CAPITOLO IX
Dopo la partenza dell'angelo - Serie continua di prove e di
grazie Gesù e la "Piccola"
La novizia esclamò uscendo dal rapimento: «Vengo da una grande
gioia. Dove ero?». Ben presto la tristezza si impadronì della sua anima;
trascorse tutta la notte in spaventosi dolori; provava una sete bruciante che
non si poteva appagare, vomitava continuamente. Vedendo che il suo stomaco non
poteva trattenere niente, fece benedire la bevanda dalla Priora. Questa
benedizione fermò il vomito, le fece gridare: « O fede quanto sei grande!». A
diverse riprese, domandò di confessarsi, sia durante la notte, sia l'indomani:
«Vede, diceva alla sua Maestra, quanto è grande la mia miseria. Tutta la notte,
non avevo altro pensiero che quello di volere tre brocche d'acqua per poter
spegnere la mia sete. Invece di pensare a Gesù, pensavo sempre al mio corpo!
Ecco la mia debolezza! Mio Dio, potrò dire che ti amo, quando vedrò il mio corpo
in cenere. Madre mia, mi sembra che sia un anno che non la vedo. Ho passato
tutto questo tempo nel mondo, dove non ho fatto che peccare. O mio Dio, ho
commesso tutti i delitti». Satana, con un permesso divino, la persuadeva,
secondo la profezia dell'angelo, che era colpevole di tutti i peccati della
terra. L'indomani, 9 settembre, ricevette una visita celeste; lo spirito prese
la forma della Madre Elia, come costei poté convincersi ascoltando il racconto
della suora. «Vede, Madre mia, quale è la mia debolezza, le disse la novizia, è
venuta a vedermi durante la ricreazione, mi ha detto: domanda tre uova sode con
del sale e mangiale senza pane. Io non ho ubbidito subito, perché le uova sode
non mi piacciono. Ma siccome l'ubbidienza porta grazia, ho trovato queste uova
eccellenti! Madre mia, quando è venuta a trovarmi, non era come ora; sembrava
molto più graziosa, mi piaceva di più allora. Era così buona, così dolce! Il
vederla faceva amare Gesù, i suoi occhi piangevano, ma il suo viso conservava
sempre la sua dolcezza».
Madre Elia, che non aveva lasciato di fare la ricreazione, le
domandò se si ricordava di ciò che le aveva detto: «Oh! Sì, Madre mia, le
rispose la candida fanciulla, pienamente convinta che fosse stata Madre Elia ad
averla visitata, mi ha detto: Se starai male per altri quindici giorni, sii
contenta, accetta tutto; perché che tu stia male un giorno o quindici, è la
stessa cosa. Accogli bene le prove che Dio ti manderà. Avrai delle tentazioni,
spera in Dio, non temere niente; Gesù ti ama, abbi coraggio. Mi ha abbracciata e
le lacrime scorrevano dai suoi occhi. Oh! Come le sue parole lasciavano la pace,
la gioia, l'amore di Gesù nel cuore! Era così amabile! L'amavo tanto! Lei
adesso non è la stessa».
Quello stesso giorno, poté confessarsi. Scorgendo il sacerdote,
esclamò: «Padre mio, è un anno che non la vedo. Quanto ho peccato! Ho molto
bisogno di confessarmi!». Domandò che la si aiutasse a fare la penitenza,
incapace come era di recitare solo la più piccola preghiera. Ripeteva le
parole, gli atti d'amore che le si suggerivano, come una bambina.
La sola vista del cibo la disgustava. «Considerate la mia
delicatezza, diceva umilmente, devo fare penitenza, e sono così difficile!
Vorrei...»; si fermò, rifiutando persino di esprimere un desiderio su questo
punto. La sua maestra pregò l'infermiera di offrirle un poco di pane bagnato
nell'acqua e nel vino. «Era proprio ciò che sentivo di poter prendere, disse la
novizia accettando con riconoscenza; ho pensato solamente che, se Gesù lo
avesse voluto, avrebbe ispirato ai superiori di presentarmelo, senza che io lo
domandassi».
Allorquando la si lasciava sola un istante, il demonio le
appariva sotto la forma di una suora della comunità, scortata da due demoni neri
che minacciavano di strangolarla. Questa vista la spaventava ma profittava lo
stesso di ciò per umiliarsi. «Non so perché ho tanta paura, diceva, questa suora
è così santa! Io sono così colpevole! Il pensiero della sua virtù mi fa senza
dubbio tremare. Come sarei felice se potessi amare Dio come lo ama lei!».
L' 11 settembre, dopo la Messa, disse alla sua maestra:
«Durante il santo Sacrificio, mi è sembrato di vedere la santa Vergine
splendente di gloria, circondata da angeli più luminosi del sole. La santa
Vergine mi ha benedetto dicendomi Figlia mia, esci prima della fine, io te lo
permetto; lascia questo monastero, tu non hai la vocazione. Nello stesso tempo,
provai turbamento, noia, un grande desiderio di uscire; per orgoglio, non ho
osato domandare il permesso, consideri la mia debolezza. Ho visto tutto ciò
nella mia immaginazione, senza credere che fosse realmente la santa Vergine,
perché non ho sentito alcuna grazia nella mia anima; non provavo che la voglia
di uscire e la disperazione alla vista dei miei peccati».
Durante la ricreazione della sera, si parlò degli angeli
custodi. Le suore le domandarono se amasse il suo: «Io non vedo niente, non so
niente, rispose, desidero Gesù e Maria!». Alla fine della ricreazione, disse
alla sua Maestra, quando furono sole: «Io non ho capito niente di tutto ciò che
si è detto; sono tutta immersa nei miei peccati; non riesco a vedere altre
cose». Satana, lo si vede, era sempre là per tentarla e scoraggiarla; ma la
preghiera insegnata dall'angelo lo scacciava, come pure l'osservare
l'obbedienza.
Il 12 settembre, supplicò di lasciarle praticare la Regola.
Mostrando col dito il pavimento della sua cella, diceva: «Vorrei coricare la mia
natura lì; vorrei annien-
tare questo corpo, più l'ascolto, più sono malata. Trattatemi
come le altre, trovo molto buono ciò che si serve per tutte; quello che è
particolare, lo trovo cattivo, mi fa male. È una grazia poter fare come le
altre».
Rispose a Madre Elia, che l'interrogava sulle sue disposizioni:
«Sono agitata nel corpo e nell'anima, sono come una bambina che cerca suo padre
e sua madre senza poterli trovare» e piangeva; «voglio Gesù, aggiungeva, non
voglio che Gesù, ma è troppo lontano da me, non posso raggiungerlo, ho troppo
peccato..Vorrei essere abbandonata tra le mani degli uomini per soddisfare con
la mia morte alla giustizia divina, per ottenere misericordia. Ho offeso Dio,
questo Dio così buono che mi ha creata e posta sulla terra per amarlo e
servirlo. Nessuna speranza per me! Voglio tuttavia sperare, malgrado tutto.
Vedo sempre la mia tomba aperta, tutto passa! Il cielo o
l'inferno durano per sempre! Ho tanto peccato, niente ho fatto per Dio! Non ho
bisogno che di lui, ed è lontano! I miei peccati lo hanno costretto ad
allontanarsi. Gesù non abbandona mai per primo. Sono triste ed annoiata senza
Gesù; tutto mi secca lontano da lui. Vorrei esser sola in silenzio, parlare di
me, perfino in direzione, mi infastidisce; ma non voglio seguire la mia natura.
La volontà di Dio in tutto! Non ho bisogno che di Dio».
Trovandosi lo stesso giorno nel coro, si mise in spirito ai
piedi della croce. Le sembrava di respirare il profumo del sangue di Gesù
uscente dalle sue piaghe aperte. Il Salvatore soffermò il suo sguardo su di lei
e disse: Spera!. L'indomani, riferendo alla sua Maestra questa visione, le
diceva con un viso raggiante rivolto verso il cielo: «Bel cielo, spero di
vedere mio padre, mia madre, i miei amatissimi fratelli! I miei nemici andranno
in fondo agli abissi. Gesù tuttavia non mi ha detto Ti perdono!, mi ha detto
Spera! Non ho alcuna consolazione, ma il mio cuore spera. lo spero, io spero,
io spero».
Dal 10 al 15 settembre, Satana, a più riprese, assunse la forma
dei santi per tentarla e renderla disperata, per dirle che era destinata
all'inferno, che doveva lasciare il convento; ma lei scoprì sempre le sue
astuzie e lo cacciò col segno di croce. Satana la tentò insinuandole di
sposarsi; ella formulò questa sublime risposta «Tutte le mie gioie, tutte le
mie speranze, tutti i miei figli sono le umiliazioni, il disprezzo e le
sofferenze».
Durante questi giorni di prova, domandò, convinta della sua
indegnità, di non comunicarsi; ma poi obbedi, malgrado le sue ripugnanze. Un
giorno in cui la tentazione era più forte, scongiurò la sua Maestra di non
obbligarla a fare la comunione. Madre Elia, per tutta risposta, posò la sua
mano sulla testa della novizia, dicendole: se hai fede, obbedisci. «Si, Madre
mia», riprese subito lei. Dopo il ringraziamento, disse alla sua Maestra «Madre
mia, Gesù mi ha dato un poco di speranza per ricompensare la mia obbedienza.
Dietro di me, ho visto come un grande mare nero, pieno di grosse bestie nere,
di serpenti. Davanti a me, ho visto un lungo sentiero; alla fine di esso, Gesù
come nascosto; tutta la strada era coperta di grosse pietre che rendevano il
cammino molto difficile. Occorre molto coraggio e buona volontà per camminarvi.
Andando avanti si trovano meno pietre. Il grande mare e le bestie si trovano
sempre dietro, vicino alle persone che procedono sempre più fino alla fine
della strada. Ho visto molte persone che camminavano con ardore. Quando si
arriva vicino a Gesù, la strada diviene dolce; il grande mare nero si cambia in
un mare di luce, e, al posto delle bestie, si vedono gli angeli.
A sinistra del grande mare ho visto un piccolo lago la cui
acqua non era nerissima: c'erano anche delle bestie, ma piccole; accanto, si
trovano i piaceri. Le persone che restano lì, sprofondano nel lago, che diventa
tutto nero; le bestie crescono, divorano l'anima e la fanno cadere
nell'inferno. Vedi,, figlia mia, mi ha detto Gesù, con l'obbedienza camminerai
nella strada che conduce a me; il grande mare, sono i peccati gravi; coloro che
vengono a me, perdono questi peccati e io regalo loro il cielo, mentre altri
meno colpevoli, se restano nel lago, figura del mondo e della natura, finiscono
per cadere nell'inferno».
Un altro giorno, diceva alla sua maestra: «Vedo con
l'immaginazione una piccola come me, anzi ancora più piccola. La santa Vergine
la tiene per mano e la dà a Gesù. Gesù l'offre a suo Padre, che la prende nelle
sue braccia e le fa mille carezze. Vedendo questa piccola così amata dal buon
Dio, dissi: Se non avessi tanto peccato, sarei, come lei, la fidanzata di Gesù.
Oh! quanto sono triste! Non che io mi dispiaccia per le consolazioni gustate da
quella piccola; ma Dio mi ha creata per amarlo e servirlo, ed io, ingrata, ho
offeso questo Dio così buono!».
Almeno, le domandò Madre Elia, conservi il ricordo delle grazie
di Dio?'9«Sì, certo, rispose lei, come dimenticare la grazia del battesimo e
quella di essere stata nutrita e protetta da Dio, io, povera orfana, per fare di
me una figlia del Carmelo? E ancora il buon Dio permette che mi si custodisca
qui, me, povera, ignorante e sempre malata. Oh! quante grazie Dio mi ha fatto!
ed io come ho potuto offenderlo tanto? Tuttavia la vista di questa bambina, che
mi rassomiglia, che Maria offre a Gesù, e Gesù a suo Padre, mi dà speranza».
Tutto a un tratto, la sua figura si animò; elevò le mani e gli occhi al cielo, e
dalla sua bocca venne fuori questa preghiera, che così spesso ripeterà in
seguito: «Mio buon angelo, offrimi a mia Madre! Madre mia, offrimi a Gesù! Abbia
pietà di questa peccatrice! Dammi a Gesù! Gesù, offrimi a mio Padre! Padre
giusto, io mi getto ai Tuoi piedi; ho molto peccato, ma tu sei buono! Hai tutto
creato in cielo e sulla terra, con amore, per noi! E io, ingrata, ti ho tanto
offeso, o Padre mio! Padre santo, ho fame, tu sei il mio nutrimento! Ho sete, tu
sei il mio refrigerio. Sei la mia vita, la mia forza, la mia luce! Sei
infinitamente buono, infinitamente grande e noi non ti pensiamo! Davanti ai
grandi della terra, noi tremiamo. E te, mio Dio, non ti conosciamo abbastanza;
osiamo dimenticarti, offenderti! Mio Dio, abbi pietà di me, di me, così
orgogliosa, di me, letame gonfiato, abbi pietà di me! Chi è simile a te? Spero
che mi userai misericordia! Mio Dio, mille volte morire, piuttosto che
offenderti! Non sono degna di essere con te in cielo; sarò contenta di restare
alla porta; almeno, da lì, potrò vederti, te, mia vita, mia speranza, mio
tutto! Se tu mi vuoi all'inferno, io andrò per compiere la tua volontà; lascia
che ti veda almeno una volta, e dappertutto e sempre ti benedirò, in inferno o
in Paradiso».
Ecco la visione che ebbe, il 18 settembre, durante l'orazione:
«Ho visto, diceva, un roseto in un luogo oscuro, privo di luce e di calore. Sul
roseto, ho visto un'anima. Il roseto era coperto di boccioli di rose appassite,
si era in una notte profonda. Di frammezzo al roseto, l'anima alzò la voce verso
il cielo, diceva: O sole di giustizia, vieni a rischiararmi! Fa' scendere su di
me il tuo calore! Vieni a sciogliere questo gelo che mi penetra! Vieni, Gesù,
sole di giustizia! Vieni a far fiorire queste rose per tua gloria! Dopo che
l'anima ebbe così pregato, ho visto la luce e il calore scendere su questo
roseto: i boccioli si sono aperti, le rose sbocciate, e il loro profumo ha reso
lieto il mondo. Ho pensato allora di ripetere questa preghiera, non per essere
come questo roseto (io non sono che letame), ma per attirare il Sole di
giustizia sulla mia anima appassita e gelida per il peccato: questa preghiera mi
ha dato la speranza». Ed aggiungeva, con incantevole candore: «Posso farlo? Non
voglio dare importanza ai miei pensieri, io conservo solo ciò che mi immerge
nell'amore di Gesù e nel disprezzo di me stessa».
Il 20 settembre, fu tentata di non comunicarsi, perché si
vedeva coperta di peccati; ma, sempre obbediente lo fece malgrado le sue
ripugnanze. Dopo la comunione, vide davanti a sé come una cavità coperta di
fiori; al disotto c'era un abisso e lei aveva un piede sull'orlo di questa
cavità. Nello stesso tempo, sentì una voce che le disse, dandole un filo: Questo
filo è l'obbedienza; la tua volontà è attratta verso questa cavità coperta di
rose; questi fiori sono l'immagine dei piaceri, delle fantasie, esse sono marce
nella parte inferiore. Se tu avanzi il piede, cadi; segui il filo
dell'obbedienza ed entrerai nel cammino che conduce a Gesù. « O Madre mia,
diceva lei raccontando questa visione, come è buono Gesù! Quanto voglio amare
sempre l'obbedienza! Oh! Obbedienza, ti amo, ti voglio seguire; non ho più
voglia di andarmene. Ne avevo un così grande desiderio durante la Messa, per non
dover più obbedire, soprattutto per non dovermi comunicare con delle
disposizioni così cattive! Con una simile comunione mi sembrava essere
l'inferno. Quanto sono cieca! Grazie, mio Dio, di avermi illuminata». Durante
la notte, Satana tentò di farla uscire, parlandole sotto la forma di santa
Teresa; la suora invocò Maria e il demonio fu vinto.
L'indomani una celeste apparizione venne a visitarla sotto la
forma di Madre Elia. Ecco come lo si seppe.
Vedendo entrare la suora infermiera nella sua cella, la novizia
disse tutta contenta «Madre Elia è uscita or ora»; e, mostrandole un lavoro ad
ago, aggiunse «Madre Elia ha fatto questo cucito per insegnarmi a lavorare
bene». L'infermiera si affrettò ad informare Madre Elia di ciò che aveva
appreso; questa si recò dalla novizia per conoscere la verità sul fatto, visto
che lei non aveva visitato suor Maria quel giorno. La pregò, senza altro
preambolo, di ripeterle ciò che aveva detto. La malata, sorpresa, credette che
la sua maestra l'interrogasse così per provarla; le rispose ingenuamente che non
se ne ricordava più. Ebbene, riprese Madre Elia, facciamo una preghiera al tuo
angelo custode, affinché ti ottenga di ricordartelo. Finita la preghiera, la
novizia le disse: «Quando è venuta questa mattina, le ho comunicato le mie
impressioni sulla comunione. Ma perché ridirle adesso?» Per farti praticare
l'obbedienza, rispose Madre Elia. «Ebbene, riprese subito suor Maria, avevo
visto, dopo la comunione, una bambina come me, vestita come me e che mi
rassomigliava perfettamente; era solo molto più piccola di me. Gesù la teneva
nelle sue braccia, sembrava la amasse molto. Ero gelosa di questa bambina e ho
detto a Gesù: questa piccola è felice, tu l'ami tanto! Sì, io l'amo, mi ha
risposto Gesù, vedi come la tengo nelle mie braccia, ma lei non lo sa. Ed io ho
detto a Gesù: ma ella è nelle tue braccia! Ah! se fossi al suo posto, ti
assicuro che lo sentirei e quanto sarei felice. O piccola, prega per me che non
sono che peccato. Tu sei pura, ed io non sono che letame. Questa piccola non mi
vedeva. Non guardava che Gesù, e anche Gesù la guardava sempre. La sua vista mi
diede tuttavia un po' di speranza. Osai dire a Gesù: o Gesù, tu sei venuto per i
peccatori. Io non sarò mai come questa piccola ma infine voglio sperare. Le ho
detto tutto ciò questa mattina, Madre mia, e lei ha pianto perché mi ama;
anch'io sentivo che lei mi ama; era più amabile di adesso. Usciva da "lei" un
profumo che arrecava la grazia nella mia anima. Perché non posso sentire, in
questo momento, questa stessa grazia? Mi ha detto piangendo: abbi fiducia,
bambina mia; la Vergine santa ti ama, è con te; ti guarda, ma tu non la vedi;
sii molto obbediente. Mi ha dato speranza, conto sulla misericordia di Dio così
buono, così amabile! Chi è come Dio?».
La notte, diceva con una voce commovente: «Santa Vergine, Madre
mia, mi getto ai tuoi piedi; ho molto peccato, ma ti cerco, Madre amata. Cerco
anche Gesù; ma tu ti nascondi, come pure Gesù. O Madre mia, abbi pietà di questo
piccolo nulla! O Gesù, perdonami; non voglio più offenderti, abbi pietà di
questa povera orfana! Tu non sei venuto per niente sulla terra, non sei venuto
per i giusti; sei venuto per salvare i peccatori! lo non ho più Gesù; sono un
piccolo nulla abbandonato. Dio mio, Dio mio, misericordia! Tu sei infinitamente
buono, spero in te!».
Le tenebre interiori diventavano sempre più fitte, nella sua
anima; non si credeva degna che dell'inferno; fu per pura obbedienza che si
comunicò l'indomani. Rivide nelle braccia di Gesù la stessa bambina, la quale
non sembrava avere che tre anni, sebbene le rassomigliasse in tutto. Amo questa
bambina, le diceva il Signore, perché è piccola; i grandi non saranno con me.
Queste parole del Salvatore contristarono la novizia: «Come fare, diceva a
Madre Elia. Il buon Dio non ama che i piccoli, ed eccomi grande; non posso
tagliarmi per farmi piccola». La sua Maestra le fece comprendere che Gesù aveva
voluto parlare dell'infanzia spirituale, la quale non è altro che l'umiltà;
questa spiegazione consolò il suo cuore dissipando la sua pena.
Il 23 settembre, Satana si presentò di persona per venirla a
tentare. Se un re potente e un esercito nemico venissero a piombare su di te,
le disse, che cosa faresti? «Offrirei di tutto cuore queste prove a Gesù». E se
si volesse distruggere la tua verginità? «Io mi getterei dalla finestra. O
felicità di sacrificare la propria vita per Gesù! Vorrei morire martire». Esci
da qui, dove si deve sempre obbedire, dove non si può mai seguire la propria
volontà; ritirati in un deserto, potrai meglio servire il tuo Dio, contemplerai
la creazione. «Mi piace contemplare la creazione nel nostro giardino. Obbedire è
per me volontà di Dio». Verrà nell'Ordine, una grande santa, conoscerà tutti i
tuoi peccati e ti farà mandare via. «Se è santa, avrà una grande carità; spero
che avrà pietà di me».
Satana andò via furioso; la novizia ringraziò il Signore
dicendo «La grazia di Dio mi ha fatto vincere il demonio, da sola, non posso
niente».
Satana ritornò presto alla carica e le disse Tu non amerai mai
Gesù. «È vero, rispose lei, che non amo Gesù come dovrei e come merita, ma
voglio amarlo. Vattene, Satana, io almeno non ho il desiderio di amare te, per
te nient'altro che disprezzo!». Tu sarai causa dell'uscita di tale suora. «Amo
questa suora, prego per lei, se esce non ne risponderò; quanto a me, non voglio
uscire». Ma tu sei sempre malata. «Non amo il mio corpo, vorrei vederlo ridotto
in cenere». Tu sarai con me. «Con te, Satana? Tanto meglio, ti odierò un po' di
più, cercherò Gesù un poco di più: vorrei vederti sempre come ora, perché non
dimenticherei mai Gesù». Il demonio se ne andò.
Le si domandò un giorno se fosse tentata di orgoglio; questa
domanda parve sorprenderla. «Eh che! lei rispose, un letamaio come me potrebbe
avere orgoglio? Oh no!». Ne hai più di quanto non credi, replicò la sua Maestra;
più se ne ha, meno si pensa di averne. «Lo credo, visto che me lo dice lei,
riprese umilmente, ma ho tanto peccato! Non sono che peccato! Che cosa potrebbe
fare inorgoglire, me, povera ignorante, sempre malata e senza virtù, che non sa
né leggere, né parlare? Che 'posto c'è in tutto ciò per l'orgoglio?».
L'indomani, per mantenerla nell'umiltà, Dio le mostrò gli
angeli custodi delle suore sotto le vesti di graziosi bambini, mentre, accanto a
lei, vide un grande demonio nero, con un bastone in mano. Questo contrasto
dapprima la spaventò, ma colse subito la lezione che il Signore voleva darle.
«Questo demonio, disse, è la mia immagine; esso è grande: ecco il mio orgoglio;
esso è nero: ecco i miei peccati. Mio Dio, abbiate pietà di me!». Domandò il
permesso di raccontare davanti a tutte le suore ciò che aveva visto, e le
scongiurò di pregare per lei, per ottenerle un po' di umiltà.
Una nuova lotta si ingaggiò tra il demonio e la novizia: Ti sei
riposata, le disse Satana, invece di lavorare. «Sì, mi sono coricata, rispose
lei, per obbedienza; preferisco più di tutto obbedire». Tu ti sei pettinata.
«Sì, mi sono pettinata per decoro. Gesù ama il decoro, io l'ho fatto per Gesù e
non per te: tu sei sporco, vattene! Io offro tutto a Gesù. Se non avessi offerto
tutto a Gesù, il resto sarebbe per te, ma io ho offerto tutto. Oh! quanto
l'obbedienza è buona: è mio fratello; l'umiltà, è mia madre; la semplicità, è
mio padre. L'obbedienza è Gesù; l'umiltà è Maria; la semplicità è Giuseppe,
ecco i miei modelli. Satana, angelo decaduto, ti disprezzo!». Ecco la mia
grandezza, le mie ricchezze; io le do a quelli che mi seguono, sono re. «Tu, re!
Gesù solo è il mio re; preferisco essere povera con Gesù. Tieniti il tuo regno,
le tue belle campagne, i tuoi polli, il tuo grande arrosto, preferisco il pane
secco con Gesù. Ti disprezzo come una carta straccia. Dici che mi dai delle
noci? Vuoi conoscere le mie noci? Le mie noci è sospirare dietro Gesù. E ti sto
per dire quale è il mio pane: è Gesù; è la sofferenza di ogni istante, è
l'amore: ecco il mio pane, ecco la mia bevanda. Io disprezzo la tua bevanda, la
tua acqua zuccherata, la tua acqua odorosa. Ho sete di anime, del calice della
sofferenza: questa è la mia bevanda. Tieni per te i tuoi piaceri, le tue
ricchezze, i tuoi regni, preferisco la povertà. Tu dici che io diverrò cieca?
Tanto meglio: la cecità mi farà andare da Gesù. Gesù sarà la mia luce;
l'obbedienza sarà la mia luce. Felici gli occhi sempre chiusi! Gesù sarà la loro
luce. Tutto passa sulla terra. Se quaggiù io fossi sempre nelle tenebre e nella
sofferenza, nel cielo gioirò sempre con mio Padre».
È così che la novizia trionfava sempre sugli assalti di
Satana.
Durante la recita dell'ufficio dei morti, sembrò un giorno
molto felice. Raccontava che le sembrava di vedere, le povere anime del
Purgatorio come tante piante inaridite; la preghiera delle suore cadeva su di
loro, come la rugiada dal cielo, rendeva loro la freschezza e la vita.
Nei rapporti di suor Maria di Gesù Crocifisso con Dio, quello
che dominava era lo spirito di infanzia. Esprimeva un giorno in modo incantevole
questo stato della sua anima. «Io sono, con il buon Dio, diceva, come un bambino
con suo padre. Se il padre è ricco, il bambino reclama sempre nuovi alimenti,
abiti nuovi sempre più belli; egli ama cambiare tutti i giorni. lo sono così con
il Padre mio del cielo, così ricco. Non conservo niente di ciò che mi dà ogni
giorno, gli restituisco tutto. Gli dico: Padre amato, tua figlia è povera, non
ha niente; ma tutto ciò che è tuo mi appartiene. Dammi qualche cosa per oggi,
dammi la tua parola: quanto è dolce! Dammi il tuo amore, perdona i miei
peccati».
Ascoltiamo gli eccellenti consigli che ella dava un altro
giorno in estasi: «All'inizio della vostra orazione, riconoscete la vostra
debolezza, la vostra povertà. Andate da Gesù, domandate di illuminarvi, di
attirarvi, in ogni cosa diffidate di voi stessi; temete prima di tutto le vostre
azioni. Pensate a Gesù, unitevi a Lui. Prima della preghiera, prima del lavoro,
unitevi al suo spirito quando era sulla terra. Pensate all'amore del Padre che
vi ha dato Suo figlio per prendere la vostra forma; non è venuto come un angelo,
né come un Dio, ma è venuto nella vostra forma per essere vostro modello in
tutto.
Praticate l'umiltà: avrete la luce. Praticate l'obbedienza:
possederete la via. Praticate la carità, diventerete puri. Praticate la
pazienza, la dolcezza, avrete qualche cosa da offrire a Gesù. Prima di ogni
azione, invocate la luce, la grazia dello Spirito Santo. Dite: Mio Dio, abbi
pietà di me; vieni in mio aiuto! Gesù non è rimasto che trentatré anni sulla
terra per insegnarci a profittare del tempo, a lavorare per l'eternità. La terra
deve essere resa alla terra, le vostre opere sussisteranno. Se voi avete
lavorato per Gesù, andrete in Cielo con Dio a godere tutta un'eternità. Vedete
se potete misurare l'eternità, pensateci. Siate umili, piccolissime quaggiù.
Felice l'anima che cerca sempre di essere niente, di essere l'ultima
dappertutto! In cielo sarà la prima.
Se fate qualche volta degli errori, non scoraggiatevi;
umiliatevi, confessate la vostra debolezza, la vostra miseria; ricorrete sempre
a Dio. Guardatelo sempre, amatelo, pensate a Lui».
Il Vescovo di Bayonne, su richiesta della Priora, aveva
autorizzato Padre Saverio,` carmelitano, ad entrare nella clausura per
esaminare più da vicino lo stato straordinario di quest'anima. La novizia era
rapita in quel momento e versava lacrime. «Piango per i miei peccati, diceva
con una voce commovente; piango per i peccati del mondo. O peccatori, se
conosceste la grandezza di Dio, non pecchereste mai. Aggiunse rivolgendosi al
demonio: Satana, tu rubi le anime a Dio, tu le accechi; tu non puoi donare
niente, tu prendi; tu inganni le anime, tu le perdi; esse abbandonano Dio per
seguirti. Tu prendi ciò che Dio ha creato, tu non hai niente di tuo. Mostra la
tua grandezza. Bestia villana! Tu dici che io non vedrò mai Dio! Ebbene, io non
ho bisogno di vedere Dio sulla terra; la fede mi basta. Mio Dio! Io non desidero
che tre cose, tre virtù: l'obbedienza, l'umiltà, la semplicità. L'obbedienza, è
Gesù; l'umiltà, è Maria; la semplicità, è Giuseppe». Un linguaggio così pieno
dello Spirito di Dio, non poteva venire che da Dio.
Il giorno della festa di santa Teresa, suor Maria di Gesù
Crocifisso poté seguire tutti gli esercizi della comunità. Domandò di
confessarsi prima della Messa, perché aveva bisogno del permesso del confessore
su un punto. «II sacerdote, disse a questo proposito alla sua Maestra,
rappresenta Dio, è Lui che io ascolterò: parola del sacerdote, parola di Dio per
me. Se il sacerdote mi dice che posso raccontarglielo, lo farò. Nel sacerdote,
io non vedo che Dio; non cerco la scienza del sacerdote, ma la virtù di Dio in
lui».
Avendo il confessore permesso alla novizia di riferire tutto
alla sua Maestra, andò subito a trovarla e le parlò così: «Ho visto che avevo
tre montagne da superare: la prima, un po' nera, l'ho scalata con fatica.
Giunta alla cima ho visto uscire dalla montagna un uccello bianco, che mi ha
detto: Io amerò colui che ama mio Padre; sarà il mio prediletto. La seconda
montagna era tutta nera; ho potuto scalarla con grandissime difficoltà. Una
volta sulla cima, ho visto uscire dalla montagna un grazioso agnellino tutto
bianco, dagli occhi molto dolci; avrei messo questo agnellino nel mio cuore.
Egli mi ha detto: Io domando per colui che ama mio Padre il nome del Suo
amatissimo Figlio e il nome della madre dell'Amato Bene. La terza montagna,
sebbene più scoscesa, non era così nera come le prime due; dietro la cima,
vedevo degli alberi in fiore. Raggiungendo la cima, ho sentito il profumo dei
fiori, che mi ha dato speranza e gioia. Dal centro della montagna è uscito un
uccello più bianco e più bello del primo e perfino dell'agnello. Mi ha detto:
vado a dire al Padre, dona ciò che l'Agnello Ti ha domandato per colui che Ti
ama, il nome del Tuo amatissimo Figlio e il nome della madre dell'Amato Bene:
Maria di Gesù Crocifisso. Ho compreso che si trattava di me; ciò mi ha dato
buone speranze ma temo che non sia altro che il demonio, per farmi cadere
nell'orgoglio. Ed ho detto: Va, Satana, non sono che una povera peccatrice, e
tuttavia spero, la misericordia di Dio è grande. Io non sono niente per me
stessa, nient'altro che peccato; ma Dio in me può fare contro di te, Satana,
grandi cose».
Un altro giorno, durante l'orazione, provava un fortissimo
desiderio di vedere Dio conosciuto ed amato; ella compiangeva tutti quelli che
non amavano Gesù. «Compiangevo perfino Satana, diceva. Allora ho visto un pollo
nero in una prateria arsa e ho detto: Povero Satana, io ti compiango, tu non
ami Dio. Nello stesso tempo ho visto cadere tutte le penne di questo pollo, e lo
stesso pollo è sparito nella terra.
Ho visto in seguito una grande vacca nera dalle lunghe corna.
lo ero, sulla montagna, più in alto della vacca, la quale tentava in vano di
raggiungermi, e dicevo: Povero Satana, ti compiango, tu non pensi che al male.
Tu non ami Dio e vorresti impedire agli altri di amarlo. Tu rubi le anime. Una
voce mi ha detto: Eh che! Hai carità anche per Satana? lo ho risposto: No, non
ho carità per Satana, ma vorrei vedere Dio amato da tutti, perfino da Satana. La
voce ha ripreso: Che faresti se Dio ti desse potere su Satana? Mi servirei di
questo potere per obbligarlo ad amare Dio. Mentre formulavo questa risposta, ho
visto le corna della vacca incrociarsi e cadere, anche il pelo è caduto e la
vacca è sparita sotto terra.
Ho visto ancora un altro animale immondo, con degli occhi rossi
come fuoco, ed ho cominciato a compiangere Satana. La stessa voce mi ha detto:
Che faresti, se Dio ti rendesse padrona di Satana? Lo forzerei ad amare Dio, se
non fosse possibile, lo incatenerei per non fare del male alle anime e non
impedire loro di amare Dio».
La novizia raccontava tutto ciò che vedeva con la più grande
semplicità, senza nemmeno domandarne il significato. Le tre montagne si
ripresentarono al suo sguardo. Una voce le disse allora: Se tu sali le prime
due, sarai Maria di Gesù Crocifisso. Ella scorse in seguito sulla terza
montagna un bambinello che le disse: Se tu superi la terza montagna, ti si
chiamerà beata Maria di Gesù Crocifisso.
«Non ho capito niente di tutto questo, disse ingenuamente, ma
ho temuto che Satana abbia voluto farmi perdere sulla via dell'orgoglio e mi
sono umiliata; ho visto che ero soltanto peccato. Tuttavia, voglio sperare nella
misericordia di Dio. Ho detto a Satana, Dio farà tutto in me, e, tuo malgrado,
la sua misericordia mi salverà».
La sera, dopo mattutino, si faceva beffe del demonio: «Satana,
gli diceva, ho visto, durante il Te Deum, una colombina posarsi sul mio
breviario, muoversi sul libro e riposarsi sul mio petto, sul mio viso; la sua
presenza mi ha riempita di gioia.
Ti ho visto, Satana, con tutti i tuoi simili, somiglianti a
mosche nere, occupate a distrarre le suore. Alla vista della colomba, avete
tutti preso la fuga, colti dal timore. Credi, Satana, che Gesù mi lasci da sola?
No, no, è lui che mi ha mandato la colombina per consolarmi. Sii certo, Satana,
che, se Gesù è con me, io sarò un giorno la tua padrona, e, come tu vieni da me
col permesso di Dio, verrò da te per incatenarti col permesso di Dio.
Va', Satana, colui che Gesù custodisce non perirà mai. lo non
sono niente, ma, con Gesù, ti schiaccerò. Un istante con Gesù mi fa dimenticare
tutto ciò che tu mi fai soffrire. Che dici, Satana? che nessuno ti ha mai
parlato come faccio io? vieni per farmi inorgoglire? Vattene. So quanto sono
debole. Se Gesù non mi custodisse, sarei peggio di te; ma, se Gesù mi protegge,
mi dà la sua forza contro di te. Se Gesù tenesse una paglia, anche se voi tutti
accendeste il fuoco sotto questa paglia, essa non brucerebbe. Tu mi hai fatto
soffrire molto per due giorni. Gesù, per ricompensarmi, mi ha mandato la
colombina.
Tu dici, Satana, che tormenterai ancora il mio corpo? Ti
aiuterò per questo, perché il mio corpo, come te, è contro di me. Se la natura
ora soffre, più tardi verrà la gioia. Va', Satana, io non ti temo. Ho con me
quella che ti ha schiacciato la testa, Maria; Ella è mia Madre! Tu ti arrabbi,
Satana? Sì, Maria è mia Madre. Amatissima Madre, Madre mia! Madre di Gesù!
Buona Madre, non so se è il Tuo spirito che mi ha visitato; è comunque un
messaggio di Dio che è venuto sul libro, sul mio viso e che mi ha detto di
sperare. lo lo faccio, spero. O Maria, Madre di Gesù e Madre mia! Lontano da te
la mia anima languisce, il mio cuore si annoia. Quando sarò con te?».
L'indomani, la lotta contro il demonio continuò, sebbene la
suora fosse sofferente. «Sei dunque tu, diceva a Satana, che getti dei vermi
nella mia porzione di cibo (le suore l'avevano constatato più volte)! Tanto
meglio! lo ho domandato a Dio di trovare il nutrimento sempre cattivo, per non
avere alcun piacere sulla terra, né per il gusto, né per altra cosa.
Tu mi dici che ho mancato di carità? lo amo il prossimo più di
me stessa. Perché mi invidi? Perché Dio mi ama. Sì, mi ama, benché io non sia
che miseria e peccato; e questo amore che mi porta fa ancor meglio risplendere
la sua misericordia.
Sei tu che sei venuto un giorno, portando una croce, il costato
aperto, una corona di spine sulla testa con un angelo che ti sosteneva? Tu mi
hai detto: Figlia mia. Come sei furbo! lo non sono tua figlia, Satana. Hai
continuato: Sono i tuoi peccati che mi hanno coronato di spine; è il tuo
orgoglio che mi fa così soffrire. Io ti ho fatto tante grazie e tu non sei
fedele! tu non sei per me, sei pèr l'inferno. Così sia, Satana! no, io non sono
per te: tu volevi scoraggiarmi, e questa tentazione è servita a darmi un po' più
di coraggio e di forza.
Un altro giorno, sei venuto nelle vesti di un angelo; sì,
Satana, come un angelo; ma Dio mi ha fatto sempre la grazia di riconoscerti. Tu
mi hai detto: Sono il tuo angelo. Poiché tu non sei fedele, io ti lascerò. Così
sia, Satana, vattene, vattene! Mi hai detto ancora: Non hai seguito le mie
ispirazioni, tu dici sempre tutto alla vecchia (alla sua maestra). Se, da questo
momento, tu sarai fedele nel conservare tutto nel tuo cuore, senza dire niente,
otterrai misericordia, Dio ti perdonerà. O Satana, tu volevi farmi mancare
all'obbedienza!
Sì, va' ad agitare il mondo intero, mettilo contro di me, come
sarò contenta! Non mi scoraggerò mai, anche quando il mio corpo fosse coperto di
piaghe e ne uscissero i vermi, quando mi si gettasse in un angolo, spererei
sempre. Vedi fin dove va la mia fiducia in Dio: anche se fossi senza soccorso,
senza risorse, incapace di muovermi, credo che la terra si cambierebbe in
uccelli per portarmi ciò di cui ho bisogno; credo che diventerebbe per me dolce
come un materasso. Credo che, se avessi sete e le mie mani, diventate putride,
non potessero prendere l'acqua, Dio farebbe venire l'acqua da sola nella mia
bocca. Vedi, Satana, fin dove va la mia fiducia in Dio.
Aspetta, aspetta, Satana, aggiungeva con una ironia tutta
soprannaturale, ti canterò una canzone:
Bell'Angelo il primo Precipitato l'ultimo; Sì, un piccolo nulla
Ti tiene per mano Incatenato come un cane. O quale mistero, Venire da così
lontano! Un piccolo pulviscolo, Venuto dalla terra, Sarà posto angelo di
luce.
Ecco, Satana, la spiegazione del canto: Eri un angelo così
bello, e, per il tuo orgoglio, sei divenuto così brutto! Ci chiami sempre
polvere; è vero che noi lo siamo, ma la misericordia di Dio ci metterà al tuo
posto; e tu, Satana, abbaierai come un cane. Angelo delle tenebre, angelo del
male, angelo di pigrizia, angelo di tristezza, nero come un cane. Puoi ben
abbaiare, ma non puoi fare altro contro quelli che non ti temono. Resta ancora
un po', ti canterò tutta la canzone; altrimenti, finirò di cantartela in India:
sono ventiquattro strofe». Satana fuggì via, e la novizia espresse la sua gioia
battendo le mani.
Le prove interiori erano quasi continue. La vista dei suoi
peccati la gettava in una profonda tristezza, ma una voce dolce la richiamava al
ricordo di Dio, dicendole: L'anima che si occupa troppo di se stessa, perde di
vista Dio; rimane chiusa in se stessa, perde di vista Dio; rimane chiusa in se
stessa, invece di andare a Dio.
Bisognerebbe poter annotare tutte le comunicazioni
soprannaturali che ella riceveva. Indichiamo almeno le più toccanti e le più
istruttive.
Il 31 ottobre, vide una formica alata; sentì nello stesso tempo
una voce che diceva: Mio Padre ama molto questa formica, perché è piccola;
sulle ali di questa formica, Egli costruirà una grande casa.
Accanto a questa formica, vide un gigante caricare sulle spalle
un fastello di pa- '
glia che non riusciva a portare; si piegava sotto il fascio e
cadeva per terra, mentre la formichina sosteneva sulle sue ali il peso di una
grande casa. Non comprendendo niente di questa doppia visione, senti la stessa
voce dirle: Amo questa formica perché è piccola; e per questo costruirò una
grande casa su di lei. E la novizia, sempre nella stessa felice ignoranza,
esclamava: «Non so chi sia questa formica! Ma vorrei essere come lei».
Lo stesso giorno, nella sua cella, si intrattenne con un
bambino misterioso. «Bambino, gli disse in estasi, tu mi porti il frutto della
sofferenza; lo accetto, per quanto sia amaro, poiché Gesù lo vuole. Solamente,
per aiutarmi a mangiare questo frutto, portami anche il chicco della
pazienza».
Il 2 novembre, si lamentava col Signore di essere amata dalle
creature. Una voce dolce le rispose: Chi ti amerà mai come Gesù? Tutto l'amore
delle creature non potrebbe eguagliare l'amore costante e generoso che Dio ti
porta. L'affetto delle creature si raffredderà presto. Se tu dispiaci in qualche
cosa alla persona che ti ama di più, ella cesserà subito di amarti, invece Gesù
ti ama sempre. Ti aiuta a rialzarti, se cadi, e anche se lo offendi, egli ti
perdona.
L'indomani, ella diceva a Dio nella preghiera: «Mio Dio, sei tu
che hai creato tutte le cose; tu dai loro ciò di cui hanno bisogno. Sei tu che
hai creato le erbe del giardino; dai loro l'aria, la pioggia, il sole, perché
non periscano. Io sono come l'erbetta, ho bisogno di te; ho bisogno di pioggia,
di sole: abbi pietà di me! Tu solo, Signore, puoi farmi vivere, così come tu
solo conservi queste erbe».
Durante la messa, vide un giardiniere che teneva dei rami in
mano; egli li rimondava. Tagliava i rami secchi che cadevano a terra: solo
quelli buoni restavano nella sua mano ed erano in piccolissimo numero. Questo
giardiniere le disse: Mi ami tu? Vuoi farmi un po' di posto nel tuo cuore? «No,
no, rispose la ingenua fanciulla, non comprendendo che questo giardiniere altri
non era che quello di Maria Maddalena, io non voglio amare che Gesù». Il
giardiniere riprese: Vedi questi cattivi che preparano una guerra? essi faranno
delle fosse per far cadere i buoni; queste buche saranno per loro; io prenderò
i buoni nel mio giardino. Mio Padre non è amato. «Giardiniere, gli rispose la
novizia con la sua incantevole semplicità, mi parli sempre di tuo padre! Chi
conosce tuo padre? Noi non abbiamo che un Padre, che è nel cielo! È lui che deve
essere amato».
Il giardiniere è ritornato durante l'orazione della sera,
diceva suor Maria, teneva in mano un lungo bastone sormontato da una piccola
croce. Mi ha detto: allarga un poco il tuo cuore per darmi lì un posto; sebbene
io sia grande, tu puoi farmici entrare. Io ho risposto: no certamente, solo
colui che mi ha creata può ingrandire il mio cuore; il mio cuore è interamente
per lui; io non amo gli uomini, non amo che Gesù. Sentendomi parlare così, il
giardiniere sorrideva, e nascondeva il suo viso con la piccola croce, ed io
sentivo molto amore nel mio cuore, ma per Gesù solamente. Io, che non amo gli
uomini, vedo ora un pastore, ora un giardiniere. Non mi occorre che Gesù!».
Lo stesso giardiniere ritornò il 5 novembre durante l'orazione:
Io voglio accompagnarti in India, le disse. «Resta nel tuo giardino, ella gli
rispose, ho abbastanza da Gesù». Ami mia madre? riprese il giardiniere
misterioso. «Sì, io la amo, se ella ama Gesù». E girandosi dalla parte di un
angelo che era là sotto forma di un bambino, gli disse: «Bambino, questo
giardiniere viene a vedere tutti i giorni se c'è un posto per lui nel mio cuore;
non c'è posto che per Gesù. Bambino, dimmi perché il demonio fugge quando il
giardiniere arriva».
In mezzo alle sue sofferenze, ella esclamava: «O Gesù, niente
quaggiù mi può contentare! Te solo, o Gesù! O Gesù mio amore, quando verrò?
Quando ti possederò? O Gesù, fratello mio! Tu sei il mio Amico, il mio Sposo».
E rivolgendosi alla sua maestra: «Vede, Madre mia, che famiglia che ho in cielo!
Dio Padre, mio creatore! Gesù, mio Sposo! La santa Vergine, mia madre! San
Giuseppe, mio papà! Padre Elia, mio nonno e mio padrino! Santa Teresa, mia
madrina!` Gli angeli, miei custodi! Gli apostoli, miei fratelli! San Giovanni,
mio fratello! Tutti i santi, miei amici! Che famiglia! Ma io ho tanto peccato!
Come presentarmi davanti a questa famiglia? Ah! Come il cielo è più grande della
terra, così la misericordia di Dio è più grande dei miei peccati. Se io gettassi
quattro bottiglie d'acqua sporca nel mare, l'acqua del mare non si sporcherebbe.
Per questo i miei peccati davanti a Dio sono come queste quattro bottiglie
gettate nel mare. O mio Dio, spero nella Tua misericordia».
11 13 novembre, raccontava ciò che aveva visto: «Gesù, diceva,
mi ha mostrato un'anima profondamente addormentata, circondata da serpenti che
la mordevano; ella non sentì nemmeno i loro morsi: Guarda, mi ha detto il divino
Maestro, la pioggia cade su di lei, il sole la illumina, ed ella dorme sempre! E
non sente niente, tutto diventa inutile per lei. È la figura dell'anima
tiepida, addormentata nel male; i serpenti sono le tentazioni; l'acqua, la mia
grazia; il sole, la mia luce; io le mando tutti questi beni, ed ella non
profitta di niente. O Gesù, questa anima, sono forse io, illuminatemi!».
Il 14 novembre, il vescovo di Bayonne venne al Carmelo. Dopo la
messa, entrò nella clausura con il Rev. Abate Manaudas. Costui raccontò di nuovo
a Monsignore, proprio sul luogo, tutto ciò che egli aveva visto e provato
durante la possessione, soprattutto nel momento del passaggio di Gesù. Sua
Eccellenza ascoltava tutti questi dettagli meravigliosi con il più vivo e il
più religioso interesse. Guardando il lettino dove si trovava la novizia al
momento della sua liberazione, disse alle suore con una grande emozione: Volete
vendere questo letto? Io lo comprerei volentieri. Si fece leggere una parte
degli insegnamenti dell'Angelo durante i quattro giorni di estasi che seguirono
la possessione; non nascose la sua ammirazione per una tale dottrina,
dichiarandola pienamente conforme a quella della chiesa. Ma la semplicità della
novizia, ignara di tutto, pur se oggetto di favori così eccezionali, fu ciò che
lo commosse di più. La vide privatamente, e questo incontro aumentò ancora di
più la sua gioia. La novizia, da parte sua, era commossa della bontà del suo
vescovo.
L'indomani fu un giorno di grandi sofferenze. Per distrarla, le
si portarono due pesciolini in un. vaso pieno d'acqua, sembrò dimenticare per un
istante i suoi dolori. Disse loro: «Pesciolini, benedite il Signore che vi ha
creato»; e, siccome si accorse che aprivano la bocca, aggiunse «È così, che
dobbiamo fare per Gesù; è così che dobbiamo attirarlo nella nostra anima con le
nostre aspirazioni».
Durante i vespri, la si era lasciata sola con una colomba e i
due pesciolini. La sua Maestra, al ritorno, la trovò addormentata. La colomba
riposava sulla sua testa; i pesciolini usciti dall'acqua, ma pieni di vita,
stavano sul ripiano del suo capezzale. Svegliandosi esclamò: «Questi pesciolini
vengono da me, perché io li amo e li curo. Devo così andare a Dio, al Dio che mi
ha creata e che mi ama molto più di quanto io non ami questi pesci. Spero che mi
userà misericordia».
Pregò Monsignore di benedire quei pesci e gli domandò di
poterli conservare in un vivaio. Perché, le chiese il vescovo, ci tieni ad avere
questo vivaio e questi pesci? «Perché, rispose lei, questi pesciolini sono
creature del buon Dio». Ma, riprese il prelato, il buon Dio non ha creato
tutto? «Sì, senza dubbio, rispose ancora; ma questi pesci, aprendo la bocca,
fanno pensare a Gesù; e poi, Gesù ha amato i pesci, e ne ha mangiato». E siccome
ella insisteva per avere un vivaio, il vescovo le disse: Ora basta, figlia mia.
«Sì, Monsignore, se questa è la volontà di Dio, Egli lo farà per me, e non ci
penserò più». Abbiamo citato questo episodio per dimostrare come la più amabile
semplicità fosse unita in questa anima a degli stati così straordinari.
E ciò che vi era ancora di più sbalorditivo, era la sua
completa ignoranza in riferimento a se stessa. Un giorno che si parlava davanti
a lei di un'anima condotta per vie straordinarie, disse alla sua maestra:
«Madre mia, quanto compiango questa anima! Ve ne sono così poche che non siano
nell'illusione! Dio ci preservi da questi stati». Tu non vorresti dunque
esserci? le chiese Madre Elia. «Piuttosto morire, rispose; Madre mia, bisogna
bene volere ciò che Dio vuole ma io guardo questi stati come un castigo di Dio;
è così facile cadere nell'orgoglio!». Conosci questi stati? «Sì, Madre mia, ho
visto ad Alessandria una persona simile. Si correva da ogni parte per
consultarla e per raccomandarsi alle sue preghiere; il suo confessore la
considerava una santa. La prima volta che la vidi, mi sembrò sentire una voce
interiore che mi diceva: È sotto l'azione del demonio. Feci conoscere le mie
impressioni al suo confessore che era anche il mio; mi trattò da orgogliosa. "Ha
ragione, Padre mio, gli dissi, ma se vuole conoscere la via di quest'anima, la
umilii, faccia finta di disprezzarla, e ciò a più riprese, perché il diavolo
può fare sopportare esteriormente una umiliazione per meglio ingannare in
seguito". Il sacerdote seguì il mio consiglio. Quest'anima sembrò dapprima
accettare bene la prova; ma, la seconda volta, divenne triste, e si lamentò
perfino di non essere compresa; lo scoraggiamento non tardò a venire. Tutti
questi stati straordinari cessarono come per incanto. Il rilassamento la
condusse ben presto alla apostasia. Abbandonò la vita religiosa, che aveva
abbracciato da lungo tempo, due mesi dopo, si sposava».
Suor Maria di Gesù Crocifisso era continuamente tormentata
riguardo alle sue Comunioni. Il demonio tentava di farle credere che lei
ingannava i superiori, e che era per questo motivo che le si permetteva di
comunicarsi. Malgrado tutto ella obbediva. Nostro Signore, per ricompensarla di
quest'atto di obbedienza, le mostrò un giorno degli uccelli immersi nell'acqua;
alcuni uscivano facilmente dall'acqua con l'aiuto delle loro ali; altri vi
restavano tuffati, perché non avevano affatto ali. Gesù le disse: Figlia mia,
l'obbedienza è per l'anima ciò che le ali sono per l'uccello. Incantata da
queste parole del divin Maestro, ella gli testimoniò la sua riconoscenza
recitando subito il cantico dei tre fanciulli nella fornace.
Ascoltiamo una delle sue preghiere della sera, che ella
raccontava in estasi: «Vedevo, diceva, due bambini che sembravano avere sette
anni. Li vedevo come con gli occhi del corpo. Uno teneva in una mano un calice,
nell'altra una croce ed una corona di spine. Il secondo mi presentava un
vestito più bianco della neve, una bella corona di rose e profumi raffinati. Il
bambino che portava la croce mi disse: Scegli. Io gli risposi: "Piccolo, va a
domandare a Gesù di scegliere per me: il suo gradimento è il mio gradimento; la
sua volontà, la mia volontà". Il bambino mi sorrise e mi disse: Colui che
sceglie quaggiù la croce avrà un giorno la corona di rose; colui che sceglie,
durante la vita, la rosa e i profumi avrà più tardi la spina: tutto per lui si
cambierà in dolore. Io risposi: "Piccolo, io non voglio scegliere niente,
perché sono debole; vai a dire a Gesù che preferisco che scelga lui per me. Se
sceglie per me la croce, la corona di spine, il calice per tutta l'eternità, io
sarò contenta, perché egli lo sarà". Il bambino ha pianto e tutto e scomparso.
Tutto ciò è senza dubbio frutto dell'immaginazione, e non mi ci fermo».
Nelle sue sofferenze più vive, quando le suore le offrivano
qualche sollievo, diceva: «Tutto passa! Dopo la mia morte non avrò più un corpo
che possa soffrire per Gesù; lasciatemi dunque profittare del tempo per soffrire
tutto ciò che potrò per lui. lo non vedo né sole, né stelle, né terra, né acqua,
né alcuna creatura, né Dio, né Satana; vedo solo me e la sofferenza che mi
circonda».
Il giorno della festa di san Francesco Saverio, tutta la
comunità fu testimone di una scena tanto eloquente quanto incantevole, sebbene
silenziosa. Si vide la novizia fissare una apparizione celeste, che le chiedeva
lo spogliamento di tutto; con i suoi gesti espressivi, la suora diede a questa
apparizione tutte le parti del suo corpo. Costei accettò tutto, ma reclamò di
più. La suora si tolse allora tutti i suoi abiti, ad eccezione della tunica, e
glieli diede. L'apparizione prese gli abiti, ma volle di più. Non sapendo più
che darle, la suora fece comprendere con segni che si era disfatta di tutto con
la sua entrata in religione. Tutto ad un tratto ella si alzò, si stese sul
pavimento, con la sua croce in mano, e restò immobile, come morta, per esprimere
la morte a tutto: ciò costituì la perfezione consumata. Ritornando in sé,
esclamò: «Rientriamo nella terra come ne siamo usciti. O Gesù, offro il mio
corpo per la Chiesa. Noi veniamo nudi sulla terra; dobbiamo rientrare nudi nella
terra».
O mio Dio, diceva un giorno dopo la Comunione, rendimi fedele
alle piccole illuminazioni, alle piccole ispirazioni, per non cadere
nell'inferno».
Le sofferenze, che non cessavano, provavano che Gesù aveva
scelto per lei la croce. «Io sono contenta, diceva; avendo Gesù, scelto per me
la croce, è obbligato ad aiutarmi a portarla».
Il demonio usava largamente del permesso che aveva di
tormentarla. In una circostanza, gettò una tale quantità di spilli nel suo
cibo, che la povera vittima, che li inghiotti, ne soffrì orribilmente per tre
settimane. Sentiva nell'interno del suo corpo come una catena che saliva e che
scendeva strappando le pareti del suo stomaco; i dolori erano indicibili. Il
medico, chiamato, non capì niente di questo stato; era impossibile sollevarla.
Dopo parecchi giorni di vero martirio, ella riuscì a rigettare alcuni di questi
spilli. Li si mostrò al medico, che ne parve sorpreso e spaventato. Non
supponendo niente della malizia del demonio, credette che la suora avesse
inghiottito questi spilli per una mortificazione mal capita. Sorella mia, le
disse con una voce severa, questi spilli sono stati così contorti da qualcuno,
e questo qualcuno, sei tu. Confessa la tua mancanza. «Lei si inganna, signore,
gli rispose con un dolce sorriso, io non ho né combinato in questo modo, né
inghiottito volontariamente questi spilli; bisognerebbe essere pazzi per agire
così; farlo nel pieno possesso delle proprie facoltà sarebbe un errore grave.
Dio mi vede e l'inferno è là. Io non sono venuta qui per fare simili cose.
Tutto passa in questo mondo e Dio ci giudicherà».
Il disprezzo che aveva del suo corpo ritornava spesso sulle sue
labbra: «O corpo, diceva, ben presto sarai sotto terra; tutto passa per te;
guarda il sepolcro. Nella tomba godi dei piaceri, desideri begl'abiti, un buon
nutrimento? Vedi la tua grandezza nella tomba; i vermi, piccole bestie, ti
divoreranno; essi sono più di te. Quando tu vivevi, schiacciavi i vermi; nella
tomba i vermi ti mangiano; nella tomba, sei nascosto a tutti gli sguardi.
Ma la mia anima sale verso Gesù, la mia anima vede Gesù, lo
benedice e lo ama sempre. Tuttavia, io ho tanto peccato! Come sperare di andare
in cielo? Sì, mio Dio, io spero, perché ho molto peccato: in cielo, io farò
risplendere, più di tutte le mie consorelle, le misericordie del Signore!
Qui, non ho niente da soffrire. Sarei felice se mancassi di
tutto! Ma non ne sono degna. Oggi, avevo un desiderio così ardente di morire
martire! Una voce mi ha detto: Tu non meriti questa grazia. Ho subito risposto:
"Almeno, mio Dio, martire della povertà! Oh! Se avessi la felicità di morire di
fame! Ma no, supposto che io non avessi pane, Gesù farebbe un miracolo per
darmene. La voce mi ha detto: Quanto è grande la tua fede! Io ho pensato subito
che fosse Satana che mi parlava così per farmi cadere nell'orgoglio. Confesso
tuttavia che questa voce mi ha ispirato l'amore e la fiducia in Dio, e il
disprezzo di me stessa».
Durante le feste di Natale, ella si preparò, con la migliore
grazia del mondo, a tutti gli innocenti svaghi autorizzati dalle usanze del
Carmelo, come se non avesse sofferto assolutamente niente. Sempre la stessa, si
dimenticava per ricreare le sue consorelle.
Durante i vespri di Natale, aveva visto un uomo che le mostrava
il suo cuore allo scoperto, e, in questo cuore, numerose colombe bianche. Al di
fuori, c'erano su
questo cuore delle spine, che lo straziavano e che facevano
scorrere il sangue fino a terra. Quell'uomo le disse: Figlia mia, nessuno
raccoglie questo sangue; mi si fa soffrire il martirio; se non c'è conversione,
farò perire i frutti della terra: e se, neanche dopo questo castigo, ci si
converte, strapperò gli alberi e ne pianterò altri; e questi raccoglieranno il
mio sangue.
Alcuni giorni dopo, ella recitava durante la messa questa
preghiera, che le era stata insegnata durante una delle sue ore di orazione:
«Signore, dammi l'obbedienza del tuo cuore, l'umiltà di tua Madre e la
semplicità di tuo Padre». Ad un tratto, vide due montagne davanti a sé; credette
di essere a Gerusalemme. Tra le due montagne vide un canale, senza acqua. Un
uomo di grande corporatura stava accanto al canale gli si gettavano delle
pietre. «Quest'uomo, disse, si è girato verso di me come verso un amico,
pregandomi di difenderlo e di nasconderlo. Io mi dicevo ascoltando la sua
preghiera: quanta poca intelligenza ha quest'uomo! lo così piccola, come posso
nascondere lui così grande? Ha compreso il mio pensiero e mi ha detto Io sono
piccolo e grande; tu, non sei piccola, ma grande. Ho compreso che ero grande
per l'orgoglio. Ha aggiunto: Sono io che voglio nasconderti. Mi ha poi
domandato da bere. Nel mio imbarazzo, dicevo interiormente alla santa Vergine
"Madre mia, dai l'intelligenza a quest'uomo. Vuole che io gli dia da bere ed io
non ho niente per dargli da bere". Egli ha ancora compreso il mio pensiero e mi
ha detto: Io non manco di intelligenza; sei tu che non ne hai. Io non ho
bisogno di bere; sono io che voglio darti da bere. Io gli ho detto "E tu chi
sei per conoscere così i miei pensieri? Sei Satana o Dio?". Mi ha risposto Io
non sono Satana, ma non ho bisogno di dire chi sono, a te che non sei nulla.
