queste due Marie, una che scompare quando l'altra appare, se non, evidentemente, la stessa persona?

Infine, dopo quello che abbiamo visto sui fatti relativi all'arrivo in Provenza Lazzaro e delle sorelle, se Maria Maddalena non è Maria di Betania, sorella di Lazzaro, la stessa domanda sorge spontanea: che fine ha fatto quest'ultima, mentre Maria Maddalena accompagna Lazzaro e Marta?

O ancora: perché Maria Maddalena, ritiratasi al Sainte Baume, ha scelto di continuare i suoi giorni nella stessa attitudine, contemplativa e adorante, nel suo eremitaggio, attitudine che era quella di Maria di Betania quando ancora Gesù era in vita ?

Ecco il tipo di ragionamento, e l'unico, che dovrebbe essere usato per trattare in profondità tutti i problemi relativi al vissuto dei personaggi presentati dai redattori dei testi sacri della fede cristiana. É il solo in effetti che elimina la soggettività a priori, questa insidiosa nemica degli esegeti.

Quante affermazioni gratuite che si rivelano spesso per lo meno dubbie all'analisi, vengono sparse ai nostri giorni, senza un briciolo di spiegazioni, di confronti, di comparazioni su dei fatti precisi, e questo sotto l'apparenza di un'esegesi che osa dirsi scientifica e che non è - nella migliore delle ipotesi - che soggettività letteraria o filosofica.

É proprio il caso di citare la definizione del Concilio Vaticano I:

"Quando la ragione, illuminata dalla fede, cerca con cura, pietà, moderazione, essa acquista col dono di Dio un'intelligenza assai fruttuosa dei misteri, tanto per l'analisi delle cose che essa conosce naturalmente, che per l'associazione dei misteri tra loro e col fine ultimo dell'Uomo."


 

Maria Maddalena in Provenza


Maria Maddalena  nella Basilica
 di Saint-Maximin, la Sainte-Baume

La sua festa è il 22 luglio. Secondo una consolidata tradizione, si è esiliata in Provenza con tutta la famiglia di Betania dopo la risurrezione di Gesù e spinta probabilmente dalla persecuzione emergente.

Questa emigrazione non deve sorprendere in quanto la Gallia Narbonnese (Francia meridionale dell'epoca romana) era, a quel tempo, un luogo di esilio, come confermato anche da fonti storiche. Vi troviamo infatti degli esiliati quali Erode Antipa ed Erodiade (St Bertrand de Comminges nei Pirenei), Pilato (Vienna di Francia), e Claudia Procula (Narbonne)... Non è quindi strano che questo luogo abbia dato rifugio alla famiglia perseguitata.

Eremita nei monti della Sainte Baume, è morta all'età di 70/75 anni circa1. La sua tomba, a Saint Maximin (Var), gestito dai Domenicani, è la terza tomba della cristianità. Vedi "Il primo secolo cristiano" di Jean Aulagnier, sull'autenticità probabile di questa tradizione (edizioni Résiac). L'ostentazione delle sue reliquie ha luogo nella Basilica di Saint-Maximin a partire dal 22 luglio e dura otto giorni. È anche possibile fare un pellegrinaggio alla grotta della Sainte-Baume, che è lì vicino.



La "Legenda Aurea" di Iacopo da Varazze, (Jacobus da Varagine)2



In questa celebre recensione del XIII secolo, Maria Maddalena viene così presentata:
"Maria, detta Maddalena  - dal Castello di Magdalon - nacque da genitori ​​illustri poiché erano di razza reale.
Suo padre si chiamava Siro e sua madre Eucheria. Maria possedeva, in comune col fratello Lazzaro e sua sorella Marta, il Castello di Magdalon, situato a due miglia da Genezareth, Betania, che è vicina a Gerusalemme, e una grande parte di Gerusalemme. 
Essi si divisero tuttavia i loro beni in questo modo: Maria ebbe Magdalon, per cui è stata chiamata Maddalena; Lazzaro ebbe i possedimenti di Gerusalemme, e Marta Betania. Ma mentre Maddalena cercava tutto quel che lusingava i sensi, e Lazzaro impiegava il suo tempo nel servizio militare, Marta, che era piena di prudenza, governava con cura gli interessi di sua sorella e del fratello, e forniva inoltre il necessario ai soldati, ai servi e ai poveri. Essi vendettero però tutti i loro beni dopo l'ascensione di Gesù." (The Golden Legend - Volume 2 - Pagina 243)



