mercoledì 30 novembre 2011

SANT'ANDREA APOSTOLO e SAN VINCENZO FERRER, DUE GRANDI PESCATORI D'ANIME



Oggi  è la festa di Sant'Andrea, 
l'Apostolo silenzioso 
ma gran pescatore d'anime
Andrea era il fratello di san Pietro
Il Nuovo Testamento ricorda che Sant'Andrea era figlio di Giona, o Giovanni, (Matteo 16:17; Giovanni 1:42). Egli era nato a Betsaida sulle rive del Lago omonimo in Galilea (Giovanni 1:44). Assieme al fratello Pietro esercitava il mestiere di pescatore, e la tradizione vuole che Gesù stesso lo avesse chiamato ad essere suo discepolo invitandolo ad essere per lui "pescatore di uomini" (ἁλιείς ἀνθρώπων, halieis anthropon) tradotto anche come "pescatore di anime". Agli inizi della vita pubblica di Gesù, occupavano la stessa casa a Cafarnao (Marco 1:21, 29).
Il Vangelo di Giovanni ricorda che Andrea era stato anche discepolo di Giovanni il Battista, che per primo gli ordinò di seguire Gesù, continuatore della sua opera (Giovanni 1:35-40). Andrea fu il primo a riconoscere in Gesù il Messia, e lo fece conoscere al fratello (Giovanni 1:41). Presto entrambi i fratelli divennero discepoli di Cristo. In un'occasione successiva, prima della definitiva vocazione all'apostolato, essi erano definiti come grandi amici e lasciarono tutto per seguire Gesù (Luca 5:11; Matteo 4:19-20; Marco 1:17-18).
Nei vangeli Andrea è indicato essere presente in molte importanti occasioni come uno dei discepoli più vicini a Gesù (Marco 13:3; Giovanni 6:8, 12:22), ma negli Atti degli Apostoli si trova solo una menzione marginale della sua figura (1:13).

Eusebio di Cesarea ricorda nelle sue "Origini" che Andrea aveva viaggiato in Asia Minore ed in Scizia, lungo il Mar Nero come del resto anche sul Volga e sul Kiev. Per questo egli è divenuto santo patrono della Romania e della Russia. Secondo la tradizione, egli fu il fondatore della sede episcopale di Bisanzio (Costantinopoli), dal momento che l'unico vescovato dell'area asiatica che era già stato fondato era quello di Eraclea. Nel 38, su questa sede gli succedette Stachys. La diocesi si svilupperà successivamente nel Patriarcato di Costantinopoli. Andrea è riconosciuto come santo patrono della sede episcopale.



La tradizione vuole che Andrea sia stato martirizzato per crocifissione a Patrasso (Patrae) in Acaia (Grecia). Dai primi testi apocrifi, come ad esempio gli Atti di Andrea citati da Gregorio di Tours nel Monumenta Germaniae Historica, si sa che Andrea venne legato e non inchiodato su una croce latina (simile a quella dove Cristo era stato crocifisso), ma la tradizione vuole che Andrea sia stato crocifisso su una croce di forma detta Croce decussata (a forma di X) e comunemente conosciuta con il nome di "Croce di Sant'Andrea"; Questa venne adottata per sua personale scelta, dal momento che egli non avrebbe mai osato eguagliare il maestro, Gesù, nel martirio. Quest'iconografia di sant'Andrea appare ad ogni modo solo attorno al X secolo, ma non divenne comune sino al XVII secolo. Proprio per il suo martirio, sant'Andrea è divenuto anche il patrono di Patrasso.