Mentre mi parlava, le sue parole arrecavano grazia alla mia anima; mi ha
riempito di forza e di speranza, mi ha dato la pace; lo stesso mio corpo
sentiva un nuovo vigore. Tutto ciò non è durato che un istante».
1 prodigi di ogni genere si moltiplicavano; a diverse riprese,
parecchie suore videro nella bocca della novizia dei frutti misteriosi; due o
tre ebbero perfino il favore di mangiarne.` Ma ancora più straordinari erano il
suo amore per la sofferenza, la sua umiltà e la sua carità, che non si
smentivano mai, ogni volta che si ritrovava nel suo stato normale.
E non vi si trovava sempre. Spesso, come era stato predetto,
parlava e agiva sotto l'influsso di una ossessione diabolica. In tali momenti,
se l'angelo delle tenebre si compiaceva qualche volta di scimmiottare l'angelo
della luce, ancor più frequentemente era costretto a mostrarsi allo scoperto,
come aveva fatto durante la possessione di quaranta giorni. Dichiarava allora di
non più volere né obbedire, né lavorare; aveva violenti accessi di collera e di
rabbia contro i superiori e contro la stessa suor Maria di Gesù Crocifisso. Nel
settembre 1869 tenta di uccidere la novizia fracassandole la testa contro il
pavimento; nell'ottobre dello stesso anno, la fa precipitare violentemente, col
viso contro il suolo; nel giugno 1870 le assesterà un gran colpo sulla spalla
che la farà star male per tre giorni e dal quale sarà guarita improvvisamente da
una apparizione celeste. Si è già parlato degli spilli gettati nel suo cibo, con
i quali il demonio cercava di soffocarla.
Soprattutto, si sforzava di convincere le Madri che lei non
aveva la vocazione di Carmelitana. Quante volte la novizia in preda
all'ossessione ripeteva, con un tono disperato, che non era chiamata, che al
Carmelo si sarebbe perduta e che sarebbe stata oggetto di scandalo per le
suore!
Poi, passando dalle parole ai fatti, il demonio la spingeva a
fuggire dal monastero. Ma era molto evidente per tutti che lei non era
responsabile e che queste mancanze dovevano attribuirsi completamente
all'ossessione diabolica.` 1 superiori del Carmelo, ed ancora altri sacerdoti
che videro la novizia in questo stato, dichiararono che non era affatto
colpevole. Molte volte la esorcizzarono; costretto a svelarsi il demonio si
allontanava per alcuni istanti; ma annunciava che avrebbe continuato a
tormentare la sua vittima, fintanto che sarebbero durati questi tre anni di
prova. Egli lo fece, lasciandole tuttavia lunghe settimane di calma, durante le
quali la novizia si esercitava in tutte le virtù e continuava a ricevere dal
cielo i più segnalati favori.
. Il ricordo delle mancanze commesse sotto l'influenza del
demonio non serviva allora che a immergerla in vivi sentimenti di pentimento e
di umiltà. Perché, se attestava di non poter resistere a queste ossessioni, Dio
permetteva tuttavia che lei non vi supponesse affatto la mano di Satana. Si
diceva abbandonata alla sua propria debolezza, alla sua cattiva natura e si
confessava sinceramente la più grande peccatrice della terra.
Dio le fece vedere un giorno un tesoro prezioso in un
contenitore ricoperto da immondizie. Il tesoro era la sua anima, oggetto di
predilezioni divine; la spazzatura erano le sue mancanze involontarie, che
servivano a mantenerla, ai suoi propri occhi, in una abiezione salutare. Così il
demonio contribuiva, senza volere, a proteggere i doni del Signore. Ancora una
volta, la sua malizia si risolveva a sua propria confusione ed a gloria di
Dio.
CAPITOLO X
Il divin giardiniere. I suoi insegnamenti a suor Maria di Gesù
Crocifisso (1869-1870)
Durante questo tempo di prova annunciato dall'angelo, in cui il
nemico del bene metteva tutto in opera per scoraggiare la novizia e portarla
alla disperazione, anche le apparizioni e le consolazioni divine continuavano:
erano come un elemento soprannaturale e necessario per preparare quest'anima a
combattimenti sempre nuovi.
Riportiamo qui l'apprezzamento di Madre Elia sulla sua novizia,
negli appunti presi su di lei per ordine del vescovo di Bayonne e del superiore
del Carmelo, dalla sua entrata nel Carmelo di Pau. Da questa nota abbiamo
estratto i fatti relativi a questo periodo della vita di suor Maria di Gesù
Crocifisso.
Per quanto mi è possibile, uso il linguaggio della nostra
suorina per descrivere lo stato di quest'anima con più esattezza. Tuttavia,
confesso che il mio compito è difficile e che questa esposizione è spoglia del
fascino legato alle parole e alle azioni della novizia e che dà tanto interesse
ed espressione a ciò che ella dice.
Sento che faccio il suo ritratto a metà. Occorrerebbe un'altra
penna più esercitata per fare conoscere questa bella anima: la sua ingenuità,
la sua semplicità, la sua umiltà, la sua generosità, la sua carità, il suo amore
per Dio e per il prossimo, la sua forza d'animo nelle prove, la sua fede, la sua
fiducia in Dio, la sua costanza nel lottare contro l'avversario che la
perseguita senza posa, il suo amore per la vita nascosta, comune ed ordinaria.
Bisogna vederla e seguirla, per farsi un'idea giusta di questa fanciulla. Se
tutto ciò che avviene in quest'anima di straordinario, sia nel passato sia nel
presente, viene da Dio, non tocca a noi giudicarlo; tutto ciò che possiamo dire,
è che, se lo spirito di Dio non ne è l'autore, la nostra novizia ci sembrerebbe
più degna di ammirazione per essere capace, sotto l'azione del demonio, di
restare fedele al suo Dio, piena di speranza in Lui, umile e piccola in sé
stessa, non cercando mai la stima delle creature, non volendo in ogni cosa che
la volontà di Dio e la Sua più grande gloria. Ho ben sondato i suoi sentimenti
ed ella non ha mai deviato dal suo cammino, che è quello di un'anima piena di
rettitudine la quale non cerca che Dio solo.
Trattenuta un giorno nella sua cella dalla febbre, la novizia
disse alla sua maestra, che l'aveva lasciata sola durante l'orazione della
sera: «Madre mia, continui la riflessione, così proficua, che mi ha fatto un
momento fa». Madre Elia, ignorando il fatto, le domandò di ripeterle quanto
detto, per sapere se non l'avesse già dimenticato: «Le sue parole, disse suor
Maria, sono incise nel fondo del mio cuore, ma non saprei ripeterle. C'erano tre
punti: Cerca Dio solo, senza fermarti su nessuna cosa creata. Se parli, sii come
se non parlassi, se guardi, come se non guardassi, se ascolti, come se non
ascoltassi. Dio solo è tutto; la creatura non è nient'altro che nulla e peccato.
Tutto quaggiù è vanità, perché tutto ciò che passa non è niente. Al momento
della morte, come rimpiangeremo di non aver profittato del tempo!».
L'indomani, durante l'orazione vide lo stesso uomo che aveva
già visto più volte. 1 suoi occhi erano dolci e graziosi; i capelli biondi gli
ricadevano sulle spalle. «Quest'uomo, lei diceva, è ricco e povero nello stesso
tempo. L'ho visto in mezzo al coro, sorridente verso tutte le suore, le quali
formavano una bianca corona attorno a Lui. Ben presto ho visto questa corona
dividersi in tre parti. Quell'uomo mi ha detto: Voi dovete dividervi in tre, ma
sarete tutte insieme nel cielo». La fondazione di Mangalore e, più tardi, quella
di Betlemme, così meravigliosa, dimostreranno la verità di questa profezia.
Il 4 febbraio 1869, dopo compieta, ella cadde in estasi e
raccontò, in questo stato, la sua orazione del mattino: «Piangevo i miei
peccati durante l'orazione, disse, e il pensiero che sono sempre malata veniva a
turbarmi ed a inquietarmi. Il Signore mi ha detto con dolcezza (Oh! Come la sua
voce mi ha restituito la pace!): Figlia mia, tu rassomigli ad una vigna. Guarda
come il vignaiolo lavora, coltiva la sua vigna; vanga la terra attorno al piede
della vite. La terra simboleggia il tuo corpo: io, lavoro la mia vigna con la
sofferenza. Per fare fruttificare la sua vigna, il vignaiolo taglia i rami
cattivi e monda i buoni: anche io mi servo delle tentazioni, delle umiliazioni,
del disprezzo, per mondare la mia vigna e tagliare i rami cattivi e inutili:
l'orgoglio e l'amor proprio, che bisogna fare morire.
Il padrone della vigna non lavora per niente; spera, agende il
frutto, lavora molto la sua vigna, rivolta più spesso la terra, taglia più volte
i rami inutili. Il giardiniere che lavora il suo giardino non lavora
inutilmente: si nutre col frutto del suo lavoro. Vuole che tutti i suoi alberi
portino frutto, non si contenta del frutto di uno solo. Qui ho degli alberi: li
taglio, li lavoro perché portino frutto. Entro spesso nel loro cuore e faccio
sentire loro la mia voce. Spesso gli alberi non vi fanno attenzione, non mi
vedono. Fate attenzione: Bisogna portare frutto. Il Signore taglia gli alberi
che non portano frutto, getta nel fuoco gli alberi cattivi e ne pianta
altri.
Ho detto al Signore: Signore, se tu mi abbandoni, sarò come la
cenere che non porta alcun frutto. Ma se tu mi guardi, divento una terra buona,
una terra dolce che porta buoni frutti, che è coperta di verde e di fiori.
Signore, guardaci sempre, sii con noi».
L' 8 febbraio,, davanti al santissimo Sacramento esposto, ella
vide un uomo molto bello: «Quest'uomo, raccontava, mi ha detto: Il tuo cuore
non è abbastanza vuoto, non abbastanza distaccato; poi mi ha mostrato un
fiorellino in un vaso senza terra e senza acqua, che il sole dissecca e mi ha
detto: Senza di me, tu sei simile a questa pianta, tu manchi di terra e di acqua
per rinfrescarti. Ero infastidita di ciò che mi diceva, che cioè senza di Lui
sarei come questa pianta disseccata; se mi avesse detto: senza Gesù, alla
buon'ora! Io gli ho domandato: Ma chi sei tu per parlare così? Il mio cuore non
è tuo, è di Gesù. Perché dirmi che non posso fare niente di buono senza di te?
Dì invece: senza Gesù. Ha riso, e nascondendosi il viso con la sua larga manica,
mi impediva di vedere il santissimo Sacramento».
«Ho visto, raccontava ancora due giorni dopo, ma da molto
lontano, un uomo di una grande maestà; somigliava a un re. Era seduto e sembrava
sovrano, padrone del mondo intero ma molti rifiutavano di riconoscere il suo
potere. E ho detto: Signore, come fare per amarti? Sentivo contemporaneamente
un grande amore di Dio, un grande desiderio di servirlo e di praticare la virtù.
Sarei voluta diventare perfetta, per essergli gradita e ricompensarlo
dell'ingratitudine di coloro che non lo amavano; ma mi vedevo così lontana
dalla perfezione! Una voce mi ha detto: Guarda nella natura, gli alberi non
diventano grandi in un giorno. Mi ha mostrato un albero che portava frutti
cattivi: ha tagliato i rami, l'ha trapiantato, ha messo della buona terra
attorno al suo piede, l'ha curato con pazienza, venuto il momento, l'ha mondato
e quest'albero ha cominciato a portare frutto. L'uomo ha raddoppiato le cure e
l'albero, ogni anno, ha portato un po' più di -frutto. Quell'uomo mi ha guardato
e mi ha detto: Voglio che tu sia come quest'albero: non voglio che tu porti
frutto subito, ma col tempo. lo sentivo una grande fiducia e il mio cuore si
infiammava di amore per Dio, di desiderio di amarlo, di non vivere che per Lui e
di allontanarmi dalle creature, che vedevo come tante bestie pronte a divorare
la mia anima. L'innesto praticato sull'albero mi mostrava la trasformazione di
un'anima che cerca Dio, che vive unita a Dio, a Gesù».
Un altro giorno, supplicava il divin Maestro di rafforzarla
nella verità, facendole riconoscere l'orgoglio e l'umiltà. Ecco in quali
termini rendeva conto alla sua maestra di ciò che Dio le aveva mostrato: «Ho
visto, diceva, che l'orgoglio è la sorgente di tutti i peccati e l'umiltà la
sorgente, il fondamento di tutte le virtù. L'orgoglio ha rovinato l'angelo più
bello, a causa di esso egli è caduto. Se si fosse umiliato, avesse riferito a
Dio tutto ciò che era, sarebbe diventato ancora più bello, l'orgoglio ne ha
fatto un demonio. Se Adamo ed Eva, dopo aver peccato, si fossero umiliati, Dio
avrebbe loro perdonato. Perfino Giuda, se si fosse umiliato, avrebbe ottenuto
il Suo perdono. L'orgoglio ci perde tutti, per orgoglio la volontà dell'uomo si
rivolta contro Dio. L'anima umile diventa luce, vive nella verità, arriva fino a
Dio e Dio si abbassa fino a lei. L'umiltà traccia la strada per acquistare le
altre virtù. Ho detto a Gesù molte cose che non saprei ridire. Ho visto che
avevo dell'orgoglio in tutto; ho pregato Gesù di darmi l'umiltà e ho preso la
risoluzione di praticare questa virtù in ogni cosa. Oh! Quanto desidero
l'umiltà, il disprezzo delle creature! Dio è pronto a perdonare un peccatore
che si umilia, guarda con più amore l'anima che ritorna a Lui con l'umiltà che
l'anima fedele che si compiace nelle sue virtù. Questa rischia di perdersi con
l'orgoglio, mentre il peccatore ottiene misericordia umiliandosi.
Ho visto un giardino pieno di frutti, diceva un'altra volta
sullo stesso argomento, alla porta del giardino c'era del fuoco, e quelli che
volevano entrare per cogliere della frutta dovevano attraversare questo fuoco.
Ho visto un'anima che prendeva dell'acqua e, per mezzo di questa, passava in
mezzo al fuoco senza bruciarsi, entrava nel giardino e ne coglieva i frutti.
Altre, al contrario, invece di prendere l'acqua, raccoglievano legna e paglia e
la gettavano nel fuoco che diventava più ardente, e queste anime si bruciavano
sempre di più, ogni volta che tentavano di penetrare nel giardino; invece di
cogliere della frutta, non pensavano che alle loro scottature. lo non
comprendevo niente di ciò che vedevo. Tutt'a un tratto, scorsi il padrone del
giardino che guardava le anime che attraversavano il fuoco e gli ho domandato
la spiegazione di ciò che mi veniva mostrato. Mi ha risposto: Guarda le anime
che portano sempre l'acqua con loro: quest'acqua è l'umiltà. L'umiltà, ecco la
vera sorgente delle virtù. L'anima umile porta sempre l'acqua con se; così non
sente il fuoco, immagine delle umiliazioni, delle prove, della sofferenza, della
persecuzione, del disprezzo, delle calunnie. Tutto piomba su quest'anima e le
dice con disprezzo: sei cattiva, imperfetta, orgogliosa, pigra, disobbediente,
non hai carità, non sei buona per stare qui. Il fuoco che bisogna attraversare
per cogliere i frutti del giardino, è tutto questo. Più si passa attraverso
questo fuoco, più frutta si coglie. Con l'acqua dell'umiltà, tutto torna a
profitto dell'anima, invece le anime che mancano di quest'acqua, trovano il
fuoco dappertutto e si bruciano con l'egoismo, il quale fa si che esse pensino
sempre a se stesse, e non entrino mai in quella semplicità che Dio richiede per
la salvezza. Bisogna diventare come bambini per entrare nel regno dei cieli.
Queste anime potranno anche praticare molte virtù esteriori ma se non si
applicano soprattutto ad acquistare l'umiltà, non saranno mai gradite a Gesù,
mentre quelle che si applicano ad acquistare l'umiltà, sebbene abbiano peccato
molto di più, troveranno grazia davanti a Dio». Non c'è niente che esprima
meglio lo stato di quest'anima di elezione, nel tempo della prova, della
seguente visione: «Ho visto, diceva, molti roseti verdi che avevano dei fiori,
accanto a questi roseti, ve n'era un altro, solitario ma più verde, più fiorito,
più bello. Un uomo che sembrava essere il Signore, è venuto, ha preso questo
roseto così fiorito e l'ha messo in una notte oscura. Non più sole per questo
roseto, non più rugiada, non più gioia. I rami si sono curvati, le foglie sono
ingiallite, il roseto si è avvizzito: era quasi morto. Gli altri roseti, che
godevano la rugiada, il sole, la luce, dicevano: bisogna estirpare questo
roseto, che si secca per mancanza di acqua e di sole; le sue foglie sono
ingiallite; sradicalo, sradicalo. Il padrone del giardino ha loro risposto: Mi
dite di estirpare questo roseto, perché non fa più rose e perché le sue rose si
sono appassite. Non capite che, se voi foste come lui, privi di acqua per
rinfrescarvi e di sole per riscaldarvi, sareste già ridotti in polvere.
Aspettate, e vedrete! Qualche tempo dopo, il Signore ha fatto uscire questo
roseto dalla sua notte profonda e l'ha innaffiato e il roseto è rifiorito più
bello che mai: le rose sono sbocciate e il profumo di questo roseto ha
rallegrato tutti quelli che l'hanno visto, ed essi hanno benedetto il
Signore».
Ascoltiamo ancora queste parole del Salvatore alla sua serva;
esse completano le luci racchiuse nella visione precedente: «Ho sentito una voce
che diceva: il Mae-
stro non dimentica la sua serva ma la serva dimentica il suo
Maestro. Questa voce era la voce del Signore, ne ho sentito la presenza; mi ha
detto: tu mi devi rassomigliare; starai ancora due anni nelle tenebre, perché
io veda fin dove arriverà la fede degli uomini. Tre volte l'anno il Signore
visiterà la sua serva ma di sfuggita, come un lampo. Ah! Signore, ho risposto,
è troppo lungo questo tempo senza vederti. Tu mi vedi, tu, ma io, io non ti
vedo».
Non finiamo di citare questi insegnamenti raccolti durante le
sue frequenti estasi e pieni di essenza evangelica; essi fanno conoscere l'anima
della quale raccontiamo la vita meravigliosa meglio di tutto ciò che noi
potremmo dire: «Ho piantato degli alberi, richiedo del frutto per rinfrancarmi,
dice il Signore. Alberi del Signore, il vostro Padrone domanda da bere, domanda
il frutto dell'umiltà, della carità. Alberi del Signore, non date il vostro
frutto per la terra, datelo per Colui che vi ha piantato. Non lasciate che il
cane raccolga il vostro frutto. Il Signore domanda da bere; domanda frutti
interiori, domanda frutti esteriori. Il Signore domanda da bere è triste,
sofferente, oppresso: dategli da bere perché vada ad innaffiare altre piante,
perché queste piante portino frutto. Alberi del Signore, ricompensate il
Signore. Quando vedo Gesù, il mio cuore è straziato, il mio cuore è dilaniato.
Egli, questo Signore ha detto: il Padrone non dimentica la sua serva ma la serva
dimentica il suo Padrone.
Alberi del Signore, il Signore ha avuto fame. Se voi foste le
vere spose del Signore, dareste al vostro fratello perfino il boccone che avete
in bocca e Gesù ve lo renderebbe triplicato, e in seguito vi darebbe la vita
eterna.
Gesù, nella prigione, ha freddo: attende che voi lo
riscaldiate. Vi sente, ascolta ciò che gli direte. I carnefici preparano le
corde per legarlo, preparano i chiodi, preparano la croce; da parte vostra
preparategli cose buone: preparategli il vostro cuore. Gesù geme; i Giudei non
ascoltano i suoi gemiti che per beffarsi di lui. Ascoltatelo voi, per
consolarlo, per ricompensarlo. I Giudei sono contenti di accompagnare Gesù al
Calvario per farlo soffrire. Siate tristi a causa dei vostri peccati e a causa
del tempo che avete passato senza pensare a Lui. I Giudei cercavano Gesù per
farlo morire; voi cercate Gesù tutti i giorni per farlo vivere in voi, per
farlo risuscitare, per glorificarlo in voi. I Giudei hanno legato le mani di
Gesù; voi legatevi a lui.
I Giudei beffeggiano Gesù; i soldati gli pongono sulle spalle,
per derisione, uno straccio di porpora e una canna nella mano; voi preparate per
Gesù un amore tutto filiale.
I nemici di Gesù lo schiaffeggiano; voi preparatevi a ricevere
degli schiaffi per suo amore.
I Giudei si incitano a vicenda per tormentare Gesù: voi
incitatevi a vicenda per benedirlo e farlo benedire.
I Giudei avrebbero voluto che altri popoli (altre folle) si
unissero a loro per insultare Gesù: voi attirate le anime all'amore di
Gesù.
I Giudei gettano letame, sporcizia sul cammino che Gesù deve
percorrere: voi preparate delle rose e copritene la strada di Gesù.
Guardate, Maria piange, soffre, è affranta dal dolore;
accompagnate Maria al Calvario con la vostra fedeltà, con l'amore di Gesù, con
l'amore del prossimo. Gesù è nudo sulla croce; con l'esercizio della carità,
rivestite Gesù».
Gesù ritorna, in seguito, agli insegnamenti che la riguardano
più personalmente. Che cosa di più toccante e di più istruttivo della visione
seguente?
«Ho visto, diceva, un uomo in giardino; con una mano teneva un
bastone, con l'altra un mazzo di rose. Questo giardino era molto piccolo ma
molto bello e tutto pieno di fiori e di frutti. Non c'era una sola erba cattiva
e tutto prosperava, secondo i desideri del Padrone del giardino. Accanto a
questo, ce n'era un altro chiuso, tutto nero: non vi si vedevano che rovi e
spine.
Il giardiniere, mostrandomi tale giardino, mi ha detto: Vedi
questo brutto giardino? È l'immagine di te: tu sei come questa terra. Io ti ho
fatto tante grazie e tu non produci che rovi, i quali straziano tutti quelli che
ti avvicinano. Fai come questa terra cattiva: ho spesso gettato buona semente
ma le erbacce la soffocano. Osserva ciò che sto per fare: voglio fare
fruttificare questa terra per glorificare il Padre mio, che avrà più gioia del
cambiamento di questa di quanto non ne provi contemplando il primo giardino. Tre
uomini si sono presentati; erano neri e mi sembrava di vedere dei demoni. Ho
fatto il segno di croce ed ho detto: Signore, per la tua santa Croce, liberami
dalla malizia di Satana. Il giardiniere ha sorriso e il suo sguardo sollevava la
mia anima. Si è rivolto a questi tre uomini così spaventosi e ha detto loro:
Lavorate, dissodate a fondo questa terra, bruciate tutte le cattive radici che
vi si trovano. Essi si sono messi all'opera, voltando, e rivoltando la terra ad
una grande profondità; le cattive radici emerse sono state bruciate e la terra è
diventata prima nera come il carbone, poi rossa. Quando gli uomini neri si sono
ritirati, è caduta la neve e la terra è diventata tutta bianca. Il giardiniere
è ritornato, ha piantato il suo mazzo di rose e ha seminato altri chicchi. Una
pioggia dolce è caduta su questa terra e la semente ha prodotto foglie verdi,
fiori e frutti. Il giardiniere ha chiuso allora il giardino di modo che non vi
si potesse più entrare; lo si poteva solamente vedere per glorificare Dio. Il
giardiniere mi ha così parlato: Ecco come agisco con le anime: scelgo di
preferenza le più peccatrici cosicché tutto ciò che opero in loro fa
risplendere la mia misericordia; e tutti quelli che vedono l'opera del Signore
rendono gloria al Padre mio. Io farò questo in te, sopporta dunque la prova, la
tentazione, la sofferenza, la noia, il disgusto, l'abbandono. Tutto ciò
purifica la terra cattiva e la prepara a ricevere la mia grazia».
Per consolarla, il Salvatore le fa intravedere così la fine
delle sue prove. Ecco come si esprime a questo riguardo: «Gesù, lei dice, mi ha
fatto fare una buona orazione. Mi sembrava di essere sostenuta dalla mano di
Dio; mi sembrava che mi avrebbe usato misericordia e che mi avrebbe aiutato a
salire la montagna che vedo così nera, così aspra, senza alcun altro appoggio
che pietre appuntite che straziano. Malgrado tutti gli ostacoli, ho visto che
sarei arrivata al termine con la grazia di Dio e che avrei esaltato la sua
misericordia. Non desidero che una sola cosa: essere tutta di Dio,
perfettamente di lui solo. Ho la fiducia che, più tardi, sarò perfettamente
sua e allora niente mi potrà distrarre dalla sua presenza. È
necessario ora che mi nutro io stessa, che mangi il pane nero, il pane duro, le
croste secche. Un figlio nella casa di suo padre, che mangia sempre buon pane,
non l'apprezza; ma se, dopo che ha mangiato del pane cattivo, ne ha poi del
buono, egli l'apprezza ed è contento. Io, per il momento, mangio il pane duro;
quando il faticoso cammino sarà passato, Gesù mi darà del buon pane e mi
ricorderò sempre di questo tempo penoso in cui il pane era così duro. Apprezzerò
meglio la bontà del Signore, la sua bontà per me».
È commovente sentirle dire, parlando di se stessa: «Sono un
frutto cattivo, un frutto marcio, gettato nel letamaio dei miei peccati. Chi
vorrà di questo frutto? Nessuno: lasciatelo sulla concimaia. Ma tu,
giardiniere, guarda: in questo frutto, il Signore ha messo un piccolo seme.
Prendi questo seme, fa un buco nella terra, getta il chicco in questo buco,
coprilo con la buona terra attendi, abbiate pazienza: da questo chicco verrà un
albero, ed esso porterà buoni frutti grazie alle tue cure. Tu servirai questo
frutto alla tavola del Signore, tutti lo vedranno, si mangerà di questo frutto
e si loderà il Signore».
Ecco un affascinante paragone, pieno della dottrina più elevata
e più pratica. «Dopo la Comunione, diceva un giorno, un vecchio mi ha detto:
Gesù vuole venire a casa tua nel cuore della notte; per preparargli una cella,
ascolta ciò che vuole.: vuole una piccola cella molto povera, molto semplicé.
Vuole un lettino, simbolo del silenzio; in questo lettino, vuole un materasso
sempre nuovo con degli atti di umiltà sempre nuovi; vuole un cuscino di carità,
una coperta di pazienza, le grandi tende bianche dell'unione, che impediscono
al vento della tentazione di raffreddare la carità. Gesù vuole anche una
lampada da notte: il bicchiere di questa lampada è la fede e la speranza,
l'olio è la preghiera continua, il sughero che galleggia, è l'amore di Dio, che
eleva l'anima al di sopra della terra, lo stoppino è la dedizione, che si
sacrifica e dimentica i suoi interessi per la felicità degli altri; infine la
luce che illumina, è l'obbedienza e la purezza di intenzione».
CAPITOLO XI
Suor Maria di Gesù Crocifisso, all'epoca del Concilio e durante
la guerra del 1870
Siamo arrivati all'epoca del Concilio. Il lettore che ci avrà
seguito fin qui, non si meraviglierà di apprendere che il Signore mostrava a
questa ignorante secondo il suo cuore lo stato degli spiriti in questa augusta
assemblea. Perché il grido di Gesù sarà eternamente vero: Ti lodo, Padre,
Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai saggi ed ai
prudenti, e le hai rivelate ai piccoli.
Tutti constateranno l'esattezza delle visioni soprannaturali di
quest'anima leggendo ciò che segue: «La Chiesa soffre, ella diceva, il Santo
Padre soffre; il suo cuore è afflitto, perché non c'è abbastanza unione tra i
vescovi del Concilio. La Chiesa è nostra Madre. Quando una madre soffre, tutti i
figli soffrono con la madre. La Chiesa è mia Madre. Oh! Come vorrei dare il mio
sangue per la Chiesa! Offro tutto per essa, per l'unione, per la pace, per il
trionfo della Chiesa.
Ho visto il Concilio. Ho visto tre vescovi del Concilio,
santissimi e che hanno reso grandi servizi alla Chiesa, erano circondati da
tenebre, attorniati da migliaia di demoni che si sforzavano di nascondere loro
una piccola luce sempre presente ai loro occhi, simbolo della fede, della
verità; mentre a destra ed a sinistra, c'è una grande luce che i demoni
vorrebbero far loro seguire. Questi spiriti tentatori sono talmente numerosi,
che, se avessero un corpo, l'aria ne sarebbe oscurata. Questi stessi demoni
vanno anche su un grande numero di altri vescovi. Ve ne è più di duecento i
quali non seguono la piccola luce che hanno davanti agli occhi, perché Satana lo
impedisce loro, ponendo come una nuvola spessa fra questa luce e loro, mentre
non si distolgono abbastanza dalla luce che è a destra ed a sinistra; questa
luce non viene da Dio, ma dal ragionamento umano». Così ella si esprimeva nel
mese di gennaio 1870.
Una visione del mese seguente è forse più toccante. Ci sembra
che l'opposizione, seguita dal trionfo della definizione e dal ritorno di tutti
i vescovi dissidenti, non potrebbe essere espressa con una più energica
chiarezza: «Ho visto, ella dice, il Santo Padre circondato dai Padri del
Concilio. Alla sua destra c'era un giardino illuminato dal sole, irrorato da
un'acqua molto buona, e pieno di fiori e di frutti che spandevano un profumo
delizioso. Alla sua sinistra c'era un altro giardino, coperto di tenebre, di
rovi e di spine; là si trovavano alcuni roseti secchi e alcune piante buone,
soffocate dai rovi. Il Santo Padre ha tentato di aprire la porta di questo
secondo giardino, per lavorarlo e per sradicarne i roseti e le piante, per farle
passare nel primo giardino. Parecchi dicevano al Santo Padre che faceva un
lavoro inutile. In seguito ho visto una nuvola di dolore coprire il Santo Padre
e quelli che erano alla sua destra; ma, tutt'a un tratto, ho visto un sole
brillare sul loro viso; erano radiosi. Poi, la porta del brutto giardino si è
aperta e si è cominciato a togliere alcune buone piante dal brutto giardino per
sistemarle nel buono. In seguito, ho visto il Santo Padre addormentarsi e due
bimbi l'hanno portato via nelle loro braccia. Un altro è venuto a sostituirlo ed
ha trovato la porta aperta, ed egli ha finito facilmente il lavoro cominciato e
coloro che avevano voluto altre volte fermare il Santo Padre nel suo lavoro,
vedevano ora la verità. Una voce mi ha detto: Rallegrati per il fatto che ti ho
domandato questo digiuno di quaranta giorni a pane e acqua, per farti
partecipare ai meriti e ai lavori dei Padri del Concilio. Bisogna che, con
questo digiuno, tu tolga le pietre dal sentiero, affinché essi non cadano.
Ho detto allora a Dio: Signore, se è tua volontà che io faccia
questo digiuno, io lo accetto, non soltanto per quaranta giorni, ma per
quarant'anni, se tu lo vuoi».` Come è commovente vedere Gesù domandare a delle
anime ignorate penitenze eccezionali in favore del Concilio! È sempre lo stesso
agire di Dio, che si serve di ciò che non è niente per condurre a buon fine le
sue opere.
Gli avvenimenti della guerra che seguì al Concilio non
sfuggirono meno a quest'anima direttamente illuminata da Dio. Ascoltiamola
raccontarci la visione che ebbe il 16 luglio 1870: «Io ero, dice, tutta sola in
giardino; tutt'a un tratto, sento una voce dirmi: Prega, prega e fa' pregare.
Vidi in seguito dei soldati uscire come da un giardino chiuso; ve ne erano molti
e passavano davanti a me. Vidi altri soldati uscire da un nuovo giardino;
venivano a combattere contro i primi. La stessa voce mi dice una seconda volta:
Prega, e. fa' pregare. Nello stesso istante vidi Roma davanti a me, e vidi i
nemici di Roma che dicevano: Mentre gli altri combattono, uccidiamo Roma,
soffochiamola, gettiamo acqua bollente su di lei, uccidiamo i piccoli e i
grandi. Vidi nello stesso tempo una lampada nel cielo; uscivano da questa
lampada due raggi che formavano come delle scale: uno di questi raggi cadeva
sull'Italia e l'altro sulla Francia. E vidi un uomo che sembrava essere Dio
stesso; aveva con lui due bimbi, uno alla sua destra, e l'altro alla sua
sinistra. Uno di questi bambini era nero e lavorava a fare un grande buco;
l'altro preparava un piatto bianco sulla terra. L'uomo ha detto ai nemici della
Chiesa che gridavano: Gettiamo dell'acqua bollente su Roma: Quest'acqua bollente
sarà per voi eternamente. Dichiaro che nessuno di quegli uomini che combattono
per il mio nome, avrà da subire il minimo giudizio, anche se avesse commesso
tutti i peccati. A questi uomini che avranno dato la loro vita combattendo, darò
la pace e la vita eterna. Nello stesso tempo, si voltò verso la Francia, e disse
all'Imperatore: Fintanto che seguirai la luce sarò con te. Ti prometto quattro
vittorie, se combatti per la mia gloria, perché tutti sappiano che combatti in
mio nome, che io sono in te e che tu sei in me. Ti prometto in seguito una buona
morte e una eternità felice».
Ecco la visione del 5 agosto seguente: «Provavo una grande
tristezza e angoscia; mi sembrava che Roma stesse per perire e la Francia anche.
Ho sentito una spada conficcarsi nel mio cuore, e restarvi. Tutta la notte la
sofferenza mi ha impedito di dormire. La mattina ero afflitta ed oppressa come
la vigilia. Passai la giornata nell'angoscia, nella tristezza, nella
sofferenza. La sera, vidi l'Imperatore davanti a me. Era tutto nero, triste,
quasi furioso: una grande nube nera era caduta su di lui. Vidi la santa Vergine
allontanare con la sua mano quella nuvola e ciò mi consolò un po'. Ma compresi
che la nuvola andava su Roma. U indomani, alla Messa, durante l'Elevazione,
vidi un vecchio crocifisso, e ai suoi piedi, l'Imperatore, triste ed umiliato,
e vidi il sangue del vecchio crocifisso cadere su di lui. Non so se la luce che
avevo visto davanti all'Imperatore e alla fedeltà alla quale erano legate
quattro vittorie fosse di non ritirare le truppe da Roma; ma, da quando egli
l'ha fatto, l'ho visto per tre giorni di seguito triste ed umiliato, ai piedi
del vecchio crocifisso il cui sangue si effondeva con abbondanza su di lui,
sulla sua famiglia e su coloro che lo circondavano». Si vede che, la suora
indica chiaramente in questa doppia visione il trionfo della Francia, se
l'Imperatore è fedele all'ispirazione di non ritirare le truppe da Roma. Ella
assiste alla ritirata di queste truppe e alla disfatta della Francia che ne è la
conseguenza. Vede il sangue del vecchio del Vaticano cadere come una vendetta
sull'Imperatore e sui suoi. La morte così tragica del principe imperiale, dieci
anni dopo, è ancora presente in tutti gli spiriti e conferma in modo
impressionante la verità di questa profezia.
Chi non riconoscerà, in ciò che segue, la Comune con i suoi
orrori? «Un altro giorno, dice ancora la suora, vidi, al momento
dell'Elevazione, una grande nuvola nera, che divenne in seguito gialla, e poi
rossa; era carica di ogni sorta di disgrazie e copriva tutta la Francia. E
compresi che, perfino all'interno della Francia, si sarebbe stati gli uni
contro gli altri». La divisione delle fazioni, dopo la Comune, non è, ahimè, che
troppo bene annunciata da queste parole. Possa la visione che stiamo per citare,
e che fa seguito alla precedente, avere ben presto il suo compimento: «Vidi in
seguito, aggiunse la suora, che questa nuvola nera se ne andò con grande gioia
di tutti, e venne al suo posto una nuvola bianca che coprì interamente la
Francia. La vista di questa nuvola arrecò a tutti la gioia».
CAPITOLO XII
Suor Maria di Gesù Crocifisso dalla fondazione di Mangalore fino
al suo ritiro di professione (agosto 1870 - 3 novembre 1871)
La religiosa che aveva curato Maria dopo il suo martirio le
aveva annunciato che dopo aver preso l'abito del Carmelo in una casa, avrebbe
fatto la sua professione in un'altra.
È necessario raccontare ora la realizzazione di questa seconda
parte della profezia. I carmelitani possedevano nelle Indie una missione
importante, al centro della quale era la città di Mangalore. Essa aveva per
vicario apostolico Mons. Maria Ephrem. In uno dei suoi viaggi in Francia,
all'epoca del Concilio, questo prelato aveva fatto una visita alle carmelitane
di Pau, avendogli Madre Elia parlato dei prodigi dei quali erano testimoni, il
vescovo chiese di vedere la religiosa così favorita. Ne fu incantato,
soprattutto per la sua semplicità unita a tanti doni soprannaturali. Dopo aver
pregato, gli sembrò che il mezzo più efficace per colpire gli spiriti dei pagani
sarebbe stato di possedere, nel suo vicariato un monastero di carmelitane, e
mise a parte Madre Elia della sua idea. Nello stesso tempo non le nascose che
sarebbe stato felice di possedere nel futuro monastero, suor Maria di Gesù
Crocifisso. La Priora condivise pienamente i suoi punti di vista e si dichiarò
pronta a realizzare questa fondazione, se il vescovo di Bayonne l'avesse
approvato. Costui vi acconsentì, promise perfino di cedere la suorina estatica
sempre che Roma avesse accettato la domanda di fondazione e fossero stati
assicurati i fondi necessari. Da parte sua mons. Maria Ephrem rispondeva del
successo presso Propaganda (Fide) se si riusciva a trovare un fondatore per la
nuova opera. Un uomo che apparteneva ad una delle prime famiglie del Belgio fu
l'eletto da Dio. Sig. Nédonchel era il suo nome, era un cattolico fervente, il
cui zelo non conosceva ostacoli, quando si trattava della gloria di Dio e del
bene della santa Chiesa. Suor Maria di Gesù Crocifisso pregò Madre Elia di
scrivergli per offrirgli la grazia di fondare a Mangalore un monastero di
carmelitane, aggiungendo che ella rispondeva del successo del tentativo. Con
grande sorpresa di Madre Elia, che aveva finito di scrivere, dopo molte
esitazioni, il Sig. de Nédonchel accettò la proposta. Il lettore indovina senza
dubbio che siamo qui ancora in presenza di un intervento soprannaturale.
Il Sig. de Nédonchel aveva perduto da poco tempo una figlia
chiamata Matilde, vero angelo di pietà. Questa signorina aveva domandato a Dio
di prenderla al posto di Pio IX, la cui salute lasciava a desiderare a
quell'epoca. Il Signore l'aveva esaudita; era stata trasportata rapidamente a
Roma, da un male misterioso, all'età di ventiquattro anni, senza essere stata
mai malata prima di allora. Il sovrano Pontefice non doveva ignorare questa
offerta, perché, nella prima udienza accordata al Sig. de Nédonchel dopo questa
morte, Pio IX disse a questo padre afflitto: Sarei tentato di volerne a vostra
figlia perché mi ha tolto il riposo e la corona. Abbiamo questi particolari
dallo stesso Sig. de Nédonchel. Ora, è Matilde che era apparsa più volte a suor
Maria, e che le aveva detto di rivolgersi a suo padre per la fondazione di
Mangalore. Per rendere più grande il merito di questo perfetto cristiano, Madre
Elia non fece affatto menzione, nella sua lettera, di questa circostanza
soprannaturale; non fu che più tardi che il Sig. de Nédonchel la conobbe.
Nel mese di agosto 1870, dopo le nostre prime sconfitte, uno
sciame di religiose partiva da Pau per la fondazione di Mangalore. Erano in
sei: Madre Elia Priora, suor Maria di Gesù, Sottopriora, suor Maria del
Salvatore, suor Stefania, suor Maria di Gesù Crocifisso, novizia, e suor
Eufrasia, conversa.
Tre religiose terziarie dell'Ordine del Carmelo, destinate alle
opere esterne della missione, facevano anche parte della piccola colonia. Mons.
Maria Ephrem, Padre Lazzaro e Padre Graziano, tutti e tre carmelitani,
accompagnavano la pia carovana. La prova non tardò a presentarsi. Al passaggio
del mar Rosso, il caldo fu così forte che due suore morirono: suor Stefania e
suor Eufrasia. La stessa Madre Elia doveva alcuni giorni dopo soccombere, prima
di aver raggiunto Mangalore. La morte di queste tre vittime era stata
preannunziata da suor Maria. Dio le toglie così tutti gli appoggi umani, per
abbandonarla come senza difesa tra le mani di coloro che non comprenderanno
molto presto la sua via. Ecco la lunga lettera che ella scrive all'abate
Manaudas per fargli un resoconto di tutti gli incidenti di questo viaggio:
«La sua indegna figlia, caro Padre, viene oggi a gettarsi ai
suoi piedi per raccontarle tutto, come un bambino racconta tutto a suo
Padre.
Ecco, Padre mio, ciò che è accaduto durante il viaggio. Il
primo giorno, siamo stati a Nostra Signora della Guardia, dove io ho ricevuto
molte grazie. Quel giorno in quel santuario c'era molta gente. Madre Elia non
era voluta venire, le nostre suore neppure, ma io, vi sono andata con Mons.
Maria Ephrem e le suore terziarie del nostro Ordine. Ho molto pregato per la
Francia. Durante la mia preghiera, ho visto davanti a me un'uomo: quest'uomo
teneva nella sua mano una nuvola molto nera e molto fitta. Vidi una vergine che
pregava tanto perché questa nuvola cadesse altrove e non sulla Francia. L'uomo
teneva nell'altra mano una nuvola bianca; ma voleva gettare la nuvola nera
prima della bianca e diceva: Dopo essere passata attraverso terribili prove, la
Francia trionferà e sarà la sovrana dei regni.
In quello stesso santuario, vidi che i legami che mi univano a
suor Stefania stavano per essere troncati; una donna li tagliava per attaccarli
ad un altro cuore. Scendendo da Nostra Signora della Guardia, raccontai tutto a
Mons. Maria Ephrem ed a Madre Elia. Dissi ancora a Monsignore che avevo visto
Nostro Signore presentargli un mazzo di cinque rose; a causa delle spine,
Monsignore non poteva toccarle; tre volte soprattutto, si punse molto forte.
Tutto ciò è avvenuto a Marsiglia. Ma siccome io ho promesso di dirvi tutto, e
anche Mons. Maria Ephrem vuole che io vi dica tutto, comincio con questo primo
giorno. La traversata del Mediterraneo è stata buonissima, sebbene noi avessimo
avuto il mal di mare; ma ciò non è niente; Madre Elia stava molto bene: ci
curava tutte. Durante tutto questo tempo, ho potuto meditare ed ho ricevuto
molte grazie.
Sul mar Rosso, sono stata molto male. Un giorno, avendomi Madre
Elia mandato nella nostra cabina per riposarmi, suor Eufrasia mi raggiunse
qualche istante dopo e mi disse: Ho qualche cosa da comunicarti. Tu sai quanto
Nostro Signore è buono. Questa mattina, dopo la Comunione, Gesù mi ha fatto
vedere i bisogni della Francia e dell'India; Egli domanda cinque vittime. Mi
sono già offerta con suor Stefania, ed ho l'impressione che occorrono ancora
Madre Elia, la Madre Sottopriora e tu. Sentendola parlare così, sono andata in
collera con lei per il fatto che si fosse già offerta con suor Stefania, e le
dissi: Chi ti ha dato il permesso di comportarti in questo modo? Mi rispose:
Padre Lazzaro ha detto che dovevamo offrirci tutti i giorni come vittime. In
quel momento, provai qualche cosa di straordinario, e vidi che suor Stefania,
suor Eufrasia e Madre Elia erano state accettate da Gesù e che stavano per
morire. Vedendomi molto in pena, suor Eufrasia mi disse: Povera piccola, si vede
bene che sei in tentazione, poiché non puoi comprendere la nostra offerta.
L'indomani, alla stessa ora, le tre caddero ammalate. Io curavo Madre Elia, la
Madre Sottopriora curava suor Eufrasia e suor Maria del Salvatore curava suor
Stefania. Andavamo dall'una all'altra. Padre Graziano e il Padre Lazzaro erano
oppressi. Padre Lazzaro si offriva al posto di tutte; era pallido e si sarebbe
detto che stava per sentirsi male. Io stessa avevo tanta paura che nella notte
mi sarei ammalata come pure suor Maria del Salvatore. Il comandante è stato
motto buono con noi, ci curava tutte. Suor Stefania è morta verso mezzanotte.
Aveva ragione di dirmi alcune ore prima, quando le raccomandavo di pregare per
madre Elia molto ammalata: Andrò a vedere Gesù prima di lei. La morte di questa
suora mi causò una grande tristezza, vedendo che le altre due stavano per
morire. Fu solo 1' indomani, dopo aver fatto il sacrificio delle tre, che la
tristezza mi lasciò per far posto alla gioia. Non vedevo l'ora, adesso, di veder
morire suor Eufrasia, perché andasse da Gesù; avrei voluto affrettare
quest'ora.
Impossibile esprimervi la pena di Padre Lazzaro. Ah! Quanto gli
costiamo! Il povero padre ci disse che bisognava lasciare la nave per scendere
ad Aden, dove suor Stefania sarebbe stata seppellita alle sei. Madre Elia non
sapeva che suor Stefania era morta. Le dicevo sempre: Madre mia, se Gesù le
domandasse due rose, le rifiuterebbe? e le ridicevo sempre la stessa cosa. Madre
Elia non comprendendo questa insistenza, finì per dirmi: Povera figlia, mi
ripeti sempre la stessa cosa; certamente che gliele darei.
Durante la prima notte passata ad Aden, non c'era letto per
coricarsi, né acqua per bere. Suor Maria del Salvatore era divorata da una
fortissima febbre e non c'era una goccia d'acqua. Mi diceva: Datemi un po'
d'acqua, io non ne avevo e ad Aden non c'era una fontana per andarne a
prendere. Accompagnata da una inglese, andai a cercarne in tutte le case senza
poterne trovare. Finimmo tuttavia per trovarne un poco, ma fu presto esaurita,
perché ne occorreva per bagnare la testa di suor Eufrasia. Mi misi allora a
piangere come una bambina; passai la notte accanto a nostra Madre, mentre la
Madre Sottopriora e suor Maria del Salvatore stavano accanto a suor Eufrasia.
Mentre nostra Madre dormiva, vidi un uomo che aveva il corpo tutto straziato;
davanti a Lui, c'erano due croci; mi sembrava che queste due croci fossero per
madre Elia e per suor Eufrasia; udii quest'uomo che diceva: In verità, in
verità, prima che quest'anno finisca, queste due non saranno più sulla terra, io
le prenderò e me ne servirò come un balsamo per le mie piaghe. Mi risvegliai con
l'impressione che nostra Madre non avesse finito l'anno, e lo dissi a Padre
Graziano, che mi proibì di ripeterlo alle suore.
Durante quella stessa notte, nostra Madre era molto in pena,
perché le era stato detto che suor Stefania era all'ospedale. Padre Graziano,
vedendola così afflitta, giudicò meglio dirle tutta la verità; le dichiarò
quindi che era morta. Nostra Madre ne fece generosamente il sacrificio, e
aggiunse che aveva meno pena nel saperla morta che di pensarla all'ospedale
separata da noi.
Un giorno, Padre mio, prima della morte di suor Eufrasia, ero
sola con lei. Le domandai: Dove sei suor Eufrasia, giacché non mi parli? Aprì
gli occhi e mi rispose con uno sguardo celestiale: Sono con Gesù. Aggiunsi: Vuoi
andare a vedere Gesù? Sì, mi rispose subito. Le nominai ciascuna suora. Mi fece
segno che erano tutte nel suo cuore. Vidi allora, vicino a suor Eufrasia, due
bimbi che offrivano un giglio tutto bianco a un uomo che stava vicino alla testa
di questa suora, e quest'uomo sembrava tutto contento di ricevere questo giglio.
Ebbi l'impressione che suor Eufrasia sarebbe morta molto presto. Vado a trovare
Padre Graziano: Padre mio, gli dico, dia presto l'estrema unzione a suor
Eufrasia; non creda al medico, sta per morire. Durante la santa Messa, il suo
letto si trovava vicino all'altare, non c'era che da aprire una porta per
arrivare fino a lei: la suora era molto agitata; rideva sempre; domandava che le
si desse Gesù! Lo domandava continuamente ma siccome non poteva inghiottire una
sola goccia d'acqua, Padre Graziano non osava farla comunicare. La sua agonia è
stata molto sofferta; il suo viso rassomigliava a quello di Gesù in croce, e
sempre con la stessa pazienza. Quando le si domandava se soffrisse molto,
faceva segno di no: è morta come una santa.
Dopo la sua morte, avevo preso il suo mal di gambe e di piedi;
ero molto gonfia. Andai sulla tomba di suor Eufrasia e le dissi: Ascolta, suor
Eufrasia, io non ti ho chiesto il tuo male, prenditi il tuo male. Subito, Padre
mio, non sono stata più male, ed ho potuto fare la cucina, tutto il tempo che
siamo rimasti ad Aden. I cappuccini di Aden sono stati molto buoni con noi; ma
non posso farle conoscere tutto ciò che là è successo. Penso che le nostre suore
ve l'abbiano raccontato; le dico dunque solo ciò che mi riguarda. Siamo state
molto felici, quando abbiamo visto Mons. Maria Ephrem. È stato così buono con
noi, come un padre!
La traversata da Aden a Madras è stata buona: Madre Elia stava
benissimo. La Madre Sottopriora, suor Maria del Salvatore ed io, abbiamo avuto
un po' di mal di mare. Padre Lazzaro è venuto a trovarci a Madras. Come era
impressionato vedendoci! Aveva le lacrime agli occhi: ci ha raccontato quanto
avesse sofferto da quando ci aveva lasciato. Siamo rimasti un giorno a Madras e
siamo in seguito partiti per Vellore, con Padre Lazzaro. Monsignore è rimasto a
Madras con Padre Graziano per degli affari. Abbiamo trascorso cinque giorni
presso le suore del Buon Pastore; sono state molto buone con noi. Un giorno
mentre ero nella cappella, sentii una grande tristezza pensando a suor Stefania
ed a suor Eufrasia. Ero in quel momento, molto tentata contro la Madre
sottopriora e suor Maria del Salvatore; mi sembrava che esse prendessero di me
tutto a male. Madre Elia mi rimproverava molto. Allora io mi rivolsi a Gesù e
mi lamentai con Lui. Vidi un uomo che mi disse: Perché ti lamenti di esse? Una
di esse sarà presto tua madre e l'altra la tua maestra di noviziato. Quando
sentii ciò, ebbi molta pena, pensando che Madre Elia stava per morire. In
effetti, durante la notte, ella fu molto sofferente a Vellore, e pensai che il
calice era molto vicino.
Dopo ciò, Padre mio, ci siamo fermati in molti posti, prima di
arrivare al Vicariato di Monsignore; ma non è accaduto niente di particolare.
Arrivando a Calcutta, una grande processione è venuta a prendere Monsignore.
Credendo che fossimo vicini alla chiesa, siamo scese dalla vettura, cosa che ha
molto stancato nostra Madre; malgrado ciò, ella era contentissima di vedere
tutti gli onori resi a Mons. Maria Ephrem. A Calcutta, nostra Madre si mise a
letto. Monsignore e il Padre Lazzaro avevano molta pena nel vederla sofferente;
Padre Graziano anche, ma se l'aspettava perché sapeva tutto. Monsignore era
desolato di questo terzo sacrificio che il Signore stava per domandare. Non
potendo più prolungare il suo soggiorno presso di noi, parti per Mangalore con
Padre Graziano; Padre Lazzaro restò con noi a Calcutta. Il giorno della partenza
di Monsignore, ero molto tentata contro Padre Lazzaro e contro le nostre suore.
Mi recai in cappella e dissi a Gesù: È possibile, Signore, che io possa vivere
con questo Padre e con queste suore, senza nostra Madre? E piangevo molto. Il
pensiero che l'una sarebbe stata un giorno la mia Madre e l'altra la mia
Maestra, mi faceva venire molte tentazioni. Allora, Padre mio, mi addormentai; e
durante il mio sonno,
vidi un uomo con due bimbi; e quest'uomo mi mostrava tutto ciò
che io avevo fatto durante la mia vita, e mi disse: Vedi, io sopporto tutto ciò
per te; e tu, non vuoi sopportare ciò per me! Sono io che le ho scelte; sono io
che ho loro ispirato di farti ciò; sono io che tengo i cuori nella mia mano e
li faccio cambiare quando voglio. Mormori sempre, perché ho fatto morire suor
Stefania e suor Eufrasia, e perché voglio che Madre Elia sia seppellita qui!
Nello stesso tempo, vidi un bimbo che mi presentava un calice e una croce molto
pesanti. Il calice era pieno; mi sembrava che, in tutta la mia vita, io non ne
avessi bevuto una goccia. Quel bambino mi disse: Prima della tua morte, occorre
che lo svuoti; e morirai su questa croce; e tutti i rami ai quali ti
attaccherai, io li taglierò. Risvegliandomi, feci generosamente il sacrificio
di nostra Madre, sebbene con molto dolore. Sa, Padre mio, quanto costa a un
figlio fare il sacrificio della propria madre, e soprattutto di una madre come
Madre Elia. Nostra Madre è stata così buona per me durante la sua malattia! Il
buon Dio lo permetteva, per farmi sentire di più il sacrificio. Fu solo il
giorno della sua morte che fu molto severa con me; ma per questo, non la amavo
meno, al contrario. Nel momento in cui ella stava per spirare, Madre Sottopriora
e suor Maria del Salvatore domandarono perdono a nostra Madre, pregandola di
dire loro un'ultima parola e di benedirle. Feci come loro; nostra Madre non mi
rispose: O Madre cara, le dissi, dica anche a me un'ultima parola. Fa'tutto ciò
che ti si dirà, rispose. Grazie, Madre cara, ripresi, non dimenticherò mai
queste parole! Dopo queste parole entrò in agonia, pur conservando la sua
conoscenza. Ci guardava, faceva segno a Padre Lazzaro di prendere cura delle
sue figlie. Il Padre rispose: Sì, Madre, lei Sa quanto le ami; ne avrò cura.
Egli è stato fedele alla sua promessa. Nostra Madre ha domandato di rinnovare i
suoi voti; suor Maria del Salvatore li ha pronunziati ad alta voce. Dopo questo
momento, nostra Madre restò tranquilla con Gesù. È morta come una santa. Ora,
Padre mio, sono distaccata da tutto».
La lettera della nuova Priora, suor Maria del Salvatore, che
accompagnava questa relazione di suor Maria di Gesù Crocifisso, ripeteva in
poche parole al Sig. abate Manaudas le peripezie del viaggio. Un'altra lettera
della Madre Priora, indirizzata al Carmelo di Pau, esprimeva i sentimenti di
ammirazione di tutti per suor Maria. Madre Maria del Salvatore conferma in
questa lettera la profezia della novizia concernente la morte delle tre vittime
richieste da Gesù. Parla anche delle estasi di suor Maria e del giudizio di
Padre Graziano in proposito: Impossibile, diceva allora questo Padre, che ciò
non sia da Dio. Questa piccola pensa così poco a tutte queste cose
straordinarie! È tutta occupata nelle sue faccende di cucina. Quale devozione e
quale carità per tutti! E la Priora, dopo aver citato questa testimonianza del
Padre, aggiungeva: Ora io ho più fiducia che mai che tutto ciò che avviene in
questa cara bambina, viene dal buon Dio, e che, malgrado la mia indegnità, io
sarò testimone delle misericordie di Dio su quest'anima. Mons. Maria Ephrem,
Padre Lazzaro'°e Padre Graziano sono del mio parere. Chi potrebbe dubitare,
raccogliendo queste testimonianze, del cambiamento che si opererà ben
presto?
A Mangalore, come a Pau, suor Maria di Gesù Crocifisso ebbe a
subire, da parte del demonio, delle prove terribili, perché i tre anni di
ossessione predetti dall'angelo non erano ancora trascorsi. Le scene
diaboliche, già conosciute dal letto
re, si rinnovavano ad intervalli. Il demonio si mostrava, come
sempre, disobbediente, suscettibile, collerico; spingeva la novizia a fuggire ed
a ritornare nel mondo. Infine,, le diede i supremi assalti nell'ultima settimana
del giugno 1871, dopo di che la potenza degli esorcismi l'obbligò ad uscire dal
corpo della sua vittima. In una lettera indirizzata a Mons. Saint-Guily,
arciprete di Pau, Padre Lazzaro racconta queste lotte e questi trionfi, come
pure le grida sublimi emesse dalla suora, ripetizione di quelle che noi abbiamo
raccolto parlando della sua possessione a Pau. Era la fine di questa dolorosa
prova.
Ormai liberata da quelle penose ossessioni, suor Maria di Gesù
Crocifisso riguadagnò la gioia e l'edificazione del piccolo Carmelo indiano,
mentre era pure ricolma di favori soprannaturali: estasi, visioni, spirito di
profezia... Le lettere della sua Priora e quelle della sua maestra segnalano i
suoi rapidi progressi nella via della perfezione. Mons. Maria Ephrem si
dichiarava egli stesso soddisfatto al massimo delle disposizioni della
novizia.
La verità tuttavia era che a quell'epoca alcuni dubbi erano già
nati nello spirito dei superiori del Carmelo riguardo alla via della novizia.
Non la conoscevano ancora che imperfettamente, essi erano stati sorpresi di
questi nuovi assalti diabolici che andava subendo; erano ancora più sbalorditi
della riservatezza che, per ordine divino, ella custodiva ormai sulle sue
comunicazioni soprannaturali verso qualsiasi altro che non fosse il suo
confessore e si domandarono più volte se suor Maria di Gesù Crocifisso non fosse
nell'illusione, se non fosse il triste giocattolo del demonio e di se
stessa.
Erano i primi preparativi della prossima salita del monte
Calvario e della crocifissione che il divin Maestro riservava alla sua fedele
sposa. Dio permise che questi dubbi diminuissero all'approssimarsi della
professione religiosa, perché egli voleva che la fervente novizia fosse infine
ammessa a pronunziare i santi voti. Ma noi li vedremo riapparire la sera stessa
della Professione, ed essi non faranno ormai che accrescersi fino alla
consumazione della tragedia del Calvario.
CAPITOLO XIII
Ritiro di suor Maria di Gesù Crocifisso prima della sua
professione (3-21 novembre 1871)
Dobbiamo ora accompagnare suor Maria nel suo ritiro di venti
giorni che precedette la sua Professione religiosa. Grazie a Padre Lazzaro, suo
confessore, possediamo le rivelazioni comunicate alla novizia. I considerevoli
estratti che stiamo per dare di questo lavoro ci sembrano talmente elevati,
belli e profondi, che non possiamo non vedervi l'espressione di una dottrina
dettata dal cielo a questa ignorante che sapeva appena leggere.
