giovedì 17 novembre 2011

LA TRIPLICE CONCUPISCENZA: SUPERBIA AVARIZIA LUSSURIA




La superbia

<<La superbia (1) È un tumore dell'anima pieno di sangue. Se matura scoppierà, emanando un orribile fetore. Il bagliore del lampo annuncia il fragore del tuono e la presenza della vanagloria annuncia (2) la superbia. L'anima del superbo raggiunge grandi altezze e da lì cade nell'abisso. Si ammala di superbia l'apostata di Dio ascrivendo alle proprie capacità le cose ben riuscite (3).



Come colui che sale su una tela di ragno precipita, così cade colui che si appoggia alle proprie capacità. Un'abbondanza di frutti piega i rami dell'albero e un'abbondanza di virtù umilia la mente dell'uomo. Il frutto marcio È inutile al contadino e la virtù del superbo non È accetta a Dio. Il palo sostiene il ramo carico di frutti e il timore di Dio l'anima virtuosa. Come il peso dei frutti spezza il ramo così la superbia abbatte l'anima virtuosa. Non consegnare la tua anima alla superbia e non avrai terribili fantasie. L'anima del superbo È abbandonata da Dio e diviene oggetto di gioia maligna per i demoni. Di notte egli si immagina branchi di belve che l'assalgono e di giorno È sconvolto da pensieri di viltà. Quando dorme facilmente sussulta e quando veglia lo spaventa l'ombra di un uccello (4). Lo stormire delle fronde atterrisce il superbo e il suono dell'acqua spezza la sua anima. Colui che infatti poco prima si È opposto a Dio respingendo il suo soccorso, viene poi spaventato da volgari fantasmi>>.

Capitolo 18



<<La superbia precipitò l'arcangelo dal cielo (1) e come un fulmine lo fece piombare sulla terra. L'umiltà invece conduce l'uomo verso il cielo e lo prepara a far parte del coro degli angeli. Di che ti inorgoglisci, o uomo, quando per natura sei melma e putredine (2), e perché ti sollevi sopra le nuvole? Guarda alla tua natura poiché sei terra e cenere e fra un po' tornerai alla polvere (3), ora superbo e tra poco verme. A che pro sollevi il capo che tra non molto marcirà? Grande È l'uomo soccorso da Dio; una volta abbandonato egli riconobbe la debolezza della natura.

Nulla possiedi che tu non abbia ricevuto da Dio. Perché dunque ti scoraggi per ciò che appartiene ad altri come se fosse tuo? Perché ti vanti di quel che viene dalla grazia di Dio come se fosse una tua personale proprietà? Riconosci colui che dona e non ti inorgoglire tanto: sei creatura di Dio, non disprezzare perciò il Creatore. Dio ti soccorre, non respingere il beneficatore (4). Sei giunto alla sommità della tua condizione (5), ma lui ti ha guidato; hai agito rettamente secondo virtù ed egli ti ha condotto. Glorifica chi ti ha innalzato per rimanere al sicuro nelle altezze; riconosci colui che ha le tue stesse origini perché la sostanza È la medesima e non rifiutare per iattanza questa parentela>>.

Capitolo 19


<<Umile e moderato È colui che riconosce questa parentela; ma il demiurgo (1) plasmò sia lui sia il superbo. Non disprezzare l'umile: infatti egli È più al sicuro di te: cammina sulla terra e non precipita; ma colui che sale più in alto, se cade, si sfracellerà. Il monaco superbo È come un albero senza radici e non sopporta l'impeto del vento. Una mente senza boria (2) È come una cittadella ben munita e chi vi abita sarà imprendibile. Un soffio di vento solleva la festuca e l'insulto porta il superbo alla follia (3). Una bolla scoppiata svanisce e la memoria del superbo perisce. La parola dell'umile addolcisce l'anima, mentre quella del superbo È ripiena di millanteria. Dio si piega alla preghiera dell'umile, È invece esasperato dalla supplica del superbo. L'umiltà È la corona della casa e tiene al sicuro chi vi entra. Quando salirai al sommo delle virtù allora avrai molto bisogno di sicurezza. Colui infatti che cade sul pavimento rapidamente si rialza, ma chi precipita da grandi altezze, rischia la morte (4). La pietra preziosa si addice al bracciale d'oro e l'umiltà umana risplende di molte virtù>>.