La crocifissione di Sant'Andrea
Le reliquie 
Dopo il martirio di sant'Andrea, secondo la tradizione, le sue reliquie vennero spostate da Patrasso a Costantinopoli. Leggende locali dicono che le reliquie vennero vendute dai romani.
Nel sesto secolo la reliquia della mano e del braccio di S. Andrea fu donata al vescovo Venanzio di Luni, dal papa Gregorio Magno, suo grande amico. E' tradizione che in tale tempo, e con l' occasione del dono, sia stata costruita in Sarzana, antica città ligure al confine con la toscana, la Chiesa di S. Andrea, che divenne la dimora della reliquia. Da quel giorno l' Apostolo divenne il Patrono della città. Tali reliquie si conservano al presente nella Cattedrale di Sarzana; essa fu portata da Costantinopoli a Roma da un certo Andrea, maggiordomo dell'imperatore Maurizio di Costantinopoli[1].
La testa del Santo, insieme ad altre reliquie (vale a dire un mignolo e alcune piccole parti della croce) venne donata da Tommaso Paleologo, despota della Morea spodestato dai turchi a papa Pio II nel 1461, in cambio dell'impegno per una crociata che avrebbe dovuto riprendere Costantinopoli. Il papa accettò il dono promettendo di restituire le reliquie quando la Grecia fosse stata liberata e ne inviò la mandibola custodita nell'antico reliquiario a Pienza. Per decisione di papa Paolo VI nel 1964 le reliquie conservate a Roma vennero inviate nuovamente a Patrasso all'interno dell'antico reliquiario bizantino, fino ad allora custodito nella cattedrale pientina; in cambio il Papa donò alla cattedrale di Pienza il busto-reliquiario della testa commissionato da Pio II a Simone di Giovanni Ghini per la basilica di San Pietro in Vaticano. Le reliquie rese sono a tutt'oggi custodite nella chiesa di sant'Andrea a Patrasso in una speciale urna, e vengono mostrate ai fedeli in occasione della festa del 30 novembre.
Tutte le reliquie conosciute attribuite a sant'Andrea sono dislocate in alcuni punti fondamentali della sua venerazione: nella basilica di sant'Andrea a Patrasso, in Grecia, nel Duomo di Sant'Andrea di Amalfi, Italia, nella cattedrale di Santa Maria, a Edimburgo, in Scozia e nella chiesa di Sant'Andrea e Sant'Alberto a Varsavia, in Polonia. Altro luogo ove sono custodite reliquie del Santo è il Casino di Cicco sito in Sant'Apollinare.

La tradizione italiana 

  
Statua di sant'Andrea nella basilica di San Pietro

Statua in argento di Sant'Andrea custodita nel Duomo di Amalfi

Sofronio Eusebio Girolamo scrisse che le reliquie di Andrea vennero portate da Patrasso a Costantinopoli per ordine dell'imperatore romano Costanzo II nel 357[2]. Qui rimasero sino al 1208 quando le reliquie vennero portate ad Amalfi, in Italia, dal cardinale Pietro Capuano, nativo di Amalfi. Nel XV secolo, la testa di sant'Andrea fu portata a Roma, dove venne posta in una teca in uno dei quattro pilastri principali della basilica di San Pietro. Nel settembre del 1964, come gesto di apertura verso la Chiesa ortodossa greca, papa Paolo VI consegnò un dito e parte della testa alla chiesa di Patrasso. Il Duomo di Amalfi, dedicato appunto a sant'Andrea (come del resto la città stessa), contiene una tomba nella sua cripta che continua a contenere alcune altre reliquie dell'apostolo.
*Nella santa Messa di sempre il suo nome è invocato due volte insieme al fratello e Papa San Pietro.

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"Timete Deum et date Illi  honorem"

Trattato della vita spirituale 
di san Vincenzo Ferreri O.P.
Una magnifica 'sintesi'. Ediz, integrale clicca qui.
PREFAZIONE

Nel presente trattatello non intendo di far altro che esporre salutari insegnamenti estratti dagli scritti dei santi Dottori. Non faccio alcuna citazione né della Sacra Scrittura né di qualche Maestro in particolare, per provare o persuadere quello che dico; sia perché voglio essere breve, sia perché non mi rivolgo se non a quel lettore, che desidera vivamente di fare tutto quello che saprà tornare gradito a Dio. E neppure cerco di provare le mie affermazioni, perché non ho nessuna voglia di disputare con orgogliosi, ma solo d'illuminare gli umili. 
Chiunque pertanto si propone di fare del bene alle anime e di edificare il prossimo colle sue parole, deve prima di tutto possedere in se stesso quanto intende d'insegnare agli altri: altrimenti porterà poco frutto, perché la sua parola rimarrà inefficace finché i suoi uditori non lo vedranno praticare tutto quello ch'egli insegna e molto di più ancora