I
«Ho visto, ella raccontava il primo giorno, un giardino a forma
di cuore, questo giardino era secco, arido. Gli alberi erano disseccati, non
avevano foglie; l'erba era bruciata. Mancavano l'acqua per dissetarsi, e l'aria
per respirare. In seguito, ho visto in lontananza Gesù, triste, sofferente,
piangente, coperto di polvere, nella più grande angoscia. Mi è sembrato che io
stessa, al vederlo, fossi caduta nella tristezza, nella sofferenza,
nell'angoscia. In una parola, ho provato tutti i sentimenti, tutte le
impressioni che vedevo in Gesù. Mi sono prosternata ai suoi piedi, ed ho
asciugato le sue lacrime con le mie, mi sembrava almeno che fosse così. Dal
profondo del cuore avrei voluto asciugare la polvere dei suoi piedi e quella che
lo copriva. Gesù è entrato in questo giardino inaridito, ma non vi ha trovato ne
aria, né acqua, né ombra, ed è divenuto ancora più triste, più oppresso, più
sofferente. Non vi è rimasto a lungo, uscito quasi subito da questo giardino è
entrato in un altro, accanto. In questo, ha trovato del verde, fiori, alberi da
frutto e frutti maturi. Tutti gli alberi erano verdi, coperti da un fogliame
folto e ombroso. C'erano aria ed acqua in abbondanza, la terra era lì ben
lavorata e umidificata. In questo giardino; Gesù è parso ritornare in salute, è
diventato giovane, sorridente, ed ha detto: Qui fa bel tempo: c'è aria per
respirare, acqua per dissetarsi, frutta per mangiare, ombra per riposarsi. Ed è
rimasto a lungo in questo giardino e vi stava molto bene. Non comprendendo il
senso di ciò che vedevo, mi sono rivolta a un giovane che mi guidava a Gesù, e
gli ho chiesto quello che ciò significasse. Egli mi ha detto: Il secondo
giardino rappresenta l'anima fedele e umile che riceve e conserva le acque della
grazia, mentre il primo giardino, che non è lavorato, è il simbolo delle anime
orgogliose, le quali non conservano per loro l'acqua della grazia, vittime delle
loro passioni che le bruciano. L'aria che si respira nel buon giardino è il
simbolo delle aspirazioni dell'anima verso Gesù: queste aspirazioni sono la sua
vita. I fiori rappresentano le virtù dell'anima; i frutti, sono le buone opere,
la mortificazione, la penitenza, con le quali essa guadagna altre anime a Gesù.
Le foglie degli alberi raffigurano la carità con l'ombra che esse danno. La
aridità e la durezza della terra del cattivo giardino rappresentano un cuore
indurito».
II
«Nostro Signore era davanti a me. lo lo vedevo, volevo andare
verso di Lui e non lo potevo. Gesù mi sembrava tenero come il fiore dei campi,
che appassisce non appena lo si tocchi. Facevo un passo verso di Lui, e mi
fermavo; non avevo quasi le gambe; sembrava che rientrassero nel mio corpo come
delle sbarre di ferro: esse non potevano reggermi. Mi è sembrato tuttavia di
essere andata un poco avanti e ho detto: Signore, sono avanzata un po' verso di
te; tu sei davanti a me, i miei occhi ti vedono, le mie orecchie ti sentono,
dammi un po' di forza per arrivare fino a te. Nello stesso tempo, ho invocato lo
Spirito Santo per ottenere la forza. Mi sembrava sempre che Gesù non fosse
lontano da me. Guardavo qualche volta dietro di me, e ogni volta che guardavo
così, provocavo delle piaghe nel corpo di Gesù. Ed ho chiesto: Che cosa è tutto
questo? Subito qualcuno mi ha preso e mi ha detto: Guarda davanti a te. Ho
guardato e mi è sembrato di vedere un giardino dove erano fiori, alberi e
frutti. Davanti alla porta del giardino era acceso un grande fuoco. Per entrare
nel giardino, bisognava attraversare questo fuoco. Contemporaneamente, ho visto
due persone davanti al giardino. Una camminava con fierezza, la testa alzata;
l'altra aveva la testa abbassata e sembrava curva. La prima è entrata senza
timore, con la testa sempre alzata. Tuttavia è penetrata nel giardino ed ha
colto dei fiori e dei frutti in quantità. In seguito è ritornata alla porta ed
ha attraversato di nuovo le fiamme per uscire; ma i suoi vestiti sono stati
interamente bruciati, così come tutto ciò che portava. Era completamente nuda.
Anche la seconda persona è entrata; per attraversare il fuoco, si è molto
abbassata e il fuoco non ha preso i suoi vestiti. Una volta nel giardino, ella
l'ha percorso, ha colto molti fiori, molta frutta di ogni specie, ed è tornata
alla porta del giardino carica di fiori e di frutti; per attraversare le fiamme
alla sua uscita, si è abbassata ancora di più di quando era entrata. E le fiamme
non l'hanno toccata; ed è uscita più bella e più ricca di quando era
entrata.
Ho chiesto di nuovo quello che ciò significasse, e colui che mi
guidava mi ha detto: Il fuoco è l'immagine dei fastidi, delle pene, delle
angosce, delle sofferenze, ` delle prove della vita. Il Signore li manda perché
si raccolgano fiori e frutti. La pri
ma persona che è entrata nel giardino e che ne è uscita povera,
triste, nuda, raffi- ; gura coloro che si inorgogliscono nella prova:
l'orgoglio, l'egoismo, l'amor proprio fanno loro perdere tutto. La seconda
persona raffigura le anime che si umiliano nella sofferenza, nella prova. Esse
si caricano di fiori e di frutti.
Il momento di off~ire al Signore i fiori ed i frutti arriva; è
la morte. Le due anime si presentano davanti al Signore. Il Signore interroga
l'una e l'altra. Dice alla prima: Tu sei entrata nel giardino; hai raccolto
fiori e frutti: dove sono? Signore, risponde, il fuoco che ho attraversato ha
bruciato tutto, tutto divorato. Non ho conservato niente. Ebbene, riprende il
Signore, poiché tu non hai niente, va nel niente. Maledetta, io non ti conosco!
Il Signore si rivolge in seguito alla seconda che nasconde i suoi frutti e le
dice: E tu, che cosa hai raccolto? E costei getta subito davanti al Signore ciò
che teneva nascosto; e, abbassando la testa, risponde: Sei tu che mi hai guidato
e che hai raccolto questi frutti. E il Signore risponde: Entra e riposati e godi
delle gioie del Signore».
III
«Ho visto una montagna alta, ma molto scoscesa. Dal lato
opposto a quello dove ero io, ho visto un sole luminoso, molto luminoso e mi
sembrava che questo sole salisse lentamente da quel lato della montagna.
Arrivato alla cima, ha attraversato la sommità ed è disceso lentamente, molto
lentamente, dal lato della montagna dove mi trovavo io. Man mano che discendeva,
illuminando e riscaldando questo lato, un tappeto di verde e di fiori si formava
dappertutto dove giungevano i suoi raggi. Ha così percorso tutta la montagna,
dalla cima ai piedi, lasciando una fascia di verde dovunque passasse. Giunto ai
piedi della montagna, ha allargato i suoi raggi, e il verde appariva ovunque
esso giungeva. Si è avvicinato a me ed io mi sono vista come coperta di verde
sotto l'influsso dei suoi raggi».
IV
«Un giovane mi mostrò l'uomo giusto e l'uomo ingrato. L'anima
dell'uomo giusto è bellissima, ma il suo corpo sempre soffre. Lavora e vive
nella pena e nell'angoscia; ha da sopportare ogni specie di mali e di
persecuzioni; e, in mezzo a tutto ciò, non pensa a sé, ma pensa a Dio che vive
in lui. Tutto quello che fa, lo fa per Dio e non per sé; si dimentica
interamente. Dimentica il suo corpo, la sua salute, il suo benessere, per non
pensare che a Dio. Giunge alla fine della sua vita, muore ed è portato in Dio;
ma quando egli è in Dio, non sembra più un uomo, ma un Dio. Ed allora la sua
carne, che ha maltrattato, gli rende omaggio e lo ringrazia di averla trattata
in quel modo. I suoi capelli, le sue ossa, i suoi occhi, le sue orecchie, i suoi
piedi, le sue mani sono fieri di appartenergli, di essere stati a suo servizio,
e vengono a rendergli omaggio e lo ringraziano di averli trattati così come ha
fatto. Tuttavia tutte queste lodi, sebbene rivolte all'uomo, ritornano a Dio.
La terra si compiace di averlo portato, di essere stata calpestata da lui
quando camminava; gli animali si reputano felici di essere stati immolati per
lui e di essere diventati sua carne. Gli alberi si rallegrano di aver portato
dei frutti da assimilare alla sua carne; le case, di averlo alloggiato; il sole,
la luna e le stelle, di averlo illuminato. Le nuvole, la pioggia, le sorgenti,
il mare, i pesci rendono omaggio a quest'uomo ed essi sono felici di averlo
servito.
L'uomo ingrato, durante la sua vita, pensa a ben trattare il
suo corpo, accordandogli tutto ciò che è buono, dolce, delicato. E, in mezzo a
tutto ciò, quest'uomo non pensa a Dio, non pensa che a se stesso, alle
soddisfazioni, alle grandezze, alle ricchezze, ai godimenti. Se egli potesse
essere re del cielo e della terra, se potesse detronizzare Dio per farsi Dio lui
stesso, lo farebbe. Non pensa che riceve tutto da Dio, che è Dio che gli ha dato
tutto. E quest'uomo che sembra voler assorbire il mondo intero, vede arrivare
la sua fine. E muore. Mi è parso che i suoi capelli lo detestassero e che i
suoi occhi, le sue orecchie, i suoi piedi, le sue mani, le sue unghie, tutto il
suo corpo lo detestasse, e che fossero vergognosi e furiosi di averlo servito,
di essergli appartenuti; se avessero potuto maledire il tempo in cui sono stati
con lui, lo avrebbero fatto. La terra e vergognosa e furiosa di essere stata da
lui calpestata, e lo maledice. Gli alberi sono furiosi contro di lui e fremono
di rabbia per aver portato dei frutti da convertirsi in suo nutrimento. Le
bestie, il sole, la luna, le stelle, le fontane, il mare, i pesci sono furiosi
per essere stati a suo servizio e d'accordo lo maledicono. E tutte queste
maledizioni seguono quelle di Dio, perché Dio maledice l'ingrato, ed è perché
Dio lo maledice che tutta la creazione lo maledice a sua volta. È per la stessa
ragione che la benedizione di Dio sul giusto gli attira le benedizioni di tutte
le creature. E il giovane mi ha detto: Hai visto, hai sentito, mettiti dalla
parte del giusto. Ed è sparito».
V
«Il giovane mi ha condotto vicino al mare. Sono scesa con lui
fino in fondo agli abissi del mare e mi ha detto: Guarda ed esamina tutto. Ho
guardato tutti gli animali che sono nel mare ed ho esaminato le scogliere e
tutto ciò che si trova nel mare. Sono ritornata sulla terra, ed ho scavato fino
al suo centro, ed ho trovato Dio in tutto, dappertutto. Ho visto che Dio
contiene la terra ed ho sentito una voce che diceva: Tutti questi animali che
sono nel mare, vivono ed agiscono nel mare e sono circondati dal mare; come
pure, tutto ciò che vive e agisce sulla terra, vive ed agisce in Dio ed è
circondato da Dio.
Il giovane mi ha portato davanti al trono di Dio. Ho visto Dio,
non così come è, perché sarei morta, ma ho visto Dio e tutta la creazione in
Dio. Dio sembra piccolo, e nello stesso tempo, riempie tutto, contiene tutto.
Mi è sembrato che Dio gettasse uno sguardo sul mare e sugli animali del mare e
che desse loro sufficiente forza istintiva per regolarsi, anche alle acque del
mare, che sanno fin dove debbono andare. In seguito, Dio ha guardato la sabbia e
la melma che sono in fondo al mare ed ha dato loro con questo sguardo abbastanza
potere per nutrire i pesci e tutto ciò che c'è nel mare. Ha posto gli scogli nel
mare perché restassero immobili e ha ordinato tutte le cose, ad ogni cosa, egli
ha assegnato il suo posto e dato la virtù che conviene. Ho visto che non c'era
niente nel mare. E dopo, Dio ha guardato la terra, e le ha dato il suo ordine, e
con quest'ordine, le ha dato la fertilità. Ed ha guardato gli animali che sono
sulla terra, e con questo sguardo ha dato loro sufficiente forza istintiva per
regolarsi, ed ha loro comandato di moltiplicarsi. Ed ha guardato l'uomo, e gli
ha dato la volontà, cosa che non aveva fatto per il resto della creazione.
Ed io ho visto due uomini: uno ha dato la sua volontà a Dio,
l'altro l'ha tenuta per se stesso. Quest'ultimo lavora, si agita, possiede,
gode, riceve la lode e l'adulazione. E il lavoro, l'agitazione e la ricchezza e
i piaceri, e le lodi e le adulazioni e la gloria non riescono a soddisfarlo. Ha
sempre nuovi desideri, e non è mai contento, mai a suo agio. Dio gli accorda
tutto ciò che desidera, e non è mai felice. Ma Dio ha contato i suoi giorni, ed
arriva la fine della vita, e lascia la terra senza aver cercato Dio, senza
essere pago. Ed alla sua morte, due fanciulli lo prendono e lo gettano nella
terra maledetta. E la terra maledetta vede i suoi dolori aumentare ricevendo
questi resti maledetti. E se questa terra potesse rifiutare di ricevere questi
resti, lo farebbe.
Ma colui che ha dato la sua volontà a Dio, vive anche come il
primo, sulla terra. Grandi sofferenze lo colpiscono; altre volte le gioie si
presentano, le ricchezze lo circondano; e poi la povertà lo persegue. Egli
guarda con lo stesso occhio sia il bene, sia il male. È sempre contento, sempre
felice. È senza desiderio. La fame, la sete, le lodi, le umiliazioni lo trovano
sempre uguale. È sempre contento, sempre felice, sempre appagato. La fine
arriva anche per lui: muore, e due fanciulli lo portano nella terra delle
misericordie. Mi sembra che questa terra porti Dio, e mi sembra che quest'uomo
divenga Dio. E il giovane mi ha detto: Perché mormori contro i misteri di Dio?
Prendi un vaso di acqua e getta quest'acqua nel mare; e poi, prova a ritrovare
l'acqua che tu hai gettato; non vi riuscirai. Così quest'uomo è entrato come
perduto in Dio. E siccome ha dato la sua volontà a Dio, Dio e l'uomo non fanno
che uno. E come cercando l'acqua del vaso gettata nel mare, non si trova che
l'acqua del mare, così pure, per l'uomo entrato in Dio, guardando e cercando
l'uomo, non si vede e non si trova altro che Dio. Allora, io mi sono rivolta
verso Dio, e gli ho fatto ogni specie di carezze; e l'ho pregato e l'ho
scongiurato nel suo proprio nome, in nome di Gesù, in nome dello Spirito Santo,
in nome della santa Vergine, di tutti gli angeli e di tutti i santi, di
accettare, di prendere la mia volontà di non più restituirmela, anche se avessi
la disgrazia di ridomandargliela».
VI
«Ho visto un canale che sembrava non avere né inizio né fine.
Ho detto: Bisogna che sappia da dove viene questo canale. Il giovane mi ha
detto: Tu potrai vedere da dove esso viene, ma tu non vedrai da dove esso
comincia. Ed io ho detto: È lo stesso; vorrei proprio camminare lungo questo
canale. E mi è parso che accostandosi a questo canale, quelli che hanno sete
sono rinfrescati, dissetati; i ciechi vedono, i muti parlano; i sordi sentono,
gli zoppi camminano, i morti risuscitano. E l'acqua di questo canale scorre in
silenzio: e, sulle sue sponde, vi sono ogni specie di rose, di fiori di un
profumo e di un colore che io non ho mai incontrato uguali sulla terra; vi si
vedono anche del verde e degli alberi. Alcuni alberi non hanno che foglie, altri
non hanno che fiori, ve ne sono che cominciano a portare dei frutti, ve ne sono
altri i cui frutti sono maturi. Quanto beve a questo canale e tutto ciò che
questo canale bagna, è bello, magnifico. E man mano che avanzavo lungo il
canale, vedevo cose più belle. E salivo sempre, e sempre vedevo cose nuove,
fiori nuovi, alberi nuovi.
Da lontano ho intravisto una montagna, la più bella di tutto
l'universo. Mi è sembrato che essa uscisse dal cielo; la base di questa
montagna, come pure i suoi fianchi, erano disseminati dei più bei fiori. Ho
visto anche che il canale usciva dalle viscere di questa montagna. E io volli
conoscere la sorgente di questo canale che usciva dalla montagna, e sono passata
sul fianco della montagna e sono arrivata alla cima. E dietro la montagna, vedo
un mare senza principio e senza fine. E questo mare è talmente pieno che tenta
di straripare, e non ha altra uscita che la montagna, e passa attraverso la
montagna. Sono entrata nel mare ed ho trovato agitazione nell'acqua che cercava
di uscire; nello stesso tempo, c'era nel mare una calma perfetta, un silenzio
profondo; non si sentiva il più piccolo rumore. Ho visto sulla riva del mare,
alberi da frutto di ogni specie; sembrava che fossero in mezzo al mare, ed erano
sulla costa sistemati come a ripiani. I più alti sembrava che fossero in mezzo
al mare ed avevano frutti magnifici. Sulla riva del mare, c'erano anche
pianticelle fiorite. E questi fiori erano di tutti i colori; ed erano così belli
che la loro vista avrebbe rapito un angelo. Ed ho sentito una musica, un canto
dolce, forte e basso nello stesso tempo; c'erano degli scoppi da fare fremere le
montagne, e nello stesso tempo, questo rumore di voci era dolce e basso. Ed ho
visto un agnello correre nel mare, e nuotare in questo mare, e nuotando, cercare
di allargare il passaggio attraverso il quale l'acqua scorre, perché esso trova
che l'acqua è troppo abbondante nel mare.
Contemplavo questo mare, questi fiori, questi alberi e queste
pianticelle fiorite, ed ho chiesto al giovane che mi accompagnava il significato
di tutto ciò. Mi ha detto: Il mare è Dio. Gli alberi che hanno dei frutti così
belli, rappresentano le anime che hanno lavorato tutta la loro vita per Dio, per
la salvezza del prossimo. I frutti di cui sono carichi, rappresentano le anime
conquistate a Dio con la loro parola, con il loro esempio, con le loro
sofferenze. Gli alberi che sono più avanzati nel mare, nel cuore di Dio,
rappresentano le anime più umili, più disprezzate, più nascoste che hanno
sempre lavorato per la gloria di Dio. Ho visto un albero il quale non aveva che
frutti e non un fiore; ed ho chiesto ciò che esso rappresentasse. Il giovane mi
ha risposto: Esso rappresenta le anime che hanno molto peccato e che, una volta
ritornate a Dio, hanno passato la loro vita nella speranza, nell'amore, nella
pratica di tutte le virtù, e che hanno guadagnato a Dio molte anime. Esse non
hanno conservato il fiore dell'innocenza, ma hanno i frutti delle loro buone
opere e delle loro virtù. Ho visto alberi che avevano molti fiori, con qualche
raro frutto, ed altri i quali avevano solo fiori senza alcun frutto. Il giovane
mi disse che i primi raffiguravano le anime vergini che avevano poco lavorato
per Dio; ed i secondi, le anime dei bambini morti con il fiore della grazia
battesimale, senza avere avuto il tempo di portare dei frutti. Le piantine
fiorite sulle rive del mare rappresentano anche questi stessi bambini.
La montagna è Maria; le acque del canale sono le acque della
grazia. Dio dà la grazia per mezzo di Maria e per lei l'uomo ritorna alla grazia
ed entra in cielo. E tutto ciò che si accosta a Maria ottiene la vita della
grazia. Il verde, i fiori e gli alberi che orlano il canale e che sono tanto
più belli quanto più si avvicinano al canale ed alla montagna, sono le anime
che nascono alla vita della grazia, che progrediscono e diventano più belle,
man mano che divengono più virtuose».
VII
«Ho visto una scalinata, l'ho salita, e in cima alla scala, ho
visto una grotta nella quale erano tre ceri accesi. Ho visto nella grotta una
porta aperta. Sono entrata in questa porta. Entrando, ho visto un sacerdote che
celebrava la messa. E mi è venuto il pensiero che non avessi bene esaminato i
ceri della grotta. Vi sono ritornata e mi è parso di aver visto una lettera
d'oro scritta su ognuno di essi. La lettera scritta sul primo cero
rappresentava la povertà; la lettera scritta sul secondo cero rappresentava la
castità, e la lettera scritta sul terzo cero simboleggiava l'obbedienza; i tre
ceri erano anche la raffigurazione della sacra Famiglia. Il cero della povertà
rappresentava san Giuseppe; quello della castità, Maria, e quello
dell'obbedienza, Gesù. E mi è stato detto che il sacerdote che celebrava la
messa rappresentava Gesù, per conseguenza l'obbedienza; e i due ceri accesi
durante la messa rappresentavano Maria e Giuseppe, cioè la povertà e là castità
che dovevano accompagnare il sacerdote all'altare.
Ho visto le fiamme dei tre ceri della grotta bruciare tra il
trono di Dio e me, la fiamma della povertà produceva davanti a Dio, in cielo,
ricchezze infinite; la fiamma della castità produceva una purezza e delle gioie
immense, infinite; la fiamma dell'obbedienza produceva una autorità infinita
davanti alla quale tutto s'inchina, alla quale tutto obbedisce. Ho visto che,
per restare davanti a Dio, bisogna stare dietro alle fiammelle della povertà,
della castità e dell'obbedienza che si trovano fra Dio e noi. Ed ho visto che
restando dietro a queste fiammelle, l'immagine di Gesù si imprimeva in noi; e
Dio, che dopo la sua prevaricazione non può più guardare l'uomo che attraverso
Gesù, come l'uomo non può, da parte sua, guardare Dio che attraverso lo stesso
Gesù, Dio, dico io, ci guarda; perché egli non vede più noi stessi, ma
l'immagine di Gesù in noi. Mi ha detto che la grotta è il simbolo della Chiesa,
che sembra senza bellezza e piccola esteriormente, ma che nasconde nelle sue
viscere dei tesori, delle bellezze e delle grandezze infinite. Mi è stato detto
che la povertà è il suo tesoro; la castità, le sue delizie; e l'obbedienza, la
sua potenza».
CAPITOLO XIV
Suor Maria di Gesù Crocifisso dalla sua professione fino al suo
ritorno al Carmelo di Pau (21 novembre 1871 - 5 novembre 1872)
Il 22 luglio 1871, Madre Elia era venuta, in una apparizione,
ad annunciare a suor Maria di Gesù Crocifisso che avrebbe fatto la sua
professione il 21 novembre, giorno della Presentazione della Santissima Vergine
al Tempio. Questa profezia, come tante altre, doveva avverarsi. Un po' di tempo
dopo, effettivamente, le Madri votarono all'unanimità l'ammissione della
novizia a pronunziare i santi voti. Da parte sua Mons. Maria Ephrem,
comprendendo la responsabilità che gli incombeva nei riguardi del Carmelo
affidato alla sua pia sollecitudine e nei confronti di questa anima
privilegiata, decise di fare una inchiesta personale sul cammino spirituale
della futura professa. Giudicò a buon diritto, che la maniera migliore di
condurre tale inchiesta, era di interrogare frequentemente la suora, di
ascoltare il resoconto dei favori straordinari di cui era oggetto, di cogliere
sul vivo i suoi abituali sentimenti, con i quali le anime si rivelano fino in
fondo. Durante i mesi di ottobre e di novembre, si fece un dovere, di recarsi il
più spesso possibile presso la novizia. Durante il ritiro per la sua
professione, volle perfino vederla ogni giorno; ebbe con lei lunghi colloqui,
ascoltandola ed interrogandola. Così facendo sentì molte delle rivelazioni
riferite nel capitolo precedente. In contatto con quest'anima che l'amore
divino rapiva ad ogni istante nel mondo soprannaturale e che, in mezzo a questa
sovrabbondanza di grazie eccezionali, si manteneva fresca e spontanea, umile e
piccola, obbediente e diffidente di se stessa, Monsignore vide a poco a poco
dissipare le sue inquietudini. Tutte le obiezioni sulle quali, nella sua
prudenza episcopale, aveva creduto doversi fermare, svanivano ora, sotto il
flusso soprannaturale che emanava da quest'anima. Ben presto fu completamente
rassicurato. Il 18 novembre, tre giorni prima della professione, non temette di
dire alla novizia: Credevo che fosse il demonio a non volere che tu ti aprissi
alla Madre Priora ed alla tua Maestra, ma oggi vedo ben chiaro che è il buon
Dio. L'indomani, in presenza di queste due Madri, faceva questa altra
dichiarazione, della quale si apprezzerà tutta la portata: Prima, avevo qualche
dubbio, ma vi assicuro che oggi, non ne ho più alcuno. Tutto ciò che era stato
detto, si è proprio realizzato; non c'è più alcun dubbio in nessuno. Domandate
alla Madre Priora se ciò è vero. Tutto viene da Dio. Non soltanto la Priora e la
Maestra delle novizie approvarono questa dichiarazione, ma l'appoggiarono con le
parole più materne.
Infine arrivò il giorno della professione, così impazientemente
atteso da tutti. Era, l'abbiamo detto, il 21 novembre. La convinzione
raggiungeva ora un tale grado di evidenza nello spirito di Mons. Maria Ephrem,
che egli osò darne una pubblica testimonianza nel magnifico sermone pronunciato
in quella circostanza. Non sapremmo fare di meglio che porre sotto gli occhi del
lettore la parte centrale di questo discorso, o, saremmo quasi tentati di dire,
di questo panegirico, o apologia. Mia carissima figlia, infine ecco venuto il
giorno tanto desiderato delle tue nozze mistiche con il Diletto del tuo cuore. E
per una felice coincidenza, il cielo ha voluto anche che fosse il giorno nel
quale la purissima e santissima Vergine Maria, nostra Madre e nostro modello,
venne, ancora bambina, a presentarsi al Tempio, e con una consacrazione simile
alla tua, aprire alla verginità una strada nuova e inaugurare il regno di
queste unioni mistiche dell'anima con Dio. Questo giorno deve dunque esserti
doppiamente caro. Hai sospirato molto spesso e molto ardentemente quest'ora
benedetta, nella quale stai per diventare per l'eternità la sposa del Re dei Re.
Tu hai invocato Gesù con tutte le forze del tuo cuore. L'hai domandato di
giorno e di notte; l'hai domandato al mare e alle montagne; l'hai domandato al
sole e alle stelle, agli uomini e agli angeli, a tutte le creature di Dio; ma
nessuno te l'ha dato. Esse ti hanno detto probabilmente, come al grande
sant'Agostino: Quaere super nos, cerca più in alto di noi. E Lui, messo sulle
alture della santa montagna, ti chiama là con la sua voce più tenera e ti dice,
come alla Sposa dei Cantici: "Vieni dal Libano, mia sposa, vieni dal Libano e
sarai incoronata". E tu, mia carissima figlia, tu hai sentito la voce del
Beneamato fin dalla tua più tenera infanzia, e sei venuta dalle montagne del
Libano. Oh! quanto questo divin Salvatore ti ha colmato delle sue misericordie!
quanto ti ha custodita e circondata con le tenere carezze del suo amore!
Rivivi nel tuo spirito gli innumerevoli favori che hai ricevuto
da lui, dalla tua nascita fino a questo giorno, benedetto per sempre, delle tue
nozze eterne. Che cosa non ha fatto per te questo amatissimo Gesù? Ti ha fatto
sentire i dolci e casti influssi della sua grazia in una età in cui non potevi
ancora conoscerne il prezzo. Ti preparava da lungo tempo, con mille circostanze
straordinarie, al grande gesto che stai per compiere. Ti ha fatto attingere a
lungo e ampiamente nel tesoro infinito delle sue misericordie. Ha egli stesso
indicato, predestinato, preparato, mandato al momento opportuno quelli che
dovevano essere accanto a te i ministri e gli strumenti di questi progetti. Ha
fatto entrare, quattro anni fa, te, povera straniera, orfana e abbandonata dagli
uomini, in una famiglia di anime sante e piena per te di devozione e di amore,
in una famiglia in cui non hai incontrato che delle madri affettuose e tenere e
delle sorelle la cui carità non si è smentita un solo istante.
In mezzo a tutti questi soccorsi esterni, che la sollecitudine
di Gesù disponeva per la tua anima, ha anche permesso, per provare la tua
fedeltà, che avessi da sostenere dei grandi assalti da parte del nemico del
genere umano. Quali sono state queste lotte terribili? Dio lo sa, mia carissima
figlia, e ciò ti basti. Ma ciò che devi riconoscere è che Gesù, il tuo Diletto,
non ti ha abbandonata in questi momenti dolorosi, e che la Sua Grazia ti ha
sempre sostenuta.
Poi, un anno fa, Egli ti ha detto, come una volta ad Abramo:
Egredere de terra tua et de cognatione tua, esci dal tuo paese, esci dalla casa
di tuo padre, e vieni nella terra che ti mostrerò. Ed hai lasciato la Francia,
tua seconda patria; sei uscita dal convento di Pau, dov'è la tua famiglia di
adozione, e sei venuta in questa terra, l'India, dove il demonio regna da
padrone, per obbedire alla voce del Beneamato. E come se questo sacrificio non
fosse stato sufficiente, ti ha preso lungo la via due tue care consorelle, e
poi, a due passi da qui, quella che era stata per te la più tenera, la più
paziente, la più devota delle madri, quella il cui nome e la cui memoria saranno
sempre benedetti fra noi. Fortunatamente, però la nostra amatissima Madre Elia
non ci ha del tutto abbandonati; ha lasciato il suo spirito, la sua dolcezza e
la sua carità a quella che, in questo momento, ha preso il suo posto, presso di
voi. Ecco, figlia mia carissima, in una maniera molto incompleta, ciò che il
Signore Gesù si è degnato di fare per te; ed ora, raggiunge il culmine delle sue
misericordie, dandoti per sempre il titolo ed i diritti di sposa del suo divin
cuore. Figlia mia, tu miserabile creatura, tu, povero piccolo nulla, tu, abisso
di infermità, di peccati e di miseria, tu stai per essere elevata tutt'a un
tratto, in forza dei tre voti, alla più sublime dignità alla . quale possa
aspirare un'anima cristiana, alla dignità di sposa del Re del Cielo! O Gesù, sii
benedetto perché ci tratti con tanto onore e perché ci accordi una tale gloria!
E tu, cara figlia mia, rallegrati, ma trema nello stesso tempo; perché,
sappialo bene, tu non diventi soltanto la sposa di Gesù, ma la sposa di Gesù
Crocifisso, come dice il tuo stesso nome. Devi quindi essere, più che mai,
morta a tutte le cose della terra, per vivere sulla croce accanto al Diletto del
tuo cuore. Le tre parole solenni che stai per pronunciare, i tre voti che stai
per fare, esprimeranno, nella loro sublime e terribile laconicità, questa
crocifissione completa di te stessa...
... Ah! mia carissima fanciulla, coraggio, non indietreggiare
davanti a questo parlare di crocifissione. Ricordati che sei la figlia di quella
che diceva a Gesù: "O soffrire o morire", e la sorella di quell'altra generosa
sposa che diceva: "Soffrire e non morire!". Avevano compreso, queste anime
eroiche, che la sofferenza è il cammino regale della felicità; esse sapevano che
è per questo che Gesù è entrato nella sua gloria: oportuit pati Christum... E
il grande apostolo, che ci ha spiegato così bene i misteri della follia e della
saggezza della croce, ci ha anche detto: Videmus Jesum, propter passionem
mortis, gloria et honore coronatum, vediamo Gesù coronato di gloria e di onore a
causa della sua passione e della sua morte. Cammina dunque, anche tu, figlia
mia, in questa stessa via, per arrivare alla stessa gloria.
D'altra parte, Gesù non ti lascerà sola sulla croce: senza di
Lui sarebbe troppo dolorosa. Egli sarà con te; e quando Egli stesso ne avrà
provato ciò che c'è di più amaro, ti dirà: «Ora vieni, mia diletta, vieni a
condividere le mie sofferenze; stenditi vicino a me su questo giaciglio
insanguinato, muori con me su questo strumento di supplizio che è anche il trono
della mia regalità; qui ti farò regina, e da qui ti porterò via con me nella
gloria e nella felicità del cielo. Legati quindi alla croce, figlia mia cara;
accetta generosamente le sofferenze; metti il tuo Diletto sul tuo seno come un
mazzo di mirra; cioè che il pensiero delle sofferenze e delle amarezze della
Passione di Gesù sia sempre nel tuo cuore...».
Durante la lettura di questo discorso, l'emozione del vescovo
era così profonda, che egli era incapace di trattenerla. Dietro le grate
l'emozione era molto più viva, e si tradiva questa volta con veri torrenti di
lacrime. La novizia, che dall'inizio della cerimonia, era rapita in estasi,
aveva tuttavia testimoniato col suo atteggiamento che seguiva il sermone. Al
momento della professione, bastò una parola della Priora per richiamarla in se
stessa. Ma, appena finita la formula dei santi voti, ella era di nuovo
trasportata nella contemplazione dei divini misteri, in compagnia di santa
Teresa, di san Giovanni della Croce, di santa Maria Maddalena de' Pazzi, di
Madre Elia. Nel momento in cui Monsignore apriva il tabernacolo, esclamò con un
indicibile trasporto: «Ecco l'Amore, ecco l'Amore!» facendo passare, con queste
parole, come un brivido divino nell'anima di tutti quelli che la sentirono. Ah!
In quel momento nessuno certamente si soffermava sugli antichi dubbi; nessuno
pensava nemmeno a nascondere la propria emozione o le proprie lacrime di
gioia.
Finita la cerimonia, Monsignore, accompagnato da alcuni
sacerdoti, entrò nella clausura. Quando, a sua volta, vi entrò Padre Lazzaro, la
suora, sempre in estasi, gli domandò: «Che cosa ne hai fatto dell'Amore?» L'ho
lasciato in cappella, rispose il confessore, e spero bene che ve ne sia un poco
anche nel mio cuore. «Ah! Tu lo hai messo nel tuo cuore! Meno male! È li che
bisogna metterlo». E, un poco più tardi, siccome le si chiedeva ciò che bisogna
fare per possedere l'Amore, si chinò, raccolse un granello di polvere e,
tendendolo al suo interlocutore disse: «Bisogna diventare piccolo come questo».
Monsignore, che desiderava fare beneficiare i suoi seminaristi delle grazie
della giornata, li fece venire nel parlatorio. Tutti poterono contemplare la
suora in estasi e sentire i suoi fervidi consigli. Da parte loro, le suore si
mostravano così avide di godere del "loro tesoro", che consentirono con fatica a
privarsene ancora, per permettere ai Terziari di intrattenersi alcuni istanti
con la fortunata professa.
Alla festa non mancava niente; niente mancava al gaudio.
Nell'intimità di questo chiostro indiano, era proprio l'osanna del giorno delle
Palme. Ma, ahimè! Come per nostro Signore, questa giornata di trionfo non doveva
finire senza vedere svegliarsi nei cuori opposti sentimenti; e se Dio, quella
sera, avesse svelato l'avvenire della pia estatica, ella avrebbe compreso che,
anche per lei, il giorno delle Palme era in realtà l'inizio della Passione.
Nel pomeriggio, suor Maria di Gesù Crocifisso aveva annunziato
al suo confessore che, alla ricreazione della sera, "l'angelo" avrebbe parlato
ancora alla comunità, ma che, questa volta, aveva dei rimproveri da rivolgerle.
Venuta la ricreazione, le suore si stringevano come sempre attorno all'estatica,
non volendo perdere nessuna sua parola.
Suor Maria di Gesù Crocifisso cominciò col mettere in guardia
una sua compagna contro i pericoli di una immaginazione esaltata, difetto molto
conosciuto dalla comunità. Ad una seconda, raccomandò di volersi ben contentare
dei confessori che i superiori mettevano a sua disposizione. Rivolgendosi in
seguito a tutte le suore, diede loro diversi consigli nei quali alcune avevano
forse motivo di vedere dei rimproveri. Tuttavia tutte furono obbligate a
riconoscere il fondamento di queste osservazioni.
Ma era chiaro che non erano affatto quelli i discorsi che
avevano sperato, tanto che una delle suore non poté impedirsi di farne
indirettamente il rilievo: L'angioletto, disse, non è così gentile come a Fau.
L'angioletto non viene tanto spesso e non resta così a lungo come l'aveva
promesso. «A che pro? Replicò l'estatica. Avete fatto ciò che io vi ho detto?
Cominciate col fare ciò che vi ho detto, ed allora verrò più spesso. Ma, l'avete
fatto? Siete state fedeli a quanto vi avevo prescritto?».
Malgrado tutto, rivolse loro ancora qualche raccomandazione
sull'unione dei cuori e sulla carità. Aveva poi ripreso, dopo alcuni istanti il
"Cantico dell'Amore", quando il suono della campana, che indicava la fine della
ricreazione, venne a mettere termine a questi trasporti.
Quale era dunque l'ultima impressione lasciata da questa
giornata nel cuore delle religiose? Sarebbe penoso constatare che il ricordo
delle grazie ricevute il mattino spariva in questo momento, in alcune fra loro,
sotto una di quelle emozioni che non si osa confessare né definire a se stesse,
perché sono, in definitiva fatte di speranze deluse e di amor proprio
frustrato. È necessario aggiungere che tali sentimenti, se non sono
efficacemente combattuti, operano sempre, quasi a nostra insaputa, una
rivoluzione nelle nostre disposizioni più segrete, finché si traducono ben
presto nei nostri pubblici giudizi? Diciamolo qui una volta per tutte, non
vogliamo giudicare nessuno, non sospettiamo le intenzioni di nessuno, lasciando
a Dio solo la cura di sondare le viscere e i cuori, la cura anche di discernere
le più impercettibili cause degli effetti più lontani. Tuttavia, dovevamo per
amore di verità constatare che, fin dalla fine di questa giornata, le lacrime
di consolazione si erano subito asciugate, e che alla gioia si erano mescolati
altri sentimenti.
Per ben comprendere il seguito di questa storia, è necessario
ricordare qui alcuni fatti precedenti alla professione. Quando era a Pau si è
già visto con quale completa fiducia suor Maria di Gesù Crocifisso si apriva,
con tutte le sue disposizioni interiori, alla sua eccellente Maestra, Madre
Elia. Questa aveva un'anima troppo elevata e un senso troppo scrupoloso della
sua carica, per usurpare il compito del confessore. Tuttavia, Dio, facilitava
alla novizia questa apertura di cuore, perché ebbe sempre accanto a lei una
guida sperimentata e sicura, che poté aiutarla nei suoi stati d'animo così
cangianti e qualche volta così difficili.
A Mangalore, i disegni della Provvidenza non furono più gli
stessi. Dio non volle più per la suora che una direzione, quella del suo
confessore. Tuttavia, il vescovo, era autorizzato a domandare tutto ciò che
avesse giudicato utile o necessario per formarsi un concetto nei riguardi della
novizia. Ma la Madre Priora e la Maestra non dovevano più conoscere altro che le
cose riguardanti la Regola e la vita esteriore, senza penetrare nel santuario
intimo della sua anima. Questo è pienamente conforme alle Costituzioni delle
Figlie di santa Teresa, nelle quali, al capitolo XIV, art. 4 leggiamo: "Viene
detto che le novizie renderanno conto alla loro Maestra e le altre religiose
alla Priora dell'orazione mentale e del profitto che in essa fanno, questo deve
farsi in modo che ciò proceda dalla volontà di quelle che devono farlo,
conoscendo il grande profitto che esse ne riceveranno piuttosto che esservi
costrette: perciò noi proibiamo alle priore e alle maestre delle novizie di
obbligare molto le religiose su questo punto".
Manifestando la sua volontà a suor Maria di Gesù Crocifisso,
Dio seguiva dunque nello spirito e nella lettera le Costituzioni approvate
dalla santa Chiesa.
La novizia ricevette per la prima volta comunicazione di questa
volontà divina il 22 luglio 1871. Poi non passò forse neppure una settimana che
lo stesso avvertimento le fu ripetuto: Dì tutto al tuo confessore e a
Monsignore, se questo è necessario. Non dire niente a nessun altro. Man mano
che quest'ordine diveniva più formale, la novizia vedeva aumentare la sua
ripugnanza per tutte queste aperture; sentiva a volte perfino l'impossibilità
tisica di tradurre ciò che avveniva in lei.
D'altra parte aveva avuto cura di sottoporre al suo confessore
queste comunicazioni soprannaturali, come pure le disposizioni che le
accompagnavano. Padre Lazzaro aveva approvato tutto. Conformandosi a questa
decisione, ormai suor Maria agiva dunque con tranquillità di coscienza. Lo
stesso Monsignore, informato di tutto, aveva dato la medesima risposta, dopo
averla maturata e valutata davanti a Dio: Se Nostro Signore non lo vuole, aveva
detto il 7 novembre alla novizia, ti proibisco di dire alcunché. E di nuovo, il
18 novembre, come si è visto prima: Credevo che fòsse il demonio a non volere
che tu ti aprissi alla Madre Priora e alla Maestra; ma oggi, vedo bene che è il
buon Dio. Si poteva desiderare una dichiarazione più esplicita?
Ecco a che punto erano le cose al momento della professione, il
21 novembre. Le Costituzioni autorizzavano suor Maria di Gesù Crocifisso a non
svelare alle sue Superiore i segreti della sua anima. D'altra parte, Nostro
Signore le proibiva di rivelarli loro. Infine, per ben assicurarsi che non
fosse vittima di una illusione, sempre possibile in questa delicata materia,
aveva sottomesso la proibizione di Nostro Signore al suo confessore e al suo
vescovo, i quali entrambi l'avevano approvata. Chiarito questo punto,
continuiamo il nostro racconto.
Il 22 novembre, l'indomani della professione, suor Maria di
Gesù Crocifisso, sempre in estasi, si intratteneva di nuovo con la comunità
riunita nella sala della ricreazione. Le suore, come la vigilia, si lamentavano
con "l'angelo" della rarità delle sue visite: Avete fatto quello che vi ho
detto a Pau? replicava ancora "l'angelo". Se voi l'aveste fatto, io verrei più
spesso. Nel corso della conversazione, una delle Madri supplicò la suora di
volere ormai essere molto docile e rendere conto della sua vita interiore. La
risposta, lo si pensa bene, fu quella dei giorni precedenti: «Nostro Signore,
ripeté la suora, mi comanda di non farlo che col mio confessore; mi comandi di
dirlo per obbedienza e lo farò. Sarò sicura allora che quest'ordine viene da
Dio. Senza questo, io sono obbligata ad ascoltare e seguire ciò che mi dice
Nostro Signore».
Le Madri addussero le Costituzioni in senso contrario; e
siccome la discussione minacciava di prolungarsi la Priora concluse: Tutto ciò
viene dal diavolo. Domanderò a Monsignore ciò che devo fare. «Ve lo dirò
senz'altro per obbedienza, concluse da parte sua l'estatica, ma vi prevengo che
ogni parola porterà il turbamento nella comunità».
Nel corso dello stesso giorno, la giovane professa, le cui
stimmate stavano per riaprirsi, dovette mettersi a letto. Le superiore si
prodigarono al suo capezzale con la più grande carità, assicurandola che esse
avrebbero visto in lei la persona stessa di Nostro Signore e che l'avrebbero
curata come faceva una volta Madre Elia. Alla vista di queste buone
disposizioni suor Maria di Gesù Crocifisso si sentì interiormente spinta a
ricordare il veto di Nostro Signore riguardante la direzione della sua anima.
Ma piuttosto, ella non aveva ancora finito queste parole, che la Madre Priora
vivacemente replicò: Oh! È opera del demonio; tutto ciò viene dal demonio. Ci
sembra, oggi, molto evidente, che la giovane religiosa restava strettamente
nel suo diritto. Tuttavia Dio permise, nel compimento dei suoi
disegni futuri, che i suoi superiori ne giudicassero diversamente. Alcuni anni
più tardi, una di esse, alla quale le sue alte virtù acquistarono la
venerazione di tutta la comunità, rimpiangerà amaramente questa decisione; ella
non cesserà di rimproverarsi la sua insistenza presso la povera novizia, quando
non avrebbe dovuto che inchinarsi davanti alla volontà divina, tanto
supremamente superiore a tutti i nostri umani giudizi. Questa è tuttavia la
condotta di Dio, che prova i santi con i santi; permette allora che gli spiriti
più chiaroveggenti siano improvvisamente avvolti da tenebre, e che le volontà
meglio intenzionate si impegnino in un falso cammino, che si ostinano ormai a
prendere per quello buono.
La decisione delle superiore era ora irrevocabile. La
manifestazione delle stimmate, il 23, il 24 e il 25 novembre, non vi poté
cambiare niente. Il 26 Padre Graziano, venuto da Jeppoo su espresso ordine di
Monsignore, dichiara a sua volta a suor Maria di Gesù Crocifisso che è
un'illusa. Al suo rientro a Mangalore, il 1 ° dicembre, il vescovo, da parte
sua, è assalito dai suoi antichi dubbi; egli si persuade di nuovo che la
risoluzione di non aprirsi né alla Priora, né alla Maestra delle novizie,
proceda da un animo cattivo, e finisce per esplicitare ciò alla suora, il 5
dicembre: Tutte le sante, le disse, hanno dato l'ésempio di dire tutto alla
Priora e alla Maestra. Se fosse stato lo spirito di Dio, avrebbe loro parlato.
Non l'ha fatto. Ed è questo che mi fa ancor più dubitare che sia lo spirito del
demonio.
Si vede quanto queste dichiarazioni differiscano da quelle del
18 e 19 novembre. Quindici giorni sono bastati per rovesciare convinzioni che
sembravano dover essere incrollabili; e, cosa sorprendente, la stessa
disposizione che prima era stata approvata come proveniente da Dio, serve ora a
condannare la via dell'estatica. Come spiegarsi un simile cambiamento in un
uomo giustamente stimato per la sua moderazione e per la sua pietà? Noi pensiamo
che non si può spiegare senza uno speciale permesso della Provvidenza, che
voleva disporre alla sua serva la prova più crudele: quella di vedersi
misconosciuta e riprovata dai suoi amici e dai suoi.
Ma siamo già sul cammino del Calvario. Quasi per collaborare al
completo spogliamento della sua anima, la generosa vittima domanda a Nostro
Signore di essere liberata dalle stimmate e dalle estasi. Questa grazia le è
accordata il 30 novembre. Ma Dio voleva ancora che il suo ultimo appoggio,
nelle Indie, le fosse tolto. Il 12 dicembre, il Padre Lazzaro riceveva la sua
obbedienza per un altro posto della missione; lasciava definitivamente Mangalore
il 21 gennaio 1872. Suor Maria di Gesù Crocifisso accettò questo sacrificio con
il più eroico spirito di fede. Dopo avere ascoltato gli ultimi consigli dal suo
confessore, dopo averne ricevuto una volta di più la raccomandazione di non
svelare la sua vita interiore che al suo vescovo, se costui lo domandasse, ella
gli rispose semplicemente: «Ora, Padre mio, non si preoccupi di me...
Dimostriamo a Nostro Signore che lo amiamo al di sopra di tutto».
Mentre si consumava questo sacrificio, Dio preparava
interiormente la sua serva a nuove prove che stavano per assalirla: Credi, le
disse il 15 dicembre, di essere la sola a soffrire? Io soffro più di te; porto
il peso di tutti i vostri peccati. Voglio che tu non stia un istante senza
soffrire; e se non ci fosse nessuno che ti facesse soffrire, cambierei le
pietre, la terra in uomini per farti soffrire. Voglio che tu soffra sempre. La
notte di Natale 1871, la sua amica del cielo, Matilde de Nédonchel venne anche
a confortarla: Fra alcuni giorni, le disse, ritornerò per dirti ciò che il
Signore ti destina; fatti coraggio. Pronunciando queste parole, lasciò cadere
sulla giovane suora uno sguardo di profonda commiserazione. «Effettivamente,
raccontava più tardi costei, a partire da quella notte, cominciai a passare di
croce in croce, di prova in prova». Non si smetteva di ripeterle che era una
illusa; il suo "angioletto" così ascoltato, così venerato un tempo, non era più
che uno spirito delle tenebre; le sue estasi non venivano da Dio; le sue visioni
non erano che il frutto della sua immaginazione orientale; le sue stimmate,
ferite naturali fatte col coltello.
La sua dolce resistenza di fronte a queste suggestioni fu
qualificata durezza, al punto che, il 6 gennaio 1872, si ritenne di doverla
esorcizzare. Suor Maria sopportò questa umiliazione in ginocchio, in un
atteggiamento modesto e in una fervorosa preghiera. Essendo l'esorcismo, a
giudizio degli esorcisti, rimasto senza effetto, si fece di nuovo ricorso alle
esortazioni, alle suppliche, alle minacce dei castighi divini, se ella si
ostinava nella sua cattiva strada. Le religiose erano tuttavia costrette a
riconoscere che, nella vita quotidiana, la novizia si mostrava molto normale,
molto generosa, molto devota.
Le prime settimane del 1872 trascorsero per suor Maria di Gesù
Crocifisso nella pratica di queste virtù e in queste torture morali. Tuttavia
questo non era ancora, si può dire, che un assaggio e come fosse un noviziato
delle prove. Dio che conosce la debolezza umana e i trattamenti che essa esige,
perfino nella persona dei santi, sa meravigliosamente graduare la dose delle
sofferenze. È solo dopo aver portato il calice alle loro labbra ed averne fatto
loro assaporare lentamente l'amarezza, che infine ingiunge loro di berlo fino
alla feccia.
Nel mese di febbraio, Mons. Maria Ephrem informava
ufficialmente il Carmelo di Mangalore che suor Maria di Gesù Crocifisso era
nell'illusione; per conseguenza tutto ciò che la aveva fino a quel momento
riguardato come soprannaturale, era il frutto della sua immaginazione orientale
o opera del demonio.
Il 22 aprile, faceva pervenire a Mons. Lacroix, vescovo di
Bayonne, al Rev. Abate Manaudas, superiore del Seminario Maggiore di Bayonne,
al Rev. Inchauspe, superiore del Carmelo di Bayonne, ecc.... un lungo rapporto,
nel quale era motivata la sua condanna delle vie soprannaturali di suor Maria di
Gesù Crocifisso. Questi uomini eminenti, è vero, o non modificarono i loro
primi sentimenti o si chiusero in un prudente riserbo. Ma attorno al Carmelo di
Mangalore dove si esercitava la legittima influenza di Mons. Maria Ephrem la
sua decisione fece cadere le ultime esitazioni. Si premeva più che mai la
giovane suora per ottenere da lei una sconfessione del suo passato e la
promessa di una apertura fiduciosa. Le si ripetè che la sua professione
religiosa non era valida. Le fu proibito di entrare nel coro con le altre suore;
si ritenne di doverla allontanare dalla sacra Mensa; si sperava perfino che una
diminuzione di cibo avrebbe finito per ridurre quella che si riteneva
un'ostinazione irriducibile della volontà ed eccessiva esaltazione
dell'immaginazione. Per questo scopo fu sottomessa a un tipo di dieta, che non
diede tuttavia alcun risultato.
Dà parte sua il demonio, non tardò a rientrare direttamente in
scena. Dopo la partenza di Padre Lazzaro, incalzata da continue vessazioni senza
consigliere, senza direttore, senza appoggio, suor Maria di Gesù Crocifisso
doveva essere una preda facile per il nemico mortale della "piccola araba" e
del "piccolo nulla". Fin dal mese di febbraio le ossessioni diaboliche
ricominciarono, con gli stessi sintomi, le stesse tentazioni, gli stessi impulsi
irresistibili.
Il Lunedì di Pasqua, Matilde de Nédonchel le apparve e le
disse: Sorella mia, parti; è volontà di Dio che tu parta;" ti annuncio che farai
il prossimo Natale nella tua sede; ma non vi starai a lungo; il Signore ha dei
disegni su di te... (D'ora in poi) il Signore ti abbandonerà sempre più a te
stessa; ma quando sarai al tuo luogo d'origine, allora lo Spirito di Dio ti
dirigerà di nuovo. In tale attesa, sarai abbandonata a te stessa, ma la pace
resterà infondo alla tua anima... Fatti coraggio, ti ripeto di nuovo che, per
Natale, sarai nella tua culla.
Queste parole, discrete e velate: tu sarai abbandonata a te
stessa, il Signore ti lascerà sempre più da sola, significano verosimilmente che
suor Maria di Gesù Crocifisso era o sarebbe stata di nuovo ossessionata. Ci si
ricorda, effettivamente, che durante i tre primi anni di ossessione era quella
una delle espressioni di cui lei si serviva per indicare l'azione del demonio in
lei. D'altra parte, era naturale che Matilde di Nédonchel si adattasse al suo
linguaggio.
Le Carmelitane di Mangalore, loro, non si ingannavano. Vedendo
i suoi eccessi di collera violenta i suoi formali atti di disobbedienza, le sue
moltiplicate tentazioni per fuggire, le sue minacce di causare scandalo
ritirandosi presso i protestanti o i pagani dei dintorni, tutte quelle scene,
infine che la prima ossessione aveva reso loro fin troppo familiari, non fecero
fatica a riconoscere colui dal quale esse provenivano. Una di loro, la maestra
delle novizie, scriveva: "Ci siamo allora accorte che lei era sotto l'influsso
dello spirito tentatore .1132 Un po' più tardi," la stessa maestra delle
novizie affermava che la condotta della suora durante questo periodo
rassomigliava a quella che aveva preceduto la liberazione del 30 giugno 1871; e
questa testimonianza era confermata da quella della stessa Priora.
A sua volta Padre Lazzaro, istruito da questi atti, nel suo
ritiro di Mahé, vi riconosceva chiaramente "l'orgoglio, l'impazienza, la
collera, la disobbedienza, l'insubordinazione" che Satana aveva manifestato nel
corso dell'ultima possessione e non esitava a dichiarare che la suora era di
nuovo ossessa.
Benché il Signore non le desse la chiara visione del suo stato,
suor Maria di Gesù Crocifisso si rendeva conto che una forza estranea si fosse
impadronita di lei e la costringesse a fare tale azioni reprensibili. Non appena
finiva l'attacco dell'ossessione, allorché le si faceva presente lo scandalo
della sua condotta, dichiarava, umiliandosi «di non poter resistere a un
influsso maligno che le faceva fare questi errori, suo malgrado». 3° In una
lettera del 26 luglio 1872, la sua maestra diceva ancora: "Lei spiegherebbe
così tutte le collere e le disobbedienze; e infine tutto ciò che in lei è
reprensibile non deriverebbe mai da una sua colpa; ma lei è spinta da una strana
potenza; è sempre la stessa tattica".
Ciò che finiva per sconcertare i suoi superiori è che, in mezzo
a queste tempeste, provocate appositamente per gettare il turbamento nella sua
anima, suor Maria di Gesù Crocifisso conservava una pace inalterabile, secondo
la predizione di Matilde di Nédonchel. È permesso credere che Dio le riservasse
questo insigne favore perché ella non perdesse ogni luce dentro così folte
tenebre e perché il demonio non riuscisse a gettarla nella disperazione.
Raccontava, alcuni mesi più tardi, che un suo superiore venne un giorno a
rimproverarla. «E siccome sentivo questa pace, lei continuava, gli dissi che mi
sembrava di capire che se fossi morta in quel momento, sarei andata diritta in
cielo. Allora egli mi sgridò fortemente e mi disse che ero nell'illusione, che
la mia anima si perdeva, che ero ostinata, ecc... Ora, ancora aggiungeva, niente
di tutto ciò riusciva a turbarmi».
Inoltre, in mezzo a questi stati umilianti, suor Maria di Gesù
Crocifisso, non cessava di godere grazie straordinarie: visite delle sue
protettrici dal cielo, Madre Elia e Matilde di Nédonchel, profezie, conoscenza
dei cuori, visioni di avvenimenti lontani, ecc...
Pertanto, il dramma che si svolgeva fra queste diverse
peripezie, toccava il suo culmine. Dio le preparava a suo modo, facendovi
concorrere la malizia di Satana. Si sa già che il demonio cercava una cosa sola:
fare mandare via la suora dal suo monastero, o, meglio ancora, provocare qualche
scandalo da attribuire a lei, facendole violare la clausura, al fine di
respingerla definitivamente nel mondo, fuori dalla sua vocazione e dalla sua
via. È bene ricordare che a questo scopo esso aveva moltiplicato, da quattro
anni, i tentativi di fuga.
Fin dal mese di febbraio, questa ossessione ridivenne
irresistibile. «Sentivo, racconterà più tardi la suora, sentivo sempre qualcosa
spingermi ad andarmene: combattevo tanto quanto potevo per fare atti contrari e
per restare: impossibile. (Ogni momento) dicevo che volevo andarmene ora a
Gerusalemme, ora ad Alessandria, ora nel deserto o altrove, senza aver voglia di
andare in un posto piuttosto che in un altro». "Alcuni giorni fa, diceva la
maestra delle novizie in una lettera del 5 giugno 1872, lei (suor Maria di Gesù
Crocifisso) scrisse a Monsignore, che era a Canomore; gli diceva che non poteva
più restare al convento: che d'altra parte di uscire non se ne fa alcuno
scrupolo". "A questo punto, aggiungeva la maestra, lei faceva allusione a ciò
che le era stato detto, che la sua professione poteva proprio non essere
valida", cosa che si finì per darglielo come certo.
Si pensa proprio che le suggestioni diaboliche trovassero un
appoggio in questa dichiarazione relativa all'invalidità dei voti. Il suo nemico
ne prendeva occasione per persuaderla che non doveva restare nel monastero.
Tuttavia questa convinzione non era che un accessorio. Di
preferenza il demonio agiva direttamente sulla suora per mezzo di una
ossessione irresistibile. E non stava tardando ad arrivare al suo scopo.
Il sabato 3 agosto, mentre ella era più che mai animata da
questi sentimenti, la spinta irresistibile ad andarsene era ancor più violenta,
benché nel fondo della sua anima la suora continuasse a godere di una grande
pace. Si era appena confessata. Non trovando più i suoi effetti personali dietro
il paravento che le serviva da cella, si diresse verso la porta di uscita, la
quale in quel momento, restava aperta a motivo degli operai. Una suora si
trovava vicino alla porta per sorvegliare l'andirivieni. Ella le disse: «Sorella
mia, vado a domandare alle Terziarie di alloggiarmi». Dio permise che questa
suora non dicesse una parola né facesse un gesto per trattenerla. Sempre con la
stessa calma, la giovane religiosa varcò la porta che, in questa casa
provvisoria separava le carmelitane dalle Terziarie e arrivò da queste ultime, e
dichiara la sua intenzione di sistemarsi l'indomani come domestica presso i
protestanti o i pagani. Tuttavia a quelli che ben presto si presentarono per
ricondurla, ella si abbandonò senza la minima resistenza e rientrò così in
convento. Siccome le si rimproverava vivamente questo nuovo scandalo, lei si
contenta di annoverarlo "nel numero delle tentazioni".
Così dunque suor Maria di Gesù Crocifisso non esita un istante
a declinare la responsabilità di questo gesto. Rientrata al Carmelo di Pau,
dirà qualche mese dopo alla Priora: «Sento un grande rincrescimento, una grande
confusione, alla vista delle mie iniquità passate; esse sono più numerose dei
grani di sabbia del mare e delle gocce d'acqua dell'oceano; spero tuttavia
nella misericordia del Signore, che è infinita. Ma quando penso che ho
oltrepassato la clausura del Carmelo di Mangalore per fuggire, non posso averne
rimorso; al contrario, ringrazio il Signore mille volte di ciò e non posso fare
altro. Tuttavia, ciò mi sembrava una grande colpa e mi dispiace di aver dato
questo scandalo e questa occasione di turbamento; ma ero spinta a farlo mio
malgrado. Sento che, nelle stesse disposizioni in cui ero, lo rifarei. Chi può
comprendere ciò? Si direbbe che sono folle o una cattiva religiosa se mi si
sentisse. Tuttavia, davanti a Dio, non posso pensare diversamente... Qui, sì, se
varcassi la clausura, riterrei di fare un peccato mortale molto grave, anche se
fossi nelle stesse disposizioni, nello stesso stato e se mi si trattasse alla
stessa maniera di Mangalore. Il buon Dio sa perché; ciò basta».