Conversione di Maria Maddalena



Vedo alzarsi la ricca tenda che copre il vano della porta ed entrare una donna giovane, bellissima, riccamente vestita e accuratamente pettinata. La sua abbondantissima chioma bionda le fa sulla testa un vero ornamento di ciocche intrecciate con arte. Pare porti un elmo d'oro tutto a rilievi, tanto la chioma splende ed è abbondante. Ha una veste che, se la confronto con quella sempre vista alla Vergine Maria, direi che è molto eccentrica e complicata. Fibbie sulle spalle, gioielli per trattenere le increspature al sommo del petto, catenelle d'oro per delineare il petto stesso, cintura a borchie d'oro e gemme. Una veste procace che mette in rilievo le linee del bellissimo corpo. Sulla testa un velo così leggero che... non vela niente. È un'aggiunta ai suoi vezzi e basta. Ai piedi, sandali molto ricchi con fibbie d'oro, di pelle rossa e con lacci intrecciati sulla caviglia.





1 Maria Valtorta, nella sua visione del 30 marzo 1944, conferma questo esilio nella grotta della Sainte-Baume (anche se i dettagli non sono dati). Questa visione descrive, in particolare, la morte di Maria Maddalena. Tuttavia una domanda rimane per la posizione della grotta: Maria Valtorta crede di vedere il riflesso del mare. La grotta sarebbe dunque sul versante opposto al santuario attuale, a meno che questo riflesso non indichi un lago o un fiume. Da notare anche che, contrariamente alla tradizione, Massimino (l'intendente) non è presente alla sua morte.

2 Iacopo da Varazze fu un frate domenicano che visse tra il 1228 ed il 1298 circa, e che fu vescovo di Genova. É diventato famoso per la sua opera intitolata Legenda aurea (o Legenda sanctorum), una raccolta delle vite dei santi, scritta in latino e distribuita in altre versioni volgarizzate. Quest'opera fu importante, in quanto influenzò molto la successiva letteratura religiosa. Altre opere di Iacopo da Varazze furono Chronicon Ianuense (ovvero Cronaca Genovese) che fu scritta in latino, ed i Sermoni moraleggianti che furono scritti in volgare.

martedì 10 novembre 2015

Per trovare la Verità bisogna UNIRE L'INTELLETTO CON L'AMORE e guardare le cose non solo con occhi sapienti, ma con occhi buoni. Perché vale più la bontà della sapienza. Colui che ama giunge sempre ad avere una traccia verso la Verità.

242. A Tiberiade con Maria di Magdala. Il romano Crispo e la ricerca della Verità.

Quando la barca si ferma nel porticciuolo di Tiberiade, accorrono a vedere chi giunge alcuni sfaccendati che passeggiavano presso il moletto.  Vi sono persone di ogni ceto e di ogni nazionalità. 

Perciò le lunghe vesti ebraiche di tutti i colori, le zazzere e le barbe imponenti degli israeliti, si mescolano alle vesti di lana candida, più corte e sbracciate, e ai visi glabri, dai capelli corti, dei romani robusti, e a quelle ancor più ridotte che coprono i corpi snelli ed effeminati dei greci, che sembra abbiano assimilato fin nelle pose l'arte della loro nazione lontana, come statue di dèi scese sulla Terra in corpi di uomini avvolti in tuniche molli, volti classici sotto chiome arricciate e profumate, braccia cariche di braccialetti che scintillano nelle movenze studiate. 