                                                  
L'avarizia


<<L'avarizia (1) È la radice di tutti i mali e nutre come maligni ramoscelli le rimanenti passioni e non permette che inaridiscano quelle fiorite da essa (2). Chi vuole recidere le passioni ne estirpi la radice; se infatti poti per bene i rami e l'avarizia permane, non ti gioverà a nulla, perché essi, nonostante siano stati recisi, subito fioriscono. Il ricco monaco È come una nave troppo carica che viene sommersa dall'impeto di un fortunale: come infatti una nave che imbarca acqua È messa alla prova da ogni onda, così il ricco È sommerso dalle preoccupazioni.

Il monaco che nulla possiede È invece un agile viaggiatore e trova dimora ovunque. Egli È come l'aquila che vola in alto e scende giù a cercare cibo quando vi È costretta. È superiore ad ogni prova, se la ride del presente e si leva in alto allontanandosi dalle cose terrene e accompagnandosi a quelle celesti: infatti ha ali leggere mai appesantite dalle preoccupazioni. Sopraggiunge l'oppressione ed egli lascia il luogo senza dolore; la morte arriva e quegli se ne va con animo sereno: infatti l'anima non È stata legata da vincolo terreno di sorta. Chi invece molto possiede soggiace alle preoccupazioni e, come il cane, È legato alla catena, e, se viene costretto ad andarsene, si porta dietro, come un grave peso e un'inutile afflizione, i ricordi delle sue ricchezze, È punto dalla tristezza e, quando ci pensa, soffre molto, ha perso le ricchezze e si tormenta nello scoramento. E se arriva la morte abbandona miseramente i suoi averi, rende l'anima, mentre l'occhio non tralascia gli affari; a malincuore viene trascinato via come uno schiavo fuggiasco, si separa dal corpo e non si separa dai suoi interessi (3): poiché la passione lo trattiene più di ciò che lo trascina via>>.

Capitolo 8

<<Il mare non si riempie mai del tutto pur ricevendo la gran massa d'acqua dei fiumi, allo stesso modo il desiderio di ricchezze dell'avaro non È mai sazio, egli le raddoppia e subito desidera quadruplicarle e non cessa mai questo raddoppio, finché la morte non mette fine a tale interminabile premura (1). Il monaco assennato baderà alle necessità del corpo e sopperirà con pane e acqua allo stomaco indigente, non adulerà (2) i ricchi per il piacere del ventre, né asservirà la sua libera mente a molti padroni: infatti le mani sono sempre sufficienti a servire il corpo e soddisfare le necessità naturali. Il monaco che non possiede nulla È un pugile che non può essere colpito in pieno e un corridore veloce che raggiunge rapidamente il premio dell'invito celeste (3).

Il monaco ricco gioisce per i molti proventi, mentre quello che non ha nulla gode per i premi che gli vengono dalle cose ben riuscite. Il monaco avaro lavora duramente mentre quello che non possiede nulla usa il tempo per la preghiera e la lettura. Il monaco avaro riempie d'oro i penetrali (4), mentre quello che nulla possiede tesoreggia in cielo. Che sia maledetto colui che foggia l'idolo e lo nasconde, simile a colui che È affetto da avarizia: l'uno infatti si prostra di fronte al falso e all'inutile, l'altro porta in sé l'immagine (5) della ricchezza, come un simulacro>>.

La lussuria


<<La temperanza genera l'assennatezza, mentre la gola È madre della sfrenatezza; l'olio alimenta il lume della lucerna e la frequentazione delle donne attizza la fiaccola del piacere.
La violenza dei flutti infuria contro il mercantile mal zavorrato come il pensiero della lussuria sulla mente intemperante.
La lussuria accoglierà come alleata la sazietà, la congederà, starà con gli avversari e combatterà alla fine con i nemici. Rimane invulnerabile alle frecce nemiche colui che ama la tranquillità, chi invece si mescola alla folla riceve in continuazione percosse.