Verso la fine della sua vita, il 26 gennaio 1877 scriveva
ancora alla sua anziana maestra, divenuta Priora del Carmelo di Mangalore:
«Sappiate che è Dio che ha permesso tutto questo. E quando mi dicevate che io
non facevo che minacce per l'avvenire, credete, cara Madre, che io lo facevo mio
malgrado, e che ne ho sofferto più che nessun altro. Ho molto pregato perché
queste cose non accadessero. Un giorno Nostro Signore vi dirà quanto il mio
cuore ha sofferto e quante cose ho detto mio malgrado.
Quando mi avete detto un giorno: infelice creatura, avete rotto
la clausura! Che cosa vi ho risposto? Madre mia, sento in fondo all'anima la
gioia: ho portato a compimento la parola di Dio per arrivare ai suoi fini. E
allora non comprendevo niente; solamente, mio malgrado, avevo questo
sentimento...».
Pensiamo che non vi sia niente da aggiungere a queste
spiegazioni di un'anima della quale tutta questa storia dimostra la
straordinaria franchezza, di un'anima che aveva una tale intelligenza della
malizia del peccato, che avrebbe pianto amaramente le sue più piccole
dimenticanze.
Possiamo solamente tentare di apprezzare questi fatti con più
rigore teologico. Poiché ella è fuggita sotto il colpo di una spinta strana e
irresistibile, suor Maria di Gesù Crocifisso non era libera. Non essendo libera
non era colpevole. Poggiando su queste dichiarazioni formali, non esitiamo a
scagionare completamente la sua responsabilità e pensiamo che in quella
occasione non commise neppure peccato veniale.
Solo Satana è responsabile di ciò che egli operava in lei e lei
malgrado. La suora era ossessionata e la violazione materiale della clausura
deve essere riferita unicamente a questa ossessione diabolica. La suora ha
sofferto violenza e non ha fatto che subire passivamente una azione che legava
la sua libertà." Ma, perfino in questa ossessione, Dio le accordava una
straordinaria tranquillità di coscienza, garanzia che questi avvenimenti si
compivano in vista di disegni superiori.
Da quanto precede, resta soltanto da riconoscere che li c'è il
dito di Dio: resta soltanto da proclamare che le vie del Signore sono
impenetrabili e che, con un comportamento estremamente efficace, Egli sa, fare
concorrere a loro insaputa, tutte le creature al compimento dei suoi disegni. Se
il Carmelo di Mangalore avesse perseverato nelle sue disposizioni iniziali nei
riguardi di suor Maria di Gesù Crocifisso, non avrebbe mai acconsentito a
privarsene. Dio voleva tuttavia che ella ritornasse a Pau e che, da Pau,
passasse a Betlemme, dove aveva ancora da lavorare e da soffrire. Per
raggiungere questo scopo, Egli permise, a poco a poco, gli avvenimenti che
abbiamo appena raccontato; e infine, per condurre a soluzione questo dramma, che
si svolgeva da più di sei mesi, Egli permise questa infrazione alla regola della
clausura, gravemente colpevole secondo le apparenze, in cui purtuttavia lo
sguardo di suor Maria di Gesù Crocifisso, esaminandosi alcuni mesi dopo, in
presenza di Dio, nel raccoglimento del ritiro, non riusciva a discernere la più
leggera colpevolezza.
Non cessando, come abbiamo detto, la suora di sollecitare la
sua partenza, i suoi superiori non pensarono più che a favorirla. Erano decisi a
mandarla dovunque la si volesse ben ricevere, a condizione, tuttavia, che non
fosse a Pau. Ora, dopo i tentativi infruttuosi fatti da diverse parti, furono
costretti ad inviarla al Carmelo di Pau, culla della sua vita religiosa,
realizzando così, senza saperlo, la profezia di Matilde de Nédonchel. Proprio
in quell'epoca, un'altra carmelitana di Mangalore doveva rientrare pure a Pau.
Le si affidò la giovane suora.
Partite da Mangalore, il 23 settembre 1872, le due viaggiatrici
arrivarono a Pau il 5 novembre, secondo anniversario della morte di Madre Elia,
dopo una traversata in cui la carità di suor Maria di Gesù Crocifisso trovò
molte occasioni di esercitarsi sulle anime e sui corpi.
Pau era il porto tranquillo dopo i pericoli delle tempeste e
degli scogli. Ecco con quale ardore, quale umiltà e quale poesia messi insieme,
suor Maria di Gesù Crocifisso esprimeva, al suo ritorno, la sua riconoscenza
verso il Signore: «Signore, sono come il piccolissimo pulcino che il nibbio ha
acchiappato; esso lo ha becchettato sulla testa, l'ha quasi schiacciato, ma il
povero piccolo si è rifugiato sotto l'ala di sua madre per essere al sicuro.
Anche io sono stata nell'angoscia, nella tristezza, nel dolore. Le mie ossa si
sono slogate; il midollo delle mie ossa si è inacidito dentro di me; la mia
carne è stata stritolata... Ho rivolto lo sguardo verso il Padre mio, ed egli mi
ha guardata, e questo sguardo mi ha guarita; il midollo delle ossa che era
inacidito, è diventato dolce come lo zucchero; le mie ossa si sono consolidate e
sono diventate come se avessi quindici anni; la mia carne è trasalita per
l'allegrezza come pure tutto il mio essere. Sono corsa verso il mio Padre e il
mio Re; ed il mio Re è venuto pure verso di me; ed io vi stavo come il piccolo
pulcino sotto l'ala di sua madre. E guardavo i miei nemici attraverso le penne
dell'ala del mio Padre e mio Re, senza niente temere; ero al sicuro».
Come riepilogo di questo racconto, noi citeremo il rientro in
Francia di Padre Lazzaro, verso la metà del marzo 1873.
Il giovedì santo dello stesso anno, a Mangalore, moriva
improvvisamente Mons. Maria Ephrem, secondo la profezia di suor Maria di Gesù
Crocifisso, la quale aveva annunziato molte volte che Monsignore non avrebbe
visto la fine dell'anno in cui Padre Lazzaro sarebbe stato rimandato in Francia.
Il 3 maggio, la giovane suora vide tra le fiamme del Purgatorio l'anima del
vescovo, che esclamò con un vivo sentimento di rincrescimento: Ho peccato contro
la gloria di Dio. Il desiderio del vescovo sarebbe stato di fare sapere a tutto
l'Ordine che si era ingannato condannando i percorsi soprannaturali della
novizia. Ma, per il momento, costei non poteva che pregare per l'anima del suo
Padre, e lo faceva con tutto il fervore della sua carità. A Betlemme, ove la
seguiremo adesso, Dio le manifestò che l'anima di Monsignore sarebbe stata
liberata alla prima messa celebrata nel nuovo Carmelo. La suora scongiurò i suoi
superiori di affrettare i lavori e fu abbastanza lieta di vedere quest'anima
salire in cielo il 21 novembre 1876.
CAPITOLO XV
Dal ritorno di suor Maria di Gesù Crocifisso al Carmelo di Pau
fino alla sua partenza per Betlemme (5 novembre 1872 - 25 agosto 1875)
Il 5 novembre 1872, meno di un anno dopo la sua professione,
suor Maria di Gesù Crocifisso rientrò al Carmelo di Pau. Vi ritornava in
qualità di suora conversa, avendo Dio voluto che Lo glorificasse nelle più umili
mansioni. Ecco come si esprimeva nei primi giorni del suo arrivo: «Da quando ho
lasciato Mangalore, diceva, ho sentito una pace, una tranquillità che non riesco
ad esprimere, malgrado le fatiche del viaggio. Non desidero niente, non domando
niente, neppure croci: quando ne ho avuto, non ne ho saputo approfittare; ora
nient'altro che Gesù, la sua volontà e il silenzio». La lunga privazione della
Comunione le aveva dato una fame ancora più grande di questo pane del cielo:
«Se almeno, a Mangalore, diceva, avessi ricevuto Gesù nel mio cuore in mezzo
alle mie grandi pene, avrei avuto con me la forza di Dio; ma ne ero priva.
Tuttavia, conservavo, in fondo alla mia anima, una grande pace, malgrado tutto
ciò che mi si diceva. Fu soltanto quando Mons. Maria Ephrem mi accusò di mettere
la divisione nella comunità che ebbi un grande dispiacere. Andai a gettarmi ai
piedi di Gesù e piansi molto, molto. Mi sembrava che Gesù piangesse con me, per
causa mia, e gli dissi: Signore, perché piangi? Sei potentissimo, puoi
liberarmi. Mi rispose: Molto presto. Anche Madre Elia venne a confermare questa
promessa di Gesù. Non sono qui per lungo tempo. Oh! Se il Signore potesse
cambiare la sua parola! Non desidero più che il silenzio e la morte per non
offendere Dio».
Il 19 novembre ella diceva: «Tutta la mattinata ero tormentata
a proposito di padre Lazzaro, perché amo molto la sua anima; avrei voluto che
fosse un gran santo. Pregavo il Signore e gli dicevo: Signore, custodisci
quest'anima, dalle la rassegnazione, la forza, tutto ciò di cui egli ha
bisogno: che non ti offenda. Dio mio, te lo affido completamente: compi su di
lui i tuoi disegni, custodiscilo. E una voce interiore mi ha risposto: Anima di
poca fede! ed ho compreso che Dio avrebbe vegliato su di lui, e tutta la mia
pena è scomparsa».
Durante il suo ritiro annuale, prima della festa di Natale, Dio
la favorì di molte visioni piene di dottrina. Annotiamo almeno questa:
«Provavo, diceva, un grande desiderio di Dio; lo cercavo con tutte le forze
della mia anima; mi univo a tutta la creazione perché lo lodasse con me; ero
come un bambino che corre, che corre dietro a suo padre. Infine, Gesù si è
mostrato ed ho visto lo splendore della sua maestà. Impossibile dire la gioia
della mia anima: era il paradiso in terra. Mi è venuta l'idea di domandargli
molte cose; ma anzitutto, l'ho accarezzato e gli ho detto ogni sorta di cose del
mio cuore per commuoverlo; ho fatto come il bambino che vuole ottenere qualcosa
da suo padre e che comincia con mille carezze. L'ho pregato per le anime del
Purgatorio: Gesù allora è diventato più luminoso ed ho visto uscire dalle sue
mani dei raggi di luce, delle grazie che cadevano su queste povere anime.
Pareva che Gesù avesse un gran bisogno di espanderle e che le desse con molta
celerità e molta abbondanza.
Ho pregato, in seguito, per i peccatori, e Gesù faceva la
stessa cosa come per le anime del Purgatorio. Quale gioia nel vedere
quest'amore, questa misericordia del Signore!
Ma quando ho voluto pregarlo per i sacerdoti, i religiosi e le
religiose, i raggi che scendevano dalle sue mani sono risaliti e tutto è
sparito. E il mio cuore è caduto in una tristezza, in una angoscia terribile,
perché io sono nel numero delle religiose; ho sospirato, sono scoppiata in
singhiozzi. Ogni volta che penso a ciò che ho visto, non posso impedirmi di
piangere. Quanto siamo colpevoli, noi che dovremmo essere la consolazione di
Gesù!»
Il 28 febbraio 1873, ella lottava contro Satana. Invano lo
colpiva con ogni specie di armi. I colpi più grandi non lo ferivano neppure.
Sfinita dalla fatica, si rivolge al Signore: «Dio mio, come fare? Esclamò. Ho
agito secondo le tue istruzioni; ho impiegato tutte le armi, anche le più
potenti, per atterrare il demonio e non ne sono potuta venire a capo». Gesù le
rispose: Non hai impiegato tutte le armi; ti resta ancora di servirti di una
piccola ascia alla quale non hai fatto attenzione. Tocca Satana in fronte con
quest'ascia ed egli cadrà; e così parlando, il Signore le mostrò questo piccolo
strumento. La suora lo afferrò e andò diritto verso il suo nemico. E in
effetti, appena ella l'ebbe toccato in fronte con quest'ascia, esso cadde come
morto. Meravigliata di questo risultato tanto inatteso, quanto miracoloso
disse: «Signore, quale è questa piccola ascia la cui virtù è così grande?». Il
Salvatore le rispose: L la piccola ascia dell'umiltà.
Il 25 marzo, durante l'orazione mentale, le sembrò di udire una
voce che diceva: Dio è nascosto come il seme nel frutto, come il seme nella
mela. Apri una mela e troverai cinque chicchi nel mezzo. Dio è nascosto così
nel cuore dell'uomo. Vi è nascosto con i misteri della Passione, raffigurati dai
cinque semi. Dio ha sofferto ed è necessario che l'uomo soffra, che lo voglia o
non lo voglia. Se soffre per amore, in unione con Dio, soffrirà meno e
guadagnerà dei meriti. I cinque semi che sono infondo al suo cuore germineranno
e produrranno frutti abbondanti; ma, se egli respinge la prova, soffrirà di più,
senza guadagnare alcun merito.
«Ed ho aperto una mela e vi ho trovato in mezzo cinque piccoli
scomparti che formavano una stella, e dentro vi si trovavano i semi.
Durante l'orazione, ho visto una bella mela, essa è diventata
marcia sotto i miei occhi; e quando è stata completamente fradicia, i semi del
cuore della mela, sono germinati: sono spuntati cinque alberi. Il chicco più
basso ha prodotto l'albero più alto, il chicco che seguiva ha prodotto un albero
un po' più piccolo e i tre chicchi più in alto hanno prodotto alberi ancora più
piccoli. Le cinque radici di questi alberi erano talmente unite ed intrecciate,
da formare una sola radice, e così si sostenevano le une con le altre.
L' albero più alto portava frutti maturi, che si immergevano in
acqua, e quest'acqua bagnava la radice che nutriva gli altri alberi;
quest'albero più alto si chiama l'albero dell'amore.
Il secondo, un po' più piccolo, portava frutti che pendevano
dalla parte della terra e pareva volesse offrirli; quest'albero è quello della
carità.
Il terzo non sembrava che si appoggiasse a terra e le sue
radici pareva che fossero nell'aria e si sarebbe detto che stesse per cadere:
quest'albero è quello dell'abbandono.
Il quarto era tutto spoglio come gli alberi durante l'inverno
ma, nello stesso tempo, era pieno di vita: quest'albero è quello della
povertà.
Il quinto era verde e coperto di frutti ma questi frutti erano
in basso e come nascosti e non si vedevano: quest'albero è quello
dell'umiltà.
Ho visto in seguito altri cinque alberi. Il primo portava un
frutto corposo e solido al vedersi, ma marcio e come fosse pieno di fumo
all'interno: questo è l'amore di sé e di tutto ciò che è sulla terra, il che
indurisce talmente il frutto che finisce per imputridirsi.
Il secondo aveva i rami elevati e nessuno poteva raggiungerli
per cogliere il frutto; questo frutto, del resto, era raro e macchiato per la
malattia: è l'avarizia che ha paura di spogliarsi, se dona; il che fa sì che il
frutto si guasti e cada.
Il terzo aveva le radici profondamente radicate; ed è
l'attaccamento alle cose create.
Il quarto sembrava coperto di foglie e di frutti e molto bello:
sono le ricchezze, frutti che marciscono alla minima nevicata, o al più piccolo
freddo.
Il quinto portava molti frutti, tanto che essi nascondevano le
foglie: è l'orgoglio, che appare ricchissimo agli occhi degli uomini ma il
minimo soffio di vento, la più piccola contrarietà, fa cadere questo frutto e
quelli che lo vogliono mangiare lo trovano amaro».
Il Giovedì santo, diceva a Gesù: «Signore, conservami sempre
nel tuo amore, come il bambino è custodito nelle viscere di sua madre. Là non ha
bisogno di niente, né per mangiare, né per bere è al riparo da ogni pericolo;
con sua madre, egli ha tutto. E anch'io, Signore, se tu mi conservi nel tuo
amore, non mancherò di niente. Non desidero altro che essere tua; non voglio mai
allontanarmi da te. Come il bambino comincia ad essere fragile e misero non
appena esce dal seno di sua madre, anch'io sarei infelice se uscissi da te.
Custodiscimi, Signore, dentro di te, Custodiscimi nelle viscere del tuo
amore».
La mattina del Venerdì santo, ella soffrì tutti i tormenti
della Passione. All'ora di pranzo, fece uno sforzo su se stessa per recarsi a
refettorio. Posò il suo pezzo di pane davanti a sé, per terra, secondo l'usanza
del Carmelo in questo santo giorno, e, sentendosi meglio, si disponeva a
prenderlo, allorquando, tutto a un tratto, vide il Signore passare e penetrarla
di grazia e di consolazione: «Non ha fatto che passare come un lampo, disse, e,
passando, il suo vestito ha toccato il pane, che si è mosso ed ha quasi
trasalito alla presenza del Signore».
Il giorno santo di Pasqua, pregò il Salvatore per un'anima
infedele, implorando: «Signore, esaudiscici in favore di quest'anima! Come
avviene, o Signore, che essa sia sempre più malata, malgrado tante preghiere,
mentre tu hai promesso di esaudire le richieste che ti si rivolgono?»
L'adorabile Maestro si degnò di risponderle: La grazia rassomiglia alla
medicina. Se il malato è grave e il male è al cuore, tutti i rimedi non fanno
che irritare la piaga e renderla più mortale. Se quest'anima avesse un po' di
umiltà, le preghiere le gioverebbero; avrebbe un po' di luce e di .forza, ma
siccome il suo cuore si irrigidisce contro il rimedio, le preghiere fatte per
lei non servono che ad immergerla sempre più nell'accecamento.
E Gesù aggiunse: Come puoi pregarmi sempre per lei, mentre essa
non è occupata, da parte sua, che a sporcare e strappare il tuo vestito?
«Signore, le rispose suor Maria, ella non sa quello che fa. Hai detto tu stesso
sulla croce: "Padre mio, perdona loro; perché non sanno quello che fanno". Ed
anche io ti dico: Ella non sa quello che fa: perdonale, Signore».
Il 18 maggio, in estasi, ella non sentiva niente, non
comprendeva niente nell'eccesso delle consolazioni celesti. L'indomani,
facendo, per obbedienza, il resoconto di quella giornata di grazie, diceva:
«Comunicandomi, mi sentivo trasportata dall'amore di Dio. L' amore mi spingeva
a qualche cosa, e non sapevo a che. Mi rivolsi allo Spirito Santo e gli gridai:
Illuminami, tu hai dato la luce agli apostoli, agli ignoranti! Io sono un
niente, illuminami! Voglio solo ciò che Gesù vuole. Mi vedo, tutt'a un tratto in
una notte profonda, in mezzo a buchi, a bestie che mi mordono; le tenebre mi
impediscono di scorgere i buchi e le bestie. Invoco Dio e la luce dello Spirito
Santo. Compare un raggio per guidarmi e, in questo raggio, vedo, in un batter
d'occhio, tutta la mia vita di peccato; e avrei avuto il coraggio, se fosse
stato necessario, di confessarli davanti al mondo intero. Contemporaneamente,
mi sentivo infiammata d'amore e il mio cuore si scioglieva come un cero davanti
ad un braciere; e ho gridato a Dio: Signore, basta, non ne posso più!
Ed ho visto davanti a me una colomba, e sopra la colomba, un
calice che traboccava, come se all'interno del calice ci fosse una sorgente; e
ciò che traboccava dal calice, bagnava la colomba e la lavava. Ed una voce è
venuta fuori da questa mirabile luce ed ha detto: Se vuoi cercarmi, conoscermi
e seguirmi, invoca la luce, lo Spirito Santo che ha illuminato i miei discepoli
e che illumina tutte le genti che lo invocano. In verità, in verità, ve lo dico
in verità: chiunque invocherà lo Spirito Santo, mi cercherà e mi troverà, e mi
troverà tramite lo Spirito Santo. La sua coscienza sarà delicata come il fiore
dei campi. Se è un padre o una madre di famiglia, la pace sarà nella sua
famiglia e il suo cuore sarà in pace in questo mondo e nell'altro: non morirà
nelle tenebre, ma nella pace. Desidero ardentemente che i sacerdoti dicano ogni
mese una messa in onore dello Spirito Santo. Chiunque la dirà o l'ascolterà sarà
onorato dallo Spirito Santo stesso; avrà la luce, avrà la pace. Guarirà gli
ammalati, sveglierà quelli che dormono. Ed io ho detto: Signore, che posso fare
io? Nessuno mi crederà! E la voce mi ha risposto: Quando sarà venuto il momento,
farò tutto io stesso, e tu non vi entrerai per niente.
Tutto è sparito e il mio cuore è rimasto acceso d'amore».
Già, a Mangalore, durante il ritiro della sua professione,
questo culto dello Spirito Santo le era stato raccomandato in una maniera tutta
speciale. Questa stessa raccomandazione le fu rinnovata molto spesso fino alla
sua morte.
Durante il suo noviziato, una colomba le aveva insegnato questa
invocazione, che ella dopo ripeteva molto spesso:
Spirito Santo, ispirami; Amore di Dio, consumami; Nel vero
cammino, conducimi. Maria, Madre mia, guardami; Con Gesù, benedicimi; Da ogni
male, da ogni illusione, Da ogni pericolo, preservami.
Il 20 maggio diceva: «Avant'ieri avevo una grazia così grande,
che ero come fuori di me stessa; tutta la giornata lottavo contro il sonno
(l'estasi); mi sembrava di essere quasi pronta a lasciarmi stritolare in mille
pezzi, a lasciarmi dilaniare, arrostire; avrei voluto soffrire tutto per amore
di Dio. Mi offrivo a Dio per la Chiesa, per la Francia, e per soffrire tutto ciò
che Dio avrebbe voluto. Oggi non riesco ad avere nemmeno un buon pensiero, sono
secca come un pezzo di legno posto davanti ad un fuoco ardente, senza esservi
gettato: esso non brucia, non fa che seccare di più. A Mangalore mi è stato
detto che ciò che accadeva in me era il frutto della mia immaginazione e vedo
per esperienza che oggi non posso immaginare niente, non posso riflettere. Dio
solo è in noi il maestro. Fa ciò che vuole e quando lo vuole».
Il 26 maggio di quel 1873, aveva visto la Francia come un campo
bagnato dalla pioggia, illuminato e riscaldato dal sole; ma la terra era coperta
da erbacce fra le quali di tanto in tanto ve ne erano alcune buone. Ho detto a
Gesù: «Signore, perché lasci queste cattive erbe?» e il divin Maestro mi ha
risposto: Perché le buone sono ancora molto deboli e hanno le loro radici legate
con le cattive. Se strappo le cattive, le buone saranno danneggiate e
avvizziranno. Quando le buone saranno più forti, strapperò tutto ciò che c'è di
cattivo. Ora, la pace è costruita sulla sabbia; più tardi, la stabilizzerò sulla
salda roccia e niente potrà rimuoverla. La Francia è al centro del mio
cuore.
Nelle sue frequenti estasi cantava, in certi momenti, in una
maniera incantevole. Invitava la creazione a cantare con lei; parlava
dell'ingratitudine dell'uomo, della bontà di Dio, della lunghezza dell'esilio:
«Cieli, esclamava, benedite il Signore; terra, benedite il Signore! Salve,
salve, albero benedetto, che ci dai il frutto della vita! Dal profondo di questa
terra il mio cuore geme, il mio cuore sospira. Chi mi darà le ali per volare
verso il mio Amato? Salve, salve, albero benedetto, è da te che ricevo il frutto
della vita! Vedo sulle tue foglie queste parole scritte: Non temete niente; il
tuo verde mi dice: Sperate; i tuoi rami mi dicono: Carità; e la tua ombra:
Umiltà. Salve, salve, albero benedetto; trovo in te il frutto della vita! Dal
profondo di questa terra il mio cuore geme, il mio cuore sospira. Oh! Chi mi
darà le ali per volare verso il mio Amato? Salve, salve, albero della vita; tu
porti il frutto della vita! Sotto la tua ombra, voglio gemere; ai tuoi piedi,
voglio morire!
Oh mio Dio, quanto l'uomo è ingrato verso il suo Creatore! Tu
così buono, mio Dio! O ingratitudine delle creature!
Oh mio Dio, il mio cuore è troppo piccolo: io vorrei un cuore
più grande dell'universo per amarti! Oh amore!»
A quell'epoca, si cominciava a notare in lei uno dei fenomeni
più straordinari delle estasi, la lievitazione, con la quale il corpo
dell'estatica si solleva da terra, come se non fosse più sottomesso alle leggi
della gravità.
Il 22 giugno 1873 la si trovò per la prima volta sulla cima di
un tiglio molto alto; si dondolava senza appoggio e cantava l'Amore. La Priora
la fece scendere con la sola parola obbedienza. Ma una alpargata restò appesa
al ramo che la portava. E quando, ritornata in sé, ella volle calzarsi, fu
grande la sua sorpresa nel vedere accanto a lei delle alpargate nuove. Reclamate
le vecchie, ne ritrovò una, ma cercò inutilmente l'altra. Un giorno tuttavia, la
scorse sulla cima del tiglio. Si può giudicare la sua sorpresa! Siccome
domandava la ragione di un fatto così strano, si cercò di dare una spiegazione
qualunque, senza lasciarle nemmeno supporre la verità.
Qualche tempo dopo, vide durante la preghiera, una terrazza
rotonda, divisa in parecchi cerchi. Il primo era piantato a rose, le cui foglie
rappresentavano la carità e le spine, la vigilanza. Il secondo era coperto di
viti; l'uva di queste viti simboleggiava l'amore e le foglie simboleggiavano la
dolcezza. Si vedeva nel terzo del frumento, che rappresentava la fiducia e la
speranza. Il centro di questo cerchio era coperto di violette, raffigurazione
della vera umiltà.
«Ho innalzato, disse, un trono in mezzo a questo cerchio, ed ho
fatto sedere Gesù su questo trono. Ed una sorgente è zampillata da sotto i piedi
di Gesù e l'acqua di questa sorgente diceva: Tutto passa, tutto scorre come
l'acqua. Accanto al trono, ho piantato delle viole del pensiero e dell'edera. Le
"pensées" significavano: Non pensate che a Gesù; e l'edera: Non vi unite che a
Gesù».
«Signore Gesù, pianta tutte queste virtù nel mio cuore, e falle
crescere con la tua potenza».
Nei primi giorni di questo mese di giugno, aveva detto, tutta
radiosa e come fuori di sé: «Questa mattina, dopo la santa Comunione, ho
rinnovato la mia professione tra
le mani di Gesù; tenevo le mani giunte in quelle di Maria,
Maria aveva le sue in quelle di Gesù e le mani di Gesù erano in quelle del
Padre eterno. Ho rimesso la mia volontà in Dio, in presenza della Santa
Trinità, davanti agli angeli, davanti ai santi e davanti a tutte le creature.
Ho detto a Gesù: Signore, tu me la hai data ed io te la rendo, ti dò la mia
volontà irrevocabilmente. Scrivilo nel tuo cuore, nel libro della vita, e non ne
sia mai cancellato. Non restituirmi mai la mia volontà, essa non è più mia; se
vedi che ho la disgrazia di volerla riprendere, toglimi la vita in quello
stesso istante. Voglio la tua volontà attraverso tutto, attraverso la
sofferenza, le prove, le persecuzioni, le tribolazioni di ogni specie; mi offro
di andare all'inferno per la tua volontà. Mi offro di passare attraverso quanto
ho sofferto a Mangalore, se ciò è per tua volontà; protesto che non voglio
niente altro che la tua volontà, per la vita, per la morte e per tutta
l'eternità».
«Madre mia, diceva un altro giorno, in estasi, alla Priora,
tutti dormono! E Dio così buono, così grande, così degno di lode, lo si
dimentica, nessuno pensa a Lui! La natura lo loda; il cielo, le stelle, gli
alberi, le erbe, tutto lo loda. Anche l'uomo, conoscendo i suoi benefici,
dovrebbe lodarlo, ed egli dorme! Andiamo, andiamo a svegliare l'universo!
Andiamo a lodare Dio, a cantare le sue lodi! Il mondo dorme, il mondo dorme,
andiamo a svegliarlo, andiamo a svegliare la città!». Ella piangeva,
singhiozzava ripetendo: «Gesù non è conosciuto, Gesù non è amato. Lui così pieno
di bontà, Lui che ha fatto tutto per l'uomo!».
Il Signore le domandò per la Chiesa una serie di processioni
attorno al giardino, in ginocchio, con il dorso carico di un enorme sacco di
cenere. Avendo i superiori approvato questa volontà del cielo, ella andò fino
al limite di questa terribile penitenza, malgrado le sue gambe insanguinate,
malgrado il sudore che scorreva dal suo viso.
A parecchie riprese, press'a poco nello stesso periodo, ella
risalì sul tiglio. L'Agnello l'attirava, diceva in estasi, per spiegare questa
ascensione, e si elevava fino alla cima dell'albero. Un giorno esitò un istante,
dopo che la Priora le diede l'ordine di scendere. Improvvisamente l'Agnello
spari e lei non scese che con grande difficoltà, sebbene l'estasi non fosse
finita. Giunta a terra, domandò perdono alla Priora ed alle suore della sua
disobbedienza. In seguito domandò perdono a tutta la creazione: «Perdono, o
Cielo, esclamò, col viso bagnato di lacrime; perdono, stelle; perdono, terra;
perdono, erbe! Perdono, albero!» disse rivolgendosi al tiglio, testimone della
sua disobbedienza. Andò anche nel coro piangendo e dicendo: «perdono, Gesù!
Perdono, Gesù!». E tuttavia, malgrado questo ammirevole pentimento, il Salvatore
la lasciò più giorni nella angoscia per questa semplice esitazione in cui è
difficile determinare il suo grado di responsabilità, poiché l'estatica non
aveva l'uso normale dei suoi sensi.
Un giorno, all'ora della ricreazione, completamente rapita, si
diresse verso il giardino dicendo: «Non ne posso più. Sto correndo verso il mio
Amato». Piangeva e cantava la sua tristezza con espressioni brucianti:
«Chi taglierà, chi leverà i rami che mi impediscono di vedere
la Patria, di andare dal mio Amato?... Che fare per togliere i rami?... Chi mi
darà le ali della colomba?
Non ne posso più di questo esilio!... Non posso più vivere».
Aumentando il suo dolore, disse alla sua Maestra che l'aveva seguita: «Andiamo
da mia Madre!». Nel romitaggio di Nostra Signora del Monte Carmelo, si prostrò
ai piedi dell'altare e si rialzò cantando trasportata di gioia: «Ai piedi di
Maria, Madre mia prediletta, ho ritrovato la vita.
O voi tutte che soffrite, venite a Maria... La vostra salvezza
e la vostra vita sono ai piedi di Maria.
O voi che lavorate in questo monastero, Maria conta i vostri
passi e i vostri sudori; dite voi a voi stesse: ai piedi di Maria, ho ritrovato
la vita!
Voi che abitate in questo monastero, Maria vi dice: Figlia mia,
ti ho scelta tra diecimila: tra diecimila, ti metterò nel mio tempio!... Non
avrai mai fame, non avrai mai sete. Ti do il cibo, la carne, il sangue,
dell'Innocente!
Non dite che sono orfana: ho Maria per Madre e Dio per Padre!
Felice figlia! Dite che ai piedi di Maria, ho ritrovato la vita!».
Tutta preoccupata dei bisogni della Chiesa e della salvezza
della Francia, suor Maria si offrì per fare, secondo questa intenzione, la
cucina per sei mesi consecutivi, giacché questo lavoro era per lei un vero
martirio a causa della sua cattiva salute. Il Superiore le aveva permesso di
mettere in esecuzione questo pio proposito, il Signore lo accettò a sua volta,
mentre le inviava sofferenze tanto violente quanto straordinarie. Dopo lunghe
ore passate in queste torture, cadde in una dolce estasi ed esclamò: «Dio mi
visita... Egli è qui... È con me... Come accade che il Signore si abbassi? È
dolce pensare a Gesù ma più dolce fare la sua volontà.
"Desidero che quelli che mi circondano non abbiano altro bene
che l'Altissimo... Siamo gelose della gloria dell'Altissimo...
Signore Gesù, diceva un'altra volta nel coro, davanti al santo
Sacramento, che debbo fare per amarti?" Una voce le rispose: Servi il prossimo e
mi servirai; ama il prossimo e mi servirai. È da questo che riconoscerò che mi
ami veramente».
Incoraggiando una suora molto provata, le diceva che, fintanto
che avrebbe avuto fiducia in Dio, fintanto che sarebbe stata umile e aperta
verso i suoi superiori, il buon Dio l'avrebbe protetta. Parlò poi
dell'umiltà:
«Oggi, la santità, non è la preghiera, né le visioni, né le
rivelazioni, né la scienza del parlare bene, né i cilici, né le penitenze, è la
regola vissuta e l'umiltà.
Il Signore ha detto: È il secolo in cui il serpente ha preso le
ali, ed è per questo che sto per purificare la terra! Chi potrà dunque essere
salvato? Colui che domanda l'umiltà e che la pratica.
L'umiltà è la pace!... L'anima umile è regina. È sempre felice.
Nella lotta, nella sofferenza, si umilia, crede di meritare di più, domanda
ancora di più, è sempre in pace... L'orgoglio dà il turbamento. Il cuore umile
è il vaso, il calice che contiene Dio!...
Il Signore dice: un'anima umile, veramente umile, farà più
miracoli degli antichi profeti.
In cielo, gli alberi più belli sono quelli che hanno più
peccato, ma si sono serviti delle loro miserie come un concime che circonda il
piede.
Se tu vedi, aggiunse rivolgendosi alla Priora, giovani suore,
novizie avide di restare in preghiera al di fuori di quello che è di regola,
falle occupare nei lavori più umili».
Diceva, il 19 aprile 1874, la domenica del Buon Pastore: «Se
una novizia fa dei miracoli e non si sottomette, o se ha portato un milione e in
seguito ne voglia disporre o soltanto attaccarsi ad una immaginetta, Madre
Teresa dice: Rimandatela con ciò che ha portato.
Colui che non ha dato la sua volontà a Dio non gli ha dato
niente.
Quando si è dato qualche cosa a Dio, non bisogna riprenderla.
Siete uscite nude dal seno di vostra madre e ritornerete nude nel seno della
terra.
Quando Dio vi ha create, eravate nude, e se volete ritornare
nel seno di Dio, siate nude, non abbiate alcuna proprietà. Se voi avete qualche
cosa, non entrerete, ma resterete fuori. Non occorre neppure la proprietà di
una immagine, di una penna». Riprese ben presto: «Margherita Alacoque dice: Se
i figli della terra comprendessero che le umiliazioni, che tutto sulla terra è
come un lampo che passa!... Se potessi avere un rimpianto, sarebbe di non aver
fatto di più».
Sempre in estasi, ella aggiunse: «Beati tutti quelli che
lavorano alla fondazione!...».` «Il Signore mi ha promesso che i miei giorni
saranno brevi!... Mi ha detto il giorno e il mese in cui mi verrà a cercare, ed
a che ora, e quanti giorni ho ancora da vivere».
Il giorno della festa della santa Trinità di quello stesso anno
(1874), ebbe una visione e delle comunicazioni soprannaturali, che Dio
l'obbligò a sottomettere al Superiore.
Dettò ciò che segue:
«Sto per dire, Padre mio, ciò che mi è stato ordinato di far
sapere. Questa mattina, prima della messa, mi sentivo presa, atterrata, senza
sapere perché, da una potenza nemica che mi perseguitava; il mio cuore si
innalza verso Dio più che mai e grido: Signore, è possibile che abbandoniate la
mia anima? Mio Dio, spero in te! Immediatamente, mi sono vista davanti a Dio.
Lui, su un'alta montagna, molto alta, ed io, in una fossa profonda. Mi sentivo
le gambe rotte, le braccia tagliate ed ero quasi cieca; potevo appena guardare
davanti a me. Vedo allora una luce che l'immaginazione dell'uomo non può
raffigurarsi, né comprendere. È un fuoco ed un refrigerio. Sento che è Dio. Non
ho alcun dubbio che non sia Dio; dico tra me, è Dio e comincio a gridare: Mio
Dio, tirami dall'abisso in cui sono, tirami dall'abisso!
E dicevo in me stessa: da dove viene questa luce? È Gesù? È il
Padre? È lo Spirito Santo? Sentii una voce dire: Considerate un piatto di olio.
L'olio, da solo, non può accendersi; se vi mettete il fuoco dentro, si accende
tutto in una volta e non dura; ma se metti uno stoppino tra l'olio e il fuoco,
allora l'olio, lo stoppino e il fuoco fanno un tutt'uno e producono la luce.
L'olio, è l'immagine di Dio Padre; lo stoppino, è l'immagine di Dio Figlio; lo
stoppino, c'è perché il fuoco non bruci tutto d'un colpo l'olio: è Gesù che
impedisce alla collera di Dio di scoppiare, che concilia l'uomo con Dio; e il
fuoco, è lo Spirito Santo Dio, che fa conoscere Dio all'uomo, che lo riscalda,
gli dà la luce e la vita. La luce attira l'uomo a Dio, e nello stesso tempo gli
mostra Dio.
Considera se l'olio solo può bastare, se l'olio con il fuoco
senza lo stoppino può restare e se lo stoppino può accendersi senza fuoco.
Così, ciò vuol dire che l'uno non può sussistere senza l'altro. Guardo e vedo
questa fiamma ardente che non brucia come il fuoco della terra. Il corpo ne è
arso e nello stesso tempo rinfrescato; vi si sta senza essere bruciato e vi si
gode. Mi è stato fatto un discorso magnifico sull'olio, un sermone magnifico
sullo stoppino ed un discorso magnifico sul fuoco, ma è impossibile ripeterli,
e ciò che dico non mi soddisfa... Mi sono stati fatti parecchi paragoni che la
mia intelligenza non può ripetere, è troppo piccola. lo l'ho compreso in fondo
al mio cuore».
È così che Dio aveva istruito fin dall'infanzia suor Maria, che
non fu capace di leggere, e solamente negli ultimi anni della sua vita, altro
che il libro `l'Angelo custode', a grossi caratteri.
Era tutta contenta in giardino, durante la stagione dei frutti,
vedendo che i meli ne erano carichi, il che ricordava una parola di Nostro
Signore.
L'anno precedente, era stato convenuto che questi meli,
sarebbero stati abbattuti perché non facevano frutti e nuocevano al prato.
Erano stati segnati per essere asportati, e si cominciava già questo lavoro, un
giorno, durante l'orazione, Nostro Signore disse alla sua piccola serva: Dì alla
tua Madre che quest'anno non si abbatta alcun albero, bisogna conservarli. Si
lasciarono dunque gli alberi, che diedero più frutti dei peri, al contrario
degli anni precedenti.
La considerazione del suo nulla e della potenza di Dio la
incantava: « II pensiero che io sono niente mi fa trasalire!» diceva.
«Vedo tutto, contemplo tutto, e vedo tutto come un niente... La
mia anima vagante guarda il cielo, la terra...; ammira l'opera dell'Altissimo;
ma per lei, tutto è nulla! ... vedo in ogni paese tante piante differenti!
Guardo il mare e tutto ciò che esso racchiude... La bellezza dell'uomo è
incomparabile!
Ciò che è nel mare è così bello! Tutto glorifica Dio e tutto è
contento di Dio! Non c'è che l'uomo che non glorifica Dio e che non è
contento!... O uomo, sii felice di tutto, perché il tuo tesoro è l'Altissimo.
Liberati da tutto ciò che è terreno; annientati nel vedere che sei così debole.
Sii fiero di avere un Dio così grande!...
O uomo, non amare ciò che è stato creato più di Colui che l'ha
creato, perché il tuo amore allora si cambierà in tenebre; ama Colui che ha
creato tutte le cose e il tuo amore si cambierà in luce!».
Figlia mia, le diceva il Signore in un'altra estasi, chi non ha
dato la sua volontà a Gesù, non ha fatto niente. Quando si presenta qualche cosa
di penoso che ripugna e lo si fa ugualmente è una prova che si è data la
propria volontà a Gesù. Ora, noi siamo in un tempo, in un secolo di tenebre, lo
spirito è cieco, non sa ciò che vuole... Non c'è che l'obbedienza che ci possa
salvare. Quanti sacerdoti e religiose cadranno, perché non hanno dato la loro
volontà a Gesù...
Ho visto una clarissa, il Signore mi ha detto: Vedi, mi è
sempre così gradita, perché agisce sempre per obbedienza.
«Non temere di lasciare la preghiera per servire i malati,
diceva un giorno ad una giovane suora infermiera; se è una cosa che si può
aspettare fino all'indomani, al-
lora aspetta; ma se è necessario in quel momento non significa
lasciare la preghiera, significa lasciare Dio per Dio, lasciare l'amore per
l'amore!... Quando tu curi le ammalate, cura Dio in loro; fa' per tutte le
stesse cose. Non bisogna avere più piacere a dare cure alle une o alle altre,
con il pensiero che una è più santa di un'altra. E se tu hai curato
perfettamente, per amore di Dio, un'anima in stato di peccato mortale, avrai più
merito che se tu avessi curato una santa».
La Priora del Carmelo di Pau,4° sebbene debole di salute e
spessissimo sofferente, poteva seguire tuttavia la comunità; ma da qualche
tempo, il suo stato si era aggravato ed era trattenuta in infermeria, il che
meravigliava le suore, avendo la veggente promesso che il buon Dio le avrebbe
dato a lungo ancora abbastanza salute per assolvere i doveri della sua carica.
Giacché il male peggiorava, la suora si decise a farle sapere la causa di questo
cambiamento. Le disse che il Signore non era contento, perché le suore erano
riuscite, con le loro pressanti insistenze, a farle lasciare il mantello del
coro, che lei usava, per prenderne un'altro più leggero; effettivamente si
constatò che dal giorno in cui mise questo mantello un po' differente degli
altri, era stata più sofferente. La Priora, tutta contenta dell'avvertimento,
fece ritirare il mantello dall'infermeria. Subito, ella assicura, ho sentito un
benessere, uno star meglio straordinario. O santa Povertà, quanto sei
benefica!
Nel corso del mese di luglio 1874, suor Maria di Gesù
Crocifisso parlava della Rev. Madre Sant'Ilarione, Fondatrice e Priora delle
carmelitane di Marsiglia, morta il 6 luglio di quello stesso anno. Ella diceva
di aver visto questa venerata Madre andare direttamente in cielo, solamente
passando per le fiamme del Purgatorio. Aveva chiesto: «Com'è che sei andata così
direttamente in cielo?» La venerata Madre le rispose: Sì è perché non ho mai
mancato alla carità ed ho praticato la regola.
Tutto il tempo che trascorse fino alla sua partenza per
Betlemme, non fu che, per così dire, una serie ininterrotta di estasi, di canti
rapiti, di avvertimenti celesti. Per descrivere la sua felicità nel suo stile
immaginifico e pieno di grazia, ella diceva che era in vacanza ma che, ben
presto, occorreva tornare in pensione.
Stiamo per citare ora i due avvenimenti che si svolsero durante
il suo soggiorno a Pau ed ai quali ella ebbe una così larga parte: vogliamo
parlare della fondazione del Carmelo di Betlemme e dell'approvazione della
Congregazione dei Preti del Sacro Cuore di Gesù di Bétharram.
Appena di ritorno a Pau, suor Maria di Gesù Crocifisso dichiarò
alla Madre Priora che Gesù la chiamava a Betlemme per morirvi, contrariamente
al desiderio che ella avrebbe avuto di restare a Pau dove si trovava così
felice. Affermò perfino, in parecchie circostanze, che, prima di tre anni,
sarebbe stata a Betlemme. I Superiori non attribuirono grande importanza a
questa profezia ma la suora insisteva, dicendo che Gesù voleva assolutamente un
Carmelo a Betlemme. Un giorno in cui il Signore rinnovava alla suora
l'assicurazione di questa fondazione, la veggente gli disse con santa audacia:
«Per prova che questa fondazione di Betlemme si farà e che io andrò a
morirvi, fai prendere radice a questa foglia di geranio quasi
secca»; e parlando così, affondò in un vaso di terra la foglia che aveva in
mano. Il segno richiesto fu accordato e poco dopo, si vedeva elevarsi da questa
foglia un magnifico geranio.
Ma quale sarà l'eletta da Dio per quest`opera? Doveva essere la
signorina Dartigaux, figlia unica di un Presidente della Corte di Pau e nipote,
per parte di sua madre, del conte di Saint-Cricq, ministro di Carlo X e pari di
Francia. Questa signorina, di una eminente pietà, disponeva di un patrimonio
considerevole, che dispensava in opere buone. Davanti al santissimo Sacramento,
senza esservi sollecitata da nessuno, promise a Dio di realizzare la fondazione
del Carmelo di Betlemme, se il suo confessore l'avesse approvata.
Un Carmelo a Betlemme non era una impresa ordinaria... Un
Carmelo a Betlemme, in permanente immolazione per il trionfo della Chiesa e per
la salvezza della Francia. Bisognava attendersi grandissimi ostacoli...
Anzitutto, una domanda doveva essere indirizzata alla Santa
Sede dal vescovo di Bayonne, Mons. Lacroix, un uomo di Dio, un apostolo, dottore
per la sua scienza, pastore per la sua bontà. Egli venerava la signorina
Dartigaux e la sua amica del Carmelo, suor Maria di Gesù Crocifisso. Ma era
anche la prudenza in persona e, sapendo bene che Roma era contraria allo
stabilirsi di suore di clausura in Terra Santa, rifiutava di prestarsi ad una
procedura del tutto inutile ai suoi occhi.
Tuttavia giudicava che i segni dall'Alto divenivano sempre più
manifesti e decise di passare ai fatti; si cominciava, poi si indietreggiava e,
al momento segnato come decisivo, tutto fu abbandonato. La signorina Dartigaux,
degna emula della pia carmelitana, sua amica, era pronta: accorse, cadde in
ginocchio davanti al vescovo, nel parlatorio del Carmelo di Pau: Monsignore, gli
disse, questo progetto o viene da Dio o no; se non è volontà di Dio, la Santa
Sede lo respingerà, sempre lodando una così pia intenzione, ma se viene da Dio,
può lei resistergli? Nello stesso istante, la supplica venne firmata e spedita;
e, malgrado le opposizioni più considerevoli e più energiche, Pio IX, il grande
Pio IX, di santa memoria, decretò con la sua propria autorità la fondazione di
un monastero di Carmelitane a Betlemme.
Ma bisogna assicurare il servizio religioso della nuova
fondazione. Chi sarebbe stato l'eletto dal Signore?
Ai piedi dei Pirenei, in un angolo delle nostre montagne, un
sacerdote aveva fondato una piccola Società, sotto la dicitura del Sacro Cuore.
Figlio della povertà, nato nell'ultima capanna di un borgo sperduto nel paese
basco, pastore ancora a quindici anni, più tardi sacerdote, Direttore e
Superiore del Grande Seminario, infine fondatore di una famiglia religiosa,
Michel Garicoits era sempre rimasto umile di cuore, come di nascita; aveva
conservato la semplicità di un fanciullo. Il divin Pargolo del Presepe; ecco
l'ideale che lo aveva affascinato. E suor Maria di Gesù Crocifisso a ridire alla
sua nobile amica: «Gesù vuole Bétharram a Betlemme».
L'abate Manaudas, del quale è già stata fatta menzione in
questo racconto, era morto durante la Quaresima del 1874. Questo venerabile
ecclesiastico apparve a suor Maria e la incaricò di parlare a Mons. Vescovo di
Bayonne dell'approvazione a Roma dell'Istituto dei Preti del Sacro Cuore di
Bétharram. La suora accompagnò questa comunicazione di dettagli così precisi e
così intimi, che Monsignore ne fu estremamente colpito; cedendo una volta di
più alla richiesta dell'umile suora conversa, mandò alla Città eterna un
sacerdote di quest'Istituto con l'abate Bordachar. Suor Maria aveva predetto a
costoro che, una volta a Roma, non avrebbero avuto niente da domandare e che
tutto sarebbe stato loro offerto. E così avvenne. Il Rev.mo P. Bianchi, O.P.,
in seguito a circostanze provvidenziali visibilmente preparate dalla mano di
Dio, offri loro i suoi servizi contro la loro attesa, e, due mesi dopo, senza
una sola iniziativa da parte loro, il breve laudativo era accordato dalla
Congregazione dei Vescovi e Regolari." Meno di tre anni dopo, Pio IX approvava
questo Istituto, e, un po' più tardi, Leone XIII gli affidava l'assistenza
spirituale del Carmelo di Betlemme.
CAPITOLO XVI
Partenza di suor Maria di Gesù Crocifisso per Betlemme.
Fondazione del Carmelo di Betlemme - "L'anello dell'alleanza "
Il primo sentimento che proviamo, cominciando questo capitolo,
è di una grande riconoscenza verso Dio, e volentieri diremmo con l'apostolo san
Paolo nella sua epistola agli Efesini (1,3): Benedetto sia Dio, Padre del
Signore Nostro Gesù Cristo che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale
nei cieli in Cristo; sia benedetto Gesù che ci ha scelti 46 per accompagnare le
sue spose nel luogo della sua nascita; perché la fondazione di Betlemme, quando
la si considera in tutti i particolari, è un vero miracolo della destra
dell'Altissimo.
Il 20 agosto 1875 suor Maria di Gesù Crocifisso lasciava il
Carmelo di Pau per recarsi a Betlemme con nove sue compagne. La fondatrice del
Carmelo di Betlemme, la signorina Dartigaux, faceva parte della pia carovana.
Si fece una prima sosta a Nostra Signora di Lourdes dove suor Maria, al suo
ritorno da Mangalore, aveva promesso alla Vergine Immacolata di ritornare,
quando sarebbe partita per Betlemme. Dopo la Messa, fu necessario sottrarla alla
venerazione della folla che si stringeva attorno a lei; la si voleva vedere,
parlarle; l'illustre autore di Nostra Signora di Lourdes, il sig. Enrico
Lasserre, domandò come insigne favore di intrattenersi con lei per cinque
minuti e uscì da questa breve conversazione illuminato e consolato. Colei che
amava chiamarsi "il piccolo nulla" era la sola a soffrire di tutte queste
testimonianze di rispetto che non si riusciva a spiegare." Da Lourdes i
viaggiatori si diressero verso Tolosa dove li attendeva la gentile ospitalità
delle Serve di Maria. Qui ancora, la piccola conversa divenne l'oggetto di una
pia curiosità da parte delle buone religiose, che gioirono nell'averla per
alcune ore nella loro casa. A Montpellier, ella ebbe la grande consolazione di
rivedere Padre Lazzaro, suo confessore durante le dure prove di Mangalore. La
piccola carovana fu ricevuta a Marsiglia da due famiglie amiche delle suore. Fin
dal suo arrivo, suor Maria cominciò a operare una riconciliazione fra due
giovani sposi di questa famiglia." Rivide anche le buone suore di San Giuseppe
dell'Apparizione, presso le quali aveva passato due anni, e il sacerdote arabo
che era stato per lei un vero padre, quando ella era domestica in quella città.
Infine, il 26 agosto, i viaggiatori si imbarcarono per la Palestina, dopo aver
fatto il pellegrinaggio a Nostra Signora della Guardia per raccomandare la
traversata alla "Stella dei mari". Il tempo fu loro costantemente favorevole,
così bello e così sereno che il santo Sacrificio poté essere offerto ogni giorno
a bordo. Subito dopo il passaggio delle Bocche di San Bonifacio, ci si trovava
in vista di Napoli, dove la nave si fermò per alcune ore e i viaggiatori
poterono ammirare il magnifico spettacolo che si offriva ai loro occhi, mentre
una piacevole musica si faceva sentire. Solo suor Maria sembrava insensibile a
questi suoni armoniosi, essendo interamente assorbita da un'altra musica, la
musica formata dalle note del mare, del cielo, delle colline e delle montagne:
«Quanto è bello, lei diceva, e come Dio che ha fatto tutte queste meraviglie,
deve essere infinitamente più bello! Signore, Dio degli eserciti, quanto sei
grande! Signore, Dio degli eserciti, quanto sei potente!». La sua influenza su
tutto l'equipaggio era irresistibile. Dal comandante ai semplici marinai, tutti
si sentivano dominati dalla sua presenza, senza comprenderne il perché.
Vedendola passare sul ponte con la maestà di una regina, si inchinavano
rispettosamente. Quando non c'era, domandavano sue notizie con una certa
ansietà, temendo che stesse male, e non si sentivano pienamente rassicurati se
non quando la vedevano ricomparire. Suor Maria non perdeva il suo tempo; diceva
ad ognuno una sua parola, con una grazia e una dignità che incantavano;
predicava a quegli uomini la necessità della preghiera e il nulla di tutto ciò
che passa, e sempre era ascoltata col più grande rispetto. Completamente
dimentica di sé per non occuparsi che degli altri, aveva l'occhio a tutto,
pensava a tutto, prendeva tutto; dopo aver servito gli altri, non pensava
ancora a se stessa; le si doveva ricordare che aveva un corpo, perché si
occupasse di dargli il necessario. Andava dall'una all'altra delle sue compagne
con un sorriso celestiale, incoraggiando l'una, presentando il cibo all'altra,
simile ad una madre che si prodiga per i suoi figli.
Fra i passeggeri si trovavano due disgraziate giovani, vittime
sfortunate del vizio. All'inizio della traversata si sarebbe detto che la vista
dell'abito religioso delle carmelitane le aveva un poco intimidite, ma questo
timore scomparve ben presto e non si sentivano più che le risa sataniche di
queste fanciulle perdute. In certi momenti, suor Maria non si tratteneva; gli
ardori di un santo zelo le facevano mandare dei sospiri e pronunziare parole di
fuoco contro queste infelici; domandava con le lacrime a Nostro Signore di
mandare a queste anime sviate una prova che le obbligasse a rinunciare ad uno
stato così deplorevole; si elevava con forza contro la tirannia del demonio e la
bruttezza del peccato; ma subito, rientrando in se stessa, diceva: «Signore
Gesù, ti rendo grazie di avermi preservato dal male, di avermi custodita come
la pupilla del tuo occhio! Ahimè, senza la tua mano potente, io sarei forse
caduta più in basso di queste infelici! Custodiscimi, Signore; ho paura di me
stessa, custodiscici tutti».
Il 3 settembre, la nave si trovava nel porto di Alessandria per
una sosta di tre giorni. In questa città suor Maria aveva sofferto il martirio
per la sua fede, all'età di tredici anni; là era stata gettata in un luogo
deserto dal suo uccisore, là era stata raccolta da una misteriosa religiosa che
la guarì, le annunciò tutto ciò che le doveva accadere più tardi e non la
lasciò se non quando fu ristabilita. Sebbene la disposizione dei luoghi fosse
interamente cambiata, la suora poté indicare il posto dove era stata curata e
che primitivamente era una sconosciuta grotta. 1 suoi fortunati compagni
pregarono su questo posto benedetto, ringraziando Dio dei miracoli di cui questa
bambina privilegiata era stata oggetto, e ripetendo nel fondo del loro cuore
questa parola del salmista: Mirabilis Deus in sanctis suis.
Il 6 settembre, si sbarcava a Giaffa. Il vice console di questa
città, in nome del governo francese, e il Rev. P. Guido, direttore di Casa Nova,
mandato dal Custode di Terra Santa, erano venuti ad accogliere la piccola
colonia sulla nave, arrogandosi il favore di condurla a terra. Appena sbarcata,
essa fu accolta dai Rev. PP. Francescani, che l'accompagnarono nella loro
cappella per cantarvi il Te Deum di ringraziamento. La sera di questo stesso
giorno, si raggiungeva Ramleh, dove le viaggiatrici furono salutate presso i
RR.
PE Francescani al grido di viva
le Figlie di santa Teresa! L'indomani prendevano la strada di Gerusalemme, per
arrivare nella Città Santa due ore prima di notte.
Era il 7 settembre, anniversario del martirio di suor Maria di
Gesù Crocifisso ad Alessandria. Per la terza volta, faceva questo
pellegrinaggio; ma quanto quest'ultimo viaggio differiva dai due primi! Ella
non era allora che una fanciulla povera e sconosciuta, alla quale nessuno
prestava attenzione; oggi è una figlia di santa Teresa; porta sulla fronte la
corona delle Spose di Gesù e la corona della sofferenza. Con quale commozione,
passando non lontano dal villaggio di San Giovanni, i viaggiatori avevano
ripetuto il cantico della Vergine Maria, il Magnificat, applicandolo alla
piccola suora conversa, che pure l'aveva recitato senza sospettare queste
riflessioni! Quest'umile religiosa, come la sua divina Madre Maria, non aveva
motivo di glorificare il Signore? Quante anime ricondotte da lei alla verità e
alla virtù! Quante altre, sospinte dai suoi esempi ancor più che dalle sue
parole, nella vita religiosa, nella vita sacerdotale, e perfino nel mondo! La
sua anima non era rapita di gioia in Dio suo Salvatore? Cosa voleva ella, che
cosa ha sempre voluto, se non Dio e Dio solo? La volontà di Dio è stata il suo
cibo; è rimasta fedele al suo Dio in mezzo alle prove più dure, non ha mai
avuto sete che di sofferenze; ed ecco che Dio, per ricompensarla fin da quaggiù,
la riempiva di una esultanza tale da non poterla contenere; bisognava che la
riversasse su tutti quelli che l'avvicinavano. Quale era la causa di questa
gioia? Ah! è che il Signore aveva guardato l'umiltà della sua piccola serva;
Egli, aveva realizzato su di lei i suoi disegni; e per mezzo di lei, poiché era
un nulla agli occhi di se stessa, aveva operato cose meravigliose. Ed ora,
veniva a Betlemme a fondare il Carmelo; veniva a morire a Betlemme, dove la
preghiera dei suoi genitori l'aveva ottenuta dalla santissima Vergine.
Tre giorni furono dedicati alla visita dei principali santuari
di Gerusalemme. Le pie pellegrine erano desolate nel vedere la maggior parte di
questi luoghi così santi tra le mani dei Turchi e di scismatici. Visitando il
Cenacolo, dove i Mussulmani avevano innalzato una moschea, il viso di suor
Maria, che era tutto raggiante di gioia celeste, divenne pallido e disfatto; i
suoi occhi avevano una espressione di dolore infinito: «Dissi a Gesù,
raccontava più tardi, come, Signore, puoi permettere simili cose, visto che sei
Dio? Ah! è troppo! Se fossi Gesù, giammai sopporterei una tale profanazione! Ma
ben presto domandai perdono a Gesù, aggiungendo: Signore, abbi pietà di me,
scusa il mio ardire, il mio amore per te mi ha fatto mandare questo grido. Se
fossi Gesù, farei come te, la prenderei con pazienza, perché avrei nel mio cuore
la tua infinita bontà. Ahimè! Signore, in quante anime più abominevoli ancora
di questo Cenacolo, sei costretto a discendere! Comprendo la profanazione di
questo santo luogo pensando a tutte le comunioni indegne e sacrileghe nella tua
santa Chiesa!».
Fin dall'indomani del loro arrivo nella Città Santa, i
viaggiatori si erano recati al Patriarcato. Grande fu la loro sorpresa nel
vedere l'umile suora conversa parlare al Patriarca con l'abbandono e la
semplicità di un bimbo che ritrova suo padre. Siccome essi al ritorno a Casa
Nova le esprimevano la loro meraviglia, rispose loro: «Ma io ho visto tanto
tempo fa Mons. Patriarca, Nostro Signore me lo ha mostrato anni fa, perfino
quando era vivo colui che c'era prima di lui; mi aveva detto allora: Egli sarà
un giorno tuo Padre. Io l'ho subito riconosciuto non appena l'ho visto».