Molte donne di piacere sono mescolate a questi due ultimi generi di persone, perché i romani e gli elleni non si peritano di esporre i loro amori sulle piazze e per le vie, mentre i palestinesi se ne astengono, salvo poi praticare allegramente il libero amore con donne di piacere dentro le loro case. Ciò appare nettamente perché le cortigiane, nonostante gli occhiacci che fanno loro gli interpellati, chiamano famigliarmente per nome diversi ebrei fra i quali non manca un infiocchettato fariseo. 

Gesù si dirige verso la città, proprio là dove la folla più elegante si raduna più fitta. 
La folla elegante, ossia romana e greca per lo più, con qualche pizzico di cortigiani di Erode e di altri che credo ricchi mercanti della costa fenicia, verso Sidone e Tiro, perché parlano di quelle città e di empori e navi. Le terme hanno i portici esterni pieni di questa folla elegante e oziosa, che perde così il suo tempo discutendo su argomenti molto piccini, quali il favorito discobolo o l'atleta più agile e armonico nella lotta greco-romana. 

Oppure cicaleggiano di mode e di banchetti, e prendono appuntamenti per gite allegre andando ad invitare le più belle cortigiane o le dame che escono profumate e arricciate dalle terme o dai palazzi, riversandosi in questo centro di Tiberiade, marmoreo, artistico come un salone. Naturalmente il passaggio del gruppo suscita curiosità intensa, e questa diventa addirittura morbosa quando vi è chi riconosce Gesù per averlo visto a Cesarea, e vi è chi riconosce la Maddalena per quanto proceda tutta ammantellata e col velo bianco molto calato sulla fronte e sulle guance, di modo che per essere così velata, e a capo chino per giunta, ben poco del suo viso si vede.

«È il Nazzareno che ha guarito la bambina di Valeria», dice un romano.
«Mi piacerebbe vedere un miracolo», gli risponde un altro romano.
«Io lo vorrei sentire parlare. Dicono che è un gran filosofo. Gli diciamo che parli?», chiede un greco.
«Non te ne impicciare, Teodate. Predica nuvole. Sarebbe piaciuto al tragedo per una satira», risponde un altro greco.
«Non inquietarti, Aristobulo. Pare che ora scenda dalle nuvole e vada al solido. Vedi che ha scorta di femmine giovani e belle?», scherza un romano.

«Ma quella è Maria di Magdala! », urla un greco e poi chiama: «Lucio! Cornelio! Tito! Ma guardate là Maria!».
«Ma non è lei! Maria così! Sei ebbro?».
«È lei, ti dico. Non posso ingannarmi anche se è così mascherata».

Romani e greci si affollano verso il gruppo apostolico che taglia per sbieco la piazza piena di portici e fontane. Anche donne si uniscono a questi curiosi, ed è proprio una donna che va quasi sotto il volto di Maria per vederla meglio e resta di sasso vedendo che è proprio lei.
Chiede: «Che fai in questa guisa?», e ride di scherno.

35

Maria si ferma, si raddrizza, alza una mano e si scopre il volto gettando indietro il velo. È la Maria di Magdala signora potente su tutto ciò che è spregevole e padrona, già padrona delle sue impressioni, che appare.
«Sono io, sì», dice con la sua splendida voce e con dei lampi negli occhi bellissimi. «Sono io. E mi disvelo perché non abbiate a pensare che mi vergogno di essere con questi santi».
«Oh! Oh! Maria coi santi! Ma vieni via! Non avvilire te stessa!», dice la donna.
«Avvilita fui fino ad ora. Adesso non più».
«Ma sei folle? O è un capriccio?», dice.