Vedere una femmina È come un dardo velenoso, ferisce l'anima, vi intrude il tossico e quanto più perdura , tanto più alligna la sepsi. Chi intende difendersi da queste frecce sta lontano dalle affollate riunioni pubbliche e non gironzola a bocca aperta nei giorni di festa; È infatti assai meglio starsene a casa passando il tempo a pregare piuttosto che compiere l'opera del nemico credendo di onorare le feste. Evita la dimestichezza con le donne se desideri essere saggio e non dar loro la libertà di parlare e neppure fiducia. Infatti all'inizio hanno o simulano una certa cautela, ma in seguito osano di tutto spudoratamente: al primo abboccamento tengono gli occhi bassi, pigolano dolcemente, piangono commosse, l'atteggiamento È grave, sospirano con amarezza, pongono domande sulla castità e ascoltano attentamente; le vedi una seconda volta e alzano un poco il capo; la terza volta si avvicinano senza troppo pudore; hai sorriso e quelle si sono messe a ridere sguaiatamente; in seguito si fanno belle e ti si mostrano con ostentazione, cambia il loro sguardo annunciando l'ardenza, sollevano le sopracciglia e ruotano gli occhi, denudano il collo e abbandonano l'intero corpo al languore, pronunciano frasi ammollite nella passione e ti sfoggiano una voce fascinosa ad udirsi finché non espugnano completamente l'anima. Accade che questi ami ti adeschino alla morte e queste reti intrecciate ti trascinino alla perdizione; e dunque non farti neppure ingannare da quelle che si servono di discorsi ammodo: in costoro infatti si occulta il maligno veleno dei serpenti.


Capitolo 5

<<Accostati al fuoco ardente piuttosto che ad una giovane donna, soprattutto se sei giovane anche tu: quando infatti ti avvicini alla fiamma e senti un bel bruciore, ti puoi allontanare rapidamente, mentre quando sei lusingato dalle ciarle femminili , difficilmente riesci a darti alla fuga. L'erba cresce quand'è vicina all'acqua, come germina l'intemperanza bazzicando le femmine.

Colui che si riempie il ventre e fa professione di saggezza È simile a chi afferma di frenare la forza del fuoco nella paglia. Come infatti È impossibile contrastare il mutevole guizzare del fuoco nella paglia, così È impossibile colmare nella sazietà l'impeto infiammato dell'intemperanza.
Una colonna poggia sulla base e la passione della lussuria ha le fondamenta nella sazietà.


La nave preda delle tempeste si affretta a raggiungere il porto e l'anima del saggio cerca la solitudine: l'una fugge le minacciose onde del mare, l'altra le forme femminili che portano dolore e rovina.
Una fattezza abbellita di donna affonda più di un maroso: ma l'uno ti dà la possibilità di nuotare se vuoi salva la vita, invece la bellezza muliebre, dopo l'inganno, ti persuade a disprezzare financo la vita stessa.
Il rovo solitario si sottrae intatto alla fiamma e il saggio che sa tenersi lontano dalle donne non si accende d'intemperanza: come infatti il ricordo del fuoco non brucia la mente, così neppure la passione ha vigore se manca la materia.

Capitolo 6


<<Se avrai pietà per il nemico esso ti sarà nemico, e se farai grazia alla passione essa ti si ribellerà contro. La vista delle donne eccita l'intemperante, mentre spinge il saggio a glorificare Dio; se in mezzo alle donne la passione sta tranquilla non prestare fede a chi ti annuncia che hai raggiunto l'apatheia. E infatti il cane scodinzola quando È lasciato in mezzo alla folla , mentre, quando se ne allontana, mostra la propria malvagità. Solo quando il ricordo della donna affiorerà in te privo di passione, allora ritieniti giunto ai confini della saggezza. Quando invece la sua immagine ti spinge a vederla e i suoi strali accerchiano la tua anima, allora ritieniti fuori dalla virtù.
Ma non devi perdurare così in tali pensieri né la tua mente deve per molto familiarizzare con le forme femminili, la passione È infatti recidiva e ha accanto il pericolo.
Come infatti accade che un'appropriata fusione purifichi l'argento, ma, se prolungata, facilmente lo distrugga, così una insistente fantasia di donne distrugge la saggezza acquisita: non avere infatti familiarità a lungo con un volto immaginato affinché non ti si appicchino le fiamme del piacere e non bruci l'alone che circonda la tua anima: come infatti la scintilla, rimanendo in mezzo alla paglia, sprigiona le fiamme, così il ricordo della donna, persistendo, incendia il desiderio>>.
Da "GLI OTTO SPIRITI MALVAGI", Evagrio P. 
 http://www.scribd.com/doc/70805850/EVAGRIO-PONTICO-Glio-Otto-Spiriti-Malvagi

AMDG et BVM

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