La piccola carovana era arrivata a Gerusalemme la vigilia della
natività di Maria, ed essa ne ripartiva la vigilia del santo Nome di Maria, per
recarsi a Betlemme. La nascente comunità non vedeva l'ora di installarsi in
questa piccola città benedetta. Si comprendono la sua gioia e le sue pie
emozioni allorquando essa poté inginocchiarsi nella grotta della Natività di
Nostro Signore, che era il culmine dei suoi desideri.
Il 24 settembre, tutto era pronto per ricevere le suore nella
casa provvisoria che esse dovevano occupare per un anno. L'installazione fu
splendida; il Patriarca di Gerusalemme presiedeva la cerimonia; il console di
Gerusalemme, il vice-console di Giaffa vi rappresentavano la Francia; i
principali capifamiglia di Betlemme assistevano; il Rev.mo Padre Custode di Terra Santa aveva mandato Padre Guido,
e Padre Alfonso Maria Ratisbonne uno dei suoi sacerdoti. Le carmelitane scesero
processionalmente nella Grotta e l'abate Bordachars° pronunziò, davanti
all'imponente e numerosa assemblea, il mirabile discorso del quale riportiamo
una parte: Monsignore, mancano quasi quattro giorni, per completare un anno dal
momento in cui, essendo stato scelto, malgrado la mia indegnità, come
messaggero della provvidenza e come avvocato della bella e santa opera del
Carmelo di Betlemme, avevo la gioia di deporre a Roma, ai piedi di Sua santità,
le generose aspirazioni del Carmelo di Pau e i voti ardenti di Mons. Lacroix,
nostro venerabilissimo vescovo di Bayonne.
Profondamente penetrato e convinto, dominato dal sentimento
intimo della verità e della santità della nostra missione, benedetta e
confermata dalla obbedienza, noi, con rispetto, ma senza timore, stavamo per
annunciare al Vicario di Cristo, che una pia comunità, avvertita e sollecitata
dall'Alto, noi lo crediamo, e sostenuta dalle larghe liberalità di una degna
emula delle Sante Paola ed Eustochio, s’implorava il favore di porre, in nome
della Chiesa e della Francia, nei luoghi dove nacque la sorgente della vita, un
coro di vergini sante destinate, come gli angeli del cielo, i pastori ed i re
magi, ad onorare con un culto locale e permanente la culla del Salvatore Gesù,
unico vero Re del cielo e della terra, ed a fare scendere, con le loro preghiere
e le loro austerità claustrali, le misericordie di Dio sulla Chiesa e sulle
società moderne, così crudelmente turbate, agitate, provate e núnacciate
dappertutto, nel nostro triste secolo.
La causa che noi avevamo il compito di sostenere era pia,
grande e bella!... E tuttavia, avemmo le nostre ore di contraddizioni e di
angoscia, grazie a Dio, brevi e rapide. La grande anima di Pio IX, illuminata
da quei lumi superiori che fanno la gloria del suo pontificato e la consolazione
e la speranza del mondo, aveva senza dubbio presentito il divino dell'opera
proposta; e, fin dal primo esposto della nostra pia missione, essa era
immediatamente favorita da tutta la sua più efficace protezione, e dalle sue
più care e più potenti simpatie.
Così, poco dopo l'arrivo delle vostre gentili e benevole
lettere di accettazione, Monsignore, la nostra cara opera era solennemente
approvata. Due eminenti cardinali se ne dichiaravano i protettori speciali; il
governo della Francia cattolica l'appoggiava con tutto il suo credito, e le
benedizioni particolari del nostro santo e venerato Pio IX coronavano tutto ciò
che il cielo e la terra sembravano moltiplicare e accumulare di aiuti e di
simpatie per questa fondazione, alla vigilia ancora sconosciuta, e
improvvisamente per tutti e dappertutto già tanto amata.
Ed è così, Monsignore, che in questa stalla, in nome del nostro
venerabile vescovo di Bayonne, e con la pia Fondatrice qui presente, il Rev.
Padre Estrate ed io, abbiamo la gioia di porre sotto la vostra santa e paterna
protezione queste vergini cristiane, lampade viventi di fervore e di pietà,
santo ex-voto della Chiesa e della Francia, vittime espiatorie che si offrono
spontaneamente per obbedienza a Gesù, Re del tempo e dell'eternità, per le mani
di Maria, in riparazione dell'ingratitudine e delle empietà del mondo...
Dopo questo discorso, ascoltato da tutta l'assemblea con la più
religiosa attenzione e la più viva emozione, Mons. Patriarca si alzò, e con
alcune parole ispirate alla più paterna benevolenza, dichiarò di accettare con
riconoscenza questo dono della Francia e di Roma, e che, se queste suore
avrebbero cambiato di giurisdizione, esse non avrebbero cambiato padre. Dopo di
che, mettendosi in ginocchio davanti alla grotta, intonò il veni Creator.
Quando questo canto terminò, la processione procedette lentamente verso il
convento provvisorio. Tutta Betlemme era presente, formando due immense ali al
suo passaggio, piena di rispetto, di silenzio, di simpatia. Giunto alla casa, il
Patriarca la benedisse, come pure la piccola cappella. Celebrò in seguito la
santa messa, dopo la quale impose la clausura: il Carmelo di Betlemme era
fondato. Suor Maria di Gesù Crocifisso, rientrata da Mangalore a Pau il 5
novembre 1872, si trovava nel Carmelo di Betlemme il 24 settembre 1875. Aveva
avuto dunque ragione di dichiarare che non sarebbe rimasta neanche tre anni a
Pau, dopo il suo ritorno dalle Indie.
Bisognava ora comprare il terreno per il futuro convento e
tracciare il piano del monastero. Per questo, come in precedenza, il Signore
Gesù aveva promesso, più volte alla sua santa Sposa che avrebbe fatto tutto lui.
Attendevano con impazienza, ma con completa fiducia, la realizzazione delle
promesse divine. La fanciulla benedetta aveva detto a diverse riprese, a Pau,
nelle sue estasi e nel suo stato ordinario, che il convento sarebbe stato
costruito su una collina che Gesù avrebbe indicato; e aveva perfino mostrato la
posizione di questa collina in relazione alla Grotta; anche l'abate Bordachar,
quando fu sui luoghi, la riconobbe prima che suor Maria gliela avesse indicata,
da parte di Dio. Nostro Signore aveva detto alla sua piccola serva che avrebbe
voluto che il monastero fosse costruito su quella collina e le aveva indicato
il punto preciso della futura cappella. Aveva perfino aggiunto che la sua santa
Madre vi si era riposata lì alcuni istanti, quando andava a Betlemme per
metterlo al mondo.`
Si trattava dunque di comprare questo terreno il più presto
possibile. L'anima di questa impresa, come delle precedenti, fu l'abate
Bordachar. Egli si intese immediatamente, a questo scopo, con il Rev. P. Curato
di Betlemme. Ma, l'indomani, quest'ultimo ci faceva sapere che la collina aveva
un grandissimo numero di proprietari, fra i quali si contavano perfino dei
Turchi e degli scismatici, e che sarebbe stato difficilissimo comprarla.
Tuttavia cominciò a fare degli approcci in questo senso con il proprietario
della parte superiore del terreno. Costui, con grande meraviglia del Padre
Curato, promise di vendere. Si fissò il prezzo; ma l'indomani, il proprietario
fece delle difficoltà, a seguito delle quali fu deciso che si sarebbe rimandato
l'acquisto. Queste difficoltà scossero la nostra fiducia: Non è forse vero,
dicemmo a suor Maria, che Gesù aveva promesso di disporre il cuore dei
venditori di modo che questi uomini sarebbero venuti essi stessi ad offrire il
terreno? «Sì, ella rispose, ciò è vero e ciò è scritto, la suora segretaria ne
può far fede. Ma non abbiate paura di niente, la parola di Gesù si realizzerà
come sempre e queste difficoltà non serviranno che a rendere la cosa più
mirabile». Ci ritirammo edificati, ma non convinti. Alcuni giorni dopo, il
proprietario recalcitrante domandava di registrare il contratto al prezzo che
era stato dapprima convenuto. Le altre parti di terreno furono comprate in
circostanze analoghe, di modo che bisognerebbe essere ciechi per non vedervi il
dito di Dio. Aggiungiamo che Nostro Signore realizzò parallelamente la seconda
parte delle sue promesse, indicando egli stesso la disposizione e le dimensioni
del futuro monastero. A Gerusalemme, questo piano fu mostrato a suor Maria di
Gesù Crocifisso fin dal suo arrivo; ed a Betlemme, altre tre volte. A seguito di
queste indicazioni, l'abate Bordachar ne fece il disegno: il convento doveva
avere la forma di una stella, della quale la cappella e le dipendenze sarebbero
stati come raggi allungati.
Quattro giorni dopo l'installazione nella casa provvisoria,
suor Maria di Gesù Crocifisso ebbe una lunga estasi riguardo al futuro Carmelo.
Noi ne abbiamo estratto i seguenti passaggi:
«Voi non sapete ciò che il Signore ha appena fatto. Oh! quanto
è mirabile! Egli ha domandato a tutto, perfino alla parte bestiale che è in noi,
se essa ha abbastanza pascolo, e la bestia sì ha gridato: Signore, preferisco il
cammino del Carmelo, perché è dolce e facile.
Egli ha destinato la nostra casa là (e indicava col dito il
lato dove si trova la collina di David). Egli è il nostro solo dominatore... Ho
visto, aggiungeva, tutto ciò che il Signore ha fatto; non ha mai fatto una cosa
simile! Non la comprendo!... Ho visto il monastero: esso forma una stella e il
coro è un sole che annuncia la felicità! Quanto siamo ciechi, noi! Perfino alle
bestie, il Signore domanda se esse sono contente, ed esse dicono: siamo
abbastanza nutrite, abbiamo abbastanza. Ho appena visto tutto ciò. Perché non
posso morire d'amore! Prendi la mia vita, Signore; i miei occhi hanno visto
tutto, ho visto i sentieri che tu mi hai tracciato. Basta, Signore, prendi la
mia vita, ho visto tutto ciò che mi hai destinato. Basta, perché io ho gran
paura della mia debolezza!».
Il 18 ottobre, ella vedeva ancora il nuovo monastero e diceva:
«È la casa della gioia, il Signore l'ha promesso.
Il Signore ha anche promesso di essere sempre il capo. Non
soltanto per un anno, ma fino alla fine. Terrà sempre la casa sotto la sua
mano, e guai alla pecorella che non sarà fedele!...
Che cosa è l'uomo riguardo al suo Creatore? Perché l'uomo è
cattivo? Ammiriamo la pazienza di Dio! Oh! sì, mille anni passano come un
giorno. Ma noi siamo creati per amare il nostro Creatore e non per assecondare
il nostro desiderio... Tanto più faremo la nostra volontà, tanto più bruceremo
in Purgatorio, forse dieci anni per un solo gesto, secondo la sua gravità... Che
serve all'uomo guadagnare l'universo, se viene a perdere la sua anima?
Vedo molte religiose, professe da venti anni, che escono dai
loro conventi... Il nemico ha ora molta potenza. Tutte quelle che hanno la
radice marcia cadranno; è il momento, è la giustizia di Dio! Non crediate che un
albero cada di colpo; né un religioso, o una religiosa cadano di colpo senza che
vi sia stato da tempo qualcosa di marcio; il guasto procede radice per
radice.
L'anima è come una lampada, la si fa vivere con gli atti di
rinunzia... e senza tali atti, essa muore, soffoca.
Vorrei una lingua purificata dal fuoco per dire tutto ciò che
ho visto... È il momento in cui gli alberi stanno per cadere. Ve ne sono che
hanno le foglie gialle, ma la radice è buona; altri, sacerdoti, religiose,
sembrano buoni e cadranno, perché la radice è cattiva. Vi sono degli uomini di
mondo che sembrano cattivi, ma che hanno il fondo buono: essi prenderanno il
posto degli altri...
Non bisogna ricevere spiriti ribelli, fastidiosi: essi
nuocciono molto nei monasteri. Questi spiriti realizzeranno molto meglio la
loro salvezza nel mondo». Suor Maria si era adoperata in tutti i modi, malgrado
le sue sofferenze, per i lavori di messa a punto della casa provvisoria.
Nessuno avrebbe pensato, vedendola così attiva e così spesso sorridente, che
camminava a fatica. La Priora l'aveva incaricata, per alcuni giorni, di dare gli
ordini necessari agli operai; costoro erano felici di obbedirle, e l'influsso
della sua santità non aveva tardato a farsi sentire. C'era fra loro un povero
giovane, che aveva avuto la disgrazia di apostatare tre volte, per abbracciare
la religione di Maometto. Il suo sguardo era feroce; il suono della sua voce
spaventava. Suo padre, che gli era accanto, piangeva in silenzio; giudicava il
male irrimediabile; già quest'uomo era fidanzato a una maomettana. Suor Maria
aveva visto tutto con un colpo d'occhio. Si trattava di tirar fuori un'anima
dal profondo abisso nel quale era volontariamente caduta; parlò a questo
giovane; gli parlò del suo Dio, dei suoi impegni, della sua apostasia, con
tanta bontà e forza, che quell'infelice aprì il suo cuore alla suora; confessò
il suo crimine e, nello stesso tempo, il rimorso che lo straziava; promise di
pregare. La religiosa pregò da parte sua. Alcuni giorni dopo, questo giovane,
vinto dalla grazia, faceva la sua abiura, si confessava e comunicava, col viso
raggiante di gioia e di riconoscenza.
Il 7 novembre di quello stesso anno, suor Maria riferiva, in
questi termini, una visione che aveva avuto durante la messa:
«Mi è parso di vedere davanti a me, Dio nella sua maestà, su
una montagna; il suo braccio destro era appoggiato su un ulivo. Era tutto luce,
e la sua luce e il suo chiarore davano su un campo di frumento maturo, ed io
vedevo che il frumento era maturo a causa della sua luce, del suo fuoco e del
suo chiarore. Gli ulivi anche erano coperti da questa luce e la loro luce era
verde, mescolata di bianco. È qualche cosa che non si può esprimere né tanto
meno immaginare. Un bimbo è venuto fuori da questa luce e mi ha offerto nove
olive, dicendo: Dio vuole che ne mangia nove ad ogni pasto col tuo pane secco;
le mangerai completamente amare, come appena raccolte da quest'albero, e
questo, per nove giorni. Poi, per dodici giorni, ne mangerai altre nove per ogni
pasto, ma le prenderai da come le mangi le altre. Poi, terminerai questa
quarantena di digiuno, col pane secco, come l'hai cominciata». Essendole stata
permessa tale cosa, ella così fece.
Il 19 dicembre, con trasporti indicibili, diceva che gli angeli
erano venuti a prendere il portiere (della casa provvisoria), che era morto
l'antivigilia, e lo avevano rimesso tra le braccia del suo Creatore; non
smetteva di ripetere: «Quanto sono felice di averlo conosciuto! Era un uomo
retto, ha molto sofferto, è stato disprezzato; ma ora, quale gioia nel cielo!
Invece i ricchi sono onorati; essi godono per alcuni anni sulla terra, ma dopo,
vanno per cento anni e più in Purgatorio, dove ogni ora è più lunga di un
giorno!
Dio ama l'uomo retto, e anche se commettesse molte iniquità,
Egli gli darebbe la luce per convertirsi; ma (egli) non può tollerare, l'uomo
ipocrita; e quand'anche esso avesse ogni apparenza di santità, non sarà gradito
a Dio come l'uomo retto, pur in mezzo alle sue imperfezioni».
Le suore di San Giuseppe stabilite a Betlemme non mancarono di
venire ad augurare il benvenuto alla nuova Comunità. Una di esse, che aveva
fatto il noviziato nella sua Congregazione a Marsiglia nello stesso periodo di
suor Maria, le disse: Quando sono stata mandata a Betlemme, ero dispiaciuta,
giacché avevo una grande ripugnanza per andare in missione; ma subito, mi sono
ricordata che tu mi ave!, vi allora detto che io un giorno vi sarei andata, ed
ho obbedito di buon grado.
Suor Maria di Gesù Crocifisso, come tutte le vittime scelte da
Dio, aveva passato la sua vita in mezzo a prove inaudite, così come abbiamo
visto; ma a Betlemme, le sue angosce, i suoi tormenti e il suo martirio
dovevano andare crescendo, fino alla sua ultima immolazione. Ciò che
rattristava soprattutto la sua anima era la visione soprannaturale dei delitti
che coprivano la terra e i lamenti di Nostro Signore che avevano un'eco nel suo
cuore.
A questo proposito citiamo alcune righe delle note scritte
nella prima settimana di Quaresima del 1876:
«Nostro Signore teneva nelle sue mani un mucchio di fuoco;
guardava la Francia con un senso di compassione e di amore; il fuoco scivolava
e cadeva dalle sue dita, era sul punto di cadere interamente; ma il Signore
diceva e ripeteva: Domanda perdono, domanda perdono! Povera Francia,
aggiungeva, povera Francia, se lo sapesse, se lo comprendesse, e soprattutto se
lo volesse! Dio l'ama tanto!».
Durante l'ottava di Nostra Signora del Monte Carmelo, in quello
stesso anno, suor Maria domandava a Nostro Signore, riguardo alla Francia,
perché permette
va che si scacciassero i buoni, mentre restavano i cattivi. Il
Signore le rispose che ! era lui stesso a permettere questo. Ecco, aggiungeva,
un paragone che mi ha fatto: «Vedi questa bella terrazza, vi sono ogni specie di
frutti e di fiori; ma vi vengono degli insetti e ogni specie di bestie; essi
pizzicano i fiori e la malattia si attacca agli alberi. Allora il Signore dice:
Io sradicherò tutti questi alberi. Ed ha comandato ai suoi angeli di sradicare
tutti questi alberi».
Il 31 agosto, dopo parecchie estasi nelle quali suor Maria
parlava delle disgrazie future, comunicava alla maestra delle novizie` una
angoscia che aveva provato per tre giorni, riguardo al nuovo monastero: «Ho
sentito dire (soprannaturalmente) che vi è molta agitazione da queste parti e
che tutti hanno paura. Si dice che il nostro monastero sarebbe ottimo per una
caserma, e, vedete la mia debolezza, mi sono turbata. Pensavo: Come! Il buon Dio
mi aveva fatto vedere questo posto, come prima ti avevo detto, e mi ero dinuovo
ingannata? E mi dicevo: No, no, Dio mi ha fatto vedere tutto questo... E
pensandolo, sento una voce dirmi: Perché ti turbi? Sì, sarà una caserma. A
queste parole, cado nell'angoscia e nel turbamento: Come, dico, la Fondatrice
ha fatto tanti sacrifici per fare una caserma, invece di una casa di Dio? Ero in
preda ad una angoscia inesprimibile, e, per tre giorni, sono rimasta con una
pena mortale. Credo che Gesù dovesse ben ridere di me. Ho fatto tutto ciò che
ho potuto per distrarmi; ma sempre avevo un verme roditore nella testa e nel
cuore; ero divorata da tristezza pensando che la casa sarebbe stata venduta e
che al suo posto sarebbe stato messo altro. Oh! quali tre giorni! Ecco che dopo,
nella mia pena, Dio ha avuto pietà di me; ho dormito (estasi) ed ho sognato
moltitudini di bambini; non erano bambini, ma angeli. Ve ne era uno su ogni
pietra, e suonavano una melodia ciascuno, e con un tono così celeste! Mi
sembrava che si preparasse qualcosa di magnifico; il mio cuore era consolato, e
dicevo: È meglio per tanto, che la casa sia per questi bambini al nostro posto,
che per dei soldati! E una nuvola verde li copriva da ogni parte, come per
proteggerli... Nello stesso tempo, vidi nuvole, tempeste, pioggia di ogni cosa
cadere sulla terra e niente arrivava in questa casa. Mi dicevo tra me e me:
Questi bambini portano felicità alla nostra casa; essa è tranquilla, perché
essi l'abitano. E, in mezzo a quella tempesta, vidi dei bimbi scrivere su ogni
pietra dicendo: La pace e la felicità agli uomini di buona volontà! Nello stesso
momento, in mezzo al prato, vidi scritto in lettere d'oro: Il nome di Dio
cancella i peccati del mondo e rende il cuore dell'uomo gioioso, ebbro di
felicità! E sento una voce che mi rivolge dei rimproveri, dicendo: Anima di poca
fede! Desidero una caserma di soldati che preghino e salvino le anime. A queste
parole, sono stata ricolma di gioia e di pace: tanto la pena era stata grande,
tanto lo è stata la gioia».
Questo stesso anno 1876 fu segnato per la serva di Dio da una
grazia straordi-
naria che il Salvatore accorda solo alle anime elette.
Intendiamo parlare di quella unione fra Gesù e l'anima, di quella donazione
reciproca, totale e perfetta, di quell'irrevocabile contratto di amore,
intercorso fra Dio e la creatura, che i mistici hanno l'abitudine di indicare
sotto il nome di matrimonio spirituale. Si può dire che tutta la vita di suor
Maria di Gesù Crocifisso, non era stata che una lunga preparazione a questo
favore privilegiato. La quaresima di quell'anno ne fu la preparazione
immediata. La corona di spine riapparve attorno alla testa della fervente
carmelitana; le sue stimmate si riaprirono nel cuore, alle mani ed ai piedi.
Poi, quando il divino Sposo giudicò che la sua fidanzata fosse sufficientemente
ornata di questi gioielli della sofferenza e dell'amore, egli l'elevò alla
dignità di sposa di unione sacramentale, come aveva fatto tre secoli prima per
la serafica Teresa. Ascoltiamo questo prodigio dalla bocca stessa della felice
privilegiata in estasi. Invisibili messaggeri le offrivano la scelta tra il
lasciare la terra senza indugio, oppure vivere ancora qualche tempo in mezzo a
prove raffigurate da una foresta selvaggia.
«I bimbi dicono: Se tu attraversi la foresta, cadrai. Se andrai
subito da Gesù, il Signore ti darà ciò che desideri: questo è ora il momento
della decisione.
Ma se io vado via ora, non avrò niente da offrire al mio Dio.
Avrò il tempo di godere e non avrò il tempo di soffrire! Che c'osa c'è di più
gradito a Dio? Dite al mio Dio che io voglio ciò che gli è più gradito: accetto
doppi tormenti perché l'Olivo doni la luce al Roseto!
Tuttavia, se dovessi fare una caduta e offendere Gesù, presto,
voglio andare da Lui. Ma, se Egli promette di custodirmi, accetto tutti i
tormenti...
Voglio le due cose, mio Dio!
Il Signore mi disse: Figlia mia, te ne offro la scelta.
Ed io dissi: Maestro mio, te ne lascio la scelta!... So che
sceglierai il meglio! Accetto tutti i tormenti per un tuo piccolo sguardo».
Ella ascolta e dice: «No, no, non mi tentate. Lascio la scelta
al mio Dio! Felice l'anima che si affida al Signore!
Che importa di camminare nella cenere ardente! Ebbene, se devo
diventare cieca, preferisco la cecità che avere gli occhi e non vedere il mio
Dio...; non mi tentare... Due esseri si contrastano in me... Uno vuole prendere
la difesa del mio Ulivo e del mio Roseto, e l'altro vorrebbe andare via... Ma,
Signore, non li ascoltare, non mi pronuncerò mai.
La madre conosce ciò che è meglio per il figlio, ma il figlio
può conoscere il meglio per se?
Io ho più che padre e madre, ho il mio Creatore che mi
avvolge!... Mangerò il pane che mi darà.
Vedi, Dio mio, l'uno inclina per restare, e l'altro vorrebbe
andare via... Io non sono padrona né dell'uno né dell'altro, ma del tuo
beneplacito!
Se le mie ossa dovessero essere rotte, se la mia carne dovesse
cadere a brandelli, che importa se il mio Dio ne ha piacere?... Ciò che il mio
Maestro vorrà da me, io lo voglio... Mi domandate se sono contenta?... Domandate
al prigioniero se preferisce restare in prigione o passeggiare in giardino...
Se preferisce restare ai lavori o in libertà... lo so che non offendo Gesù
domandando di andar via!... Ma, se devo fargli un piccolissimo piacere, io
resterò.
Ah! Finalmente, avete capito!».
Fino a questo momento, le era parso di conversare con un essere
soprannaturale. Ora, ella si prostra e si rialza dicendo: «Ebbene, accetto con
tutto il cuore!... Ne vale proprio la pena per il mio Creatore!... Tutto
passa!... Io sono felice che scelga il mio Creatore... Si scriva... Io, non
scrivo niente, Gesù farà tutto per me!... Ciò che io domando, è che l'Ulivo sia
trasportato nel giardino, che il suo Vicario, il suo Clero, i suoi membri
prendano le loro disposizioni da Dio...
Se avessi scelto! Ma il Signore mi custodirà ed Egli mi metterà
l'anello ed io andrò in pace: non permetterà che io cada».
A questo punto, baciò il suo dito anulare della mano sinistra.
Fece il movimento di uscire un anello e di passarlo nello stesso dito della
mano destra dove lo baciò di nuovo. E ogni volta che, in seguito, baciò il suo
invisibile anello, fu sempre su questo stesso dito.
Ella guardava il suo anello con ammirazione e tale vista la
investiva di gioia celeste. Continuò: «Lo custodirò, il mio caro anello... Non
sapevo che egli avesse un anello nascosto per me... Esso è pesante e leggero...
Non ho mai ricevuto un anello... Sono contenta... Non l'ho meritato!».
Lo bacia ancora e sembra volere con il suo dito compitare
alcune parole che vi vedeva scritte: «Vi sono scritte tre parole, dice,
questo...». Trasporti di gioia le impediscono di continuare. Un istante dopo
ella riprende: «Quelli che dicono a Dio: Fai ciò che vuoi, riceveranno un
anello... Quando Dio ci ha creati, ci ha lasciato la volontà; colui che la dà al
suo Creatore riceverà un anello... Vi si darà un anello!... È tutto ciò che si
possa desiderare sulla terra!... È l'anello dell'alleanza!... Quando si dà
l'anello dell'alleanza, sebbene si passi attraverso il fuoco, come un eroe, lo
si sente tanto quanto si può, ma rispetto a causa dell'alleanza... Il mio cuore
mi tormenterà, ma rispetto a causa dell'anello dell'alleanza. Dal cielo e dalla
terra, mi si gettano pietre, ma, in fondo, rispetto a causa dell'alleanza.
O mio tutto, io non l'ho meritato... Ho ricevuto un premio per
l'ingratitudine. Me lo si dà come regalo. Esso è pesante, ma leggero... Non
uscirà più!».
Faceva un movimento come per conficcarlo nel suo dito: «Se
avessi ascoltato la carne e il bimbo sarei partita!».
La costruzione del nuovo monastero era stata fatta con tanta
rapidità che il 21 novembre di quell'anno 1876, ebbe luogo il trasferimento dal
Carmelo provvisorio al Carmelo della Collina di David. Il Patriarca celebrò la
prima Messa durante la quale ebbe luogo la liberazione di un gran numero di
anime del Purgatorio, della quale suor Maria, fu in segreto, la felice
testimone. Pochi giorni dopo, era rapita fin dal mattino e cantava l'Amore in
trasporti indicibili; sembrava che contemplasse una processione che passava
davanti a lei; s'inginocchiò profondamente, per un momento, come per adorare.
Diceva: «Uno, passando m'ha dato una rosa` un'altro me l'ha presa. Io li ho
visti tutti uscire con delle palme, fu allora che il Signore è passato e mi ha
detto: Figlia, sai chi sono? Sono colui che risuscita i morti, sono il Maestro
che guida l'anima... Camminerò davanti a te come un Pastore davanti alle sue
pecore.
Egli è vestito di blu, è un blu luminoso. Che cosa ciò vuol
dire? Perché alcuni sono bianchi di luce, altri blu di luce, altri gialli di
luce, verdi di luce?
Quaggiù il mio cuore non ne può più. Come volete che io viva?
Quel momento, quello sguardo, tutto è inciso nel mio cuore...».
Aggiunse: «II Signore disse: Rispettate il silenzio del
chiostro da cima a fondo. La nostra santa Madre Teresa mi ha rimproverata per
aver parlato in un luogo di silenzio per Regola».
«Teresa e Caterina (vergine e martire) hanno fatto il giro
della casa e sono contente... Se voi siete fedeli, avrete una vita santa ed una
santa morte».
Il 28 dicembre, suor Maria esclamava, dopo un lungo rapimento:
«Il Signore mi ha mostrato tutto! Ho visto la colomba di fuoco!... Rivolgetevi
alla colomba di fuoco, allo Spirito Santo che ispira tutto... Mi è stato detto:
Seguimi. Ed ho visto tutti gli alberi e le montagne trasalire. La pace è il mio
retaggio, la pace e la croce sono il mio retaggio, ma la croce e lo
scoraggiamento sono il retaggio del nemico e di coloro che ascoltano il
nemico».
Alle raccomandazioni che ella fece alla Comunità da parte del
Signore, aggiunse queste parole: «La santa Madre Teresa dice che se potesse
piangere, ella piangerebbe su certe Comunità, ma verrà il tempo in cui queste
Comunità saranno punite».
Per dare una idea del come Dio illuminava suor Maria di Gesù
Crocifisso sugli avvenimenti che si verificavano a grandi distanze, citiamo
alcuni brani fra le migliaia affidate alle note. «Ora, ella diceva il 28
gennaio 1877, comprendo perché ieri ero tanta angosciata. La sera, prima di
mezzanotte ho visto che, in un posto lontano, si preparavano a massacrare dei
cristiani. Sono stata presa da spavento. 1 cristiani erano stati avvertiti, ma
non potevano fuggire. Quando vedevo fare i preparativi, in quel posto faceva
giorno.
In seguito, quel mattino, verso le due, vedo che i cattivi
erano entrati nelle case dei cristiani per massacrarli. C'è da una parte della
casa un'ala che non è finita o che è caduta; sono salita attraverso questa fino
in alto ed ho visto, nella casa, il massacro. C'erano grida strazianti: si
gridava al soccorso e nessuno poteva venire; si combatteva, era spaventoso».
All'epoca del disastro che inondò Tolosa, nel mese di giugno
1875, la Veggente aveva detto: vi sono delle inondazioni nella nostra povera
Francia. Il martirio di certi poveri missionari era riferito con tutti i suoi
particolari nelle note, mentre il fatto accadeva in Cina e altrove.
Mons. Lacroix, vescovo di Bayonne, cita uno di questi fatti, in
una lettera al cardinale Antonelli, in data 6 febbraio 1875, in cui sollecita
il suo intervento presso la Propaganda (Fide) per affrettare l'autorizzazione
alla partenza delle suore designate per la fondazione di Betlemme. Sua
Eccellenza la cita così:
Il racconto del martirio del V. M. Baptifault, sacerdote
missionario nel Yun-nan, in Cina, pubblicato dall'Universo, nel suo numero del
21 gennaio 1875, noi l'avevamo scritto già qui, sotto dettatura della persona
che voi sapete, fin dal 17 settembre 1874, alle otto del mattino, alcune ore
appena dopo che questo dramma sanguinoso si fosse compiuto, così lontano da noi,
nello Yun-nan, in Cina, e senza che niente di umano possa spiegare l'esattezza
del fatto o dei particolari più minuziosi, dettati qui, a così grande distanza,
dalla nostra pia Veggente.
Potete, Eminenza, segnalare questa notizia, come molto
autentica, a nome mio, al Santo Padre, me garante.
Nel mese di agosto, suor Maria diceva: «La settimana scorsa,
Nostro Signore mi ha promesso qualche cosa di consolante per la Francia: che la
prova non sarebbe stata così dura come egli aveva detto, a motivo della carità
che essa ha usato verso il Santo Padre; è proprio verso di lui che essa l'ha
usato e perciò Egli risparmierà i colpi alla Francia; ciò accadrà ma non così
male, e solamente per purificare la Francia».
«Un giorno, dopo la santa Comunione, riferiva ancora suor
Maria, ho visto una prateria fiorita: era molto bella; vi erano da un lato un
fiume e dall'altro un mare; la prateria era in mezzo. Nella prateria, mi pare
passeggiasse Nostro Signore, non era come un Dio, ma come un uomo, come quando
era sulla terra. Dopo vidi un cane che correva attorno al mare ed al fiume. Non
sapevo allora che quest'uomo che vedevo fosse Nostro Signore; non vi pensai che
allorquando sentii la sua voce dire al cane che galoppava: Satana, Satana, hai
visto il mio popolo: l'hai perseguitato e hai visto che esso dà la sua vita per
me, senza alcuna mormorazione contro di me! Perché esso poteva cadere e dire:
"Se fosse Dio, potrebbe liberarci". Invece di far ciò, non ha mormorato.
Dammene uno che dia la sua vita per te! Satana ha risposto: Oh! Vi sono molti
popoli che vi tradiscono! Nostro Signore gli ha detto: Va', ti do ogni potere
sulla terra, e vedrai se il mio popolo non viene tutto da me, gridando forte; e
vedrai quello che mi tradisce, e se esso non griderà verso di me. Va', io ti do
ogni potere sulla terra; ma ricordati che l'avvenire sarà a tua vergogna. Hai
visto il mio servitore N..., che hai tormentato, e che è sfuggito alle tue mani.
Tu l'hai straziato per quattro giorni; gli hai tagliato le gambe, strappato gli
occhi e le dita; questi tormenti sono durati quattro giorni fra le tue mani;
hai constatato se si è lamentato contro di me?
Hai constatato che predica sempre il mio nome, e che dimentica
i suoi dolori per pensare a Gesù. Te lo dico in verità, va' via; ti do ogni
potere sulla terra, ma ciò sarà a tua vergogna. Nostro Signore aveva l'aria
molto fiera dicendo ciò. Oh! quanto è buono, Gesù, quanto è amabile! Mi ha detto
il nome di questo martire, ma l'ho dimenticato: è un nome straniero. Poi, mi
sono svegliata».
CAPITOLO XVII
Virtù di suor Maria di Gesù Crocifisso
Per realizzare grandi e adorabili disegni, Dio aveva dotato
suor Maria di Gesù Crocifisso di una intelligenza penetrante e perfino
superiore. Le aveva dato un cuore ardente, una volontà incrollabile che la fece
riuscire, malgrado mille ostacoli, a creare nella sua Chiesa opere immortali.
Perché Dio l'ha scelta? C'è un motivo per il quale Dio abbia abbassato i suoi
sguardi su questa figlia? Il motivo primario, unico, è la sua volontà. Dio
sceglie chi vuole per le sue opere. Ma come tuttavia questa anima, era ben
fatta per compiere i divini disegni! Nipote di un martire della Chiesa di Dio,
il sangue di questo antenato si è innalzato fino a Dio e la virtù di questo
sangue ha ottenuto dall'Altissimo questo miracolo di santità, questo miracolo
di vita prodigiosa, quale l'abbiamo conosciuto in questa mirabile fanciulla. La
virtù degli antenati non è perduta agli occhi di Dio ed Egli sa al momento
giusto, ricompensare queste virtù.
Come avevamo già visto, l'anima di questa religiosa non viveva
che di fede. Tutti i giorni ringraziava Dio di averla fatta figlia della sua
Chiesa: «Sono figlia della Chiesa, ripeteva spesso con trasporto come la sua
serafica Madre Teresa. Dio è il mio Dio, Gesù è mio Padre, Maria è mia Madre,
gli Angeli, i santi sono i miei fratelli!». Quale nobiltà è quella della fede!
Tale fede si traduceva in amore veramente filiale e verginale per tutti gli
insegnamenti della Chiesa. Ogni esitazione in presenza della semplice direzione
e indicazione della chiesa la faceva reagire; non comprendeva che si potessero
mercanteggiare a una tale madre il proprio amore, il proprio rispetto e la
propria obbedienza.
La sua speranza era piena di certezza, di slancio e di forza.
Sebbene si credesse la più grande peccatrice del mondo, lei, che ha sempre
conservato la sua innocenza battesimale, non disperava mai della misericordia
di Dio. Il Signore l'ha condotta per le vie più dolorose: molto spesso le
tenebre erano così folte nella sua anima, che si domandava tremando se si fosse
salvata.
Diceva il 17 gennaio 1876: «Ieri mi si accese una fede
vivissima in Dio, ma nello stesso tempo il timore di essere abbandonata da Lui.
Tutto ciò che Egli ha fatto per me mi è stato presente, ed anche tutte le mie
ingratitudini... e nello stesso tempo il pensiero che tutto fosse finito per
me. Dicevo: Non vedere mai Dio, mai!... Non posso consentirvi, è un tormento che
mi brucia dentro fino alle ossa. E dico:
Signore, meglio essere eternamente bruciata, spezzata, macinata
come la farina; ma, di grazia, che io ti veda!
Allora, questa mattina, comincio a fare tutta sola, il bucato.
Col mio corpo non so cosa avrei fatto; avrei trasportato le montagne, avrei
tirato tutta l'acqua dalla cisterna; avrei lavato tutta la casa dall'alto in
basso, senza risentirne, tanto grande era il mio tormento nel pensare che mai
avrei visto Dio.
Ecco ciò che mi ha sollevato. Il cane ha commesso un fallo, io
l'ho battuto ed esso chinava ancor più la testa. Dopo, vado in refettorio ed
esso arriva, io lo caccio ed esso ritorna; lo caccio ancora e si accovaccia
davanti alla porta e mi guarda con un'aria che eccita la mia compassione. Allora
gli ho dato un pezzo di pane. Nello stesso tempo, il pensiero della bontà di Dio
per l'anima che ritorna a lui come questo cane ritornava da me, mi prese, e
sentivo che a lui sarebbe stato ancora più impossibile non aver compassione di
noi... Il mio cuore fu penetrato, le mie pene sparirono; ero malata e come in
agonia, ma tutto il lavorio era finito».
Per volontà di Dio, il demonio tentò così mille volte di farla
cadere nella disperazione, persuadendola che Gesù l'aveva abbandonata, e sempre
la suora rispondeva al demonio: «Spero nella misericordia di Dio». Predicava la
speranza a tutte le anime scoraggiate e perfino colpevoli: «Dio, diceva senza
posa, perdona tutto a un cuore retto, contrito e umiliato».
Questa speranza in Dio, l'ha spinta fino ad una sublime
imprudenza. Fin quando prestò servizio non conservò mai un soldo dei suoi
guadagni; dava tutto ai poveri, man mano che riceveva il suo salario. Sempre,
ha intrapreso i suoi viaggi senza denaro, e sempre la Provvidenza è venuta in
suo aiuto.
Ci raccontava, un giorno, il fatto seguente relativo all'epoca
in cui aveva lasciato la sua famiglia per seguire l'ispirazione di Dio.
«Un giorno, eravamo sbarcati, ed io non sapevo che fare, non
avevo mangiato niente da molto tempo; avevo fame, e niente per comprare
qualsiasi cosa; non conoscevo né il posto, né qualcuno, e non potevo restare
nella strada. Seguii i pas- 1 seggeri ed entrai con essi in un albergo e trovai
ivi una camera aperta, vi entrai e mi trovai sola. La fame che avevo era tale
che stavo per piangere, ma mi dissi: è meglio pregare. Vedo qualcuno che entra e
che prepara sul tavolo un buon pasto; mi si dice di mangiare. Penso: è la Santa
Vergine, e mangiai. La padrona dell'albergo venne da me con molta bontà e mi
mise nella mano un pezzo d'oro della sua acconciatura` e mi disse: quando
uscirai, lo darai a mio marito per pagare il tuo pasto, se non lo vorrà, lo
terrai per te. Il proprietario dell'albergo non volle in nessun modo essere
pagato.
Un'altra virtù che distingue questa bella anima e che le
riassume tutte, è l'amore di Gesù. Amava Dio di un amore puro, disinteressato,
costante ed eroico. Il suo cuore era come un braciere ardente. Il solo nome di
Gesù faceva battere questo cuore e le provocava dei trasporti. Spesso cadeva in
estasi sentendolo pronunciare, e siccome, con sua grande confusione, ciò le
accadeva in presenza delle suore, le scongiurava di non ripetere davanti a lei
questo nome adorabile.
Per amore di Dio aveva fatto i più duri sacrifici: sacrificio
delle ricchezze, dei piaceri, della sua patria, dei suoi agi, della sua libertà!
Non conosceva che Gesù e Gesù Crocifisso.
Gli testimoniava il suo amore con una delicatezza verginale di
coscienza la quale faceva in modo che lei avesse paura, non soltanto del
peccato, ma ancora dell'ombra stessa del peccato. Se le accadeva di cadere in
una imperfezione nella quale temeva che vi fosse qualche volontà da parte sua,
ne provava una desolazione estrema. Si può dire, in effetti, che, durante la sua
vita e soprattutto al termine del corso della sua vita il carattere distintivo
del suo amore per Gesù fosse l'orrore per il peccato.
Il secondo carattere del suo amore per Gesù, era uno zelo
ardente per la gloria di Dio. E qui ancora, rassomigliava molto alla sua
serafica Madre santa Teresa, che fu consumata, fino all'ultimo giorno della sua
vita, nelle fiamme dello zelo più ardente.
Suor Maria di Gesù Crocifisso non si contentava di nutrire zelo
per la sua perfezione, voleva ancora che attorno a lei si amasse Dio. Era
gelosa della perfezione delle sue suore, nelle quali vedeva altrettante spose di
Gesù. Leggendo nelle loro anime, come in un libro aperto, e seguendo perfino il
volo rapido e capriccioso dell'immaginazione, le avvertiva con forza e bontà di
tutto ciò che scorgeva di difettoso nella loro vita; ma non lo faceva che dopo
averne ricevuto il permesso della Madre Priora. La sua parola era nello stesso
tempo, terribile come quella di un giudice, dolce e carezzevole come quella di
una madre. Un atto di umiltà da parte della colpevole la disarmava e la rendeva
sorridente. Rispose un giorno ad una suora che aveva mancato al silenzio e che
le domandava in lacrime se Gesù le avesse perdonato: «Gesù non rimprovera che
per perdonare».
Una suora conversa del Carmelo di Pau, soggetta ad una grave
infermità che non t le permetteva di osservare tutta l'austerità della regola,
disse un giorno a bassa voce qualche parola a suor Maria. Questa prese una
espressione molto seria. Dopo alcuni attimi di solenne silenzio, le disse:
«Vuoi la tua condanna?... Se vuoi la tua condanna, sarai guarita all'istante!».
Conservò verso la sua compagna un atteggiamento severo per una parte della
giornata, per farle capire di non domandare altro che la volontà di Dio.
Più tardi, allorché questa suora tutta in pena si offriva senza
dubbio per soffrire di più, suor Maria le disse: «No, neppure, mio Dio, la tua
volontà! Questo basta». Un altro giorno, a quella buona suora, uscendo dal
parlatorio, disse: «Hai pronunciato una parola leggera; rifletti, lo
riconoscerai». Dopo una ricerca abbastanza lunga, la suora avvertita si rese
conto della mancanza e confessò che aveva trasceso. Ma lo zelo di suor Maria di
Gesù Crocifisso si esercitava ancora presso ogni anima che l'avvicinava. A
quanti sacerdoti ella ha fatto tanto, tanto bene! Quante anime del mondo le
devono, non soltanto di camminare nella via della virtù, ma ancora nella via
della più alta perfezione! Voleva accendere l'amore di Gesù in tutti i cuori e
lo zelo per la gloria di Dio, che questo amore sempre dà.
Ma vi fu qualche cosa di più mirabile nell'amore di questa
bella anima per Gesù: è il suo amore per la croce. La croce era sempre il libro
aperto sotto i suoi occhi che le parlava dell'amore di Gesù e, al fine di
rendere al divino Maestro amore per amore, non sospirava che presso la croce. In
questo modo Dio ha pienamente risposto ai suoi ardenti desideri. L'ha fatta
passare, non solo per le croci ordinarie, ma anche attraverso le croci più
straordinarie. Ancora giovanissima, è stata martirizzata. In seguito il corpo
di questa angelica fanciulla è stato abbandonato alla potenza delle legioni
infernali. Ora, quale esempio di forza, di fermezza nella pratica della virtù
non ha dato al mondo, malgrado tutte le persecuzioni, le tentazioni e le
insistenze di Satana! E allorché Dio la fece passare ancora per la più forte di
tutte le prove, la persecuzione delle persone buone, dei suoi superiori, non
seppe che pregare per essi e spingere la virtù fino ad affrettare la costruzione
del Carmelo di Betlemme per liberare dalle fiamme del Purgatorio, l'anima di
colui che l'aveva fatto tanto soffrire!
Era bello vederla accanto alle suore ammalate spendersi in cure
e tenerezza, cercando, con una sollecitudine più che materna, tutto ciò che
poteva sollevarle. Si può dire che si faceva inferma con le inferme, attivando
il loro coraggio con parole di cielo.
Quest'anima verginale, per la quale tutta la creazione non era
che uno specchio, amava persino gli animali che invitava a benedire il Signore.
Citiamone un tratto incantevole. Amava particolarmente le api, alle quali
parlava del loro Creatore, ogni volta che passava davanti al loro alveare. Un
giorno, vedendo che uno sciame si preparava ad uscire, disse loro, «Piccole
creature del buon Dio, se voi andate via senza che noi vi vediamo, non fuggite,
ma restate per terra fino a quando non arrivo io, ed allora volerete
sull'albero». L' indomani, lo sciame effettivamente uscì, e quando suor Maria se
ne accorse, si era già posato a terra nel prato. Non appena lei comparve, le api
volarono sull'albero, da dove sembravano volersi ben presto disperdere. Suor
Maria invitò allora le sue compagne che l'avevano seguita, a recitare il Veni
Creator, e disse alle api: «Nel nome di Gesù, entrate nell'alveare!». Il Veni
Creator non era terminato, che tutte si affrettavano ad entrare nell'arnia che
era ai piedi dell'albero. La potenza di Dio e l'obbedienza di queste piccole
creature mettevano la suora fuori di sé e la rapivano di ammirazione.
Ecco un altro tratto, forse ancora più toccante. All'inizio
della fondazione, il Carmelo possedeva un cane da guardia. Suor Maria di Gesù
Crocifisso che considerava ogni cosa in Dio, invitava qualche volta
quest'animale alla riconoscenza verso il suo Creatore, enumerandogli tutto ciò
che ne aveva ricevuto. Gli diceva ancora, con un sentimento di profonda
venerazione, di tenerezza per la nobile Fondatrice del Carmelo, che era lei che
forniva il nutrimento, che faceva sì che se ne avesse cura e che doveva
essergliene riconoscente. Gli fece più volte, con tanta serietà e tanta
ingenuità, la seguente raccomandazione: «Quando la mia amata sorellina verrà, tu
ti coricherai ai suoi piedi, glieli leccherai e glieli bacerai, hai capito?»
Effettivamente, alcuni mesi dopo la morte di suor Maria di Gesù Crocifisso,
quando la pia signorina venne a Betlemme, questo cane, che era per natura molto
aggressivo e per il quale lei non era che una estranea, si recò da solo alla
porta della clausura, e non appena fu entrata, si coricò ai suoi piedi,
leccandoglieli e accarezzandola in mille modi. Fu allora che ci si ricordò
delle raccomandazioni che le erano state fatte dall'umile suora conversa.
Ma la virtù che maggiormente ha brillato in suor Maria di Gesù
Crocifisso, è l'umiltà. L'umiltà è come il sigillo impresso in tutti gli atti
della sua vita: essa forma da sola le sue armi, se così mi posso esprimere. Dio
le aveva così ben mostrato il suo nulla, che non fu neppure tentata di vanità in
mezzo alle grandi opere alle quali la sua vita è stata mescolata. Di fronte
alle lodi ripeteva spesso, come d'altra parte in presenza del biasimo: «Io sono
quella che sono davanti a Dio. Non sono che peccato, miseria, ingratitudine. Mio
Dio, usami misericordia! Scongiurate il cielo e la terra per me, affinché sia
salvata. Per causa delle mie iniquità, non profitto di alcuna grazia!».
Per umiltà, ha domandato sempre di restare suora conversa; per
umiltà, si è sempre diretta verso i più bassi incarichi; per umiltà, non ha
amato che le persecuzioni, il disprezzo e le calunnie; avrebbe voluto non
essere vista né conosciuta da nessun altro che da Dio. In tutte le istruzioni
che rivolgeva alle anime per obbedienza, ritornava senza posa sull'umiltà:
«Siate piccoli, diceva, piccoli come un verme della terra, ma come un verme
della terra sotto terra. Il verme di terra su terra è calpestato dai piedi o
divorato da altri animali; il verme di terra sotto terra vive, ed è al riparo di
tutti i pericoli. L'umiltà, diceva un'altra volta, alla luce di Dio, fa vedere
Dio. Se voi cadete nel peccato, non vi scoraggiate, ma elevatevi abbassandovi.
Felice l'uomo che cerca la bassezza, l'inferno intero non può scuoterlo».
Il Venerdi Santo del 1876, mentre sopportava sofferenze
indicibili, provenienti dalle stimmate aperte, fu rapita in estasi ed esclamò:
«Dove nasconderò tutti i miei gioielli perché i ladri non se li prendano mentre
vado ad attingere l'acqua? Signore, non lo permettere. Ecco ciò che farò:
metterò una cintura sulla mia carne con i miei gioielli andrò a mendicare presso
i ladri; dirò: datemi qualche cosa da mangiare. In questo modo, al contrario, i
ladri avranno compassione di me; andrò e potrò ritornare a casa dopo avere
attinto l'acqua... Ho chiamato il capo dei ladri e gli ho detto: Ho fame, ho
sete. Ed egli mi ha detto: Attingi e va'. Se avesse saputo!...
Fate come me, continuava e, sembrava rivolgersi a qualcuno: Se
non puoi nascondere i tuoi gioielli, dalli a me, io li nasconderò. Ho raccolto
un grande sacco di olive, lo porto sulle mie spalle. Mi si dice: che cosa porti
là? Rispondo: È terra per costruire la mia casa che cade in rovina. E, se si
fosse dubitato che erano olive, mi avrebbero ucciso. Ho trovato il Signore e mi
ha detto: che fai? Rubo, mio Dio, ciò è permesso? Permetto, figlia mia, ad ogni
anima di rubare l'umiltà. Ti confesso, Signore, ciò che mi è accaduto con i
ladri. Egli mi ha detto: Hai fatto bene. Ho detto: Ho nascosto del denaro, poi
delle olive: ho mentito? No, questo non è mentire, hai fatto bene; devi
nasconderti agli occhi dei ladri... Qualcuno dice: Lavoro tutti i giorni, ho
raccolto questo frumento. Allora i ladri lo hanno ucciso, hanno preso il suo
sacco, e i suoi figli sono morti di fame. Passate completamente nudi
nell'umiltà, il nemico non può toccarvi perché voi siete poveri; ma se voi
siete carichi di denaro, vi si ucciderà. Tutti questi, sono dei paragoni. Noi
non mentiamo: Se Dio ci abbandona, siamo terra. Quando diciamo che abbiamo fame
e sete, è vero: la terra ha sete. Credete, quando dico questo ai ladri, che io
senta di mentire? No. E per le olive neppure: So che le olive sono di Dio e la
terra mi appartiene. Purificate le vostre intenzioni».
Ecco come un giorno riferiva sulle intenzioni che la animavano
al momento di accostarsi alla sacra Mensa: «Dico a Gesù: Signore, sono una
piccola ignorante, sono cieca, ho male ad una gamba, sono debole; vengo a te
per vederti, vengo a te perché mi faccia camminare, per avere la forza, per
avere la vita. Abbi pietà di tua figlia, la sua natura la macchia, il suo
orgoglio la sporca... Vieni, vieni a darmi la forza nel timore che il leone mi
divori. Vieni: il tuo sguardo mi guarisce; e tutto sarà per te. Uno sguardo, è
la vita, è l'incanto! Prendi il mio cuore, la mia anima: fanne un tutt'uno con
te per presentarla al Padre Eterno! Senza di te, io sono nuda: vieni a
rivestirmi; sono sporca, vieni a lavarmi!».
Quante pagine bellissime suor Maria ha dettato sulla umiltà!
Tutte le altre virtù della sua anima si raggruppavano attorno a questa virtù.
L'umiltà era, per così dire, il sole che la illuminava, la terra, che la faceva
vivere e crescere, il mantello che la proteggeva.
Un'anima distintasi così per l'umiltà non poteva essere che
un'anima obbediente. E, effettivamente, tutta la sua vita non fu che un grande
atto di obbedienza. Lei chiamava l'obbedienza, le ali dell'anima religiosa.
«L'obbedienza, diceva, è per l'anima ciò che le ali sono per
l'uccello.
Infelice l'uomo che non sacrifica tutto all'obbedienza: il suo
desiderio, la sua volontà, tutto ciò che piace all'uomo; se non fa questo
sacrificio, non vedrà mai Dio.
L'anima che obbedisce a Dio, obbedisce al Superiore: quella è
proprio regina della pace e della gioia.
Mentre quella che non obbedisce a Dio, non obbedisce al
Superiore, diventa regina del turbamento e dell'agitazione».
Diceva un giorno ad una suora: «Tu pratichi solamente
l'obbedienza all'autorità. La sottomissione e l'obbedienza sono due ceri fatti
per rischiarare l'anima nelle tenebre... È proprio nel momento buio, terribile,
che bisogna lasciarsi guidare dall'obbedienza.
Bisogna sempre ubbidire, sottomettere la propria volontà a
quella dei superiori. Non bisogna avere ripensamenti. Dio non ama un'anima che
non obbedisce, che non sottometta il suo giudizio. Non bisogna mercanteggiare
con Gesù. Se agisci per lui, fallo interamente: Egli non ama i mezzi termini.
Un'anima che non gli dà tutto, è come un'anima tiepida, e Gesù la vomita dalla
sua bocca».
Durante le sue prove, a Mangalore, il suo confessore Padre
Lazzaro, le aveva ordinato di sputare su tutto ciò che avrebbe visto
nell'estasi. Ora, un giorno, abbattuta da sofferenze di ogni specie, ripeteva a
Nostro Signore ciò che gli aveva detto molte volte: «Mio Dio, che io arrivi a
te, sono pronta a passare per l'acqua, per il fuoco, perfino attraverso
l'inferno, se tu lo vuoi: ma che ti trovi!».
«Tutt'a un tratto, lei dice, scorsi qualcuno davanti a me. Ho
sputato a nostro Signore (mi sembra che fosse proprio lui) ha sorriso ed ha
detto: bene, figlia mia, sputa. Non te lo fa fare il tuo confessore? sono io
che gli ispiro di comandartelo. Perché piangi? Io sono più che mai vicino a te:
non ti desolare. Ma voglio che tu soffra sempre, dillo al tuo confessore».
Dopo queste parole le sue sofferenze cessarono ed il suo cuore
si trovò ricolmo di gioia e di pace.
Durante un sermone, raccontavano i suoi superiori, lei
esclamava: «Dio è tutto amore ed io, io sono niente!» ed erompeva in trasporti.
Le abbiamo detto all'orecchio di aspettare in silenzio la fine della predica;
tacque immediatamente; ma ben presto, abbiamo provato del rimpianto, e pregammo,
sempre a bassa voce, perché essa ricominciasse a parlare. Immediatamente,
proruppe di nuovo in trasporti di amore ed in parole infuocate.
Un giorno, durante il desinare, nel refettorio, la suora fu
rapita in estasi; sembrava contemplare un essere invisibile, al quale ella
presentò una ciotola piena d'acqua; poi ritirando la ciotola, la strinse sul suo
cuore. Avendola richiamata all'obbedienza, uscì subito dalla tavola, tenendo la
sua ciotola su una mano e un pezzo di pane nell'altra. Seguì la Priora nella sua
cella, e poi alla ricreazione, dicendo delle parole incantevoli sull'amore e
sull'obbedienza. Citiamone alcune: «L'amore non ne può più, esso è in
deliquio... Il Signore mi ha detto: Dammi da mangiare, dammi da bere. Nello
stesso tempo, Egli domanda e mette la mano sulla ciotola per non prendere. Io
ho dato ed egli mi ha reso la tazza e mi ha detto: tienila...
Il Signore disse: Fortunati coloro che persevereranno
attraverso tutto; felice l'anima che si abbandonerà al Signore rinunciando alle
sue idee: sarà regina».
Ciò che le costava di più, era di parlare delle rivelazioni che
aveva avuto; avrebbe preferito molti digiuni e altre penitenze anziché
l'obbligo imposto dal Signore di ripetere tutto ai Superiori; passava tuttavia
al disopra di tutte le sue ripugnanze per obbedire, e, una volta detto tutto non
ci pensava più.
Amava la povertà religiosa e la praticava in una maniera
perfetta; sempre ricercava ciò che vi era di più povero. Un abito molto usato e
rattoppato la colmava di gioia. In cucina, non lasciava perdere niente e
utilizzava tutto. Accadde un giorno che trovò il latte coagulato. Subito,
rivolgendosi a Dio, gli disse: «Tu sai che ho bisogno del latte per le suore;
sto per farlo cuocere; benedicilo, e, anziché guastarsi
di più, fallo ritornare completamente buono». La sua compagna
restava incredula; dovette tuttavia ben presto costatare che, cuocendo, il latte
era ridiventato liquido e buono, così che nessuno ne fu privato.
Durante la sua infanzia, aveva ricevuto dal divino Maestro,
riguardo a questa virtù, un mirabile insegnamento. Aveva visto nostro Signore
sulle rive del mare e le aveva detto: vedi questo immenso mare: ebbene, non
prendere dalla sua acqua se non la quantità necessaria; sebbene il mare non
possa esaurirsi, non ne usare che nella misura in cui ti occorre. Questo dico
per darti un esempio della povertà che devi praticare.
Ed aggiungeva: «Grazie a Dio, compresi la povertà, e da allora
ritengo di averla praticata».
Durante le sue estasi, ha spesso raccomandato, da parte di Dio,
la pratica scrupolosa di questa virtù e si è fatta sentire con forza contro le
più piccole mancanze su questo punto, affermando che esse contristavano il cuore
di Dio. Faceva attenzione a uno spillo a una briciola. Voleva il necessario, ma
il superfluo la contristava. «Per una grande riparazione assolutamente
necessaria, diceva, dovesse costare un milione, il Signore manderebbe ciò con
cui farla; ma per un filo di paglia usato inutilmente, rimane ferito e
manderebbe un castigo. Per un buco fatto senza necessità, saprebbe bene aprirne
dieci da un altro lato».
A motivo del suo amore per la povertà, suor Maria ha meritato
di essere il principale strumento della fondazione del Carmelo di Betlemme,
destinato ad onorare la povertà di Gesù nella sua greppia.
Molte circostanze della sua vita ci hanno dimostrato la stima
che lei aveva della verginità. Ben presto, ne aveva compreso tutta l'eccellenza
ed aveva promesso a Dio di restare vergine. Fedele alla sua parola, ha portato
nella tomba la verginità del cuore, dello spirito e del corpo.
Una volta, per trionfare di una forte tentazione, mise un dito
nel fuoco e lo tenne nelle fiamme così a lungo che il dito ne restò tutto
deformato. Un'altra volta, per la stessa causa, passò un ferro arroventato sulla
sua carne nuda. Durante la possessione di quaranta giorni, non fu mai permesso
al demonio di pronunciare una sola parola o di fare un solo movimento che
potesse ferire sia pure soltanto un poco la modestia. Tutta la sua persona
spirava, per così dire, la verginità; non si poteva vederla e avvicinarla senza
sentirsi presi da rispetto. Le grandi opere compiute tramite lei provano fino a
qual punto la sua verginità sia stata feconda.