Un romano dice scherzando e ammiccando con gli occhi: «Vieni con me. Sono più bello e più allegro di quella prèfica coi baffi che mortifica la vita e ne fa un funerale».
«Bella è la vita! Un trionfo! Un'orgia di gioia. Vieni. Io saprò superare tutti per farti felice», dice un giovane brunetto dal volto volpino, pur essendo bello, e fa per toccarla.
«Indietro! Non mi toccare. Hai detto bene: la vita che voi fate è un'orgia. E delle più vergognose. Ne ho nausea».
«Oh! Oh! Fino a poco fa era la tua vita, però», risponde il greco.
«Ora fa la vergine!», ghigna un erodiano.
«Tu rovini i santi! Il tuo Nazzareno perderà l'aureola con te. Vieni con noi», insiste un romano.
«Venite voi con me dietro a Lui. Cessate di essere animali e divenite almeno uomini».

Un coro di risate e di beffe le risponde.
Solo un vecchio romano dice: «Rispettate una donna. È libera di fare ciò che vuole. Io la difendo».
«Il demagogo! Sentilo! Ti ha fatto male il vino di ieri sera?», chiede un giovane.
«No. È ipocondriaco perché gli duole la schiena», gli risponde un altro.
«Vai dal Nazzareno che te la gratti».
«Vado perché mi gratti il fango che ho preso in contatto con voi», risponde l'anziano.
«Oh! Crispo che si è corrotto a sessant'anni!», ridono in molti facendogli cerchio intorno.
Ma l'uomo detto Crispo non si preoccupa di essere beffato e si dà a camminare dietro alla Maddalena, che raggiunge il Maestro messosi all'ombra di un edificio bellissimo che si stende in forma di esedra su due lati di una piazza. 

E Gesù è già alle prese con uno scriba che lo rimprovera di essere in Tiberiade e con quella compagnia.
«E tu perché vi sei? Questo per essere a Tiberiade. E anche ti dico che pure a Tiberiade, anzi più qui che altrove, vi sono anime da salvare», gli risponde Gesù.

«Non sono salvabili: sono gentili, pagani, peccatori».
«Per i peccatori Io sono venuto. Per far conoscere il Dio vero. A tutti. Anche per te sono venuto».

«Non ho bisogno di maestri né di redentori. Io sono puro e dotto».
«Almeno lo fossi tanto da conoscere il tuo stato!».

«E Tu da sapere quanto ti pregiudichi con la compagnia di una meretrice».
«Ti perdono anche in suo nome. Ella, nella sua umiltà, annulla il suo peccato. Tu, per la tua superbia, raddoppi le tue colpe».

«Non ho colpe».
«Hai la capitale. Sei senza amore».
Lo scriba dice: «Raca!», e volge le spalle.

«Per mia colpa, Maestro!», dice la Maddalena. E vedendo il pallore di Maria Vergine geme: «Perdonami. Io faccio insultare tuo Figlio. Mi ritirerò…»
«No. Tu resti dove sei. Lo voglio Io», dice Gesù con voce incisiva e un balenare tale negli occhi, un che di dominio in tutta la sua persona che lo fa quasi inguardabile. E poi più dolcemente: «Tu resti dove sei. E se qualcuno non sopporta la tua vicinanza, questo qualcuno se ne va, lui soltanto».

E Gesù si riavvia dirigendosi verso la parte occidentale della città.

«Maestro!», chiama il romano corpulento e vecchiotto che ha difeso la Maddalena.

Gesù si volge. «Ti chiamano Maestro, e io pure ti chiamo così. Desideravo sentirti parlare. Sono un mezzo filosofo e un mezzo gaudente. Ma forse Tu potresti fare di me un onesto uomo».
Gesù lo guarda fisso e dice: «Io lascio la città dove regna la bassezza della animalità umana ed è sovrano lo scherno». E riprende a camminare. L'uomo dietro, sudando e faticando perché il passo di Gesù è sollecito e lui è grosso e vecchiotto, appesantito anche dai vizi. Pietro, che si volta indietro, ne avverte Gesù.

«Lascialo camminare. Non te ne occupare».
Dopo poco è l'Iscariota che dice: «Ma quell'uomo ci segue. Non va bene!».
«Perché? Per pietà o per altro motivo?».
«Pietà di lui? No. Perché più in distanza ci segue lo scriba di prima con altri giudei».