PARTE PRIMA 
I Fondamenti della Vita Spirituale 

CAPITOLO I. 
La povertà volontaria 

Amare la povertà 

Anzitutto è necessario che il servo di Dio disprezzi tutto ciò che è terreno, lo consideri come spazzatura e non ne faccia uso se non per una rigorosa necessità (1). Ridurrà i suoi bisogni a poco e, per amore della povertà, sopporterà anche certi incomodi, perché, come disse un pio autore, quello che è meritorio non è l'esser poveri, ma, quando si è poveri, amare la povertà e sopportarne volentieri e allegramente le privazioni per amore di Gesù. 

Falsa Povertà 

Ohimè! quanti sono poveri solo di nome! perché si gloriano d'esser poveri solo a patto che loro nulla manchi. Pretendono d'esser amici della povertà, ma fuggono a tutto potere le compagne e gli amici inseparabili della povertà, la fame, la sete, il disprezzo, l'abiezione. 
Non così il nostro Padre San Domenico, né Colui che «essendo ricco si fece povero per noi», né gli Apostoli che c'istruirono e colle parole e cogli esempi. 

Regole pratiche 

Non domandare mai nulla a nessuno, salvo il caso di necessità. Rifiuta tutto ciò che ti si offre, per quanto ne venga pregato, anche col pretesto di darlo poi ai poveri; e sii persuaso che facendo casi edificherai grandemente e quelli che ti hanno fatto questa offerta, e tutti quelli che conosceranno il tuo rifiuto; e con ciò potrai più facilmente indurli al disprezzo del mondo, e a soccorrere altri poveri. 
Per il necessario, intendo quello di cui hai bisogno per il momento: un cibo frugale, abiti modesti e una calzatura di poco prezzo. Possedere libri non è una necessità. Quante volte i libri servono di pretesto a un'avarizia colpevole! Contentati di quelli che la comunità possiede e che ti saranno prestati. 
Vuoi tu conoscere chiaramente l'effetto dei miei consigli? Comincia col praticarli umilmente. Se li discuti con orgoglio non ci capirai nulla. Perché Gesù Cristo, Maestro d'umiltà, rivela agli umili la verità che nasconde ai superbi. 
Stabilisci dunque la povertà alla base della tua vita spirituale: essa è il fondamento posto da Gesù Cristo stesso, che cominciò il suo discorso del morte con queste parole: Beati i poveri di spirito! 


CAPITOLO II. 
L'amore del silenzio 

Poi applicati virilmente a reprimere la lingua. Tu la ricevesti per esprimere le cose utili: dunque s'astenga da ogni frivolezza, da ogni inutilità. 
Per governarla meglio, non parlare mai se non per rispondere a domande necessarie o utili. Una domanda vana non merita che il silenzio. 
Se poi a volte ti si rivolgesse qualche facezia, per modo di ricreazione, per non essere di peso agli altri, potrai benissimo accoglierla con volto ilare e benevolmente. Però guardati dal parlare, anche se il tuo silenzio dovesse provocare mormorazioni, tristezza o altre parole amare; anche se dovessi essere trattato da orgoglioso, esagerato e intollerabile. Ma prega Dio con fervore affinché conservi in pace il loro cuore. 
Nondimeno qualche volta è permesso di parlare: in caso di necessità e quando la carità o l'obbedienza lo richiedono. Ma allora abbi cura di parlare solo dopo matura riflessione, di spicciarti con poche parole, umilmente e a voce sommessa. Lo stesso devi fare se hai da rispondere a qualcuno. 