Del resto, il corpo non contava più per lei; lo avrebbe
distrutto ed annientato con l'austerità, se l'obbedienza non l'avesse fermata su
questa via.
1 digiuni a pane e acqua, per quaranta giorni, sono frequenti
nella sua vita; gli - accadde perfino di digiunare in questo modo per un anno
intero. Quante rudi penitenze ha praticato per la salvezza delle città e delle
nazioni in pericolo! Le sue sofferenze erano continue e malgrado ciò, correva
ai lavori più faticosi.
Un giorno in cui, essendo fortemente in preda ad angosce ed a
pene interiori, non si era comunicata, si recò, mentre le suore facevano il
ringraziamento, in una stanza piena di enormi casse, ripiene di biancheria.
C'era da fare una nuova sistemazione e lei voleva affrettarsi ad impegnarvisi
per risparmiare questo lavoro alle suore. Queste la trovarono in estasi, mentre
spazzava, dopo avere già cambiato posto a tutto. Le si domandò: Chi ha messo là
quelle casse? Rispose mostrandocene una molto grande: «Un bimbo l'ha presa da
questo lato, un altro da quello ed io ho aiutato un poco nel mezzo. Quando siete
entrate, sono andati via». Tre di queste casse erano state così trasportate e
poste su dei cavalletti. La si vide trasportare l'ultima, la più piccola, e
metterla su una delle grandi, cosa che due suore non avrebbero potuto fare.
Tutto questo lavoro non era durato più di un quarto d'ora. La suora finì con
cura di spazzare dicendo: «I prediletti da Dio sono puliti».
Il 31 luglio 1877, sebbene molto sofferente, andò a lavare la
biancheria alla lavanderia. Mentre vi era occupata, cadde in una deliziosa
estasi, senza tuttavia interrompere il lavoro, essendo suonata l'ora del pasto
disse: «Bisogna che vada a mangiare». Vi andò e subito ritornò; si vedeva la
biancheria che strofinava, imbiancare a vista d'occhio tra le sue mani.
Sembrava vedesse il nemico (Satana) e gli diceva: «Niente per te, il lavoro (è)
per Gesù!». E, rivolgendosi alle suore: «La Bestia mi dice: Se tu lavori così,
ne morrai. Ebbene, prendi (questa)». E strofinava con più forza. «Bisogna
sottomettere tutto ai Superiori, diceva, altrimenti la Bestia balla». Sembrando
di parlargli ancora, aggiunse: «Va' a cercare in città chi vorrà ascoltarti;
qui, tutte hanno offerto la loro volontà al Creatore. Esso non vuole lasciare
il monastero, perché vede che c'è Dio in mezzo... Ebbene, riprese, avvertirò
tutte le suore...».
La sua vita scorreva così nel martirio di tutto il suo essere
crocifisso, non trovando sulla terra niente di più bello che l'accettazione
della sofferenza per Gesù, da qualunque parte le venisse e sotto qualunque forma
si presentasse.
Durante il suo ritiro di professione, affannata un giorno da
ciò che chiamava le sue iniquità, aveva detto: «Signore, che vuoi che faccia? È
subito fatto, Signore; sai il dolore che nel mio cuore ne provo. La immensità
delle tue misericordie cancellerà la moltitudine dei miei peccati. Signore! Tu
sei l'Essere ed io sono il nulla; tu sei Dio ed io non sono che un granello di
polvere. Occorre che colui che esiste eternamente, abbia pietà di chi non è
niente, e colui che è Dio eternamente usi misericordia a chi non è altro che un
po' di polvere. Ricordati, Signore, dell'opera delle tue mani!
Poi, mi sono abbandonata con tutta fede, con tutta speranza,
con tutta fiducia. E sono rimasta tutta la notte in questi sentimenti. Ed oggi,
questa mattina, mi sono addormentata ed ho visto nostro Signore; la sua figura,
la sua faccia, la sua testa, i suoi piedi, le sue mani, tutto il suo corpo era
coperto di polvere; sembrava che il sudore uscisse a grosse gocce dal suo corpo.
E contemporaneamente, mi sono prostrata ed ho adorato. E in quel momento, mi
sembra, desideravo prendere tutte le pene, tutte le tristezze, tutte le angosce,
tutte le sofferenze, per liberarne Gesù, per consolarlo. Ed allora ho sentito
una voce dirmi: La mia consolazione sarà per te spine; il profumo delle mie
rose per te saranno angosce, e le mie delizie saranno per te tormenti. Signore,
ho detto, proprio questo è ciò che desidero da te, e tutto è sparito».
La prudenza del serpente si univa in quest'anima alla
semplicità della colomba. Interrogata spesso in casi difficili, le sue risposte
portavano sempre l'impronta di una saggezza tutta celeste; in una parola, lei
risolveva le più grandi difficoltà e indicava la linea da seguire. La sua
prudenza abbracciava ancora i particolari più minuziosi della vita, e diceva su
ogni cosa ciò che c'era di meglio da fare.
La sua mirabile semplicità non era che l'espressione della sua
perfetta rettitudine. «11 Signore, ripeteva spesso, detesta la doppiezza ed ama
il cuore retto.
La religiosa che mi ha cucito il collo mi diceva ad ogni punto
che faceva: Ricordati di andare avanti con un cuore retto ed uno spirito
umiliato.
Il cuore retto e l'anima umile, Dio li conserverà. Se un uomo
ha ogni specie di qualità e non ha il cuore retto e l'animo umile, non mi
troverà nella sua abitazione. Se un uomo ha ogni specie di difetti, di miserie,
ma ha il cuore retto e l'animo umile, mi troverà, dice il Signore, nella sua
casa.
Colui che non ha il cuore retto, teme l'uomo.
Il cuore retto ha il timore di Dio e non dell'uomo.
Colui che teme la creatura mi mette da parte, dice il
Signore».
Suor Maria era la gioia delle ricreazioni mentre essa stessa si
ricreava deliziosamente con gli abitanti del Paradiso. C'era qualche cosa di
soave, di infantile nei suoi gesti, nelle sue parole e nel tono della sua voce.
Ascoltiamola:
«Gesù dorme o piuttosto fa finta, ma vede tutto, tutto, fino in
fondo al cuore... Diffidate di Gesù!... Sembra che dorma, diffidatene, ma di una
santa diffidenza... Gesù dorme, bisogna svegliarlo: sono i gesti di Maria che lo
svegliano dolcemente. Maria, sono le anime che lo amano... Lui ha fame, Gesù:
bisogna nutrirlo; quando c'è un atto di obbedienza da fare e che ci costa
molto, è un cibo ricostituente che noi diamo a Gesù; se c'è un atto di carità,
di rinuncia, qualche cosa di duro, di amaro, è un dolciume per la bocca di
Gesù: egli lo mangia, è contento... A Gesù piace divertirsi! Si diverte con i
piccoli gesti nascosti che gli si fanno... Troverete un atto di carità, una
piccola cosa da fare...: prendetene su di voi il peso e nascondetelo... Bisogna
nascondere, nascondere; allora Gesù si diverte di queste piccole cose nascoste
che voi gli date, ma poi non bisogna dirlo. No, sarebbe riprenderle a Gesù».
Mai si vide suor Maria di Gesù Crocifisso occuparsi di se
stessa. Pensare agli altri e prodigarsi per loro, era la sua vita.
Non è da meravigliarsi che, con tale virtù, ella esercitasse
sulle anime il più grande ascendente. Quando parlava a nome di Dio, aveva tanta
maestà, in tutta la sua persona, tanto fuoco nel suo sguardo e tanta autorità
nel suo accento, che era impossibile non sottomettersi. Tutti quelli che l'hanno
avvicinata con fede e dopo aver pregato, hanno subito questo salutare
ascendente. Lei, d'altra parte, non ne profittava che per radicarli sempre più
nel bene, immergendoli ancor più nella
profondità dell'umiltà. Le sue parole si imprimevano
nell'anima: esse erano nello stesso tempo, una spada, una luce, un balsamo.
Quante anime ha rimesso sulla giusta via! Quante altre sono state sollevate dal
loro abbattimento e consolate nelle loro pene! Dopo averla ascoltata, ci si
sentiva migliori e più forti.
Ignorava sempre l'arte della lusinga. «Il Signore, diceva, non
vuole che si facciano dei complimenti». In quanto a lei, diceva la verità, e
nient'altro che la verità; e, per farla accettare, soprattutto quando era dura,
la avvolgeva di deliziose parabole. Numerose sono le anime delle quali leggeva
i più segreti pensieri. Alcune di queste anime, più privilegiate, sono state
sempre seguite dal suo sguardo. Per queste, era piena di esigenze divine:
sempre col ferro in mano, tagliava tutto ciò che poteva esservi di umano. In
tutte queste comunicazioni soprannaturali che Gesù la incaricava di trasmettere,
lei si diceva il piccolo corriere del buon Dio. «Il buon Dio, diceva, mi ha
affidato questo incarico nella sua casa, perché io non sono capace di fare
altro. Ad altri i nobili incarichi dell'interno; per me questo umile compito
delle commissioni da fare all'esterno».
CAPITOLO XVIII
Rivelazioni - Morte di Pio IX - Elezione di Leone XIII. Morte di
suor Maria di Gesù Crocifisso
Suor Maria di Gesù Crocifisso sapeva che l'ora della sua
liberazione era prossima. La terra non era più niente per lei, non sospirava
che il cielo e non guardava che il cielo. «Affretta, Signore, affretta il
momento della mia partenza, mi annoio sulla terra! Sono come un bambino che ha
perduto suo padre e che corre alla sua ricerca. Sei buono, Signore, ma sei duro!
Ah! se fossi Gesù e se tu fossi suor Maria di Gesù Crocifisso, non ti lascerei
languire così a lungo! Sono come l'uccello chiuso nella sua gabbia: aprimi la
porta, affinché prenda il mio slancio verso di te!».
Diceva in una estasi: «L' anima e il corpo contrastano fra di
loro; il corpo non trova abbastanza posto per l'anima e l'anima è troppo
stretta. L' anima dice: non posso più sopportarti, mi soffochi. Aspettano il
Signore per essere separati, sono troppo inaspriti; non possono restare insieme.
Il corpo dice: non ti trattengo a forza, va' via, sbarazzati di me! L'anima dice
al corpo: Che importa a me, se io posso fare un buco e fuggirmene? L'uno dice:
tu mi fai troppo soffrire, va' via! E l'altra dice: non posso, aprimi qualche
finestra. Il corpo dice: voglio ritornare nel mio nulla! E l'anima dice: voglio
andare dal mio Creatore! Voglio uscire da questa prigione! Come il mondo può
dire: Mettiamoli in prigione, mentre siamo in prigione? Povero mondo, tu sei
cieco! Per me, se piace al signore di liberarmi... Trattiamo il corpo come uno
schiavo, ma, quando si ostina, non lo si può sottomettere, fa dei capricci.
Bisogna che l'anima resti in sofferenza in questo miserabile corpo per forza. Lo
vorrò bene quando mi aprirà la porta... E deciderà il Signore».
Le rivelazioni e le estasi continuarono a Betlemme come a
Pau.63 Tuttavia, ella
si spendeva nei grossi lavori con una generosità senza eguali.
A vederla agire, non si sarebbe mai supposto il martirio intimo della sua anima,
quella sete dell'eternità che la consumava. Durante la ricreazione, era spesso
rapita, ed aveva ancora parole istruttive e maniere inimitabili per ricreare le
suore.
Un giorno, dopo aver parlato del valore della sofferenza e
dell'obbedienza, aggiungeva: «Fate come le api: raccogliete il miele ovunque lo
trovate; poi, nascondetevi nel vostro alveare, alla fine troverete tutto». E
ripeteva: «C'è molto più miele nelle spine che nei fiori».
E ancora: «Vegliamo sulla strada che percorriamo, per paura che
il nemico ci inganni. Facciamo spesso il segno di croce. Vi dico ciò che il
Signore mi ha insegnato. Quando siete tentate, in qualunque luogo voi siate,
mettetevi in ginocchio davanti al Signore. Dite: Signore, rinuncio a Satana,
alle sue opere e non voglio che il tuo Spirito. Voi non sapete ciò che è bene e
ciò che è male, dite in ginocchio dal profondo del cuore: Signore, rinuncio a
Satana, alle sue opere, alle sue affezioni, non voglio che te e il tuo Spirito.
Constaterete che vincerete sempre, se sarete fedeli a queste parole; poiché
spesso riceverete colpi e ferite.
Sapete? C'è un vecchio che è al servizio del Signore da
cinquant'anni; non ha combattuto che con queste parole: Signore, rinuncio a
Satana, alle sue opere, alle sue pompe, e non voglio che te e il tuo Spirito...
Ed ora, se ne va vittorioso. Ha operato delle conversioni, ha fatto molte cose
utilissime... Il demonio gli diceva: Sei buono, pacifico, ti tento e tu resisti.
Sentiva Satana e lo scacciava con quelle parole. Lo spirito maligno ha provato
questo caro vecchio con l'orgoglio, con la calunnia. E Satana, dopo avere in
questo modo, spinto gli uomini contro di lui, gli veniva a dire: Vedi, ti si
calunnia. Ed egli, sempre a combattere il nemico con quelle parole che sono un
proiettile, un cannone; è come mettere qualcuno fuori e chiudere la porta».
Un'altra volta, parlando dell'orazione, diceva: «Bisogna avere
delle armi per la preghiera e servirsene». E quali armi? le si domandò. Con una
amabilità e una grazia inesprimibile rispose: «Occorre avere la scure; e se si
trova in sé un difetto, un ostacolo, qualcosa, infine, che deve essere
sterminato, giù, un buon colpo di scure! La scure è la buona volontà. Poi, se
viene un'estraneo, delle distrazioni che distoglierebbero da Dio, subito un
colpo di fucile!». E altrove:
«Non guardate alla terra, ma all'eternità... Dio vi permetterà
delle contraddizioni. Se voi le accettate bene, Dio vi accorda delle grazie e
vi benedice; ma se ci rivoltiamo contro la creatura e contro Dio, egli ci manda
a spasso... Abbandona l'anima a se stessa... le tende ancora la mano... Ella
rifiuta... Ed egli dice: lo ti tendo la mano; ma poiché tu non la vuoi, io ti
lascio; tu non sei fra i miei figli! Ed è quando essa è arrivata a non avere né
fede né amore che Dio le ha ancora teso la mano e che lei l'ha rifiutata. Allora
tu eri tentata e non hai ascoltato che la tentazione. Volevo ritrarti da quello
stato e tu non l'hai voluto. lo non ti conosco.
Quando c'è un ramo secco, che si fa? Lo si taglia, non è vero?
E lo si getta nel fuoco. Altrimenti, esso guasterebbe gli altri, comunicherebbe
la malattia agli altri rami».
Figlia della santa Chiesa fin nel profondo delle sue viscere,
soffre di tutte le umiliazioni inflitte dai cattivi a questa madre
soprannaturale. La sua devozione per il Papa cresce sempre. Dio gliela
ricompensa facendole conoscere anticipatamente la morte di Pio IX e l'elezione
di Leone XIII.
All'inizio di dicembre 1877, ella disse: «Ho visto due bimbi
(angeli) preparare un letto per il Santo Padre. L'ho visto parecchie volte. Poi
la santa Vergine teneva una corona sopra la sua testa, ma mancava una rosa sul
davanti; vi mancava anche qualche altra piccola cosa».
Dieci anni prima, nel mese di agosto 1867, sant'Elia, parlando
di Pio IX, alla veggente, le aveva detto: Questo Papa è santo! Dopo di lui, ne
verrà un altro come nessun altro; soffrirà molto fra le mani di Dio; non vi
saranno croci come quelle che egli avrà. Il terzo santo Padre sarà il
Serafico.
In una estasi del 21 gennaio 1878, ella parlava di Pio IX,
dicendo: «Il Padre mio sta per partire... ci si prepara alla processione. Si
loda Dio... una moltitudine di vergini con il Signore in testa verranno a
cercare il mio Padre. Mi ha benedetto sulla fronte con il dito che tiene Gesù.
Io sono felice del mio Padre... Gli uccelli cantano, la terra trasale ed anche
il cielo... Quando un'anima è fedele, oh! Come tutto è contento!...».
In una lunga lettera indirizzata al Patriarca di Gerusalemme'
il 27 gennaio 1878, diceva riguardo a Pio IX: «Ho visto che il nostro amatissimo
Padre e Pontefice Pio IX sta presto per partire, la sua corona è finita. Alcuni
giorni fa, avevo visto che vi mancava una rosa; ma ora, ho rivisto la corona e
non vi manca niente. La santa Vergine la tiene nelle sue mani, pronta ad essere
posata sulla sua testa.
Ho anche visto una specie di processione che si prepara a
venirlo a prendere ed io vedo il Santo Padre quasi come sotto la forma di un
bambino, di un'ostia, infine in una maniera che non riesco a spiegare. Mi ha
fatto un segno di croce sulla fronte e mi ha detto: Figlia, ti benedico e non
so se è nel delirio o nella realtà che ti vedo, ma sono malato: pregate per me.
Ed io, vedendo la processione che si prepara per lui, ho pensato: Sei tu che
devi pregare per me, ma non l'ho detto... Signore, ho detto, permetti che egli
veda il trionfo della Chiesa. Egli ne ha visto l'aurora, mi ha risposto Gesù.
Come, Signore, se egli non ha visto ristabiliti i suoi diritti? E Gesù ha
ripreso: Non ha egli visto le sue pecore ritornare verso il suo ovile?».
Il 3 febbraio 1878, ella aggiungeva: «Ho visto la santa Vergine
che teneva nelle sue mani il nostro amatissimo Padre e Pontefice Pio IX».
Quattro giorni dopo, Pio IX faceva una morte di predestinato.
Durante una lunga estasi del 17 febbraio, le parve vedere il
Santo Padre Pio IX nella gloria ed esclamò con trasporto: «Mio padre mi disse:
Addio, figlia, a presto!». Un po' più tardi, diede, da parte di Dio, alcuni
avvertimenti alla Comunità ed
aggiunse: «Quanto il buon Dio è buono nell'avvertirvi! Il
nostro Padre ha ottenuto ciò per voi». Parlando della sua morte, diceva: «Egli
ha detto ai suoi figli: Addio! Figli, mi auguro che siate fedeli. Guardate:
tutto passa!». E aggiungeva: «vedete, quando il mio Padre è morto, mi sembrò che
il cielo e la terra fossero in trionfo e volessero accompagnarlo. Pertanto,
aveva un corpo come noi. Egli dice che niente vi impedisce di diventare santi
come lui.
Questa mattina, un altro caro piccolo Padre è partito come Lui
(il Santo Padre); io non l'ho conosciuto sulla terra, ma ora lo vedo. Egli ha lo
stesso onore, la stessa gloria davanti a Dio del nostro Padre. Inoltre, tutte
le creature lo accompagnano. Caro piccolo Padre! E con un'aria di gioia
ineffabile ripeteva: Caro piccolo Padre, io sono gelosa».
Passiamo ora alla elezione di Leone XIII. Ecco ciò che lei
diceva il 18 febbraio 1878:
«Ho visto il Santo Padre che Dio ha scelto. Nostro Signore
tiene le sue mani sulla sua testa; egli l'ha eletto, Lui, umilissimo. Prega e
cerca fra i cardinali quale è il più umile per sceglierlo e, nello stesso tempo,
Dio lo sceglie come il più umile. Egli ha l'aria di respingere con le sue mani
quelle di Nostro Signore, o piuttosto la dignità, e, più egli la respinge, più
Dio preme le sue mani sulla sua testa.
Durante un'estasi dei giorni seguenti, ella diceva: Il
successore del Padre mio è scelto. San Francesco lo ama e san Domenico lo
stringe sul suo cuore! Dio lo ha consacrato! Dio lo ama ed egli ama Dio. Avremo
un Padre piccolo, umile, che ha lo spirito di distacco. Lascia gli onori per gli
altri; non ama l'io. Ama la povertà. Dio lo ha consacrato. Disse: Non sono
capace, e Gesù rispose: Sarò con te. Oh! quale gioia, avremo un buon
Padre!».
Il 24 febbraio, Nostro Signore le ordinò di comunicare ciò che
segue al patriarca di Gerusalemme: «Otto giorni fa ho visto il nuovo Santo
Padre. Ecco come: L'ho visto in un posto solitario, egli prega. Sente che il
Signore lo destina ad essere Papa e prega il Signore di risparmiargli questa
croce. Ne mostra altri al Signore, perché li trova più umili di sé. Mi sembra
pertanto che sia lui il più umile, e il più degno. Dice: Signore, abbi pietà di
me! Crede che un altro sia più capace e che farà meglio di lui. E il Signore
mette le sue mani sulla sua testa e dice: ti consacro mio Pastore ora e per
sempre.
Quella notte (24 febbraio), ho visto il Sovrano Pontefice. Era
in ginocchio ed ho visto Nostro Signore posare le sue mani sulla sua testa
dicendo: Stella versa o bersa, 67 non ho bene afferrato l'ultima parola. Non ho
compreso se questo è il suo nome o se ciò significa qualche cosa. Nostro
Signore si è ritirato dopo queste parole. San Francesco d'Assisi si avvicina e
lo bacia in fronte e si ritira rispettosamente. San Domenico viene e lo bacia
sulla spalla destra.
Poi viene sant'Ignazio, che lo bacia sulle due spalle.
In seguito è venuto sant'Agostino, che lo ha baciato sulla
testa, sopra la fronte. Ho visto san Girolamo venire a baciarlo sul cuore. Dopo
san Girolamo, ho visto il primo Patriarca di Gerusalemme che ha versato il suo
sangue (ho dimenticato il suo nome), venire a salutarlo tutto contento.
In seguito, ho visto parecchi santi e parecchi angeli che sono
venuti a salutarlo. La santa Vergine è venuta dopo, l'ha circondato con le sue
braccia e l'ha stretto sul suo cuore.
Non so quello che sarà, questo Santo Padre. Non posso
definirlo, ma posso dire che sono felice di essere sotto il suo regno.
Confesso che con tutta la mia gioia, mi tormenta un po' la
curiosità di sapere ciò che significavano questi differenti baci, ma sono con
l'anima piena di gioia. È molto consolante per noi. Il Signore mi ha detto:
Scrivi tutto questo al tuo Padre, che egli conservi questa lettera, perché essa
prefigura cose che l'avvenire farà conoscere».
Nel corso di questo mese di febbraio, parlava, in una estasi,
della Madre Emilia Giuliano, Superiora generale delle Suore di San Giuseppe
dell'Apparizione, morta il 27 febbraio scorso. Diceva: «Oh!, ella è con Gesù...
La si crede in Purgatorio e che vi soffra molto; si prega ed è con Gesù! Madre
mia, pregate per noi...».
Era più di un anno che qualche volta, spinta da una ispirazione
divina, suor Maria domandava a Monsignore il Patriarca di Gerusalemme
l'autorizzazione a fondare un Carmelo a Nazareth; gli ricordava, con una
semplicità ed una ingenuità incantevoli, che dapprima egli non aveva voluto il
Carmelo a Betlemme, e aggiungeva che in riparazione, doveva domandare egli
stesso a Roma di autorizzare questa nuova fondazione. Il 10 aprile 1877,
parlandogliene ancora in parlatorio, Monsignore le rispose: Mi rimproveri
sempre questo, ebbene, (sorridendo con bontà) scriverò a Roma per domandare
questa autorizzazione. Il venerato Patriarca non soltanto mantenne la sua
promessa, ma inoltre incaricò qualcuno di trovare a Nazareth un terreno per il
nuovo Carmelo, non appena Roma ne avesse autorizzato la fondazione.
«Sapete, diceva suor Maria in estasi il 25 aprile 1878, ho
dimenticato di dirvi che, la notte scorsa, ho visto un giovane come un
viaggiatore, con un bastone in mano: io non so se è Gesù, non so chi sia... Era,
credo, con san Giuseppe. Mi ha detto che voleva dotare Nazareth. lo gli ho
detto: vuoi essere come Sorellina?" E Gesù ti ricompensi! Ed Egli mi ha
risposto: Io sono più grande, più ricco di Sorellina. Sono più di Sorellina!...
Mi ha molto colpito... io non so se sia Gesù; sembra avere da diciotto a
vent'anni». Sembrava vederlo e diceva: «Non è vero che non ti ho domandato
niente? Mi ha promesso di fare tutto. Non c'è più bisogno di niente per la casa.
Egli ha redatto una carta, ho visto la scrittura: è in tutte le lingue. Io gli
ho detto: Almeno io non ti ho domandato niente? Sei tu che ne hai avuto
1'ispirazione! Ha dato la carta scritta a san Giuseppe». Esclamava, o piuttosto
cantava con trasporti indicibili: «Un fondatore!... il mio cuore trasale di
gioia. Nazareth è dotata!».
Il Salvatore, in quell'epoca incarica ancora la sua piccola
serva di commissioni importanti presso l'autorità ecclesiastica. Nello stesso
tempo ella legge nei cuori e continua a vedere gli avvenimenti a distanza. È
questo quanto ripeteva, il 18 novembre 1877, dopo una muta contemplazione e con
trasporti di gioia: «Lodiamo Dio, benediciamo il suo santo Nome! Oh! quanto è
bello oh! quanto è buono! C'è là un fanciullo che non ha voluto lasciare l'ostia
al nemico; egli è martire. Ora, gode di una gloria che non si può esprimere.
L'hanno schiaffeggiato, gli hanno tagliato le mani, l'hanno calpestato, e non
gliel'hanno potuta strappare. Il Signore lo ama! Tanto quanto non si potrebbe
comprendere! È la sua festa oggi, e bisogna rallegrarsi. Il cielo gode e la
terra anche deve gioire. Avremo un nuovo protettore perché il cielo lo ama; il
Signore lo ama».
Gli angeli, con le loro frequenti apparizioni, preparano la
loro sorella alle gioie della patria. Le fanno sentire i loro canti e questa
musica celeste la trasporta e la fortifica perfino corporalmente. La santa
Vergine si guarda bene dal dimenticare la sua figlia fedele. Le fa comprendere
che il suo libro sta per chiudersi, che la morte si avvicina, che il cielo la
attende. Gesù soprattutto fa gioire la sua serva. Le mostra già la ricompensa
delle vergini nella gloria. Ecco come descrive questa gloria della
verginità:
«Lo Sposo va avanti, dice, e la vergine lo segue, e sulla
fronte della vergine è scritto il nome dell'Agnello; la carne della vergine e la
carne dell'Agnello non sono che una. O vergine prudente e fedele! Se ferite la
vergine, ferite l'Agnello; se onorate la vergine, onorate l'Agnello. La vergine
canta sempre; segue l'Agnello e non si stanca mai; e s'inchina e dà il suo
profumo nella misura in cui ha meritato sulla terra. O vista dell'Agnello, mio
sole, mia vita! La mia anima non ne può più, la mia anima non ne può più! O
vergine prudente! Il nome dell'Agnello è sempre scritto sulla tua fronte.
Rosa Teresa ha il nome dell'Agnello scritto sulla sua fronte,
l'ha meritato per l'amore. Rosa Teresa dice: Figlia mia, va'sempre al seguito
dell'Agnello. Ricordati che l'angelo scrive i tuoi sospiri, i vostri passi e
tutto... ti chiamerò figlia prediletta, se fai tutto per amore... Davanti
all'anima che porta il nome dell'Agnello, tutto trema la terra, le rocce.
Vedo l'Agnello e le vergini che lo seguono; non credevo che ce
ne fossero tante. Ve ne sono molte, molte. Vi ho visto Rosa Teresa, Maria degli
Angeli, Maddalena de' Pazzi e Margherita Maria!... Ognuna di esse ha il suo
profumo distinto secondo la virtù che ha dominato in lei. C'è un percorso largo
a forma di corona attorno ad una montagna; l'Agnello va per questo cammino e le
vergini lo seguono. Da ogni lato della strada, c'è un grande numero di filari
di fiori gli uni dietro gli altri. Sono rose, violette, fiori di ogni specie,
che danno il loro profumo in rapporto alle virtù praticate dalle anime che non
sono vergini, ma che godono tuttavia
della beatitudine. Quando l'Agnello passa, esse si chinano
tutte e emanano il loro profumo. Le più elevate per merito stanno avanti; i loro
steli sono più grandi; e, quando l'Agnello passa, esse inchinandosi lo
toccano.
Le vergini seguono l'Agnello e cantano un cantico che nessun
altro può cantare. La vergine non è soltanto la vergine del corpo, la vergine
della purezza; è soprattutto la vergine della carità. Quella che manca alla
purezza il male lo fa a se stessa; ma quella che manca alla verginità della
carità ferisce, anche Gesù. È più grave mancare alla verginità nella carità che
alla verginità nella purezza».
In certe ore, suor Maria prova una vera agonia in abbandono
interiore. Il desiderio del cielo diviene di giorno in giorno più forte.
Domanda preghiere a tutti quelli che ama, affinché questa partenza sia
anticipata. Si rivolge perfino agli stessi angeli per ottenere questa grazia.
Riportiamo, a seguito di un suo racconto, alcune parole di uno di questi
colloqui celesti:
«Ne ho visti due che dicevano: Prendi questa bambina con te,
non può più restare sulla terra! Mi sono avvicinata molto dolcemente ed ho
detto loro: Diteglielo... Il Signore mi ha vista ed è stato un po' seccato...
Ecco che cosa è la curiosità, ma egli mi perdona, perché è il desiderio di
andare da lui... Signore, abbi pietà di questa bambina, ella soffre quaggiù.
Egli guarda con un occhio che non e compassionevole... Gli angeli dicono: Pietà
per questa bambina!... Egli guarda... Sento che lui mi ama... Mi ama e non
vuole... 1 suoi capelli ricadono sulle sue spalle, i suoi sguardi trapassano il
cuore!...».
Nel mese di gennaio 1878, ella era deliziosamente rapita e
diceva riguardo alla sua morte: «Egli mi ha promesso: al più presto, al più
presto! Non mi manca che tanto», e mostrava l'estremità del suo dito. Era
all'impiedi e sembrava guardasse un essere invisibile: «Sì, ella disse, ah! sì,
felice il giorno! sì, l'ho visto e l'ho sempre scritto», e mostrava il suo
cuore. «È bello quando si vede tutto questo, ma è molto difficile. Nessuno fa
tante cadute quanto me. Mi meraviglio, dovrei essere affranta; non avere più
braccia e gambe. No, non sollevo la testa, l'ho molto bassa. Pertanto, desidero
sollevarla per vederti, o felice giorno!».
Dio permetteva così che tutto concorresse a crocifiggere questa
bella anima prima di richiamarla a lui. Lei era profondamente persuasa della
imperfezione di tutte le sue azioni; si credeva la più colpevole di tutte le
creature. Il timore di offendere Dio la abbatteva e ripeteva: «Non posso più
vivere, o Dio mio, levatemi da qui!».
Un giorno, parlando delle sue disposizioni interiori, diceva:
«Dio mio, quanto poca cosa siamo! Come può l'uomo attribuirsi alcun bene? Ieri,
sentivo Dio che mi attirava a sé, e lottavo (contro l'estasi). Gli dicevo: Va'
un po' più lontano... Egli mi comprende, lui... Fuggivo quanto potevo e mi sono
addormentata. Questa notte, non sentivo più Dio. Oggi, vorrei pensare a lui,
avvicinarmi ed egli è lontano. Lo chiamo, lo scongiuro e resto tutta vuota...
Dio mio, è possibile dire che l'uomo può qualche cosa? Pertanto ho il
sentimento, intimo e profondo, che malgrado tutte le mie infedeltà, Dio mi ama e
mi salverà con la sua pura misericordia».
Qualche volta, trasportata dalla vivacità del suo zelo, cadeva
in qualche apparente imperfezione che le faceva passare la notte nei gemiti e
nelle lacrime, non osava accostarsi alla sacra Mensa. Tuttavia, raccontava,
l'angelo, le aveva detto: Perché lasci Gesù? In cielo, non potrai ricevere il
tuo Creatore, perché temere, quaggiù, di ricevere il tuo Creatore?
Nella primavera dell'anno 1878, la Priora del Carmelo,
accompagnata da un'altra suora e dall'umile piccola suora conversa, si recò a
Nazareth per visitare il terreno del futuro Carmelo. Fu Mons. Bracco, Patriarca
di Gerusalemme, che scelse il posto più conveniente per elevarvi il monastero.
Non è ancora arrivata l'ora per far conoscere i fatti straordinari che ebbero
luogo durante questo viaggio; diremo solamente che la veggente indicò nella
maniera più precisa certi terreni sotto i quali si sarebbero trovati resti di
venerabili santuari, cosa che in seguito si è verificata.
Di ritorno a Betlemme, suor Maria si dedicò a dismisura al
completamento dei lavori di costruzione con la più attiva sorveglianza. Si
ammiravano sempre più le vie di Dio in quest'anima, ma si temeva che questo
tesoro, il quale diventava sempre più prezioso, liberandosi con le prove, da
qualsiasi legame, non fosse ben presto tolto all'affetto di tutti. In quanto a
lei, sapeva che il suo esilio stava per finire, e questo pensiero la estasiava e
la rapiva: «vedrò il Dio vivente... Ascolterò la sua voce... le mie ossa e la
mia carne saranno ripiene di gioia... Dopo essere stata in un abisso, sarò in un
palazzo con lui!
Quando ti vedrò, tutto in me riprenderà vita e una nuova
potenza in te, mio Dio, quanto è cieco il mondo nel temere la morte!... Questa
felice morte!... O morte propizia, rendimi presto al mio Amato Bene!... Sì, tu
sei favorevole, tu liberi dalla prigione... fai uscire dalle tenebre per
comparire alla luce!... Vedrò il mio Dio!... Il Signore l'ha promesso!...».
Il 2 agosto," ella senti queste parole: Il Signore ha pietà di
te! Avrai una sofferenza atroce, ma piuttosto breve.
Il 4 agosto, ella annunciò la sua prossima morte in due lettere
scritte al Superiore dei Preti del Sacro Cuore di Bétharram e al Padre
Estrate.
Ascoltiamo il racconto di una carmelitana 'z di Betlemme sugli
ultimi giorni di questa vera figlia di santa Teresa, sulla sua morte e sui suoi
funerali.
22 agosto 1878. Suor Maria di Gesù Crocifisso soffre molto.
Tuttavia si reca al lavoro con sforzi inauditi e una dedizione ammirevole.
Ci ha detto qualche volta: «Faccio tutto il possibile per
andarmene presto, affinché dopo la mia morte, voi siate tranquilli e a
riposo».
Quel mattino, era molto debole, e, malgrado ciò, si preparava a
raddoppiare la vigilanza. Due volte è caduta nel giardino.
Verso le dieci, sempre nel giardino, e compiendo una atto di
carità, saliva una brutta scala da dove è caduta, e si è fracassato il braccio
sinistro. Era la sua terza caduta. È caduta su una cassa del geranio
miracoloso, richiesto da lei a Nostro Signore come segno della fondazione del
Carmelo di Betlemme.
Fin dal primo istante, la povera figlia ha molto sofferto ed ha
detto alla nostra reverenda Madre: «Madre, è il segnale della partenza»; e ad
altre suore: «Sono sulla via del cielo, il desiderio di tutta la mia vita sta
per compiersi: sto per andare da Gesù».
Le si diedero e le si fecero dare tutte le cure necessarie in
simili circostanze.
Lei offriva i suoi crudeli dolori per la Chiesa e la Francia,
per il Carmelo di Pau, per la Congregazione di Bétharram, per la nostra
Comunità, domandando che questo Carmelo camminasse sempre alla presenza di Dio
ed anche per il ritorno a Dio di un'anima infedele."
24 agosto. Dal momento della caduta della nostra amatissima
suora, il male si è aggravato, soprattutto da ieri; si teme la cancrena.
Non è che con molta fatica ed un raddoppiamento di sofferenza
generale che ella ha potuto ricevere a digiuno la santa Comunione
nell'infermeria.
I suoi dolori al petto e al cuore sono raddoppiati. Sono
sopravvenuti dei soffocamenti, ed il tutto con una tale intensità, che ella
dimenticava il suo povero braccio, che tuttavia la faceva soffrire
orribilmente; le ossa sono fracassate in molti pezzi tra il polso ed il
gomito.
Si offre al buon Dio per sopportare tutto ciò che egli vorrà in
questa vita purché Egli le faccia misericordia per l'altra vita. Del resto, era
la sua preghiera continua, soprattutto da una ventina di giorni; in quanto alla
sofferenza, sembrava essere stata proprio esaudita.
25 agosto. La nostra cara suora sta molto male fin da questa
mattina. Il medico chirurgo, che abbiamo fatto venire da Gerusalemme, ha
constatato una cancrena che non è normale e che è molto avanzata. Non le dà più
di uno o due giorni di vita, al massimo. La costernazione è diffusa nei nostri
cuori e su tutti i visi, essendoci la vita di questa cara figlia a tutte ed a
ciascuna più cara della nostra stessa vita. In quanto a lei, che comprende il
suo stato, è calma e abbandonata a Dio.
Nel pomeriggio, il Rev. Padre Guido, religioso francescano,"
nostro confessore straordinario, è venuto a visitare la nostra cara crocifissa.
L'ha confessata e le ha portato il santo Viatico. Lei sospirava dopo il momento
in cui aveva ricevuto il suo Amato Bene e ripeteva: «Vieni, Signore!... Signore
Gesù, vieni!» Grazie, indulgenze e assoluzioni erano prodigate alla nostra
amatissima sorella che le riceveva in perfetta conoscenza. Non perdeva una sola
parola di tutte le preghiere e faceva abbastanza facilmente il segno della
croce.
Poco dopo, il Patriarca, che ella aveva desiderato vedere,
venne a portarle ancora nuove grazie e nuove benedizioni.
Espresse il desiderio di ricevere l'Estrema Unzione e
Monsignore volle ben dargliela. Era assistito dal Rev. Padre Guido e dal Padre
Belloni. Domandò in seguito perdono alla comunità di tutte le pene e del cattivo
esempio che aveva potuto darci. Fu in termini così toccanti che scoppiammo in
lacrime.
Dopo la cerimonia, Monsignore le disse: Sei ora pronta a
partire? «Sì, Padre mio». Sei rassegnata alla volontà di Dio per la vita e per
la morte? «Sì, Padre mio».
E siccome manifestava un grande desiderio o piuttosto una
grande gioia di morire, Monsignore le domandò se si fosse rassegnata a vivere
qualora il buon Dio lo volesse. Rispose: «Sì, Padre mio». Ma subito aggiungeva:
«Una buona morte, una buona morte!». Disse a Monsignore quanto fosse felice e
come non le mancasse più niente. Poi lo ringraziò e gli disse che,
nell'eternità, non lo avrebbe dimenticato e che avrebbe chiesto al buon Dio di
fortificare la sua salute.
Andandosene, Monsignore la lasciò colma di grazie e in una
dolce pace.
Poco dopo, entrò il chirurgo e fece alcune incisioni e
bruciature al suo povero braccio, per cercare di conservarcela qualche ora in
più. Lei non le sentì; già la cancrena avanzava verso il fianco, le spalle e il
collo. Seguiva tutti i movimenti del medico ed era tanto calma come se si fosse
lavorato su del legno. Lo ringraziò delle sue cure, e lo fece ancora più tardi
dicendo che Gesù lo avrebbe ricompensato.
Nella serata, sembrò soffrire di meno; ma, verso le undici, il
male aumentò; già la sua lingua si impacciava. Si fece entrare il Padre Belloni,
nostro confessore e il Padre Chirou, nostro cappellano, che passavano la notte
nella foresteria, e che vennero a fortificarla con parole di speranza. Essi le
domandarono se avesse qualcosa che le desse pena: «Oh! no, disse, non ho niente
per nessuno, sono tranquilla». E, rivolgendosi ai Padri, aggiunse: «Ora, non
posso parlare; ma, nell'eternità, pregherò per voi, non dimenticherò
nessuno».
Poco prima, aveva detto: «Grazie, Gesù, grazie, Maria! Tutto
passa! È finito! Non è il braccio che importa, è questo». E mostrava il suo
petto e il suo cuore.
Disse ancora: «Penso alla bontà di Dio a mio riguardo ed alle
mie ingratitudini. lui, sempre buono per me ed io, sempre ingrata! Ma ho
fiducia».
In un altro momento, le si domandava se non rimpiangesse di
andare via prima che l'opera di Bétharram a Betlemme fosse fatta.` Rispose: «E
fatta in cielo; per conseguenza, si farà sulla terra».
Durante questi quattro giorni di malattia, invocò spesso la sua
Mamma del cielo, qualche volta sotto il titolo di Madre d'Amore; la chiamava
ancora così nell'ultima notte della sua vita.
La si sentiva ripetere parecchie volte: «Che il nome di Dio sia
benedetto!».
Dopo mezzanotte, i Padri le portarono il santo Viatico e le fu
applicata l'indulgenza del nostro Ordine in articulo mortis.
Era radiosa, raggiante, e sembrava già di possedere il
cielo.
Più tardi, siccome le si parlava di qualche cosa, riprese
dolcemente: «Lasciatemi con Gesù e a pensare ai suoi benefici!».
Alle commissioni che le si davano per il cielo, diceva: «ora,
sono troppo stanca, ma nell’eternità!».
Pertanto, ella ci disse in un altro momento: «Ricordatevi che
tutto passa, e che non avremo alla morte, per giustificarci davanti a Dio, che
ciò che noi avremo fatto per Lui durante la vita!».
Testimoniò così la sua felicità di morire religiosa.
Verso l'una, vedendoci ancora attorno al suo letto, ci disse:
«Andatevi a coricare; è sufficiente che ne restino due. Non crediate che parta
ancora. Me ne andrò certamente, ma ho ancora molto da soffrire: vi
chiamerò».
Dimenticava, secondo la sua abitudine, le sue crudeli
sofferenze e cercava di farci credere che stava meglio per darci il coraggio di
lasciarla. Era commovente di ingenuità e di tenerezza quando diceva: «Madre mia,
va' a riposare. Sorella mia, va' a riposare». Ne nominò parecchie, soprattutto
le più deboli, e tutte protestavano che non l'avrebbero lasciata. Omettiamo di
dire che dopo la Comunione la sua lingua è ridiventata completamente libera.
Alcune suore si rassegnarono infine a lasciarla ed ella ne
sembrava tutta contenta. Ma ben presto il cuore ci riportò vicino a questo caro
tesoro che eravamo sul punto di perdere. Si rimpiangeva un solo minuto passato
lontano dalla nostra amatissima piccola suora.
Verso le quattro e mezzo, disse con una espressione che non si
saprebbe ridire, o piuttosto ella esclamò: «Come il cervo assetato sospira
presso l'acqua del torrente, cosi la mia anima sospira presso te, o mio
Dio!».
Alle cinque meno un quarto, ebbe una forte crisi di
soffocamento. Improvvisamente, si mise in ginocchio sul suo giaciglio, e,
giungendo le mani, disse con forza: «Sto per morire, è il momento. Chiamate
tutte le suore; io soffoco». Si alzò a sedere e fece alcuni passi precipitosi
verso la porta aperta. Là sarebbe caduta se due suore non l'avessero fatta
sedere su una sedia e non ve l'avessero sostenuta. Ebbe un momento di grandi
sofferenze.
La Comunità era riunita. I nostri due buoni Padri erano
rientrati per assisterla. Alle cinque si suonò l'Angelus, ella fece il segno di
croce e si videro le sue labbra muoversi.
Un istante dopo, gettò, di traverso, uno sguardo di sorpresa e
di sdegno; ma subito il suo viso ridiventò sereno; il suo sguardo si illuminò
come nell'estasi, ma fu solamente la durata di un lampo.
Sembrò allora rinvenire da questa crisi. Ebbe ancora la forza e
l'energia di fare qualche passo. Poi, di nuovo, le sue forze la tradirono.
Così ha conservato tutta la sua conoscenza e la sua forza di
volontà fino all'ultimo momento.
Le si suggerì questa invocazione: "Mio Gesù, misericordia!" ed
ella disse: «Oh! sì, misericordia!» furono le sue ultime parole. Le si fece
baciare il crocifisso. Passarono appena alcuni minuti ed era di nuovo coricata.
Il Padre Belloni interruppe la preghiera della raccomandazione dell'anima per
darle un'ultima assoluzione, e subito rese la sua bella anima al suo Creatore,
senza agonia, con un sorriso celeste nello sguardo e così dolcemente, che
appena ce ne siamo potuti accorgere. Erano le cinque e dieci del mattino.
Eravamo tutte là, felici di assistere ad una così bella morte
la quale non ci lasciava che una dolce pace in mezzo alle nostre lacrime...
Sebbene la nostra cara sorella ci avesse detto che non avrebbe finito i tre
anni a Betlemme, il buon Dio aveva permesso che noi non vi riflettessimo
affatto. La povera figlia stessa, alcune ore prima di morire, attendeva ancora,
a quanto pare, là sofferenza atroce che le era stata predetta; il fatto è che,
nel suo fervore e nella sua generosità, contava come niente ciò che aveva
sofferto fino a quel momento.
Sebbene non avesse trascurato niente per portare avanti i
lavori del monastero, è andata via lasciando dei muri incompleti; così non vide
il monastero terminato come più volte ci aveva predetto.
Siccome era suo diritto, il Carmelo di Pau desiderava possedere
il suo cuore. Avevamo avvertito il chirurgo che la curava e che venne, verso le
otto a procedere alla apertura del corpo. Non appena vide il cuore, vi notò come
una cicatrice; prima di levarlo, chiamò i nostri due Padri e a tutti fece
vedere una apertura i cui due bordi sembravano essiccati, il che provava,
aggiungeva, che questa apertura non era stata fatta durante l'operazione.
Il Padre Belloni gli fece questa riflessione: Ma, forse una
malattia ha potuto provocare E ciò? No, egli rispose, questo cuore non è mai
stato malato.
Lo si deponeva in un piatto quando quattro sacerdoti del
Patriarcato e ben presto un quinto entrarono nell'infermeria, su richiesta del
chirurgo, per servire da testimoni. Dio aveva permesso che si trovassero a
quell'ora nella parte esterna del monastero, perché Monsignore Patriarca li
aveva mandati per concordare l'ora e la cerimonia del seppellimento. Tutti hanno
potuto esaminare a loro agio il cuore; una constatazione di ciò che è avvenuto
sarà scritta da questi signori.
Il giorno dopo, il chirurgo ci fece ancora notare che la ferita
trapassava il cuore da parte a parte, lasciando in uno dei due lati una apertura
meno larga.
Il corpo di suor Maria di Gesù Crocifisso, conservò per
parecchie ore una bellezza di paradiso come diceva il medico.
Tutta la giornata le sue braccia restarono flessibili, e ogni
volta che non si tenevano più le sue mani, esse si sistemavano da sole a forma
di croce. Quando fu estratto il cuore, un sangue caldo, liquido e vermiglio non
cessò di scorrere fino a sera, attraverso la piaga del petto.
Una volta nella bara, si videro a tre riprese le sue braccia
uscire da sole dal feretro. Dopo che la nostra Reverenda Madre gliele ebbe più
volte ripiegate invano, le disse: Figlia mia, per obbedienza, restate con le
braccia abbassate, perché si possa chiudere la bara. E la cara figlia, che
durante la sua vita aveva rispettato l'obbedienza fino al miracolo, ubbidì
ancora dopo la sua morte, e le sue braccia restarono immobili.
Fu portata nel coro e circondata di rose, di gigli e di lumi. I
rosai ombreggiavano la sua testa e i gigli formavano una corona attorno alla sua
bara.
I nostri cuori erano molto commossi e consolati nello stesso
tempo. Era stato in questo stesso giorno e press'a poco nella stessa ora, che ci
si era accorti che lei riceveva una ferita soprannaturale nel Carmelo di Pau, il
26 agosto 1867, dopo i primi vespri della Transverberazione del cuore di nostra
Madre Teresa, di cui noi recitiamo l'ufficio. Abbiamo passato la notte accanto a
questa cassa che conteneva ciò che noi tutte avevamo di più caro quaggiù.
Il 27 agosto, un numeroso clero si era recato in cappella per
la messa del seppellimento, che fu celebrata da don Valerga, segretario di Mons.
Patriarca di Gerusalemme.
Ai suoi funerali la partecipazione fu immensa; un solo grido
sfuggiva da tutte le bocche: La santa è morta.
Dopo la Messa, il clero entrò nel chiostro, come pure il
Console di Francia. Tutti portavano un cero in mano e questa cerimonia funebre
rassomigliava più a un trionfo che a un lutto. Sedici preti del Patriarcato
circondavano il feretro.
Era venuto, infine, il momento dell'ultima separazione. Il
nostro caro tesoro, o piuttosto le sue spoglie mortali stavano per lasciarci per
sempre, lasciandoci, però, una pace che supera ogni sentimento, perfino quello
del dolore e del vuoto immenso che si era fatto in mezzo a noi.
CAPITOLO XIX
Dopo la sua morte
Gli abitanti di Bethjallah, villaggio distante un quarto d'ora
da Betlemme, assicurarono di aver visto, l'indomani della sua morte, un
arcobaleno sul monastero con una corona verde in mezzo.
Nel momento in cui la sua bella anima se ne volava verso il suo
Creatore, una santa religiosa` la vide, durante il suo sonno, sotto forma di una
stupenda colomba. Ecco del resto il racconto che ne faceva al Rev. Padre
Estrate.
Nella notte dal 25 al 26 agosto (1878), fui tutt'a un tratto
trasportata sulla riva del mare; ero impressionata nel vedere questa distesa
d'acqua, il mare era cattivo; tuttavia, dovevo imbarcarmi per un lungo viaggio,
non vedevo alcun battello per la traversata, ero sola e dovevo partire senza
ritardo. Tutt'a un tratto un uccello bianco come la neve si mostrò volteggiando
sulle acque dove apriva le sue lunghe ali bordate d'oro; arrivò con un rapido
volo, vicino a me sulla riva, mi fece segno di mettermi sulle sue ali; esitai
malgrado la fiducia che mi ispirava questa bianca colomba (molto più grossa
delle colombe solite); nel mio pensiero vi vedevo del soprannaturale, credetti
che il buon Dio mandasse un angelo in mio aiuto. Siccome temevo ancora, questo
uccello mi parlò e mi disse: «Mettetevi sulle mie ali e vi porterò là dove il
buon Dio vi vuole». E siccome volevo obbiettare la mia partenza, mi prese con
il suo becco e mi sono sentita io stessa leggera come l'uccello che mi portava;
allora la paura che avevo avuto, cessò; andavamo in alto mare, più presto del
vento. Il mare era calmo, il sole si rifletteva sulle acque; mi sentivo tutta
accesa di amore di Dio, non cessavo di benedirlo per la sua protezione verso di
me; assaporavo, per così dire, un anticipo di cielo.
Dopo una lunga traversata senza fatica, arrivammo su una bella
spiaggia. L'uccello mi depose sulla riva; poi, guardandomi con un occhio
intelligente ed innocente, mi disse: «Vedete laggiù quel magnifico giardino?
Seguite questa strada, essa vi conduce; ammirate quei bei fiori e, quando vi
sarete arrivata, vedrete un magnifico palazzo: è quella la dimora di colui che
mi ha mandato verso di voi, vi prepara una bella festa; entrate dunque e
presentate i vostri omaggi al padrone di questo palazzo esprimendogli tutta la
vostra gratitudine per le sue bontà verso di voi; vi riprenderò per assistere
alla messa che si dirà fra un'ora; ho una missione da compiere; a presto, sarò
là per la festa».
Seguii il mio cammino, vedevo come in un'ombra il palazzo che
mi era stato indicato; arrivai senza fatica; trovai alla porta del palazzo un
domestico in sontuosa livrea; mi sembrava che fosse a conoscenza del mio arrivo;
con un'aria gentile e modesta, mi pregò di entrare e, siccome attraversavo un
vasto vestibolo, sentii un olezzante profumo: tante specie di fiori, dai profumi
deliziosi, ornavano i larghi corridoi che noi attraversavamo; e là la leggiadra
colomba venne a raggiungermi e, con aria soddisfatta, mi disse: «Benedico Dio
del vostro felice arrivo, seguitemi». La seguii per alcuni minuti, poi si fermò
e mi mise sulla fronte non so che balsamo odoroso ed io feci il segno di croce.
La colomba mi disse: «Entrate nella casa di Dio; sta, in questo momento, per
cominciare la messa, vi starò unita; fate la santa comunione ed io vi rivedrò
dopo; fate il vostro ringraziamento con fede, fiducia, amore, ed abbandonatevi
fra le mani di Gesù per lasciarlo liberamente agire in voi». Volendo sapere chi
mi parlasse così da parte di Dio, dissi con ingenuità a questa cara colomba:
«Ditemi, vi prego, chi siete voi». Mi rispose: «Vi si è parlato molto di me, mi
farò conoscere a voi dopo il vostro ringraziamento». Entrai in questa magnifica
chiesa della quale mi si apri la porta; mi misi in un angolo per raccogliermi,
non era difficile, mi sembrava di essere tutta raccolta in Dio; le persone che
erano presenti in questo santo luogo erano stupende, di celeste bellezza; io mi
vedevo come un granello di polvere; non potevo annientarmi abbastanza. Gruppi di
angeli si lasciavano vedere vicino all'altare e facevano risuonare dei loro
canti il bell'edificio; la dolcezza, la soavità delle loro voci mi rapiva; ero
tutta assorta in Dio e quando venne il momento della comunione, non osavo
avvicinarmi per partecipare a questo celeste banchetto; allora il mio bellissimo
uccello bianco venne ad appoggiarsi sulla mia spalla destra; mi diede un
significativo colpo di becco per farmi avvicinare. Subito mi alzai e mi
presentai alla sacra Mensa, in mezzo agli angeli proni; uno di essi fissò su di
me uno sguardo; sembrava che mi mostrasse col suo atteggiamento il rispetto e
l'amore che mi dovevano animare in quell'istante supremo. Ricevetti dunque Gesù
nella mia bocca e soprattutto nel mio cuore!... Non so ciò che allora avvenne;
rimasi tutta assorta nella mia felicità; pregai per tutti quelli che mi erano
cari, per voi, mio buon Padre, per Sorellina prediletta da Gesù.` Sentivo il più
ardente desiderio di farvi condividere la mia felicità, perché foste testimonio
di questa bella festa.
Un momento dopo, la mia colomba, secondo la sua promessa, venne
di nuovo a trovarmi, si mostrò dapprima sotto la forma che ella aveva sempre
avuto, poi, tutt'a un tratto si trasformò, vidi una figura di una bellezza
incantevole; aveva conservato le sue ali d'oro e mi disse: «Io vi do
appuntamento, ogni giorno, a questo celeste banchetto, sarò là accanto a voi e
presenterò io stessa le vostre preghiere a Gesù; ed ugualmente, do là
appuntamento a tutti i miei amici della terra; vi troverete tutti il nutrimento
delle vostre anime e la forza di cui avete bisogno; siate molto fedeli, noi ci
rivedremo; che il ricordo di tutto ciò che voi avete visto vi sostenga nei
giorni cattivi! lo sono suor Maria di Gesù Crocifisso!». Potete ben farvi
un'idea, o Padre buono, di ciò che provai, svegliandomi; erano quasi le cinque,
del 26 agosto; non vi faccio alcun commento, non è che un sogno, esso mi ha
fatto provare una indicibile felicità! Alle sei, andai alla santa messa e feci
la santa Comunione con le disposizioni che mi erano state così ben dimostrate
ma, ahimè! Tutto era scomparso... Mio buon padre, vogliate se credete, spiegare
voi stesso questo sogno, davanti a Dio, sicché io possa ricavarne dei frutti di
santificazione per la mia anima.
Il mese seguente, la stessa religiosa si svegliava durante la
notte vedendo un grande chiarore:
In mezzo a questa luce, scriveva al rev. Padre Estrate, vidi
una colomba in mezzo a raggi luminosi. Domandai a tale colomba ciò che volesse
da me; mi guardava con occhi intelligenti ed affettuosi. Tutto a un tratto,
invece della colomba, vidi, in mezzo a questi raggi di luce, la nostra santa,
tale e quale come l'avevo vista nel mio sogno del 26 agosto; poi, siccome la
fissavo per domandarle di nuovo ciò che volesse da me, mi disse: «Perché non
abbiate più alcun dubbio, sono io», e si mostrò da religiosa, così come era nel
suo ritratto, con un viso illuminato ed un sorriso celeste. Continuò: «Alzatevi
e baciate le piaghe del vostro Cristo, avete dimenticato di farlo, coricandovi».
lo ho un grande Cristo nella nostra cella, esso è estremamente imponente; tutte
le mattine e tutte le sere, bacio con rispetto e amore ogni piaga di Gesù: è
vero che avevo dimenticato di farlo, coricandomi; mi alzai all'istante, e
strinsi il Cristo sul mio cuore domandandogli perdono; baciai le sue piaghe.
Allorché misi la bocca sulla piaga del cuore, mi sembrò che la vita fosse in
questo Cristo e sentii un odoroso profumo.
La mia piccola santa, che durante questo tempo, avevo perduto
di vista, era sempre là, mi guardava fare. Le domandai di nuovo se volesse
qualcosa da me; mi disse: «Vivete quaggiù come gli angeli, non cercate che
l'amore di Gesù, guadagnategli (delle) anime con le vostre preghiere e i vostri
sacrifici; siate unita con il padre e la amatissima Sorellina, dite loro che mi
avete vista; lavorate senza posa per il bene delle anime: Dio vi prepara una
bella ricompensa; siate molto fedele in mezzo alle vostre prove. Se Dio lo
permette, vi vedrò qualche volta; addio, sono felice!».
Sì Padre buono e amata Sorellina, scriveva ancora la stessa
religiosa l'anno seguente (1879), al rev. Padre Estrate ed alla signorina
Dartigaux, il 2 luglio, durante la santa messa che fu detta la prima volta nella
nostra casa di Troyes, vidi la mia cara colomba e mi portava con lei in un
anticipo di cielo. Non ero più sulla terra, il mio spirito ed il mio cuore
godevano di Dio in modo inesprimibile... Avevo questa santa fanciulla vicino i
me, sentivo la sua presenza, mi infiammava d'amore per Gesù... Mi accompagnò
alla sacra Mensa, cioè all'Altare. Ricevetti il buon Gesù che mi aveva tanto
amato e mi sembrava che mi ottenesse tutto ciò che avevo desiderato e domandato
per sua intercessione. Dopo il mio ringraziamento mi disse:
«Siate sempre unita a Gesù e molto annientata, non vivete che
d'amore e di sacrificio, non abbiate paura, Gesù vi sosterrà; è con questa
prospettiva che si fanno grandi cose per Dio e che si ottengono ogni specie di
favori; fai parte ai due amici della tua felicità; godete insieme dei favori che
vi sono stati accordati, unitevi per fare il bene; mettete in comune tutti i
meriti che voi acquisterete con i vostri sacrifici; e, spendetevi al servizio
delle anime e usate tutti i mezzi per guadagnarle a Gesù; non rifiutate senza
alcun pretesto le anime che si presentano: Gesù veglierà su di voi. Se voi agite
così non avrete niente da temere... Comunicate al Padre e a Sorellina ciò che vi
dico e seguite i loro consigli; coraggio e completo abbandono a Gesù!...». A
questo punto tutto finì, ma questa volta, la realtà mi ha impressionato più del
sogno.
derlo: essi faranno tre soste». Effettivamente, due mesi dopo
la sua morte, tre preti del Sacro Cuore di Bétharram, venuti dalla Francia con
la fondatrice, la signorina Dartigaux, arrivavano a Betlemme. Tutte le parole
della veggente, citate più avanti, si compirono alla lettera. Questi Padri che
portavano il cuore di suor Maria di Gesù Crocifisso, fecero realmente tre soste:
a Roma, a Loreto ed a Montpellier, prima di arrivare a Pau, dove il prezioso
tesoro fu rimesso al Carmelo.