36

«Lasciali fare. Ma era meglio se avevi pietà di lui che di te».
«Di Te, Maestro».
«No: di te, Giuda. Sii schietto nel capire i tuoi sentimenti e nel confessarli».
«Io veramente ho pietà anche del vecchio. Si fatica, sai, a starti dietro», dice Pietro che suda.
«A seguire la Perfezione si fatica sempre, Simone».

L'uomo li segue instancabile, cercando di stare vicino alle donne, alle quali però non rivolge mai la parola.
La Maddalena piange silenziosamente sotto al suo velo.
«Non piangere, Maria», conforta la Madonna prendendole la mano. «Dopo il mondo ti rispetterà. Sono i primi giorni quelli più penosi».
«Oh! non per me! Ma per Lui. Se gli dovessi fare del male non me lo perdonerei. Hai sentito lo scriba che cosa ha detto? Io lo pregiudico».

«Povera figlia! Ma non sai che queste parole fischiano come tanti serpenti intorno a Lui da quando tu ancora non pensavi di venire a Lui? Mi ha detto Simone che lo accusarono di questo fino dallo scorso anno, per avere guarito una lebbrosa, un tempo peccatrice, vista nel momento del miracolo e poi mai più, vecchia più
di me che gli sono madre. Ma non sai che dovette fuggire dall'Acqua Speciosa perché una tua disgraziata sorella era andata là per redimersi? Come vuoi che l'accusino se Egli è senza peccato? Con menzogne. E in che trovarle? Nella sua missione fra gli uomini. L'atto buono viene agitato come prova di colpa. E qualunque cosa facesse mio Figlio, sarebbe sempre colpa per loro. Se si chiudesse in un eremo sarebbe colpevole di trascurare il popolo di Dio. Scende fra il popolo di Dio ed è colpevole di farlo. Per loro è sempre colpevole».

«Sono odiosamente cattivi, allora!».

«No. Sono ostinatamente chiusi alla Luce. Egli, il mio Gesù, è l'eterno Incompreso. E sempre, e sempre più lo sarà».

«E non ne soffri? Mi sembri tanto serena».

«Taci. È come se il mio cuore fosse fasciato di spine roventi. Ad ogni respiro io ne sono punta. Ma che Egli non lo sappia! Mi faccio vedere così per sostenerlo con la mia serenità. Se non lo conforta la sua Mamma, dove potrà trovare conforto il mio Gesù? Su quale seno potrà curvare il capo senza trovare ferita o calunnia per farlo? È dunque ben giusto che io, al disopra delle spine che già mi lacerano il cuore, e delle lacrime che bevo nelle ore di solitudine, posi un morbido manto di amore, metta un sorriso, a qualunque costo, per lasciarlo più quieto, più quieto finché... finché l'onda dell'odio sarà tale che nulla più gioverà. Neanche l'amore della Mamma...».

Maria ha due righe di pianto sul volto pallido. Le due sorelle la guardano commosse.

«Ma Egli ha noi che lo amiamo. Gli apostoli poi...», dice Marta per consolarla.

«Ha voi, sì. Ha gli apostoli... Ancora molto inferiori al loro compito... E il mio dolore è più forte perché so che Egli nulla ignora...».

«Allora saprà anche che io lo voglio ubbidire fino all'immolazione se occorre?», chiede la Maddalena.

«Lo sa. Sei una grande gioia sul suo duro cammino».

«Oh! Madre!», e la Maddalena prende la mano di Maria e la bacia con espansione.

Tiberiade finisce nelle ortaglie del suburbio. Oltre è la via polverosa che conduce a Cana, limitata da un lato da frutteti, dall'altro da una serie di prati e di campi arsi dall'estate. Gesù si inoltra in un frutteto e sosta all'ombra delle piante folte. Lo raggiungono le donne e poi il trafelato romano, che proprio non ne può più.
Si mette un poco scosto, non parla, ma guarda.

«Mentre riposiamo, prendiamo il cibo», dice Gesù. «Là vi è un pozzo e presso un contadino. Andate a chiedergli acqua».

