mercoledì 4 dicembre 2013

Teologia della Liberazione è sempre un tradimento dei poveri

Mi pare opportuno  impostare questo prezioso articolo di F. Cannone per ricordare come la così detta Teologia della Liberazione è sempre un tradimento dei poveri, del Vangelo, di Cristo Gesù.

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La filosofia della liberazione secondo “La Civiltà Cattolica”

(di Fabrizio Cannone

Dopo aver citato le condanne che il Magistero pontificio emise nell’ultimo secolo di storia con la Pascendi, la Divini Redemptoris e l’Humani generis, rispettivamente contro il modernismo, il comunismo e l’evoluzionismo filosofico, Giovanni Paolo II ricorda che «da ultimo, anche la Congregazione per la Dottrina della Fede (…) ha dovuto intervenire per ribadire il pericolo che comporta l’assunzione acritica (…) di tesi e metodologie derivanti dal marxismo» (Fides et ratio, 54). L’enciclica faceva riferimento all’Istruzione Libertatis nuntius  su alcuni aspetti della “teologia della liberazione” (1984).

Come se tutto questo non fosse né noto né assodato, la rivista gesuita “La Civiltà Cattolica”, un tempo espressione della più pura teologia romana, propone ai lettori un saggio di apertura in cui il teologo e filosofo della liberazione gesuita Juan Carlos Scannone, ripete i clichés tipici di quell’erroneo indirizzo filosofico-teologico-politico (cfr. La filosofia della liberazione, in “La Civiltà Cattolica”, quaderno 3920, pp. 105-120). Nel suo articolo padre Scannone si propone di esporre la veridicità, le caratteristiche, la storia e infine «la validità attuale» della filosofia della liberazione. Per il gesuita la filosofia della liberazione argentina è una «filosofia della prassi» che si situa nell’orizzonte dell’«attuale superamento della metafisica della sostanza e del soggetto» (p.113) e si caratterizza per la sua «opzione etico-storica e teorica per le vittime dell’ingiustizia e della violenza.»

Non c’è molto da dire per dimostrare l’assurdità del proposito di padre Scannone che è evidentemente, magari servendosi impropriamente delle aperture di F., quello di rimettere in circolazione una visione, di stampo materialistico, che pretendeva di fare teologia “dal basso”, a partire non dalla volontà di Dio, ma dalle necessità (presunte…) del popolo e dei miseri.

La filosofia, che dovrebbe essere per un cattolico la ancilla theologiae, e coincidere con un profondo desiderio di saggezza, viene piegata a valenze di tipo sociale-populistico. Secondo Scannone, «la filosofia della liberazione (FL) è nata in Argentina nel 1971, a partire dalla presa di coscienza di un gruppo di filosofi sull’ingiustizia strutturale che opprime la maggior parte della popolazione nell’America Latina» (p. 105). Inoltre, «la prassi del liberazione è l’atto primo (Gustavo Gutierrez), punto di partenza e luogo ermeneutico di una riflessione umana radicale, come è quella filosofica, che usa come mediazione analitica intrinseca i contributi delle scienze dell’uomo, della società e della cultura» (pp. 107-108).
In pratica si tratta di fare filosofia rigettando la patristica, la scolastica e le varie indicazioni del Magistero, importantissime in realtà nell’ambito filosofico e metafisico, e di sostituirvi le fallibilissime e sempre approssimative “scienze dell’uomo”, come la psicologia (o magari la psicanalisi!), la sociologia (a tinta marxista) e l’economia politica (antiliberista a parole, in realtà mondialista, anti-nazionale e filo-globalizzazione).

C’è molto da aggiungere? Perfino uno dei fondatori della teologia della liberazione, Clodovis Boff è arrivato a capire che essa era erronea in radice, perché come scrisse anni fa in un articolo di resipiscenza sulla “Rivista Ecclesiastica Brasileira”, se da Cristo si arriva sempre al (bene del) povero, partendo del povero non è detto che si arrivi a Cristo, e dunque trattasi di una teologia (e di una filosofia) in cui Dio resta facoltativo.

L’articolo di padre Scannone è un lungo delirio in stile latino-americano anni ‘70: dall’ assunzione «del metodo anadialettico» (p. 119), fino alla «incessante apertura alle continue novità e alterità delle situazioni e delle risposte storiche dei popoli» (p. 119).

Il Magistero della Chiesa però ha risposto preventivamente a queste  affermazioni filosofiche, insegnando con chiarezza: «Verità e libertà, infatti, o si coniugano insieme o insieme miseramente periscono» (Fides et ratio, 90) e: «La Verità, che è Cristo, si impone come autorità universale che regge, stimola e fa crescere (cfr Ef 4,15) sia la teologia che la filosofia» (Fides et ratio, 92). Nella filosofia (e nella teologia) della liberazione c’è proprio questo rifiuto della Verità, che è Cristo. (Fabrizio Cannone)


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