Nostro Signore aveva affidato alla sua piccola serva, parecchio
tempo prima della sua morte, la missione di lavorare ad un'altra opera
assicurandone la riuscita. Era la fondazione di una residenza dei Preti del
Sacro Cuore di Bétharram a Betlemme. Una lettera, da lei dettata per ottenere
questa autorizzazione fu indirizzata a Roma, alla Propaganda. Senza perdersi
d'animo per un prolungato silenzio, scrisse di nuovo, e, non ricevendo dapprima
risposta favorevole, scrisse direttamente al Santo Padre; questa lettera fu
rimessa a Mons. Patriarca che doveva postillarla prima di mandarla a Roma.
Dopo queste richieste, Nostro Signore le fece conoscere che il
suddetto permesso non sarebbe stato accordato che alla fondatrice del Carmelo
di Betlemme, la signorina Dartigaux. E fu quello che accadde.
Nella prima quindicina di dicembre 1878, si riceveva al Carmelo
di Betlemme, da parte della Propaganda, un rifiuto assoluto alle richieste fatte
per questa fondazione. Ma il 15 dicembre 1878, la signorina Dartigaux,
inginocchiata in udienza particolare ai piedi di Sua Santità Leone XIII, al
Vaticano, otteneva il sollecitato permesso di fondare una residenza dei Preti
del Sacro Cuore a Betlemme. La pia fondatrice non aveva nascosto al Santo Padre
che Nostro Signore voleva quest'opera a seguito delle rivelazioni che aveva
fatto alla sua serva, suor Maria di Gesù Crocifisso. Ecco, del resto, su questo
stesso argomento alcuni particolari di un testimone autorizzato, il rev. Padre
Prospero Chirou.
Irún, 14 Dicembre 1911
Quando la fondatrice del Carmelo di Betlemme ebbe deciso di far
costruire una casa per i futuri cappellani di Bétharram, la Priora mi incaricò
di andare a trovare un architetto francese, chiamato Guillemot, che risiedeva a
Gerusalemme, e di pregarlo di fare un progetto. Su alcune mie indicazioni,
l'architetto si mise all'opera. La piccola suora (suor Maria di Gesù Crocifisso)
voleva, ciò che fu eseguito, due padiglioni alle estremità del corpo centrale.
Ben presto, le piante furono terminate e mandate a chi di diritto. Le critiche
insorsero da tutti i lati. Un giorno, dissi alla piccola suora: Eh! Eh! Cara
suora, ciò non va bene, si trova che la nostra casa sarà troppo vasta per
quattro padri e due fratelli coadiutori.
«Lascia dire, mi rispose, vedrai che sarò troppo piccola; si
verrà in gran numero a Bétharram. La fondatrice mi approverà». Si può
apprendere, attraverso quanto è poi avvenuto cKé ella aveva ragione.
Mentre si terminava l'ultimo piano del monastero delle
Carmelitane e che si costruiva nel giardino una lavanderia, ecc., la Madre
Priora mi faceva entrare nel cantiere per sorvegliare gli operai. C'era la
piccola suora che serviva da interprete, perché essa sola sapeva parlare
l'arabo. Di tanto in tanto, mi parlava di Gesù, del suo desiderio di andare
presto dalui e, più volte, mi ripeté queste parole: «Padre, sento che Gesù mi
chiama, andrò ben presto a vederlo». Un giorno, come annoiato, gli dissi: Bah!
Siete sempre la stessa; continuamente mi dite che state per lasciarci, e il
momento non arriva mai; affrettatevi, non vi restano che tre mesi. Sapevo che
aveva annunciato in un'estasi che non sarebbe rimasta a Betlemme più di tre
anni. Poco tempo dopo questa conversazione, portando due contenitori di acqua,
uno in ogni mano, per fare bere gli operai, la suorina cade, salendo una scala
provvisoria. La si trasporta nell'infermeria, si chiama il medico il quale
constata che il braccio sinistro è rotto. Malgrado tutte le numerose cure delle
buone suore e del medico, la cancrena si sviluppa rapidamente, e suor Maria di
Gesù Crocifisso muore con la più perfetta rassegnazione alla volontà di Dio.
Alcune ore prima che morisse, andai a vederla nell'infermeria e le domandai ciò
che pensasse della nostra possibile residenza a Betlemme. In quel momento si
sollecitava dalla Santa Sede l'autorizzazione a fondare questa residenza per il
servizio spirituale al Carmelo. La piccola suora mi rispose in questi precisi
termini: «Ciò è fatto in Cielo, e per conseguenza, si farà sulla terra».
Effettivamente, alcuni mesi dopo, la vigilia di Capodanno, secondo la mia
abitudine, andai a porgere gli auguri di buon anno a Mons. Patriarca Bracco.
Quando ebbi finito, mi disse: Ed io, ora vi annuncio che Bétharram è autorizzato
da Roma a stabilire una residenza a Betlemme.
Ecco ciò che dichiaro e garantisco essere pura verità, e
semplicemente redatta. Prospero Chirou prete del S.C. Dopo la morte di suor
Maria di Gesù Crocifisso, parecchie carmelitane, sia a Betlemme, sia a Pau,
hanno sentito dei profumi di una soavità tutta celeste, in parecchi posti del
loro monastero. Questo ci fa ricordare che, durante la sua vita, questi stessi
deliziosi profumi emanavano a diverse riprese dal corpo della suora.
Le Dame di Nazareth a Chef-Amar, che possedevano un pezzo di
tela intinta nel suo sangue, ci hanno scritto per attestare che emana un soave
profumo.
Suo fratello Paolo, che lei non aveva potuto più rivedere dalla
sua infanzia, venne a suonare al Carmelo di Betlemme poco tempo dopo la sua
morte. Ci parlò della sua prima infanzia; ci raccontò come lei era stata
raccolta da uno zio paterno e la sua sparizione all'età di circa tredici
anni.
Ci disse che aveva ricevuto la lettera di lei fatta scrivere in
quel periodo, per invitarlo a venire a vederla, ma che non avendola trovata
nella sua famiglia, ad Alessandria, egli aveva creduto, come tutti i suoi
parenti, che li avesse ingannati.
Paolo Baouardy morì nel marzo 1890. Il sacerdote cattolico che
lo ha assistito durante la sua morte, attestò a Don Sisha, allora curato latino
di San Giovanni d'Acri, il quale l'ha affidato ad una lettera, che possiede il
Carmelo di Betlemme, che tre giorni dopo il suo trapasso, sua sorella Maria di
Gesù Crocifisso gli era apparsa e lo aveva avvertito che, fra tre giorni, egli
non sarebbe più stato in questo mondo; il che si era verificato. 1 Greci
cattolici che lo hanno assistito durante la sua agonia hanno raccontato tante
volte ai suoi figli, Giorgio e Maria," che era meravigliato che non vedessero
sua sorella, come lui. La camera era tutta profumata da odore di incenso; quella
brava gente cercò in tutti gli angoli da dove potesse venire questo profumo;
essi non trovarono niente.
Ed è proprio questo profumo o quello di violetta che emana
ancora qualche volta, la biancheria delle sue stimmate.
Per completare questo capitolo, riferiremo ancora alcune
guarigioni attribuite alla Serva di Dio e che lasciamo all'Autorità competente
di apprezzare.
Il medico che la curò durante la sua ultima malattia, ha
assicurato che egli era stato guarito da un male orribile al piede, con la sola
applicazione di un panno che aveva inzuppato lui stesso nel suo sangue.
La religiosa del Buon Pastore che l'aveva vista sotto forma di
una colomba, ci scrisse che suo cognato era stato immediatamente guarito da un
male alla mano che i medici dovevano amputare per evitare la cancrena, mediante
l'applicazione di un panno intinto nel sangue di suor Maria di Gesù Crocifisso.
Questo panno emanava un soave profumo.
Una giovane madre, dopo essere stata tutto un giorno in un
incombente pericolo, fu liberata non appena le si ebbe posato sopra un oggetto
che era servito a suor Maria di Gesù Crocifisso (Pau, 1880).
Una religiosa, affetta da malattia di cuore e da vomiti
continui, che l'avevano ridotta in uno stato di estrema debolezza, non riceveva
alcun sollievo da tutte le cure del medico. Cominciò una novena per ottenere la
sua guarigione per intercessione di suor Maria di Gesù Crocifisso; fin dall'
indomani, si produsse un sensibile miglioramento. Appese alla sua maglietta un
sacchettino contenente dei capelli della suora, e, da quel momento, il vomito
finì completamente. Da allora, malgrado le sue deboli forze, non ha mai cessato
di assolvere il suo compito, e può perfino fare lezione senza alcun disturbo,
cosa che non era stata capace di fare da parecchi anni. (San Maurizio, Yonne,
1881).
La signora P.., di Bayonne, scriveva, il 22 luglio 1881, alla
Priora del Carmelo di Pau: "Che Dio sia esaltato nei suoi santi e sante! La
santa figlia del Carmelo che ho avuto la gioia di conoscere e che invoco con
fede e fiducia, ha avuto pietà di me e mi ha restituito la salute. Oh! quanto è
potente, questa così buona suor Maria di Gesù Crocifisso! Sono penetrata della
più viva riconoscenza, non ho parole per dire tutto quello che provo per lei...
Ben lo dico ad alta voce e vorrei renderlo pubblico ovunque; è lei che mi ha
guarito, che mi ha restituito la salute che avevo perduto da quattordici anni;
oggi vivo come tutti... Ho la ferma fiducia che terminerà ciò che ho così ben
cominciato, e che questa salute, che mi ha fatto recuperare, non servirà che per
lavorare efficacemente".
Una giovane signora, pericolosamente ammalata, ebbe
l'ispirazione di poggiare al suo collo un rosario che aveva avuto da suor Maria
di Gesù Crocifisso; il pericolo scomparve e le fu restituita la salute per la
felicità dei suoi figli. (Marsiglia, 1882).
Prima della sua partenza per Betlemme, suor Maria di Gesù
Crocifisso aveva detto a suor Agnese del Carmelo di Pau che il buon Dio avrebbe
reso a sua sorella la sig.ra S... ciò che aveva fatto per la fondazione. Questa
signora, aveva offerto parecchi doni per la sagrestia e la comunità. Alcuni
anni più tardi, suo marito si ammalò; non era praticante, e allorché fu in
pericolo, non gli si poteva parlare degli ultimi sacramenti. Un giorno, si
sveglia come da un sonno e domanda un sacerdote. Da quel momento, pregava, era
ammirevole per rassegnazione e pazienza in mezzo ad atroci sofferenze. Il Padre
Berdoulet, prete del Sacro Cuore di Bétharram, che l'assisteva, gli mostrò un
giorno la fotografia di suor Maria di Gesù Crocifisso che aveva già lasciato
questa terra e che il malato non aveva mai visto. Appena la vide la prese e la
baciò più volte dicendo: È lei che mi ha convertito, è proprio lei quella che mi
ha convertito. Ed era fuori di sé per la gioia e la felicità. Fin dai primi
giorni di questa malattia, che suor Agnese ignorava, suor Maria di Gesù
Crocifisso la mise a conoscenza durante il suo sonno, dicendole che suo cognato
stava per morire. Questa notizia le fu ben presto confermata dalla lettera di
sua sorella.
I fatti seguenti avvennero perfino mentre suor Maria di Gesù
Crocifisso era viva. Prima della sua partenza per l'India, nel mese di agosto
1870, una guarigione ebbe luogo in Inghilterra per sua intercessione. Il giovane
sacerdote inglese che ne fu l'oggetto, aveva conosciuto la novizia a Pau. La sua
straordinaria devozione verso il sacramento dell'Eucarestia e il suo grande
amore di Dio stabilì tra la suora e lui una specie di parentela spirituale,
utile a tutti e due. Nel luglio 1870, questo sacerdote cadde così gravemente
ammalato a Londra, che i medici disperarono di poterlo salvare. Egli fece gli
ultimi saluti alla sua famiglia e ricevette gli ultimi sacramenti. A questo
punto, arrivava dalla Francia una lettera, dettata da suor Maria di Gesù
Crocifisso e contenente uno dei panni applicati sulla piaga sanguinante del suo
costato. La novizia avendo appreso per vie soprannaturali lo stato del malato,
gli scriveva che la volontà di Dio si opponeva a che egli morisse in quel
momento, perché doveva ancora compiere una grande opera per la gloria
dell'Altissimo. Il malato applicò il panno sul suo petto e si ritrovò subito
guarito.
Una suora di San Giuseppe dell'Apparizione, molto conosciuta
per la sua carità, ha attestato per iscritto il fatto seguente, che citiamo in
seguito alla sua testimonianza.
Questa religiosa era stata mandata dai suoi Superiori
nell'isola di Cipro nel gennaio 1874. La sua salute era deplorevole e il suo
stato non fece che aggravarsi, alcuni mesi dopo, in seguito ad una forte febbre
che ricompariva ogni quindici giorni seguita da vomiti di sangue. 1 medici
consultati dichiararono che la suora era tisica e che aveva poco tempo da
vivere. Questo triste stato si prolungò fino al 1876. In autunno il male
peggiorò in modo tale che i medici prescrissero alla suora il riposo più
assoluto e perfino di evitare qualsiasi movimento. La sua Superiora, vedendola
come in agonia, mise più volte uno specchio davanti alla sua bocca per
assicurarsi se respirava ancora. Le era stato detto di fare il sacrificio della
sua vita ed aveva ricevuto il santo viatico: pronta al terribile passaggio,
attendeva il suo ultimo momento con tranquillità. Ora, accadde che una notte,
verso le undici di sera, vide suor Maria di Gesù Crocifisso, innalzata dal suolo
ad una grande altezza, rapita da Dio, con le braccia in croce, di fronte a lei,
in mezzo ad una luce che illuminava la camera come in pieno giorno. Aveva il suo
abito di religiosa.
Quanto a me, dice suor N..., io non l'avevo mai vista e sapevo
che era lei e sapevo che parlava con il buon Dio, e non dormivo affatto. La
chiamo col suo nome e mi risponde. Le dissi: Maria, domandate al buon Dio
(sapevo che Egli era presente, ma non so come) se sto per morire. Lei parlò a
Nostro Signore; in quanto a me non vidi che lei e non sentii che lei. Dopo
alcuni secondi, mi disse: «No, non morrete giovane, avete da fare un gran
bene!». Poi, gli dissi: Domandategli se persevererò nella mia santa vocazione
fino alla morte. Mi rispose come la prima volta, dopo alcuni secondi: «con la
grazia». Infine, mi rispose su tutto quanto ho domandato per la mia anima, poi
disparve, e ciò che mi ha annunciato mi è realmente accaduto.
A partire da quel momento mi sono ristabilita. L'anno dopo, fui
in grado di sopportare il viaggio e sono partita da Cipro per Giaffa. Ed ecco
che le Carmelitane di Betlemme passavano per Giaffa per andare a Nazareth.
Quale non fu la mia felicità nel riconoscere Maria, ma tale e quale l'avevo
vista a Cipro. Il buon Dio me ne è testimonio, perché è proprio per lui che
scrivo tutto questo. Siamo state così contente di vederci, soprattutto io! Lei
andò a Nazareth; al suo ritomo, mi disse: «Andate a Nazareth, voialtri, prima di
noi». Poi aggiunse: «San Giuseppe ama molto il vostro ordine». Mi disse ancora:
«Tu non mi vedrai più». Mi disse del poco tempo che le restava di vivere, mi
annunciò la sua morte e il mese in cui doveva morire. Mi disse anche: «Dopo la
mia morte, ti si manderà un ricordo». Effettivamente, un mese dopo la sua morte,
la madre N... del Bambino Gesù mi scrisse una parolina e mi mandò una immagine
del Bambino Gesù. Suor Maria aveva talmente baciato i suoi piedi che vi si
vedeva l'impronta delle sue labbra.
Ecco davanti a Dio ed unicamente per la sua più grande gloria,
e come se lo dicessi al momento della mia morte, tutto quello che è
avvenuto.
Gerusalemme, 30 ottobre 1895
Suor N..., religiosa di San Giuseppe dell'Apparizione Farà
inoltre piacere leggere la seguente lettera di Mons. Valerga, nipote del primo
Patriarca di Gerusalemme.
Dopo molte esitazioni e resistenze causate dal fatto che mio
zio, il Patriarca Valerga, era contrario alla entrata delle Carmelitane in
Palestina, mi decisi infine a visitare queste religiose. Avevo appena
oltrepassato la soglia' che fui accolto proprio da suor Maria di Gesù
Crocifisso, che esclamò quasi scherzosamente: «Oh! ecco colui che non voleva
venire a vedere le Carmelitane, ecco colui che non mi voleva vedere!». Aggiunse
qualche altra parola che non ricordo e disse che andava ad avvertire la
Superiora.
Costei venne e dopo una breve conversazione con lei, osservò:
«Ma voi volete vedere senza dubbio suor Maria di Gesù Crocifisso?».
Precisamente, lo desidero e persino ve lo domando. Ebbi allora con suor Maria di
Gesù Crocifisso uno scambio di spiegazioni riguardo alle difficoltà che mio zio
il Patriarca aveva fatto circa l'ingresso in Palestina delle Carmelitane di
Pau.
Portai in seguito la conversazione nel campo dei pensieri
intimi. Su tutto mi rispose bene, salvo su un punto, riguardo al quale mi disse
che non poteva soddisfarmi subito, ma soltanto poco dopo. Si trattava di un
sogno che, in quei giorni, mi aveva turbato, e in seguito al quale mi era parso
che mia madre fosse passata all'altra vita. Poco dopo, mi venne presentata la
Comunità. Tutte le suore erano davanti a me e in mezzo ad esse, suor Maria di
Gesù Crocifisso. Tutto a un tratto, lei guarda il cielo con occhi radiosi e
qualche cosa di celeste nella fisionomia che era assolutamente nuovo per me e
che mi causava una impressione della quale non sapevo rendermi conto: «Ti darò
subito, mi disse, la risposta su ciò che mi hai chiesto»; era riguardo a mia
madre e ad alcune altre cose segrete. Mi rassicurò ben presto: «Non credere ai
sogni, mi disse, tua madre è ben viva». Ed effettivamente mia madre visse ancora
parecchi anni, essendo morta nel 1890. Mi raccomandai poi alle sue preghiere ed
lei mi sollecitò di ricordarmi di lei nelle mie, dicendo che dovevo ben farlo,
poiché sarei stato io a doverla seppellire fra poco tempo. Non diedi, in quel
momento, grande importanza a questa affermazione, ma ecco come essa si
realizzò.
Bisogna dire che la vigilia della morte della suora, Monsignore
era ritornato a Bethjallah, dopo aver amministrato gli ultimi sacramenti alla
moribonda, e mi trovavo io stesso in questa località con molti altri sacerdoti
del Patriarcato. La notizia della sua morte ci arrivò l'indomani. La sera di
quel giorno, non era stato ancora deciso chi avrebbe fatto il servizio funebre,
la mattina seguente. Don Belloni passò questo onore al curato di Betlemme:
costui addusse a pretesto delle occupazioni. Don Emilio, Don Teofilo, Don G.
Marta, non so per quali motivi, rifiutarono di fare la cerimonia. Alla fine, mi
venne a cercare nella mia camera, ove ero già coricato e mi si impose piuttosto
che pregarmi, di cantare la messa.
Feci dunque il servizio funebre e fu solamente allorquando,
secondo il rituale Carmelitano, gettai un pugno di terra sulla bara della
suora, che mi ricordai della profezia: «Sarai tu a seppellirmi»: ne fui talmente
emozionato che non potei finire l'orazione. 1 partecipanti se ne accorsero.
La vigilia della morte della suora, un messo, recante una
lettera di Don Belloni, si presentò a Mons. Bracco, allora a Gerusalemme. Fu
durante il pranzo, una domenica. La lettera annunciava che suor Maria di Gesù
Crocifisso era molto grave e desiderava vedere il Patriarca.
Finito il pasto, Monsignore partì; io lo accompagnai con un
giannizzero. Alla porta del convento ci attendevano Don Belloni, il Padre curato
di Betlemme e il Padre Guido. Il Patriarca si recò presso la malata e, avendola
vista, concluse che era necessario amministarle senza ritardo il Santo
Viatico.
Don Belloni passò questo onore al Padre Curato, e questi al
Padre Guido. Non volendo nessuno dei tre assolvere a questo compito, si concluse
che, essendo presente il primo Parroco della diocesi, bisognava lasciare a lui
quest'onore e questo dovere. Lo si pregò. Monsignore accettò.
Fatto ciò, siccome il male peggiorava, si decise di dare
l'Estrema Unzione all'ammala-
ta. Stessa discussione e stessa conclusione come per il
Viatico; anche questa volta, Monsignore accettò. Non si decideva a lasciare il
capezzale della malata, e fu solamente a notte inoltrata che riprendemmo il
cammino di Bethjallah.
Arrivati vicino alla tomba di Rachele, siccome camminavo ad una
breve distanza da Mons. Bracco, lo vidi tutt'a un tratto fermarsi e battersi la
fronte come preso da qualche cosa di grave; poi esclamò: Ecco una profezia
realizzata! Che avviene? gli dissi avvicinandomi. Si è che la malata mi aveva
profetizzato che le avrei dato il Viatico e l'Estrema Unzione, e in effetti, le
ho appena amministrato questi sacramenti.
L'indomani, ci si venne ad annunziare la morte di suor Maria di
Gesù Crocifisso. Noto espressamente che Mons. Patriarca era molto riservato su
tutte queste cose e che ha potuto essere il confidente di altre cose ancora
delle quali non sono a conoscenza.
Ho sentito raccontare che in un giardino (a Pau o a Mangalore,
non saprei dirlo), suor Maria di Gesù Crocifisso ebbe il cuore trafitto come lo
si racconta di santa Teresa. Effettivamente, alcune ore dopo la sua morte, un
certo Carpani, che faceva la professione di medico, venne a fare 1'espianto del
cuore. Il cuore prelevato, lo si mise su un piatto, perché tutti potessero
esaminarlo. Ero-presente con Don Belloni, Don Emilio, Don Teofilo, Don Giovanni
Maria Marta, Don Riccardo Branca. Potemmo tutti constatare che il cuore portava
la cicatrice di una ferita che si sarebbe detta prodotta da una lunga punta di
ferro... Il cuore posto così su un piatto passava di mano in mano, di modo che
tutti i sacerdoti presenti e le stesse religiose, poterono constatare questo
fatto meraviglioso.
Potemmo constatare anche che, ai piedi e alle mani, la suora
portava le cicatrici delle piaghe, simili a buchi. Su questo argomento, Don
Belloni, confessore di suor Maria di Gesù Crocifisso, mi assicurò che, lei
viva, quando si metteva in controluce una sua mano, si sarebbe detto che la
carne ne era trapassata al posto delle stimmate.
Potemmo tutti inoltre constatare la traccia visibile di una
larga ferita ricevuta al collo. Suor Cipriana (suora di San Giuseppe
dell'Apparizione) mi ha raccontato che suor Maria di Gesù Crocifisso, trovandosi
ad Alessandria, era stata colpita al collo dall'arma tagliente di un miserabile
che la gettò in un fosso, ove sarebbe morta se la Santa Vergine non l'avesse
salvata da questo pericolo.
Pochi giorni dopo la sepoltura, ho sentito raccontare che,
essendo terminata l'operazione di Carpani per 1'espianto del cuore, il cadavere
aveva steso le braccia a forma di croce ed era rimasta in questa posizione fino
a quando venne il momento di metterlo nella bara. La Madre Priora ordinò a
questo punto al cadavere di piegare le braccia... Il cadavere obbedì a
quell'ordine e la suora fu seppellita.
APPENDICE
GIUDIZI DI ALCUNE PERSONALITA SULLA BEATA
Lettere di Mons. Lacroix, vescovo di Bayonne, alla Madre Priora
del Carmelo di Pau
Bayonne, 11 aprile 1868
Reverenda Madre,
i favori, che riceve da Dio la giovane Araba alla quale avete
dato ospitalità, mi sembrano mirabili e degni del più grande interesse. Spero di
avere la consolazione di vedere questa fortunata stimmatizzata, fra non molto in
occasione del mio viaggio a Pau. Vogliate continuare ad assisterla con le
vostre buone cure; asseconderete così le divine attenzioni in merito a questa
eletta del cielo e a questa imitatrice di Gesù Crocifisso. Mi raccomando alle
sue preghiere e alle vostre e vi benedico tutte nel nome del Signore.
+ Francesco, vescovo di Bayonne
È importante che ciò che avviene di straordinario, in merito
allo stato della stimmatizzata resti segreto e non esca dal monastero fino a
quando il buon Dio non decida altrimenti.
Bayonne, 16 settembre 1868
Reverenda Madre,
la ringrazio dei particolari che mi ha fatto conoscere in
merito alla nostra cara Maria di Gesù Crocifisso e che seguono alle altre
informazioni così importanti e così interessanti che avevo già ricevuto.
Comprendo, così come lei me lo annuncia che il tutto sia raccolto dalle vostre
cure e da quelle delle sue beneamate sorelle della comunità per la cronistoria
completa di questo grande avvenimento, affinché si conservi e serva come
edificazione nel futuro, e nel tempo presente.
Sono ben certo che sarete tutte molto fedeli alle
raccomandazioni e istruzioni che vi sono state così saggiamente e così
meravigliosamente date e che ne risulterà un gran bene per il Carmelo e la
perfezione di tutte le figlie di santa Teresa.
Mi propongo di venire a celebrare una Messa di ringraziamento
nel vostro monastero al più presto, non appena le mie occupazioni me lo
permetteranno, per ringraziare il divin Salvatore della sua ineffabile bontà e
delle grazie straordinarie delle quali ha voluto colmare la sua piissima e
fervente figlia Maria di Gesù Crocifisso ed anche tutto il monastero.
Ho visto, a Bayonne, il vostro reverendissimo Padre Generale,
ma non mi ha detto che si proponeva di visitare la vostra casa di Pau. Quando
verrà apritegli le porte, e ditegli che avrà tutti i poteri che crederà di dover
usare in questa visita e li avrà tutti senza alcuna restrizione.
La benedico, mia buona Madre, e con lei tutta la Comunità; la
ringrazio dei frutti benedetti che la santissima Vergine si era degnata
riservarmi, come pure la nostra suor Maria di Gesù Crocifisso.
Siamo sempre più riconoscenti, a questa augusta e tenerissima
Madre del Carmelo, che vi prodiga così preziose e così dolci consolazioni.
+ Francesco, vescovo di Bayonne
Lettera di Mons. Lacroix, vescovo di Bayonne, a suor Maria di
Gesù Crocifisso,
al momento della sua partenza per Mangalore (agosto
1870)
Carissima figlia di Gesù Crocifisso,
andate dunque lontano e molto lontano, ma per Gesù e per farlo
conoscere, per farlo onorare. Egli sarà con voi sempre: seguitelo con la sua
croce, o piuttosto restate sempre attaccata alla sua croce, dicendo con san
Paolo: " lo sono con Gesù, legato, inchiodato alla sua croce, in modo da essere
inseparabili, Gesù e voi; abbiate un medesimo spirito, un medesimo cuore, una
medesima anima, uno stesso corpo, una stessa esistenza.
Maria di Gesù Crocifisso resterà incessantemente con la divina
Madre di Gesù. Pregate molto per me, cara figliuola, io lo faccio ogni giorno
per voi nella santa Messa. Oh! Quante volte, ogni giorno ed ogni notte, penserò
a Maria di Gesù Crocifisso, unendomi alle vostre preghiere ed unendovi ai miei
sacrifici, soprattutto a quello dell'altare.
Scrivetemi le tante volte che ne avrete l'occasione, io farò lo
stesso. Vi benedico dal profondo del cuore.
+ Francesco, vescovo di Bayonne
Lettera di Mons. Lacroix, vescovo di Bayonne, a Mons. Bracco,
Patriarca di Gerusalemme
Venerabile Fratello,
le Suore carmelitane sistemate presso la Grotta di N. S. G. C.
per volontà di Sua Santità Papa Pio IX e per il vostro beneplacito, mi hanno
spessissimo parlato nelle loro lettere della vostra affettuosissima carità per
loro, cosa che mi è stata molto gradita.
Ed è per questo, per la vostra benevolenza, che vi faccio
larghissimi ringraziamenti, e sono certo che questa benevolenza durerà sempre,
poiché voi siete il padre e, per così dire, la madre di queste suore.
Siete fortunato, venerabile fratello, perché il Cristo ci ha
spogliati per arricchirvi. Possedete in effetti preziose perle e, fra queste
perle, una perla ancor più luminosa, cioè, suor Maria di Gesù Crocifisso. Sì,
io lo confesserò e non lo negherò, lo confesserò davanti a Dio e davanti ai suoi
angeli: questa suora è un mirabile tesoro di tutte le virtù e principalmente un
tesoro di fede, di umiltà, di obbedienza e di carità, e per dire tutto, in una
parola, ella è un miracolo della grazia di Dio.
Prima di morire, vi scongiuro, Venerabile Fratello, di
custodire un così bel deposito con la più grande cura e il più grande amore, e
riceverete il centuplo in questa vita, e in cielo possederete la vita
eterna.
Mi raccomando ad ogni istante alle vostre preghiere.
Vostro...
+ Francesco, vescovo di Bayonne
(La copia della traduzione di questa lettera, dettata in latino
da Mons. Lacroix al Rev. P Estrate, senza data, può essere datata agli anni
1876-77).
A proposito dell'approvazione data da Sua Santità Pio IX per la
fondazione del Carmelo di Betlemme, il cardinale Franchi diceva: lo non ci
capisco niente, c'è qualcosa sotto; mai il Santo Padre ha fatto un gesto simile!
Ed ora, sono io ad essere il Protettore di questa opera: siccome i tempi sono
tristi, se sopravvenisse qualche difficoltà, si prega di rivolgersi a me, me ne
incarico io. Così pure il cardinale Antonelli diceva che mai un'opera come
quella era stata fatta a Roma. E parlando di suor Maria di Gesù Crocifisso,
dice, da parte del Santo Padre di continuare a dirigerla come si era fatto,
poiché era sulla buona strada.
Una comunicazione importantissima riguardante la santa Chiesa e
l'augusta persona di Pio IX era stata affidata al Padre Bordachar e al Padre
Estrate dal Vescovo di Bayonne, il quale l'aveva ricevuta da suor Maria di Gesù
Crocifisso. Essi, compiendo la loro missione, avevano parlato del cammino
soprannaturale dell'umile
suora conversa, ciò spiega alcune delle parole del cardinale
Antonelli, citate prima. La verità delle rivelazioni contenute nella
comunicazione della quale si è appena parlato, era stata anche pienamente
constatata.
Ecco ciò che ho sentito raccontare al Sig. Chesnelong,
senatore, nella sua visita a Bétharram, il 4 e 5 ottobre 1893, riguardo a suor
Maria di Gesù Crocifisso. Nell'epoca in cui il Sig. Chesnelong negoziava a Roma,
con altri cattolici eminenti come lui, la fondazione del Carmelo di Betlemme,
l'abate Bordachar, che si trovava con questi Signori, era anche quello che
risentiva più sensibilmente, con la sua vivacità basca, le peripezie di una
vicenda che passava ogni giorno per le fasi più diverse. Ora, ogni giorno, suor
Maria di Gesù Crocifisso gli scriveva una lettera che esprimeva mirabilmente lo
stato d'animo dell'abate Bordachar in quel momento: "Eccovi nella gioia; ai
vostri occhi è finito, fiducia di bambini nelle cose umane piene di
vicissitudini". L'indomani, dal suo convento, lei vedeva l'anima del caro Abate
tutta agitata. "Io vi vedo, quale cambiamento! Ieri, una gioia senza limiti;
oggi, una tristezza sconfinata fino allo scoraggiamento!".
Il sig. Chesnelong ha letto parecchie di queste lettere; esse
manifestano disposizioni così intime, così diverse, con una tale precisione e
penetrazione che, ai suoi occhi, Dio solo poteva rivelare queste cose alla
Veggente: è la sua profonda convinzione.
(Estratto di una lettera del rev. P Etchécopar, Superiore
generale dei Preti del Sacro Cuore di Gesù, alla rev. Madre Priora del Carmelo
di Betlemme).
Lettera di Mons. Felice Valerga, cameriere d'onore di Sua
Santità, Chierico-Beneficiato di San Pietro
Loano, 8 maggio 1912
Andai un giorno a celebrare la messa nella casa provvisoria che
le carmelitane abitavano a Betlemme prima che il monastero fosse costruito, ed
ecco in quali circostanze. Al mio arrivo, la messa del sacerdote maronita era a
metà. Avvertii che avrei celebrato io stesso subito dopo, ma a bassa voce e
senza campanella, di modo che non ci si potesse accorgere dal coro, dove erano
le carmelitane, che si diceva una messa. E così fu fatto.
Ed ecco che dopo la consacrazione, sento un gran movimento di
persone ed una voce forte che esclama: L'amore è tutto, l'amore è tutto. Era
suor Maria di Gesù Crocifisso. La sua estasi continuò fin dopo la messa, perché,
essendo passato nel parlatorio, la sentivo ancora, ma la sua voce era più dolce.
Venne e, davanti a me,
parlò con una eloquenza sbalorditiva, delle anime sacerdotali,
e dopo una mezz'ora, mi congedò, pregandomi di dire al Patriarca che lei
l'attendeva l'indomani, avendo una importante comunicazione da fargli.
Ritornato al Patriarcato, feci a Mons. Bracco la commissione
della suora. Egli non parve sorpreso e parti l'indomani per Betlemme. Come
sempre io ero il suo compagno di viaggio. Il Patriarca ebbe un lungo colloquio
segreto con la suora. Lei gli dovette allora annunziare la piccola rivoluzione
che accadde a Gerusalemme alcuni giorni dopo, e rassicurarlo sulle conseguenze
di questo avvenimento.
Monsignore, di solito, non ne diceva niente; ma tutti, al
Patriarcato, si ebbe la convinzione di questa rivelazione della suora, sia a
causa della fretta con la quale l'aveva chiamato, sia a causa
dell'assicurazione e della certezza che il Patriarca mostrò al momento
dell'avvenimento. Alcuni giorni dopo, effettivamente, il Patriarca aveva appena
terminato la sua messa, quando don Antonio Morcos venne ad avvertirlo che c'era
una vera rivoluzione nella popolazione di Gerusalemme e che i latini non
credevano di poter salvare la loro vita che rifugiandosi al Patriarcato.
Monsignore permise che venissero, ma li rassicurò tutti, certificò loro che non
vi sarebbe stato spargimento di sangue. Io compresi facilmente che il Patriarca
nel suo ultimo incontro aveva dovuto essere informato dalla suora degli
avvenimenti di questa giornata, che fu in effetti tanto a Betlemme e a
Bethjallah che a Gerusalemme una giornata di spaventi, ma non ci furono
disgrazie da deplorare.
Poco prima della morte di Pio IX, suor Maria di Gesù Crocifisso
in estasi, vide una processione di angeli e di santi; la santa Vergine aveva le
braccia aperte per ricevere l'anima in onore della quale si era formata quella
processione. La suora pensò che Pio IX fosse in pericolo di morte e che la sua
anima era attesa in Paradiso.
Non sapendo né leggere né scrivere, si servì dell'aiuto di una
suora per scrivere al Patriarca Bracco, il quale secondo la sua abitudine quando
riceveva simili comunicazioni che non era urgente pubblicare, la nascose nel
suo ufficio.
Alcuni giorni dopo, Mons. Bracco ricevette dal Rev. Padre
Girolamo Priori un telegramma annunciante la morte di Pio IX. Questo Rev. Padre,
ex generale dei Carmelitani Scalzi, era a Roma. Il Patriarca, doppiamente
colpito, mi chiamò e come se non avesse prestato fede al dispaccio, mi incaricò
di domandarne, per telegramma, conferma al Rev. Padre Priori. L'indomani,
ricevemmo la conferma richiesta. E il Patriarca spiegò a Don Emilio, il quale
lo raccontò a me, come fosse stato avvertito di questo fatto, da suor Maria di
Gesù Crocifisso.
Dio volle far conoscere a suor Maria di Gesù Crocifisso, e per
lei, al Patriarca, la persona dell'eletto che Egli destinava a governare la
Chiesa. Lei scriveva, sempre per mezzo di una segretaria, a Mons. Bracco, prima
della elezione di Leone XIII:
"Mi sembra di vedere una grande sala, dove sono raccolti tutti
i cardinali occupati alla elezione del nuovo Papa. Vedo anche nell'aria un
angelo che porta una tiara; a poco a poco, scende e sembra seguire uno dei
cardinali.
Io non conosco questo cardinale, ma vedo lo stemma che mette
nell'intestazio-
ne dei suoi scritti e nel suo palazzo. Eccone la descrizione.
Sul fondo il giglio dei re di Francia. Al di sotto un cipresso. Una fascia
bianca un po' ricurva attraversa il cipresso. Nel vuoto, al di sotto del
cipresso, brilla una stella che manda i suoi raggi trasversalmente. Ecco ciò
che posso dirvi. Ma se don Felice Valerga va nel grande divano del Patriarca e
prende l'album dove si trovano tutti i cardinali credo proprio che troverà il
cardinale del quale ho descritto il blasone e che si elegge in questo
momento".
Senza manifestare il contenuto della lettera, il Patriarca
ordina che si vada a cercare l'album (Don Emilio è presente quando egli dà
quest'ordine). In quello stesso momento, entra un Francescano, venuto per essere
segretario di Terra Santa, e che domanda il potere di confessare. Pregava che lo
si volesse dispensare dall'esame, avendolo già passato davanti alla Curia di
Parigi, e presenta il documento che ne fa fede. Vi si vedono le insegne del
cardinale Pecci. Esclamo subito: L'enigma è risolto, abbiamo lo stemma che
descrive suor Maria di Gesù Crocifisso. Esaminiamo l'album del divano e
riconosciamo che c'è lo stemma del cardinale Pecci. Nessun dubbio, questo
cardinale deve essere Papa e non ci resta più che attendere il telegramma che ce
lo annuncerà. Arrivò l'indomani.
Lettera del Rev. P Xavier, Carmelitano Scalzo, Superiore del
Carmelo di Bordeaux
Carmelo di Bordeaux, 18 novembre 1878
Mia reverenda Madre,
non saprei troppo ringraziarla della sua delicata attenzione;
non potrei dirle quanto mi ha commosso. Sapevo da un nostro religioso, il Padre
Maria Ephrem, della morte di questa cara suorina che, ai miei occhi, era più una
creatura angelica, che una creatura umana. Come sarà felice per essere entrata
nel seno del suo Dio! Quale accoglienza Nostro Signore avrà fatto a questa sposa
così fedele al suo amore e che Egli stesso ha tanto amato! Dopo la sua morte me
la sono ricordata più volte, ma tale ricordo è sempre accompagnato da una
specie di soavità che mi impedisce di rimpiangere che ella ci abbia lasciato.
Ho ferma fiducia che sentiremo l'effetto della sua potente intercessione presso
Nostro Signore; lei amava tanto la sua famiglia spirituale!
Se la mia richiesta non è indiscreta vi domanderò, mia
Reverenda Madre, l'autorizzazione a conservare la relazione della quale avete
voluto inviarmi copia. Voglio farne parte ai nostri Padri, come pure a quelle
anime pie che troveranno, come me, una grande consolazione nel leggerla.
Lettera del Rev. P Ippolito, Carmelitano Scalzo
Carmelo d'Agen, 3 ottobre 1878
Mia Reverendissima Madre,
ho letto alla comunità il racconto della santa morte della
nostra cara suor Maria di Gesù Crocifisso e vi ha prodotto una profondissima
impressione. Parecchie religiose non hanno potuto ascoltare questa lettura
senza versare lacrime.
Oh! Grazie cara Madre, d'aver pensato a me in questo dolore di
famiglia, grazie per avermi messo nel numero di quelli che hanno sempre avuto
la stima per questa beata e santa figlia.
Abbiate ancora la carità, mia reverendissima madre, di mettere
da parte per me dei lini che sono stati applicati alle sue sante ferite.
Tutto ciò che mi verrà da questa figlia, lo conserverò come una
vera reliquia. F. M. Ippolito
Estratto di una lettera del Rev. Padre du Bourg, Rettore dei
Gesuiti Montpellier, 18 settembre 1878
(...) Eccola dunque (suor Maria di Gesù Crocifisso) che ha
lasciato la terra dove era come straniera, e si è riunita a Gesù, che l'aveva
tanto attirata a sé e per vie tanto straordinarie; è una cosa che mi sembra del
tutto naturale. Con la dirittura e la semplicità che le conoscevo, e che mi
rassicurava pienamente su ciò che c'era di sorprendente e di strano nella via
che attraversava, mi sembra che sia andata direttamente in cielo. Non mi viene
neppure l'idea di pregare per lei. Ed è solo pensandoci bene e con una specie
di ragionamento generale che sento essere giusto di raccomandarla al buon Dio
nel Santo Sacrificio.
Avete seguito nei particolari tutto ciò che ella faceva e
diceva e ciò che il buon Dio ha fatto o ha permesso che si facesse in lei. Vi
raccomandavo di prenderne nota accuratamente, affinché ci si possa rendere
conto un giorno di tutto ciò, e, se piace al buon Dio, di ricavarne la sua
gloria e l'edificazione delle anime.
Parlando col buon Padre Lazzaro, ho constatato con piacere che
i nostri pensieri erano sempre stati d'accordo: che sempre seguendo da molto
vicino questa cara piccola anima, tanto quanto egli ne era stato direttamente
incaricato, si era sempre tenuto in una discrezione completa e molto prudente.
Proprio lui aveva ottenuto e fatto accettare la decisione che lei stessa si
tenesse nel ruolo delle suore converse, e sempre lui raccomandava che non si
mostrasse tanta attenzione a lei, e nessun clamore a suo riguardo. Io ritornerò
a vederlo e parleremo più dettagliatamente di tutto ciò.
P. du Bourg
Lettera di Fra' Evagre, Provinciale dei Fratelli delle Scuole
cristiane in Palestina
Gerusalemme, 30 settembre 1878
Mia Reverenda Madre,
il fascino che il mio confratello ed io abbiamo provato alla
vista e alla conversazione della santa da poco volata al cielo, l'alta idea che
ci siamo formata delle sue sublimi virtù, la forma di culto che già nutriamo per
lei nelle nostre anime, tutto ciò che si dice attorno a noi su di una vita così
straordinaria tutto ciò messo insieme fa' sì che tutti e due veniamo a
chiedervi due favori.
Sapete, Reverenda Madre, ciò che diceva e pensava la santa
riguardo alla nostra fondazione di Gerusalemme? Pensava e qualche volta ha
parlato del bene che vi si farebbe, che questa istituzione troverebbe delle
difficoltà e di quale specie?
Le più piccole sue parole riguardo alla nostra Opera, sarebbero
per me preziosi avvertimenti.
Secondariamente, il mio confratello ed io vi supplichiamo,
Reverendissima Madre, di farci dono di un oggetto qualunque che sia stato usato
dalla santa. Questo favore, noi ve lo domandiamo con istanza, con fede e
pietà.
Vogliate accordare questa grazia a F. S. mio compagno ed a me,
vostro indegno servitore.
Fra' Evagre
Lettera del Sig. Ch. Chesnelong, senatore, alla Signorina
Dartigaux
Orthez, lì 9 settembre 1878
Signorina,
mi sono dolorosamente commosso apprendendo la morte di suor
Maria di Gesù Crocifisso, come pure molto commosso del pensiero avuto dalla
Reverenda Priora del Carmelo di Pau di volermela partecipare. Le sono anche
molto riconoscente di essere stato degno di servirle da intermediario.
La santa religiosa era di quelle anime per le quali la morte è
la preparazione alla ricompensa. Era stata, durante la vita, lo strumento delle
grazie divine, qualche volta l'eco delle voci che Nostro Signore Gesù Cristo
faceva risuonare nel suo cuore, e sempre l'esempio delle virtù che l'anima umana
può acquistare immo-
landosi tutta intera sull'altare del sacrificio. Possedeva la
pienezza della fede e dell'amore; aveva anche il senso divino della sofferenza
accettata per amore di Gesù Cristo e come supplemento di riscatto per le offese
degli altri; perché lei, la santa fanciulla, non aveva niente da espiare per se
stessa. Univa ad una semplicità che era il riflesso di una perfezione la quale
ignorava se stessa, una quantità di coraggio e una tale elevazione
soprannaturale che rivelavano un'anima trasfigurata dai ritocchi del Maestro
Divino. La morte, per lei, non ha potuto essere che il passaggio da una santità
manifestantesi nella prova a una santità coronata nella gloria, fortunata voi,
Signorina per essere stata a tanti titoli la prima in questo cuore così
divinamente privilegiato! Ed è per me una grande soddisfazione d'avere forse
avuto un piccolo posto nei suoi pensieri e nelle sue preghiere e di sperare che
la benedizione di questa santa continuerà a proteggermi e ad estendersi sui
miei. Nel mio prossimo viaggio a Pau, avrò l'onore di andare a presentare alla
Reverenda Priora del Carmelo l'omaggio dei miei sentimenti e vi domanderò,
Signorina il permesso di potermi intrattenere con voi circa la santa di Betlemme
e l'opera che vi avete fondato con lei.
Vogliate, ecc...
Ch. Chesnelong
LETTERE DI SUOR MARIA DI GESÙ CROCIFISSO
Alla Madre Priora del Carmelo di Pau
Mangalore, luglio 1871
Cara e diletta Madre mia,
sto per dirvi delle sofferenze della nostra care Madre Elia;
questo vi addolorerà, ma vedrete come il buon Dio ha fatto tutto per rendere
bella la corona della sua prediletta. Nostra Madre allora non ha voluto dire
tutto, perché la piaga era troppo fresca e questo l'avrebbe resa troppo viva,
ma non ha avuto l'intenzione di nascondere alcunché; voleva al contrario dirvi
tutto, ma ha temuto di darvi troppa pena.
Comincio da Port-Said. Madre Elia stava molto bene, aveva
l'aspetto radioso, a partire da Marsiglia la sua salute era perfetta; ci serviva
tutte, rideva di me perché io che avevo viaggiato per mare stavo male, mentre
lei, che non era abituata, stava benissimo. Godeva fisicamente e spiritualmente
fino al mar Rosso e diceva: Quale grazia di essere stata scelta, io, così
vecchia e così indegna, quale grazia! Ebbene, l'indomani di questo giorno, mi
disse: Oh! Cara figlia, ho sognato qualche cosa che mi fa una gran paura... Io
allora dissi: «Madre, ve ne scongiuro, ditemi quello che avete sognato».
Rispose: No, mi sembra che il buon Dio non lo voglia; e, allora, mi sono
rattristata, ma non ebbi voglia di saperlo, giacché il buon Dio non lo
voleva.
Dopo ciò, sul mar Rosso, sapete, quando le altre sono venute
meno? Madre Elia non lo sapeva; ricevette una grande consolazione e subito dopo,
è caduta senza conoscenza. In seguito si mise a cantare il salmo Laetatus sum e
un altro: "Il Signore ha esaudito la mia preghiera"... venne il medico e,
meravigliato, diceva: Che gioia essere carmelitana!
Venne Padre Lazzaro tutto tremante e andò a cercare il
comandante che dice, come aveva detto il medico: Bisogna cambiare cabina; ed
allora, il buon Dio permise che si mettesse Madre Elia in un'altro posto ancora
più disagevole; con quel calore, occorrevano due ore per aprire la finestra,
poi sotto c'era il carbone. La sera, si era così stanchi! Gli uomini che
portavano il carbone gridavano, andavano, venivano. Infine fu deciso di salire
la notte sul ponte.
Suor Stefania mori proprio quella notte. Mio Dio, come abbiamo
sofferto! L'indomani, Madre Elia fu sistemata in una cabina presso la ciminiera
della nave; il
buon Dio lo permise per farla soffrire ed anche perché le
mancassero molte cose, ma il buon Dio fa tutto per la sua gloria. Anche io, la
facevo soffrire ripetendole sempre: «Madre, se il buon Dio vi dicesse di
offrirgli due rose, voi gliele dareste?» E rispondeva: Mi tormentate, credete
che rifiuterei qualcosa al buon Dio? Quando i nostri Padri videro queste tristi
cose, dissero: Andiamo ad Aden a portare il corpo di suor Stefania; e poi, sono
venuti a cercarci: Padre Lazzaro era pallido come un lenzuolo ed anche padre
Graziano.
Povera Madre Elia, come soffriva! Non vedeva suor Stefania e
vedeva portare la mia suor Eufrasia su un asse da quattro uomini. E lei, la
Madre amata, doveva essere trascinata... E se sapeste per quale strada: rocce,
montagne, è terribile; vedere per capire.
Vi racconterò l'obbedienza di suor Eufrasia. Sulla nave, non
poteva stare un minuto tranquilla, bisognava essere in tre o quattro per
tenerla e sempre tremava per la sofferenza e si sarebbe potuta gettare giù.
Allora Padre Lazzaro, desolato, temendo che fosse caduta per strada le disse:
Figlia cara, vi ordino per obbedienza di restare tranquilla lungo tutta la
strada. Lei era senza conoscenza, ma il buon Dio permise che comprendesse e che
non si movesse più fino alla casa dove, appena arrivata, ha ricominciato.
Ma, mio Dio, che casa! Era notte e si mancava di tutto. Si
dovette mettere Madre Elia in un letto pieno di buchi, peggiore della trave.
Noi non lo sapevamo: essa ne ha sofferto col suo povero corpo già rotto da pene
e sofferenze!
Si accorgeva che le si nascondevano le suore e questo le faceva
soffrire un martirio. Si era pensato di dirle che suor Stefania sarebbe partita
con Padre Lazzaro e le terziarie. Ed allora, per prepararla, le dissi: «Madre,
vi dispiacerebbe di non vedere più suor Stefania, se partisse con Padre
Lazzaro?» Ed ella disse: Non è possibile che parta senza venire a vedermi!
Un'altra suora le diceva: Siate tranquilla, Madre, suor Stefania è ben curata.
Infine, Padre Lazzaro disse: Impossibile nascondere la verità, bisogna
dirla.
Povero padre, impossibile dire tutto ciò che soffrì ed ancor
più nel lasciarci ad Aden dove mancava tutto, e con il Padre Graziano che era
malato anche di noia o di dolore. Padre Lazzaro non sapeva che pensare del buon
Dio, si rassegnava, ma la sua volontà gli sembrava crudele. Inoltre doveva
partire e Dio sa tutto ciò che ha sofferto.
Sapete come Madre Elia apprese con eroismo la morte di suor
Stefania, poi, tre giorni dopo, quella di suor Eufrasia. Era magnifico vedere
questa madre così tenera accettare queste morti con la calma dei cieli. Si
alzò, così malata come era, per il seppellimento, e quando si cantò l'ufficio
dei morti con le suore del Buon Pastore, aveva la voce più forte di tutte con
il fervore degli angeli e senza piangere; ma dopo, fu obbligata a mettersi
subito a letto. Ha sofferto mille morti in quella città di Aden; il vento le
sembrava il fuoco dell'inferno, niente poteva salvarla.
Dopo la morte delle suore, voleva che tutti i suoi figli
restassero qui accanto a lei, tanto aveva paura che le si nascondesse la morte
di qualcuna. Neppure Padre
Graziano poteva restare in alto; tutte soffrivamo tanto!
Avevamo bisogno di stare insieme per consolarci e fortificarci. Mio Dio, vivessi
pure mille anni, ti prometto di mai dimenticare Aden!...
Una notte in cui le nostre suore erano in alto ed io in basso
con Madre Elia, vedo un ladro tentare di entrare attraverso la finestra... Mi
metto allora a parlare come se vi fosse molta gente. Madre Elia diceva: Figlia
cara, che fate, venite a mettervi a letto... Ed io, parlavo arabo: Ma, povera
figlia, avete perso la testa? Non so che linguaggio usate; come mi fate soffrire
questa notte!... Ed io avevo paura! Ora vedevo un ladro con un grande coltello
vicino alla finestra dove era il letto di Madre Elia; ve ne erano due che
cercavano di entrare dall'una o dall'altra finestra. Se avessi detto ciò
all'amatissima Madre, sarebbe morta di spavento; se avessi chiamato Padre
Graziano, sarebbe stato ancora più atterrito, perché lui sa che in questo
paese, si fanno molti delitti.
Infine, per tre ore circa, ho parlato arabo molto forte, allora
i ladri sono andati via senza osare di entrare.
La gente di Aden è stata magnifica verso di noi. Il Signor
Console (il Console francese) e la sua Signora sono stati molto buoni. C'era
anche una signora protestante che ci portava molte cose necessarie; la sua
carità era generosa; suo marito era cattolico, molto pio, molto santo; ci
mandava latte e tutto ciò che poteva. Anche la gente della nave era molto,
molto buona: attori e attrici soprattutto, piangevano e baciavano i piedi di
suor Stefania dopo la sua morte.
Avevamo pure due ragazzini, buonissimi, devoti, ma pigri: uno
si chiamava Bastiano e l'altro Maometto. Volli fare mangiare un po' di carne di
vitello a Maometto e non volle mai. Gli domandai perché; disse: perché i buoi
hanno riscaldato Gesù Cristo. Allora gli ho detto se non avesse mangiato un po'
di cammello; mi disse di no, perché esso ha portato Maometto. «E il maiale?».
No, neppure, Maometto l'ha proibito. Qualche volta Bastiano e Maometto
bisticciavano fra loro e poi venivano a lamentarsi con me: Signora, signora,
m'ha fatto questo e questo; io li rimproveravo tutti e due e poi facevo loro
baciare in terra. Bastiano, gran signore, ha fatto allora un gesto terribile.
Quando la nostra Madre disse ciò a Padre Alfonso, egli, molto sbalordito ha
detto: Ma questa piccola è un uomo e non una donna, nessuno mai ha fatto fare
altrettanto. Questi due ragazzi ci volevano molto bene. Quando la nave francese
dove era mons. Maria Ephrem arrivò, essi saltavano di gioia perché ciò ci faceva
piacere; e quando noi ci allontanavamo, piangevano, ciò che toccava molto il
buon cuore di Madre Elia.
Quando arrivò il momento di partire, feci tutto ciò che potei
per farla venire al cimitero per vedere suor Stefania e suor Eufrasia; appena
arrivata, lei baciò la tomba, poi divenne pallida, pallida, e tutta tremante.
Mi disse: Figlia mia, non mi reggo più, usciamo da qui. Ho fatto di tutto per
distrarla, ma in quel momento niente, proprio niente poteva consolare il suo
cuore.
Infine, siamo partiti con la nave. Madre Elia stava molto bene,
l'aria del mare le giovava molto fino a Madras. Ma arrivata là, come la povera
cara Madre ha sofferto! erano buoni dove noi passavamo, ma non la si poteva
sollevare. A Calicut, era
presa di gioia e diceva: Oh! ho la felicità di toccare infine
questa terra dell'India che san Francesco Saverio ha evangelizzato! E poi gli
onori che si rendevano a Monsignore le facevano dimenticare un po' le sue
sofferenze. Cara Madre, come si stancò per questa processione, ma, mio Dio,
quale ammirevole pazienza! Durante la sua malattia, ha sofferto le cose più
martorianti la natura; la si voleva guarire ad ogni costo e si è fatto tutto ciò
che era contrario al suo cuore ed al suo temperamento, il buon Dio l'ha
permesso. La superiora delle suore, santissima, buonissima, caritatevolissima,
voleva curarla come si fa in questo paese, diceva che ciò l'avrebbe guarito.
Povera cara Madre Elia, aveva bisogno di cose ricostituenti e non le si dava che
un po' di farina di riso cotta con l'acqua; le nostre povere madri non potevano
fare niente di quello che avrebbero voluto, perché si diceva loro che avrebbero
ucciso Madre Elia. Io, una volta, di nascosto, diedi qualcosa di fortificante a
Madre Elia, ciò che le fece molto bene; quando lo si seppe, furono tutti contro
di me e mi si proibì di accostarmi al suo letto; lei se ne accorse e fu per lei
un colpo terribile. Vedeva anche che le nostre Madri non erano libere di
avvicinarsi a lei, ed ella avrebbe tanto desiderato non avere che loro per
curarla... Ma faceva atti eroici di pazienza e di rassegnazione: non un
lamento. Si fece venire un medico inglese, che era del parere della Superiora
delle suore. Monsignore temeva di essere responsabile, se non lasciava fare
come il medico voleva. D'altra parte soffriva nel vedere soffrire le nostre
madri. C'erano da una parte e dall'altra delle agonie, che bisogna aver sentito
per comprenderle, ahimè! ahimè!
Si fece venire una donna di grande fama nel guarire queste
malattie; somigliava ad una strega: i capelli tutti irti sulla testa. Mio Dio,
quale orrore ci faceva! Non ci capiva proprio niente: quando Madre Elia stava
più male, diceva che andava meglio. Infine, venne anche un medico francese: era
di Mahé, e non appena la vide disse, come le nostre Madri, che occorrevano dei
ricostituenti.
Povera Madre! era troppo tardi! ma non bisognava avere alcun
rimpianto, il buon Dio ha permesso tutto ciò da tutta l'eternità.
Monsignore pregava, pregava; che cosa non avrebbe fatto per
salvare la nostra Madre?... Io dissi: «Bisogna fare un voto a sant'Anna: se lei
guarisce la nostra Madre, le faremo costruire una chiesa»; ma non ha voluto
ascoltarmi, la nostra Madre stava sempre più male. Ed io, ero seccata contro
sant'Anna e le ho detto che non le avrei dato niente.
Padre Lazzaro era di una dedizione ammirevole; portava la santa
Comunione alla Madre amata a mezzanotte. Oh! con quale amore, quale fervore,
quali trasporti riceveva il suo Gesù, come era felice, perfino nel delirio!
Tuttavia, le occorreva abbellire ancora la sua corona: un grande dispiacere le
era riservato. Monsignore, vedendo che non andava meglio ed essendo obbligato a
partire per Mangalore, disse a Madre Elia che doveva partire e condurre delle
suore per alleggerire un po' le suore di San Giuseppe. Che pena allora, cara
Madre, ma quali virtù! non ha detto niente a Monsignore; ma quando una delle
suore le disse che non aveva voluto acconsentirvi, allora lei ha testimoniato
la sua viva riconoscenza.
...Niente è mancato alla sua gloria, niente. Aggravandosi
sempre più, sempre più, fece a Dio il sacrificio della sua vita per le sue
figlie di Pau e di Mangalore, per la sua cara missione. Una volta mi prese fra
le sue braccia e mi ha bagnato con le sue lacrime. In quel momento, io ero
immersa in un immenso dolore; vedeva che io soffrivo molto e non mi si lasciava
fare tutto quello che avrei voluto, perché si temeva che le facessi del male e
mi chiamava sempre; ho molto sofferto, il buon Dio sa tutto. Ma ho avuto una
grande e dolce consolazione. La Madre amata, prima di morire, mi guardava
sempre, sospirava molto forte guardandomi. Mi sono detta: Vuole che mi
avvicini... Infine, non potendone più, mi accosto al suo letto. Allora la sua
respirazione cessa, diventa dolce, dolce e muore, amatissima Madre, nelle mie
braccia, sul mio cuore. Oh! che momento!... Ma il buon Dio dà un grande
coraggio, io l'ho vestita. Vorrei dirvi come è diventata bella dopo la sua
morte! si sarebbe detta una giovane vergine. Si vedeva la morte che le si
avvicinava; era spaventoso; il gonfiore saliva, saliva come le onde del mare. Si
è detto che ha sofferto tutto il supplizio degli annegati, ma con un coraggio,
una pazienza più che ammirevoli. Tutti dicevano: È una santa! Sì, sì, è una
grande santa!
In questo viaggio, lei ha sofferto più di tutta la sua vita.