Va Giovanni e il Taddeo. Tornano con una brocca gocciolante d'acqua, seguiti dal contadino che offre degli splendidi fichi. «Dio te ne compensi nella salute e nel raccolto».

«Dio ti protegga. Sei il Maestro, vero?».
«Lo sono».

«Parli qui?».
«Non c'è chi lo desidera».

«Io, Maestro. Più dell'acqua che è così buona per chi ha sete», grida il romano.
«Hai sete?».

«Tanto. Ti sono venuto dietro dalla città».
«Non mancano in Tiberiade fontane d'acqua fresca».

«Non fraintendermi, Maestro, o fare mostra di fraintendermi. Ti sono venuto dietro per sentirti parlare».
«Ma perché?».

«Non so perché e come. E’ stato vedendo lei (e accenna la Maddalena). Non so. Qualche cosa che mi ha detto: "Quello ti dirà ciò che ancora non sai". E sono venuto».

37

«Date all'uomo acqua e fichi. Che si ristori il corpo».

«E la mente?».
«La mente ha ristoro nella Verità».

«È per quello che ti sono venuto dietro. Ho cercato la Verità nello scibile. Ho trovato la corruzione. Nelle dottrine anche migliori c'è sempre un che di non buono. Io mi sono avvilito fino a divenire un nauseato e nauseante uomo senza altro futuro che l'ora che vivo».

Gesù lo guarda fissamente mentre mangia pane e fichi che gli hanno portato gli apostoli. Il pasto è presto finito. Gesù, rimanendo seduto, principia a parlare come se facesse una semplice lezione ai suoi apostoli.


Rimane vicino anche il contadino.

//  «Molti sono quelli che cercano la Verità per tutta la vita senza giungere a trovarla. Sembrano folli che vogliano vedere pur tenendo una cavezza di bronzo sui loro occhi e annaspano cercando convulsamente, tanto che sempre più si allontanano dalla Verità, oppure la nascondono rovesciando su essa cose che la loro
ricerca folle smuove e fa precipitare. Non può che accadere loro così, perché cercano là dove la Verità non può essere. 

Per trovare la Verità bisogna unire l'intelletto con l'amore e guardare le cose non solo con occhi sapienti, ma con occhi buoni. Perché vale più la bontà della sapienza. Colui che ama giunge sempre ad avere una traccia verso la Verità. 

Amare non vuole dire godere di una carne e per la carne. Quello non è amore. È sensualità. Amore è l'affetto da animo ad animo, da parte superiore a parte superiore, per cui nella compagna non si vede la schiava ma la generatrice dei figli, solo quello, ossia la metà che forma con l'uomo un tutto che è capace di creare una vita, più vite; ossia la compagna che è madre e sorella e figlia dell'uomo, che è debole più di un neonato o più forte di un leone a seconda dei casi, e che come madre, sorella, figlia, va amata con rispetto confidente e protettore. 
Ciò che non è quanto Io dico, non è amore. È vizio. Non conduce all'alto ma al basso. Non alla Luce ma alle Tenebre. Non alle stelle ma al fango. 

Amare la donna per sapere amare il prossimo. Amare il prossimo per sapere amare Dio. Ecco trovata la via della Verità. La Verità è qui, uomini che la cercate. La Verità è Dio. La chiave per comprendere lo scibile è qui. La dottrina che è senza difetto non è che quella di Dio. 
Come può l'uomo dare risposta ai suoi "perché", se non ha Dio che gli risponde? 
Chi può svelare i misteri del creato, anche solo e semplicemente quelli, se non il Fattore supremo che ha fatto questo creato? 

Come comprendere il prodigio vivente che è l'uomo, essere in cui si fonde la perfezione animale con quella perfezione immortale che è l'anima, per cui dèi siamo se abbiamo in noi viva l'anima, ossia libera da quelle colpe che avvilirebbero il bruto e che pure l'uomo compie, e si vanta di compierle? 

Io vi dico le parole di Giobbe, o cercatori della Verità: "Interroga i giumenti e ti istruiranno, gli uccelli e te lo indicheranno. Parla alla terra e ti risponderà, ai pesci e te lo faranno sapere". Sì, la terra, questa terra verdeggiante e fiorita, queste frutta che si gonfiano sulle piante, questi uccelli che prolificano, queste correnti di venti che distribuiscono le nubi, questo sole che non erra il suo sorgere da secoli e millenni, tutto parla di Dio, tutto spiega Dio, tutto svela e disvela Iddio. Se la scienza non si appoggia su Dio diviene errore che non eleva ma avvilisce. 

Il sapere non è corruzione se è religione. Chi sa in Dio non cade perché sente la sua dignità, perché crede nel suo futuro eterno. Ma bisogna cercare il Dio reale. Non le fantasie che dei non sono ma solo deliri di uomini ancora avvolti nelle fasce della ignoranza spirituale, per cui non c'è ombra di sapienza nelle loro religioni e ombra di verità nelle loro fedi. 

Ogni età è buona per divenire sapienti. Anzi, ancora in Giobbe questo è detto: "Sul far della sera ti sorgerà una specie di luce meridiana, e quando ti crederai finito sorgerai come la stella del mattino. Sarai pieno di fiducia per la speranza che ti attende". Basta la buona volontà di trovare la Verità, e prima o poi essa si lascerà trovare. Ma una volta che trovata sia, guai a chi non la segue, imitando i cocciuti di Israele che, avendo già in mano il filo conduttore per trovare Dio - tutte le cose che di Me sono dette nel Libro - non vogliono arrendersi alla Verità e la odiano, accumulando sul loro intelletto e sul loro cuore le macie dell'odio e delle formule, e non sanno che per troppo peso la terra si aprirà sotto il loro passo che crede essere di trionfatore e non è che passo di schiavo dei formalismi, dell'astio, degli egoismi, ed essi saranno ingoiati, precipitando là dove vanno i colpevoli coscienti di un paganesimo più colpevole ancora di quello che dei popoli si sono dati, da se stessi, per avere una religione su cui regolare se stessi. No, che Io, così come non respingo chi si pente fra i figli di Israele, così non respingo neppure questi idolatri che credono in ciò che fu loro dato da credere, e che dentro, nell'interno, gemono: "Dateci la Verità!". Ho detto. Ora riposiamo in questo verde, se l'uomo lo concede. A sera andremo a Cana».  //


«Signore, io ti lascio. Ma poiché non voglio profanare la scienza che Tu mi hai dato, partirò questa sera da Tiberiade. 

Lascio questa terra. Mi ritiro col mio servo sulle coste della Lucania. Ho là una casa. 

Molto mi hai dato. Di più comprendo che Tu non possa dare al vecchio epicureo. Ma in quello che mi hai dato ho già tanto
da ricostruire un pensiero. 

E... Tu prega il tuo Dio per il vecchio Crispo. L'unico tuo ascoltatore di Tiberiade.

Prega perché prima della stretta di Libitina io possa riudirti e, con la capacità che credo poter creare in me sulle tue parole, capirti meglio e capire meglio la Verità. Salve, Maestro».

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E saluta alla romana. Ma poi, passando presso le donne sedute un poco in disparte, si inchina a Maria di Magdala e le dice: «Grazie, Maria. Bene fu che ti conoscessi. Al tuo vecchio compagno di festini tu hai dato il tesoro cercato. Se giungerò dove tu già sei, lo dovrò a te. Addio».


E se ne va. La Maddalena si stringe le mani sul cuore, con un viso stupito e radioso. Poi a ginocchi si trascina davanti a Gesù.
«Oh! Signore! Signore! È dunque vero che io posso portare al bene? Oh! mio Signore! Ciò è troppa bontà!». E curvandosi col viso fra l'erba bacia i piedi di Gesù bagnandoli di nuovo col pianto, ora riconoscente, della grande amorosa di Magdala.


AVE MARIA!