Lì, come d'altra parte, dappertutto, sono stati riconosciuti il suo merito e le
sue incomparabili virtù; lì come altrove, ha dimenticato se stessa, e si è
sacrificata per gli altri. Così tutti l'hanno amata e venerata. Il suo funerale
era una processione di trionfo. Spero che in questo caro paese che è l'India si
farà tramite lei molto bene.
Un giorno, le avevo detto: «Madre, mi dimenticherete, se il
buon Dio vi prende in cielo?» Oh! Cara figlia, mi disse, come lo potrei?
Soffriva al pensiero che la sua morte vi avrebbe fatto dispiacere, era una madre
così tenera, così buona! Rinnovo il vostro dolore, cara Madre, ma è per Gesù che
bisogna soffrire.
Che tutte le nostre care sorelle preghino molto per me, perché
mi prepari bene alla santa professione.
Se sapeste come amo sempre il mio amato Carmelo di Pau! Il mio
cuore vi è tutto intero in quello di Gesù; una preghiera a tutti i miei
eremitaggi e ben presto, anch'io spero di essere eremita. O gioia, o felicità,
o Amore!
Addio, sorelle predilette; e voi, Madre beneamata, benedite la
vostra piccola figlia. Suor Maria di Gesù Crocifisso
A Mons. Lacroix, vescovo di Bayonne
Carmelo di Mangalore, settembre 1871
Monsignore,
la vostra figlioletta viene a gettarsi ai piedi del suo
amatissimo e caro Padre, supplicandolo di volergli dare la sua santa
benedizione. Voi siete sempre il Padre più amato dalla vostra piccola serva. Se
sapeste, Monsignore, come penso alla vostra materna bontà!... Ed anche, davanti
al buon Dio, non dimentico mai di raccomandare tutte le vostre intenzioni.
Ho soprattutto per voi una stima tutta particolare, perché
amate molto la santa Chiesa e il tanto amato Santo Padre!
Come siete fortunato per avere compreso la verità! Sì,
l'infallibilità ha fatto arrabbiare tutto l'Inferno! Satana si indispettisce.
Ve lo dico, caro e amatissimo Padre, prego molto, molto per il trionfo della
santa Chiesa e per la Francia.
Non crediate che il momento della misericordia di Dio sia molto
lontano... Tutta la terra sarà meravigliata per la potenza di Dio tre volte
Santo... sapete, monsignore, in quale abisso ero sprofondata, ma Gesù mi ha
teso la mano. Mi ha tirato fuori dalla rete del cacciatore, dell'uomo ingiusto e
cattivo. Ora, godo della pace degli angeli. Sento che il Signore ha esaudito le
preghiere che gli sono state fatte per me; sebbene così indegna, Gesù mi vuole
per sua sposa.
Domenica scorsa, festa di Nostra Signora delle Grazie, sono
stata accettata dal capitolo per la professione e spero che il buon Dio me la
farà fare il giorno in cui la piccola Maria si presentò al Signore.
Ora, tutti i miei turbamenti sono finiti, ma soffro di avere
tanto e tanto offeso il buon Dio. Il sonno (l'estasi) che anche ho, spesso, mi
dà pena e confusione, perché allora il buon Dio fa delle cose che mi provocano
dolore, ma sento che, in questo periodo, occorrono delle anime che si offrano
vittime e, lo vedo, ve ne saranno molte ed anche martiri fra i sacerdoti del
Signore...
Il piccolo Carmelo di Mangalore è benedetto dal buon Dio...
Madre Elia, dal cielo, ci vede e ci protegge. Questa tenera madre veglia su di
noi. Ho la grande speranza che i non cristiani di qui si convertiranno. Abbiamo
una casa di demoni molto vicina al nostro giardino; si sente ahimè, ahimè la
musica del diavolo tutte le sere! Occorre che la facciamo cadere. Mandatemi
molte vostre sante benedizioni perché possiamo essere sante e soprattutto una
grandissima per il giorno della mia professione; io non dimenticherò che voi
siete il mio amato Padre.
Sono, di Vostra Eccellenza...
Suor Maria di Gesù Crocifisso
A Padre Lazzaro, carmelitano (suo confessore a
Mangalore)
J.M.J.T.
Carmelo del Sacro Cuore di Pau, 7 gennaio 1873
Padre mio,
non crediate che, poiché non ho scritto, vi abbia dimenticato;
no, certamente, pensate un po' se un figlio non dice tutto a suo Padre!
Sapete, Padre mio, che colui il quale ha stabilito il legame è
in mezzo a noi? Vi ricordate quando eravamo entrambi vicino alla grata, voi al
di fuori, ed io dentro? Quando voi avete detto: Ah! Come vorrei soffrire per
amore del nostro caro Maestro! Quanti desideri allora in voi di soffrire! Ecco,
che adesso, essi si compiono.
Vi ricordate anche, Padre mio, che quando Nostro Signore si
mostra a qualcuno, carico della sua Croce e coronato di spine, non è certo per
gioire? Ma voi lo sapete meglio di me; voi il perché me lo avete detto
spesso.
Vi ricordate anche voi, o Padre mio, un anno e cinque mesi or
sono, è stato detto: Se fosse possibile, la terra si solleverebbe contro di
voi. E se voi lo portate generosamente per amore di Colui che vi ha creato, la
vostra prova sarà abbreviata? In quanto a me, il mio desiderio è che essa sia
lunga, lo sapete, o Padre mio!
Una persona domandava a Nostro Signore: Perché la tale persona
soffre? L'adorabile Maestro ha risposto: Perché io la amo. E ai miei discepoli,
quelli che ho amato di più sulla terra, che ricompensa ho loro dato! Sono
potentissimo, ma è il migliore amore che io possa loro dare; non ho altra
ricompensa per quelli che amo. Ebbene, Padre mio, ora la fede è indebolita, la
Religione e perfino le comunità più sante sono deboli, la fede vi si è
affievolita; cerchiamo di avere la fede, noi, la fede dei nostri Padri, se essa
si indebolisce dappertutto. Non vi meravigliate di tutto ciò che vedete e
sentite oggi, e non vi rammaricate; al contrario, scusiamo tutti. Che cosa ciò
comporta? Che tutti dicano bianco o nero, noi non siamo che ciò che noi siamo
davanti a Dio. Perché turbarci? Lasciamoci giudicare dalle creature; così il
Signore non avrà cuore per giudicarci. Cerchiamo di essere come la meretrice:
quando tutti l'hanno giudicata, il Signore non l'ha condannata. In quanto a me,
tutti i giudizi delle creature non mi hanno turbata, e nemmeno afflitta...
Ebbene, Padre mio, non giudichiamo ora gli altri come siamo
stati giudicati. Siamo giudicati e non giudici. Mi sembra, Padre mio, che il
Signore permette tutto ciò che accade perché si compia la sua parola. È stato
detto che non vi avrei mai visto e che avremmo saputo mai notizie l'uno
dell'altro; ma sono le parole degli uomini e Dio ha detto tutto il
contrario.
In quanto a me, da quando vi ho lasciato o che voi mi avete
lasciato, non ho avuto mai alcun rimpianto, né il desiderio di rivedervi; non ho
mai rivolto una preghiera a Dio per sapere vostre notizie.
Quando siete venuto a dirmi che non sareste più ritornato, vi
ricordate quello che vi ho risposto: «Parti, o Padre mio; colui che vi ha dato,
vi ha tolto; che il suo santo Nome sia benedetto»? Non sono io che vi ho scelto,
è il buon Dio, e il buon Dio che si è servito di voi per farmi del bene, può
servirsi di altri. Io ve lo avevo detto, credo, una persona domandò un giorno al
Maestro: Devo forse attribuire ad un servitore, che mi ha fatto del bene, il
bene che mi ha fatto?
No, ha detto il maestro; se il servitore è stato fedele, merita
la ricompensa, ma non il ringraziamento che è dovuto al maestro, il quale ha
demandato il servitore. Ancora, Padre mio, se il maestro ha un servo malato e ne
manda un altro per curarlo, dopo che il malato è guarito, a chi deve il
ringraziamento e la riconoscenza? Deve il ringraziamento e la riconoscenza al
maestro che ha dato il servitore ed anche un poco di riconoscenza a questo
servitore, perché si è dato la pena di curarlo.
Padre mio, non attendete la vostra ricompensa in questo mondo,
no, ma nell'altro. Io so che voi desiderate per me la felicità e la
tranquillità, quaggiù. Ebbene, io non desidero ciò per voi sulla terra, ma
solamente nel cielo.
Padre mio, so che voi soffrite e ve ne scongiuro,per amore del
Sommo Bene, scusate tutto, soffrite tutto. Se vi si spoglia alla vista di tutti,
scusateli, soffritelo; e se essi sono nel bisogno, spogliatevi per vestirli,
copriteli col mantello più dolce, più tenero possibile; fate ciò, ve ne
scongiuro più di dieci volte ancora.
Perdonatemi tutto ciò che vi dico, Padre mio, beneditemi e
pregate per la vostra indegna figliuola.
Suor Maria di Gesù Crocifisso
J.M.J.T.
Carmelo del Sacro Cuore di Pau, 15 marzo 1873.
Padre mio,
[...] il buon Dio domanda a voi soprattutto due cose. Il Cuore
di Dio desidera da voi ardentemente l'obbedienza e la sottomissione cieca di un
bambino appena nato; non fate una riflessione, ma lasciatevi mettere là dove
l'obbedienza vi metterà e siate sicuro... verranno dei momenti in cui avrete
delle tentazioni e delle umiliazioni; sopportatele con gioia, senza mormorare,
e siate sicuro che è necessario che la parola di Dio si compia; non cade senza
frutto; spesso gli uomini fanno tutto il contrario, ma il Signore è fedele alla
sua promessa. Avrete contro di voi delle gelosie; dovunque sarete, avrete
qualcuno per esercitare la vostra pazienza, la vostra
carità. Siate fedele, andate sempre avanti, siate pronto a dare
sempre la vostra vita per quelli che vi faranno soffrire; pensate, non è gran
che ciò che farete per essi, in confronto a ciò che Dio prepara per voi. La
seconda cosa che il buon Dio vi domanda, è l'umiltà e soprattutto la
prudenza.
Permettetemi di dirvelo, non siete abbastanza prudente. Oggi,
più che mai, soprattutto in questo secolo così ingannatore, è rarissimo trovare
un cuore retto e sincero.
Oh! Padre mio, piangiamo tutti e due, se lo possiamo, lacrime
di sangue di riconoscenza verso Dio per tutto quello che egli ha fatto e tutto
ciò che egli è pronto a fare ancora per noi. Oh! quanto i nostri cuori sono
piccoli per amare Gesù! Desideriamo continuamente e sinceramente, diciamo
spesso: «Signore, vorrei un cuore più grande del cielo, della terra e del mare,
per amarvi. Muoio di compassione per non avere amato Gesù abbastanza come lo
avrei voluto»...
Ve ne scongiuro... lasciate parlare, lasciate dire tutto ciò
che si vorrà. Dio è Dio, e tutto il cielo e tutta la terra si rigireranno per
scuotere un'anima che Dio guarda, non potrebbero fare niente. Non vi dico ciò
per me, no! Sono piena di confusione davanti a Dio, non davanti alle creature,
ma davanti al mio Creatore.
Mi si potrebbe dire, come si è già fatto: che io sono per il
Cielo e poi che sono per l'inferno; né l'una cosa né l'altra mi hanno rallegrato
né turbato; siamo ciò che siamo davanti a Dio. L'esilio è breve; non ho che un
desiderio, Padre mio: andare a Dio il più presto possibile e lasciare questa
terra, perché temo, vedendo anime così pure, così sapienti, che hanno fatto
delle cadute spaventose; ed io che sono coperta di peccati e di ignoranza, che
ne sarà di me? Oh! domandate al Signore di tirarmi fuori da questa terra,
piuttosto che offenderlo. Oh! no, mille milioni di volte, no! lo non vorrei
offenderlo! piuttosto morire!... Scusate, Padre mio, per questa brutta lettera
che vi scrivo; perdonatemi, beneditemi, domandate senza posa a Gesù che mi
custodisca tutta per lui.
La Vostra indegna figliuola.
Suor Maria di Gesù Crocifisso
PAROLE E CONSIGLI (FRAMMENTI) RACCOLTI DURANTE LE SUE ESTASI
1873
Beato l'uomo che, malgrado tutto, persevera!... E guai a chi
cede al primo ostacolo! Guai all'uomo, guai all'Ordine che cerca il suo onore,
la sua reputazione, alle spese della gloria di Dio!
Piccolo gregge, non temere niente, sii piccolo. Non temere né
il tuono, né la pioggia, né le montagne, niente potrà nuocere agli eletti del
Signore!... Camminate sotto terra. Se volete essere grandi, siate piccoli. Non
cercate la grandezza della creatura; colui che vi eleva oggi, vi abbasserà
domani.
Chiamare la Chiesa: Madre mia... è mio onore. L'Agnello scende
ad ogni ora, ad ogni istante. Andiamo, piccoli, andiamo ad adorarlo: beviamo il
suo sangue, è la nostra vita, la gioia dei nostri cuori. Terra, trasali, è il
tuo Salvatore!
Guai all'anima che cerca di penetrare il mistero di Dio!
Felice l'uomo che cerca la bassezza: l'inferno intero non può
scuoterlo! Amate Dio, non cercate che Dio, tutto il resto è nulla!
Guai all'uomo che non contempla le opere del Signore!
Coloro che seguono Gesù, devono mettere la loro testa nella
polvere... Guardate Gesù: Lui, il Signore del tuono, ha curvato la testa;
lasciatelo agire; il Signore del tuono schiaccerà tutto quando sarà venuto il
momento.
Coloro che danno schiaffi, preparano diamanti per la corona.
Servite il Signore con pazienza e annientamento.
Non dite: Costui porta frutto, quello non ne porta. Quello di
oggi non ne porterà domani e colui che non ne porta oggi ne porterà domani.
Se servite il Signore, servitelo completamente spoglio. Non
portate due vestiti, per paura che essendo troppo pesanti, non possiate servire
Gesù.
Pecorelle, amate colui che vi dà schiaffi e non colui che vi dà
baci.
Se ti difendi quando ti si schiaffeggia, perderai tutto, ma se
baci colui che ti colpisce, Dio ti proteggerà.
Signore insegnami i tuoi precetti: con te, sarò fedele.
Signore, indicami il cammino, tu mi sosterrai.
Il mio cuore non ne può più, sono straniera sulla terra!
Trovando il mio Creatore, ho trovato la gioia del mio cuore! Il tutto basta,
non c'è più bisogno di niente sulla terra; il mio cuore è colmo, completamente
colmo.
Voi che sospirate verso l'Altissimo, rallegratevi.
Felice l'uomo che vi cerca, Signore, il suo cuore esulta!
L'uomo che va verso la terra, non ha che tristezza!
O uomo, che cammini verso la terra nel turbamento, nelle
trappole, trova la tua forza nella tua debolezza.
O Dio d'amore, getta uno sguardo sulla tua polvere! La mia
anima langue, non ne può più, quaggiù!
Diffidate del leone che ruggisce... Lo ucciderete abbassandovi.
È questa la vostra spada più tagliente.
La tua salvezza si ottiene con il nulla.
Quando il leone ti inseguiva, se il tuo sguardo avesse visto
l'Altissimo, non saresti caduta così in basso.
Ci sono molti santi che si sono santificati attraverso
l'orgoglio, perché hanno lavorato tutta la loro vita a combatterlo ed a fare il
contrario di ciò che l'orgoglio ispirava loro. Quando esso li spingeva ad
andare avanti, andavano indietro; ad elevarsi, essi si abbassavano; ad aprire
gli occhi, essi li chiudevano; a parlare, essi tacevano... E sempre così...
E tutto viene dall'orgoglio, ma è un grande bene avere un
difetto da combattere, è la più grande delle grazie.
Girava e rigirava nelle sue mani il piccolo libro della Regola
e delle Costituzioni. Ci disse che tutta la nostra perfezione e santificazione
si trovava nella pratica esatta di ciò che era scritto in questo libricino.
Parlando della santa povertà, disse che una suora incaricata
della cura di una terrazza non doveva essere la sola a poterne raccogliere i
fiori, visto che ciò distoglieva dal buon Dio e la rendeva proprietaria, ma che
tutto doveva essere in comune; questa suora deve rallegrarsi che altre vi
vengono pure a raccogliere, perché essa offre allora doppio fiore a Gesù.
Aggiunse che sarebbe bene, quando si cambiano gli eremitaggi, dare il più bello
all'ultima e i meno belli alle prime.
A chi rassomiglierò? Ai piccoli uccelli nel nido. Se il padre o
la madre non portano loro da mangiare, essi muoiono di fame. Così è la mia anima
senza di te, Signore; non ha il suo nutrimento, non può vivere!
A chi rassomiglierò? Al chicco di frumento gettato nella terra.
Se la rugiada non vi cade, se il sole non lo riscalda, il grano ammuffisce, così
è la mia anima, Signore, se tu non fai cadere i raggi della tua grazia e i raggi
del tuo sole; ma se tu dai la tua rugiada e il tuo sole, il chicco di grano sarà
inumidito e riscaldato; metterà radice, la quale darà una bella pianta con molti
buoni chicchi.
A chi rassomiglierò, Signore? A una rosa che si coglie e che si
lascia appassire nella mano. Perde il suo profumo; ma se resta sul roseto, si
conserva sempre fresca e bella e conserva tutto il suo profumo. Custodiscimi in
te, Signore, per darmi la vita.
Sono come una lampada senz'olio, lo stoppino della lampada non
può bruciare senza olio; se lo si vuole accendere, il vetro si rompe e la
lampada si spegne. Così è la mia lampada davanti a te, Signore, tu sei l'olio
della mia anima; senza di te, essa non può accendersi, e si spegne; fai versare
l'olio della tua grazia nella lampada della mia anima per poter bruciare davanti
a te.
A chi rassomigli, Signore? Alla colomba che dà da mangiare ai
suoi piccoli, a una tenera madre che nutre il suo figlioletto.
Guai, guai all'uomo che si attacca alla terra e che non pensa
nella giornata un solo quarto d'ora al Signore!
Felice colui che ha dato tutto al Signore, non bada a niente,
non pensa che a lodarlo, a servirlo; vivrà eternamente. Molti di quelli che
siedono sul trono saranno rovesciati e calpestati sotto i piedi nella polvere. E
quelli che sono calpestati nella polvere siederanno su dei troni.
L'anima che soffre è come un re e una regina davanti al
Signore; ma quanto quella che non soffre è povera e miserabile!
Se tu conservi il silenzio e l'abbandono in Dio, Dio ti
custodirà.
Da dove deriva che l'agnello diventa debole? Avviene perché non
ha conservato il silenzio. Il silenzio, è la verginità, e noi abbiamo promesso
il silenzio.
Se conservate il silenzio, guadagnerete l'umiltà, la carità, la
dolcezza, l'obbedienza e la pazienza.
L'anima retta non dice ciò che la contraria, ciò che la fa
soffrire... Dio vi lascia... ma se voi soffrite in silenzio, il Signore vi
benedirà... Dio non domanda mortificazioni. Attualmente, la più piccola cosa
che fate è più gradita a Dio delle mortificazioni degli antichi Padri e
Patriarchi.
La madre soffre quando dà alla luce... Quando l'atto di virtù
deve farsi, fa soffrire. Per ogni buona azione, c'è un'anima da guadagnare a
Dio... se sapeste!... Domandereste a Dio delle occasioni... È nel momento in
cui la natura si rivolta che bisogna vincersi: se perdete l'occasione, l'anima
è perduta.
Dio dà la grazia all'anima che avete generato, salvato e
l'aumenta man mano che fate delle buone azioni. La vergine folle è folle perché
non ha fatto opere buone. Non basta portare l'abito di carmelitana e avere
trascorso parecchi anni in religione, bisogna fare opere buone!
Se non vegliate, se non fate del bene, sarete come una madre
sterile... Desidero che siate come la donna forte: con tutti i suoi figli
attorno a lei.
Oh! Gesù! quanto è mirabile! Mio Dio, ti adoro! Tu solo sei
grande; adoro la tua grandezza, la tua potenza! Tu solo sei degno di
ammirazione... Chi è simile a te? Non c'è altro Dio simile a te sulla terra!
Quanto sono felice che il mio Dio mi abbia creato per chiamarlo mio Dio! Se mi
aveste creato piccola bestia, non potrei dire: mio Dio. Ti ringrazio per avermi
dato l'intelligenza; io te la dò. Quanto sono felice di avere un Dio che riempie
il cielo e la terra! Che tutto risuoni di lode del mio Dio! Che la montagna
salti di gioia. Che la terra esulti!
L'amore salva l'anima.
Beata l'anima che non ha amore per sé, ma solamente per
l'Altissimo.
Un giorno era così deliziosamente rapita, che non si tratteneva
più; danzava quasi davanti al tabernacolo, chiamando Gesù: «Discendenza
prediletta». Diceva: «Posterità prediletta, viene tutti i giorni!... David
danzava davanti all'arca, ed io, davanti al tabernacolo! L'Amore è là, l'Amore
è là, esso vale più dell'arca!».
Quando la nuvola nera cadrà, cioè la noia, il disgusto per ogni
cosa, ogni passo che si farà sarà tanto meritorio come se si fossero fatte le
cose più sublimi; ora, il nemico regna sul suo trono. Ha una grandissima
potenza.
L'anima disprezzata, umiliata, attira gli sguardi
dell'Altissimo!
Se un'anima guadagna il cuore di Dio, che cosa le importa di
tutto l'universo? E se tutti i re della terra sono dalla sua parte, se non ha
Dio, che conta tutto il resto? Tutti amano ed onorano una persona ricca. Il
povero è disprezzato, non ha niente; ma se è umile... Chi è colui che il
Signore onora?... È I' umiltà!...
L'umiltà è contenta di essere disprezzata, di essere senza
niente, non si attacca a niente, non si dispiace di niente. L'umiltà è
contenta, l'umiltà è felice, ovunque felice, l'umiltà è soddisfatta di tutto.
L'umiltà porta ovunque il Signore nel suo cuore.
In quanto all'orgoglio tutto lo mette fuori da se stesso, tutto
lo annoia, lo infastidisce, lo abbassa. Tutto lo rivolta, tutto lo rende
desolato; egli ha l'angoscia in questo mondo e nell'altro.
L'umiltà ha la gioia in questo mondo e nell'altro. L'umiltà non
tiene conto di niente, è felice di tutto! Il Signore dice: Vedi il lombrico, man
mano che si sotterra, esso è garantito, ma se si mostra, lo si schiaccia... Il
verme, quando viene il gelo, ha il suo calore nella terra; quando c'è il sole,
la terra è la sua frescura.
L'umiltà è il regno del cuore di Dio! Bisogna lavorare per
l'umiltà, bisogna seminare, allora Dio dà l'umiltà. Non bisogna dire solamente:
"Dai, Signore" no, ma bisogna seminare e lavorare.
C'è un uomo in una bassa terra: se non c'è acqua, egli scava e
trova l'acqua... Un uomo ha fame, domanda al cielo... Ebbene, seminate, lavorate
e raccogliete.
Come seminerete, voi raccoglierete: seminate delle spine,
raccoglierete delle spine; seminate rose, raccoglierete rose; seminate puro
frumento, raccoglierete vero frumento.
Non giudicate, solo Dio giudica.
Quando vedrete uno strappo all'abito di un altro, non strappate
di più, ma tagliate un pezzo del vostro vestito per riparare il buco; non
temete, anche se doveste restare completamente nuda. Ve lo dico e ve lo ripeto,
strappate il vostro vestito per coprire il vostro prossimo, Gesù vi rivestirà
della veste nuziale... Non giudicate niente, l'Altissimo giudicherà tutto!
Beati i piccoli, per essi c'è posto dappertutto! I grandi
invece, imbarazzano dappertutto.
Davanti a Dio, se abbiamo il mantello della carità, avremo
coperto il nostro sporco vestito, e secondo quanto sarà grande la carità, il
mantello sarà lungo e largo per coprirci... La carità, è un mantello bianco che
copre qualunque cosa.
Pace alle anime di buona volontà le quali non cercano che
l'Altissimo! Un angelo scrive il loro nome nel cielo, nell'eternità!
Quando andate all'orazione, siate pronte, preparatevi
prima.
Non si invita il Re in una casa senza renderla libera, senza
prepararla per riceverlo; altrimenti, non entra oppure i ministri del Re, gli
angeli, non lo inviteranno a venire. Non mormorate sulla terra, perché la terra
è una pietra preziosa per quelli che ne profittano.
Agnellini, non abbiate paura di Dio. Egli colpirà la terra, vi
saranno dei terremoti; non temete niente; ricorrete a Dio solo, restate in lui,
confidate in lui e non temete niente: la sua misericordia è immensa. Egli
vorrebbe spanderla sugli uomini, ma la giustizia "blocca" la misericordia. Gli
uomini hanno paura di Gesù: lo guardano come un carnefice e invece i suoi occhi
sono del tutto paterni!... Egli è più bianco della neve! È folle per l'uomo!...
Ama i piccoli, i deboli, non ama i grandi...
Non cercate mai appoggio nelle creature, ma gridate verso Dio.
Se cadete per qualche errore o qualche pena nel fondo di un precipizio, gridate
verso Dio; se non sente, cioè a dire, non viene, gridate più forte, toccate il
suo cuore. Vi insegno un'astuzia, ditegli: «Signore, sono sola, sono arrivata
nel fondo, molto in basso, ho la gamba rotta, ho il braccio rotto; sono debole,
sono malata, vieni, vieni, vedi, non posso quasi più gridare verso di te e non
voglio altro soccorso che te!».
Domando al cielo, alla terra, al mare, agli alberi, alle
piante, a tutte le creature: "Dove è Gesù?" E tutti mi rispondono allo stesso
modo: In un cuore retto ed in un animo umile!
Quando Gesù guarda i suoi eletti, il suo sguardo fa sciogliere
il cuore... Oh! quello sguardo!... No, la terra non ha visto Gesù!... La terra è
coperta di delitti!... Il Signore vorrebbe bussare e il suo cuore non
può!...
Sono come un pesciolino fuor d'acqua, apre e chiude la bocca, e
non ha altro sollievo. Ed io, sono così, non ho altro sollievo su questa terra
che sospirare la patria celeste...
Il Signore mi ha fatto vedere l'inferno e mi ha detto:
Nell'inferno si trovano ogni specie di virtù, ma non c'è l'umiltà; e in cielo si
trovano ogni specie di difetti, ma non c'è l'orgoglio!
Cioè Dio perdona tutto all'anima umile e non conta per niente
la virtù sprovvista di umiltà.
1874
La sincera umiltà del cuore, è Dio che la dà, ma bisogna fare
degli atti... Quando c'è la vera umiltà, non ci si dà pensiero per la stima, il
giudizio e lo sguardo della creatura.
Io mi dico figlia di Adamo! ed anche lui è figlio di Adamo,
anzi si è fatto figlio di Adamo!... Figlio di Adamo! esclamava con
trasporto.
Rallegratevi se vi si disprezza, giacché siete sotto il
mantello del Signore. E se voi siete stimata, onorata, piangete lacrime di
sangue, perché il nemico verrà a sorprendervi. Il vostro cuore deve trasalire
di gioia se siete disprezzata!... 1 ladri non vanno a rubare presso i poveri, ma
presso i ricchi.
Se una bestia potesse parlare di voi, Signore, essa
confonderebbe il mondo intero!... Se una mosca potesse parlare, direbbe le
vostre grandezze!...
Non sarà Gesù che condannerà il peccatore quando comparirà
davanti a lui, sarà l'anima stessa.
Il sole, la luna, le stelle, l'aria, tutto ciò che egli ha
calpestato si rivolgerà contro di lui; e quando vedrà Dio, la sua bontà, il suo
amore, non potrà sopportarlo e si precipiterà egli stesso nell'abisso.
Ma Dio presenta all'anima fedele, quando comparirà davanti a
lui, il suo amore, la sua bontà, la sua misericordia ed ella ne è tutta
confusa, e si perde come una goccia di acqua nel seno di Dio!
Desiderando una suora interrogarla e non osando, rispose al suo
pensiero dicendole: «Non c'è bisogno di domandare dei consigli, neppure di
sentire la parola di un angelo; vi sono i comandamenti, le regole, tutto è
scritto; abbiamo il cammino tracciato davanti a noi, ma bisogna andare e
camminare per il diritto cammino. Se voi andate di lato, o restate qui per
terra, a che serve la luce? Ma se voi camminate nel retto sentiero, tracciato
davanti a voi, avrete la luce, troverete le pietre, gli ostacoli tolti, Gesù vi
custodirà, vi preserverà».
E mostrava il suo scapolare, davanti a lei ad una certa
altezza, come per mostrarci che Gesù ripara, illumina e conduce egli stesso le
anime che vanno per il cammino tracciato dai suoi comandamenti, dalle nostre
regole e dall'obbedienza. Ha citato molti versetti del salmo Beati immaculati
che vengono a sostegno di ciò che lei diceva.
A chi paragonerò il mio Dio? Se mi paragono con lui, come una
goccia d'acqua con l'oceano, non è abbastanza! Se tutta la terra avesse una sola
goccia d'acqua per rinfrescarsi, non è abbastanza! Come l'amore di tutti i cuori
non è abbastanza per te, mio Dio!... Io sono la goccia d'acqua e tu sei
l'oceano! Desidero un cuore più grande del cielo e della terra per amarti!
Dio sceglie la sua dimora in un cuore retto e umile. Fra Gesù e
l'orgoglioso, c'è lo spessore di una montagna, e, fra Gesù e l'anima umile, c'è
lo spessore della mussola più fine.
Maria è dovunque si trova Dio! Senza di lei, noi saremmo
perduti... Il nemico scava fosse ovunque... Maria ci custodisce meglio di quanto
la migliore delle madri non faccia col suo bambino.
Ho detto al Signore: «Felici quelli che hanno dato il loro
sangue per Dio!» E lui dice: Più felici ancora quelli che fanno il sacrificio
della loro vita continuamente per mio amore, perché questo sacrificio forma un
percorso profumato per Gesù!
Il mio Amatissimo è di tutta la terra e di tutti quelli che lo
vogliono. Il suo spirito mi ha rapito!
Come lo vedete? le si diceva. Ella rispose: «Gli angeli non
possono dargli una forma, ed io, niente, polvere, potrei dargliene una! Non lo
vediamo mai così com'è!» Perché, le si domanda, che cosa abbiamo sotto gli
occhi? «Il velo dell'orgoglio», ella dice.
In un'altra estasi, rispose ad una suora che stava per fare il
ritiro annuale e che le domandava consiglio a questo proposito: «Bisogna
cominciare col rendere conto a Dio, del come abbiamo impiegato la sua fortuna,
ciò che abbiamo speso per noi e per gli altri... Poi, quando avremo reso conto,
e la nostra testa sarà abbastanza bassa e il Signore ci avrà perdonato, allora
danzeremo!»... Ella esprimeva bene con queste ultime parole la gioia di cui
godeva in quel momento.
Abbiate molta carità! Come tu prepari la strada per tuo
fratello, il Signore la prepara per te.
Se vedi delle pietre davanti al tuo prossimo, toglile senza che
egli se ne accorga. Se vedi una buca, riempila senza che egli lo veda, rendi il
suo cammino uniforme. Se tu tappi la buca, tanto quanto puoi, davanti al cieco
in modo che egli non voglia camminare in questa strada, questa strada sarà per
te.
Se hai sete e ti si dà dell'acqua, dai questo bicchiere a tuo
fratello che ha sete; tuttavia tu hai più sete di lui,... ma tu sei sicuro che
il Signore ti darà da bere con la sua mano!
Quando cadi tu stesso nella fossa, non ti devi scoraggiare né
restare là, ma alzarti al più presto...
Sì, io sono di Dio! e vorrei scrivere con il sangue del mio
cuore: Io sono di Dio! Vorrei mostrarlo al cielo e alla terra ed a tutte le
creature.
(17 dicembre). Man mano che il momento di comunicarsi si
avvicinava, il suo desiderio di ricevere questo pane celeste aumentava. Diceva:
«Confesso che non ho affatto carità. Signore, dammi questa carità pura e senza
miscugli, perché confesso che non ne ho! Dio è carità, datemi presto il mio Dio.
Non ho affatto carità, datemi il mio Gesù, egli è la carità!... Datemi presto il
mio Dio; perché egli mi dia la carità. Datemi presto il mio Maestro, il mio
Salvatore, la mia carità, presto, presto!».
Dopo il ringraziamento, parlava ancora con trasporto di questa
carità: «Ho ragione, diceva, di domandare la più pura carità; è un albero. Oh!
quanto è bello! è magnifico! Quest'albero è come il cedro, le sue foglie come il
banano, i suoi fiori come la violetta, i suoi frutti come le olive.
Oh albero magnifico! Le tue foglie coprono quelli che sono
nudi! L'albero porta tutto, perché è legno di cedro, il più forte.
La foglia copre tutto, perché è molto larga per poter coprire
quelli che sono nudi. La violetta è il silenzio che copre la carità e dà un
profumo dolcissimo.
Il frutto sono le olive, è la luce che rischiara sempre, che
domina sulle tenebre. O Carità, o albero magnifico!».
Non guardare il prossimo senza guardare il Signore o tu cadrai
in un fosso, molto in basso!
1875
Guai, guai, guai a colui che, dopo aver bevuto acqua da un
pozzo, vi getta una pietra dentro.
Bisogna praticare l'umiltà! A un'anima che possiede l'umiltà,
Dio perdona qualsiasi colpa.
Il Signore dice: Datemi un sacerdote, un religioso che ha
l'umiltà, io non gli rifiuterò niente.
(Marzo 1875). Riguardo al Giubileo, diceva: «Per guadagnare il
giubileo, bisogna essere senza l'io. Bisogna farlo come se si fosse al momento
della morte. Molti ne
fanno gli esercizi e pochi lo guadagnano... Quando si è
guadagnato il giubileo, è per la vita: lo Spirito Santo si riposa su
quest'anima, essa è stabilita in Dio. Tutta la vita, avrà la grazia per
combattere, conserverà un forte odio del peccato! Guadagnare il giubileo,
significa possedere i doni dello Spirito Santo».
Serviamo il Signore completamente nudi!... Tutto passa quaggiù,
una cosa non passa: l'amore!
Il Signore dice: Chiunque cercherà di darsi la luce per ciò di
cui non si è responsabile, non avrà che tenebre e angosce... Dio solo vede
tutto... Egli ha tutta l'eternità per giudicare. E l'uomo, che non ha che un
minuto da vivere, vuole giudicare!
Colui che vuole essere il primo sarà l'ultimo davanti a Dio e
davanti agli uomini. Soffrite qualsiasi pena per fare piacere a vostro fratello.
Dio vede tutto, scrive tutto, ogni vostro passo.
Se credete di avere più intelligenza del prossimo, il Signore
vi accecherà. Il Signore dà l'intelligenza a chi è piccolo e non ne ha.
L'orgoglioso diventa come la pietra; né la pioggia né niente la
penetra... L'orgoglioso vuole bere, l'acqua cade e non penetra e rotola fino a
terra; la terra la beve e ne profitta!
Ho visto un libro... Molte parole vi sono scritte e pochi le
comprendono. Se l'uomo può dire: tutto passa, fiat, Dio solo riempie il mio
cuore, non vi saranno più tante difficoltà sulla terra, essa produrrà senza
tanto sudare e faticare... Se noi vogliamo, saremo dannati... E il cielo è tra
le nostre mani!...
Le società segrete hanno le loro assisi nell'inferno, i soci
hanno i loro piedi nell'inferno come i giusti hanno le loro assisi e i loro
piedi nel cielo.
Perché il Signore è irritato con la terra? Perché castigare la
terra? Perché castigare i regni? Perché ognuno non si contenta del suo regno,
va a cercarne altri... Se una religiosa è fedele, il Signore custodirà anche la
sua famiglia. Ve lo dico da parte di Dio: Se una religiosa sa dimenticarsi per
fare la felicità degli altri, farà dei miracoli. Il Signore non vi rimprovera di
aver peccato, ma di non esservi umiliate.
Tutto piange sull'uomo, sull'ingratitudine dell'uomo. Il
Signore dice: Non ne posso più dell'uomo!
Siate piccoli, siate piccoli. Il Signore vuole che vi avverta
perché siate molto riconoscenti e annientati alla sua presenza.
Se osservate la Regola, la pazienza nelle piccole occasioni che
si offrono, Dio vi custodirà.
Vorrei molto seguire sempre Gesù, ma mi risento dappertutto...
Fortunate le anime senza peccato! Vado, e le spine mi pungono i piedi; mi giro e
mi pungo le
mani. Guardo Gesù e la polvere dei miei peccati mi annebbia gli
occhi... Ecco quello che può fare il peccato... Fortunate le anime pure! Abbiate
pietà di me, mio Dio!
Amare non basta... Amare e lavorare, è tutto. Amare, è il seme;
lavorare, significa germinare crescere e portare frutto.
Il Signore ha detto: Starò con i piccoli, non amo i grandi e
non permetterò ai grandi di abitare nella mia casa.
L'io è ciò che perde il mondo. Quelli che tengono all'io
portano con essi dappertutto la tristezza, l'angoscia... Non si possono
possedere Dio e l'io insieme... se si ha l'io, non si ha Dio e, se si ha Dio,
non si ha l'io... Non avete due cuori, non ne avete che uno... A colui che non
ha l'io riesce tutto, tutto lo fa contento... Dove c'è l'io, non c'è l'umiltà,
la dolcezza, nessuna virtù: egli prega, supplica, e la sua preghiera non sale,
non arriva a Dio... colui che non ha l' io ha tutte le virtù e la pace e la
gioia.
1876
Chi non ubbidisce all'autorità non ubbidirà a Dio. Sì, i
supplizi di Dio sono per me delizie, e le delizie dei cattivi sono per me
tormenti.
Il Signore ha più pietà di un malato miserabile, che del giusto
il quale teme la terra.
Colui che teme la creatura mi mette da parte, dice il
Signore.
Il cuore retto cade e si alza; va attraverso il fuoco,
attraverso tutto, verso Dio. Un uomo parla bene, ma è falso, ipocrita; un altro
ha dei cattivi progetti; per il primo, domando a Dio di chiudere la sua bocca,
che gli venga un ascesso sulla lingua. E per l'altro: «Andate, andate, Dio vi
benedirà, perché voi avete il cuore retto, cercate la luce: le vostre ingiurie,
le vostre bestemmie, le piangerete un giorno. Andate, caro, avete il cuore
retto».
La rettitudine, è la nostra salvezza: a non andare sempre
diritto, significa fare dieci volte in più dì cammino.
Ho constatato che colui che sopporta la prova ha un cuore che
diventa grande, grande come una camera, e il Signore vi abita.
Non familiarità (fra voi). Se foste nel palazzo della Regina,
voi vi inchinereste quando lei dovesse passare... Voi siete tutte delle regine.
Ho sentito il lamento di Dio che dice: Ve ne sono che dicono: "Sono di Dio" e
che strappano l'albero degli altri e sradicano l'albero degli altri e lo
piantano a casa propria. Perché non innaffiare l'albero?... Se l'uomo facesse
come l'ape, raccogliere qua e là e dare alla regina,... io farei il nutrimento,
io... Ma se essa pensa a se (stessa) invece di darmi... Per questo io
l'abbandono a se stessa!
1878
Il Signore dice: Se vi accade di cadere, umiliatevi
prontamente, il Signore vi perdonerà; ma se accusate il prossimo, Dio non
perdona.
Vorrei che, prima di dire una parola contro il prossimo, si
mettesse il proprio dito sulla fiamma... E pertanto, bisognerà entrare nelle
fiamme più o meno per mesi ed anni seconda la gravità della colpa... Una nostra
parola ha più peso di quella di una persona del mondo... Per una carità male
intesa, manchiamo ad una carità più grande.
Il Creatore e il prossimo, sono la stessa cosa.
Quando una religiosa è umile, obbediente, il diavolo è suo
schiavo, ed occorre che o schiavo obbedisca, di buon grado, o suo malgrado. E
quest'anima dimora in Dio.
RITORNELLI COMPOSTI DA SUOR MARIA DI GESÙ CROCIFISSO dopo la
morte della Madre Elia (1870)
Canterò, canterò, Gioia o dolore canterò; La pesante croce è
veramente pesante, Ma la strada è breve, sì, veramente breve. Canterò,
canterò,
In questo esilio canterò.
Maria, madre mia, custodiscimi, Ottienimi pazienza, dolcezza;
Con Gesù, benedicimi.
Mi ritirerò in un deserto, Chiamerò Dio mio Salvatore, Parlerò
a bassa voce, a bassissima voce, Parlerò cuore a cuore;
Il sacrificio costa caro! L'offrirò con tutto il cuore! Niente
dolcezza in questo esilio;
Andiamo, fratelli miei, andiamo, sorelle mie, Seguiamo Gesù al
Calvario.
In questo esilio nessuna dolcezza; Abbraccerò con gioia
La croce del mio Salvatore!
(Parecchie strofette sono state dimenticate)
CANTI DURANTE LE SUE ESTASI (1873-1875)
lo la invitai, la terra intera, a benedirti, a servirti.
Ciò è per sempre, e mai finire! Con il mio cuore unito al tuo
amore. lo lo invitai, l'intero mare, a benedirti, a servirti.
Ciò è per sempre, e mai finire!
lo li chiamai, li invitai, gli uccellini nell'aria, a
benedirti, a servirti. Ciò è per sempre, e mai finire!
lo la chiamai, la invitai, la stella del mattino. Ciò è per
sempre, e mai finire!
Mio Amato, sì, io lo comprendo, è tutto pronto, andiamo avanti!
Ciò è per sempre, e mai finire!
Veli che lo nascondete, apritevi, voglio vederlo, il mio Amato,
per adorarlo e per amarlo!
Ciò è per sempre, e mai finire! Con il mio cuore unito al suo
amore. Velo fitto strappati, lasciami vedere il mio Amato
per adorarlo e per amarlo.
Ciò è per sempre, e mai finire.
Lo chiamai, lo invitai, l'uomo ingrato, a benedirti, a
servirti, a lodarti e ad amarti.
Ciò è per sempre, e mai finire.
Qui, lei sembrava rotta dal dolore, perché la terra, l'erba, i
fiori, perfino le bestie selvagge, che invitava ad unirsi a lei per benedire e
servire il loro Creatore, rispondevano al suo appello; ma quando chiamò l'uomo,
l'uomo restò sordo. Lei diceva, con una espressione di tristezza inesprimibile:
«O uomo ingrato, la bestia selvaggia ti afferrerà, ti farà finire, corpo e
anima!... Non essere ingrato!» E l'uomo rimase insensibile.
All'Amore, Amore mio, venite o Re della terra! Venite,
adoriamolo!
Canto le grandezze, la potenza del nostro Creatore, perché
siamo l'opera delle sue mani, il prezzo del suo sangue.
Venite, adoriamolo!
Non c'è un altro Dio simile a lui! Venite... Venite, voi tutti
che siete sulla ter-
ra, non vi fermate a ciò che è della terra, perché tutto non è
che vanità e finirà in un istante!
Venite, adoriamolo!
Noi non siamo che viandanti ed esuli su questa terra. Venite,
adoriamolo! È il nostro Re, è il nostro Padre.
Venite, adoriamolo!
Lui ha tutto creato, sulla terra. Venite, adoriamolo!
Prostriamoci ai suoi piedi, diamogli i nostri cuori. Venite, venite a lodarlo!
Diciamo con la bocca e col cuore: Non c'è Dio simile a lui.
Venite, adoriamolo!
Adoriamo la Trinità che non è che un solo Dio. O mistero
incomprensibile! Venite, adoriamolo!
O Tre immensità le quali non fate che Uno! O Potenza! Venite,
adoriamolo!
Perché la sua collera è terribile sui cattivi. Venite,
adoriamolo!
L'animale, la bestia selvaggia trema davanti a lui; la sua
collera fa tremare la terra; cattivi, venite, adoriamolo!
La sua bontà è paterna per quelli che lo cercano. Venite,
adoriamolo!
La sua bontà e la sua misericordia per i giusti. Venite,
adoriamolo!
Tutta la terra, le bestie si rallegrano in un profondo
rispetto. Venite, adoriamolo!
L'Amato Bene cammina davanti!... Il mio cuore si è svegliato,
la mia anima si rallegra!... Il tuo sguardo, o sorgente, mi annienta! Terra,
apritevi per seppellirmi, il mio cuore desidera lasciare quaggiù (questa terra)
per lodarlo, Bontà suprema. Tiratemi fuori della prigione che mi incatena!
Loderò il Signore per tutta la mia vita! La mia anima esce da
un abisso, da un fossato molto profondo...
Prendo le ali del mio Salvatore... Oh! quanto è dolce essere
con voi!
O mio Salvatore, il tuo nome è grande. Riempie il cielo! Tutto
lo loda ed è pieno di gioia alla sua presenza!... Lui mi ha dato le ali con le
quali ho volato; dall'abisso, nel quale ero sprofondata, il Signore me ne ha
tratto fuori. Da quel giorno, sono nel suo seno per sempre. Felice giorno, mai
finire!... Il Signore mi ha preso nella sua patria.
Che dite, abitanti della terra? Il Signore mi ha preso in un
abisso e me ne ha tirato fuori!
Il tentatore mi ha calpestato lungo il cammino, mi ha impedito
di vedere per condurmi a lui. Il tentatore mi ha chiuso il percorso
ed io strappo il velo della terra come gli uccelli che volano.
O tentatore, il Signore mi ha presa nella sua patria!
Oh! Quale turbamento nell'abisso dove tu discendi! O
infelice!...
Il Signore mi ha tratto dall'abisso e portato tanto in alto,
me, figlia di Adamo! Mi dà delle ali per volare; mi dà mille fiori da seminare
nella strada che vedo; mi ha messo un cesto di fiori fra le mani, tutti gli
amici possono raccogliere!
Ho seminato lungo la strada. Gli amici ed i nemici si sono
affrettati a prenderne. Mi ha dato delle ali per volare e il cesto di fiori
sulle ginocchia...
Il cielo e la terra, tutto sorrideva col suo sorriso
immacolato. L'amore è grande!... Tutto quaggiù, è niente!
NOTIZIE
Padre Pierre Estrate, Prete del Sacro Cuore di Bétharram
(1840-1910)
Il Padre Pietro Estrate, nato il 3 giugno 1840, a Géronce,
piccola parrocchia della diocesi di Bayonne, fece i suoi studi con successo nel
piccolo seminario di Oloron, diretto dai sacerdoti del Sacro Cuore di Bétharram.
Verso la fine del corso di studi, attratto segretamente dagli esempi dei suoi
maestri, sollecitò la sua ammissione nel loro nascente Istituto, il cui
fondatore san Michel Garicoits, viveva ancora. Vicino al Padre Garicoits, il
giovane postulante si trovava alla scuola della più alta santità. Tutta la sua
vita ne risenti la benefica influenza. Si può dire che egli attinse così,
insieme al gusto per studi seri, quello spirito di fede che sembrava squarciare
tutti i veli e che sicuramente lo guidava nelle regioni soprannaturali; così
egli acquistò o perfezionò quella sorta di istinto cattolico che lo guidava
diritto alla verità e lo avvertiva dei più piccoli compromessi dottrinali,
perfino i più sottili e i meglio camuffati. San Michel Garicoits come se avesse
presentito l'avvenire riservato alle sue alte qualità, non acconsentì mai a
separarsi da lui in favore delle sue opere; da parte sua, il giovane religioso
apprezzava troppo le virtù e le lezioni del santo Fondatore per non declinare le
offerte più capaci di sollecitare il suo zelo.
Ordinato sacerdote nel 1863, l'anno stesso della morte di Padre
Garicoits, fu subito addetto al lavoro missionario. Qui ancora ebbe il prezioso
vantaggio di formarsi alla scuola di operai apostolici quali i PP Vignolle e
Higuères, uomini, questi, degni di ammirazione la cui potente voce ha molto
spesso trascinato le popolazioni beamesi. Padre Estrate divenne egli stesso
molto celermente un maestro, passando con la stessa facilità dalle più umili
chiese di villaggio alle cattedre delle nostre più belle cattedrali del
mezzogiorno.
Fin dagli inizi della sua carriera di missionario, il giovane
sacerdote si segnalò per una conoscenza approfondita della Sacra Scrittura. Ne
aveva studiato, con la penna in mano, i migliori commenti, ai quali aggiungeva
le sue personali osservazioni, suggeriti da una lettura quotidiana. Fin
dall'età di ventiquattro anni, prese l'abitudine di imparare a memoria, ogni
giorno, dieci versetti del testo sacro, così bene che in pochi anni affidò alla
sua formidabile memoria tutto il tesoro dei nostri Libri sacri. Da questo
tesoro, sapeva ricavare con la più felice opportunità cose an-
tiche e cose nuove, di modo che, più di una volta i suoi
ascoltatori, affascinati da questa conoscenza biblica, si credettero ritornati
in un'altra epoca e si domandavano se non stessero per assistere all'omelia di
qualche Padre della Chiesa.
Il Padre Estrate non aveva che trentadue anni quando conobbe
suor Maria di Gesù Crocifisso, al suo ritorno da Mangalore (novembre 1872). A
partire da questa data fino alla partenza della Beata per la Palestina (20
agosto 1875), il Padre Estrate fu il suo Direttore. Dio non tardò a rassicurarlo
sulle vie della pia Carmelitana con dei segni troppo evidenti per lasciare
sussistere il minimo dubbio. Si è visto, nel corso di questa storia, come il
Signore si servì di suor Maria di Gesù Crocifisso per presentare e fare
approvare a Roma le Costituzioni dei Preti del Sacro Cuore di Bétharram. Non è
il caso di ritornare su un episodio già conosciuto dal lettore.
Inoltre è proprio a Pau che padre Estrate fece la conoscenza di
una nobile signorina, Berta Dartigaux, distintasi tanto per la sua pietà quanto
per le sue ricchezze, la quale doveva far rivivere in Palestina il ricordo di
santa Paola e di santa Eustochio. Da sola, si incaricò della fondazione del
Carmelo di Betlemme, come pure della sua cappellania. Dopo che ebbe assicurato
l'avvenire di questo monastero, con un nuovo tratto di rassomiglianza con le sue
sante emule, sollecitò la grazia di finire i suoi giorni presso queste vergini
di Cristo. Padre Estrate, da parte sua, dopo aver seguito le carmelitane nel
loro viaggio di fondazione, nel 1875, venne a stabilirsi definitivamente sulla
Collina di Davide, verso la fine di maggio del 1879. La fama di colui che si
prese ben presto l'abitudine di chiamare un nuovo Girolamo, non tardò a
diffondersi. Il buon Padre si spese senza riserve a servizio delle Figlie di
santa Teresa, non meno che a quello della comunità di uomini e di donne, il cui
numero sempre crescente riporta in Palestina l'età d'oro della vita monastica.
Nell'arco di venticinque anni, c'è da dire che tutti i suoi sforzi non tradirono
affatto il suo zelo, non ha predicato meno di una quindicina di ritiri
spirituali ai sacerdoti del Patriarcato; le sue predicazioni presso diverse
comunità sono innumerevoli. La sua profonda conoscenza della sacra Scrittura,
dei Padri, della teologia ascetica e mistica, gli permetteva di affrontare i
diversi ascoltatori con la stessa facilità e la stessa varietà. Finite le sue
predicazioni, rientrava con gioia nella sua cella.
Attorno a lui si affollava, fin dal 1890, una fervente gioventù
del suo Istituto, accorsa accanto alla santa Grotta per seguirvi il corso di
studi ecclesiastici. Quelli che nell'arco di questi venti anni, dal 1890 al
1910, ebbero la gioia di vivere sotto la sua direzione, si ricorderanno sempre
della forza e della assiduità con le quali predicava loro, con l'esempio e la
parola, lo spirito di fede, di preghiera, di obbedienza. Con gli sguardi sempre
fissi sull'immagine venerata del Padre Garicoits, avrebbe voluto imprimere
tutti i tratti in ciascuno di questi giovani religiosi, per farne altrettanti
santi, dal cuore grande, dall'animo generoso, idonei, expediti, expositi.
La fiducia dei suoi confratelli lo elevò alla carica di
Generale in una età in cui non pensava più ad altro, diceva, che a godere le
dolcezze della sua cara solitudine, preparandosi alla morte. Ma, non appena la
volontà di Dio si fu nettamente ma-
nifestata, senza più fare i conti né con l'età, né con le
infermità, né con le difficoltà delle strade lontane, intraprese la visita delle
residenze dell'Istituto. Ritornò a Betlemme il 19 dicembre 1909. Vi doveva
morire.
Dopo avere edificato i suoi figli ancora per quattro mesi, con
il suo spirito di orazione e di osservanza della Regola, dopo averli nutriti
con la frazione del pane e della parola ove egli eccelleva; nel momento in cui
si preparava a riattraversare i mari per portare ad altri gli stessi benefici,
si spense dolcemente, senza agonia, l'8 aprile 1910. Il suo corpo riposa dietro
l'altare maggiore della cappella del Carmelo a pochi passi soltanto delle
spoglie mortali di suor Maria di Gesù Crocifisso.
Padre Lazzaro della Croce (1828-1907)
Giovanni Bayle, in religione Fra' Lazzaro della Croce, che fu
per due anni il confessore e il direttore di suor Maria di Gesù Crocifisso in
India, nacque nel 1828, non lontano da Agen, in seno ad una famiglia numerosa e
cristiana. Dopo la sua - . prima comunione, fu mandato a Tolosa per cominciarvi
degli studi professionali. Disgraziatamente, in questa grande città,
contagiato
dall'esempio finì per trascurare per qualche tempo le pratiche
della religione. Lo stesso avvenne ad Avignone ed a Lione, dove, per alcuni
anni, fu impiegato in una amministrazione civile. Tuttavia fu a Lione che senti
i primi
richiami della grazia. Un giorno perfino, in una numerosa
riunione, non temette di prendere pubblicamente la difesa della santissima
Vergine, che si osava attaccare. La Regina del Carmelo non tardò a ricompensare
il suo coraggioso difensore, conducendolo ben presto al noviziato del Carmelo.
Aveva allora poco più di trenta anni. Fra' Lazzaro fece il suo noviziato con un
fervore di neofita, ed i suoi studi teologici con una applicazione e un
successo dei quali la sua vita intera è stata una testimonianza. Acquistò fin da
allora e sempre in seguito quella sicurezza di giudizio, quel vigore di
decisione, quella pratica delle cose divine alle quali Sua Eminenza
Mons.
de Cabrières si compiaceva di
rendere un omaggio pubblico l'indomani della sua morte.
Nel 1867, dopo cinque anni passati al convento di Montpellier,
Padre Lazzaro veniva mandato nella missione che i discepoli di sant'Elia
tenevano allora nelle Indie, sulla costa di Malabar. La sua virtù e la sua
saggezza lo indicarono alla scelta del suo confratello, Mons. Maria Ephrem, per
le delicate funzioni di vicario generale. Nel 1869, Padre Lazzaro ritornava in
Europa per cercarvi e condurre in India il piccolo sciame delle Carmelitane di
Pau, del quale faceva parte suor Maria di Gesù Crocifisso. È a quell'epoca che
rimontano i suoi rapporti spirituali con la Beata. È stato già detto della
provvidenziale assistenza che suor Maria di Gesù Crocifisso trovò in Padre
Lazzaro nelle difficili prove che dovette allora attraversare. Il buon Padre la
sostenne contro il demonio, contro gli uomini, contro se stessa con una
fermezza ed una costanza eroiche, le quali non potevano provenire che dallo
Spirito di Dio. A sua volta, Padre Lazzaro ricevette infinite volte dall'umile
suora conversa luce e consiglio, specialmente nelle prove alle quali fu lui
stesso soggetto.
Nella primavera del 1873 Padre Lazzaro rientrava
definitivamente in Francia. La sua vita, da allora in poi, trascorse a
Montpellier nella pratica delle virtù monastiche e nell'esercizio dello zelo
più ardente. "La costante dolcezza, scriveva ancora recentemente Sua Eminenzam
Mons. de Cabrières, la sua inesauribile bontà, la sua carità sempre vigile, il
suo zelo per la confessione e la cura degli ammalati attirarono accanto a lui
una folla, che, nelle epoche delle solennità religiose, come Natale,
l'Assunzione e soprattutto Pasqua, assorbiva tutto il suo tempo, durante intere
giornate. E mentre i comuni fedeli ammiravano in lui questi segni esteriori di
una universale e continua benevolenza, le anime più familiari con le altezze
mistiche apprezzavano in Padre Lazzaro il gusto e l'esperienza della
contemplazione. Uomini come Padre Giovanni, di Fonfroide, e il Padre Doussot,
di Prouille, si trovavano bene con il figlio di san Giovanni della Croce e di
santa Teresa. Insieme si intrattenevano sulle cose divine non come filosofi
speculativi, ma come gli eredi e i possessori legittimi di quella "scienza dei
santi", troppo spesso disprezzata o trascurata perfino da quelli che dovrebbero
apprendere e insegnarne le lezioni".
Nel mese di agosto 1875, epoca della partenza delle carmelitane
di Pau, Padre_ Lazzaro aveva avuto la consolazione di rivedere suor Maria di
Gesù Crocifisso. Venne lui stesso a Betlemme, nel settembre 1906, a venerare i
suoi resti mortali. Fortificato e consolato da quest'ultima visita, tornò a
Montpellier, dove si spense poco tempo dopo, il 4 gennaio 1907. Così infine andò
a raggiungere in cielo, ne abbiamo la dolce convinzione, quella che non aveva
cessato quaggiù di guardare come una grande Santa.
Berta Dartigaux
Il Carmelo ci Betlemme è stato fondato dalla signorina Berta
di San Cricq Dartigaux, nata a Pau il 20 novembre 1835, nipote per parte di
madre, del conte di San Cricq, ministro di Carlo X e pari di Francia. Lei
consacrò a quest'opera la sua vita e tutti i suoi beni. Ispirata dal Signore si
arrese con gioia alla richiesta di suor Maria di Gesù Crocifisso per questa
fondazione e insieme ne ottennero il permesso dal Vescovo di Bayonne. Tutte le
difficoltà si appianarono davanti alla volontà di Dio, all'entusiasmo di suor
Maria di Gesù Crocifisso e alla generosità della Fondatrice. Il suo desiderio
di vedere realizzate le parole di suor Maria che il Carmelo di Betlemme e
Bétharram non fossero che una sola cosa, le fece ottenere dal Santo Padre la
presenza dei Preti del Sacro Cuore in Terra Santa, allo scopo di assicurare
l'assistenza religiosa del Carmelo, sulla collina di David. Avendo la residenza
preso vaste proporzioni ci si preoccupava, ma la Fondatrice assicurava che
sarebbe stata perforo troppo piccola in avvenire. Il 27 maggio 1879, Berta
Dartigaux si domiciliava definitivamente nel Carmelo di Betlemme. Vi doveva
passare quasi otto anni, durante i quali acquistò il terreno di Emmaus per la
ricerca con gli scavi, dei ruderi che dovevano venire alla luce, e la fondazione
di un Carmelo, secondo una profezia di suor Maria di Gesù Crocifisso.
All'interno del monastero la sua unica preoccupazione era di
farsi la serva di tutte le suore. Le sue predilezioni erano sempre per le più
povere e più piccole. Tutta la sua persona aveva qualche cosa di celestiale;
eclissata nel silenzio e nella solitudine, irradiava la pace, 1'umilità, la
bontà, la dolcezza. Non aveva che il nome di Gesù sulle labbra; la sua
conversazione era nel cielo.
La sua morte sopravvenne il 5 marzo 1887, durante la santa
messa, nel momento in cui il Padre Estrate leggeva queste parole: «Sentii una
voce dal cielo dirmi, felici i morti che muoiono nel Signore». Lei si sedette,
alzò gli occhi, poi, dopo la consacrazione, li richiuse. Spirò.