Sappi così tacere per alcun tempo: edificherai i tuoi fratelli, e il silenzio t'insegnerà a parlare, quando sarà il momento opportuno. Frattanto prega Dio affinché si degni di supplire Lui, con buone ispirazioni, nel cuore dei tuoi fratelli, quei buoni pensieri che la legge del silenzio t'impedisce per il momento di comunicar loro. 
In tal modo con la povertà e con il silenzio estirperai le numerose sollecitudini che soffocano il buon seme. delle virtù gettato ininterrottamente nel tuo cuore dall'ispirazione divina. 



CAPITOLO III. 
La purezza di cuore 

La perfetta purezza di cuore 

Sforzi anche più vigorosi ti restano da fare per conquistare quelle virtù che ti solleveranno alla purezza di cuore. Secondo la parola del Salvatore, questa purezza aprirà i nostri occhi interiori alla contemplazione divina e ci stabilirà in un tale riposo e in una tale pace che Quegli che tiene la sua sede nella pace si degnerà anche di abitare in te (2). 
Non si tratta di quella purezza che si contenta di preservarci da pensieri carnali, ma di quella purezza perfetta di cuore, che ci allontana, per quanto è possibile quaggiù, da ogni pensiero inutile e ci fa quindi innanzi cercare il nostro piacere nel solo pensiero di Dio e delle cose divine. 
Per ottenerla, questa purezza, questa virtù celeste, anzi divina, poiché quegli che aderisce a Dio è un solo spirito con Lui, son necessarie parecchie cose. 

Mortificazione della volontà propria 

Anzitutto impiega tutte le tue forze nel rinunziare a te stesso, secondo la sentenza del Salvatore: Se qualcuno vuol venire dietro a Me, rinneghi se stesso. Ciò vuol dire che, in tutto, devi mortificare, disprezzare, contraddire la tua volontà propria e abbracciare la volontà degli altri, ogni volta che questa sia lecita e onesta
Di regola generale, quando trattasi delle cose materiali destinate ai bisogni del corpo, non seguire mai la tua volontà personale contro quella degli altri, anche se questa ti paresse stravagante. 

Sopporta ogni incomodo per conservare la pace interiore dell'anima, la quale non può non turbarsi per questa sorta di contraddizioni in cui l'attacco al proprio giudizio personale e il desiderio di fare la propria volontà provocano pensieri e parole contrarie alla carità. 
Anche nelle cose spirituali, alla tua volontà preferisci quella degli altri, purché questa sia buona, quand'anche la tua ti sembrasse migliore; perché, evitando gli alterchi, guadagnerai molto più con l'aumentare in te l'umiltà, la tranquillità e la pace, di quello che potresti guadagnare col praticare qualsiasi virtù secondo il tuo piacere e contro il piacere altrui. 

Ciò si deve però intendere de' tuoi familiari ed emuli nella pietà e nel desiderio di perfezione. Perché, in quanto a quelli che chiamano male il bene e bene il male e passano il loro tempo a scrutare e a giudicare le parole e i fatti altrui invece di correggere i loro propri i difetti, tu non devi seguire il loro giudizio nelle cose spirituali. 
Ma nelle cose materiali fa ordinariamente la volontà degli altri, qualsisiano. 

Qualche volta, quando Iddio t'ispirerà di fare qualcosa per la gloria sua, per la tua santificazione o per il bene del prossimo, ti si opporranno difficoltà, forse insuperabili. Sia che la difficoltà provenga da' tuoi superiori, o da' tuoi eguali, o da' tuoi inferiori, non ti trattenere a contendere. Rientra in te stesso e, quivi raccolto col tuo Dio, va via ripetendo: Signore, mi si fa violenza, rispondete per me (Isai. XXXVIII). 

Non ti rattristare punto di queste difficoltà: Dio non le avrebbe permesse se, alla fin fine, non dovessero essere utili a te e agli altri. Anzi ti posso assicurare che, sebbene tu non lo veda oggi, più tardi capirai che cadesti ostacoli apparenti ti avranno in realtà giovato ad ottenere il tuo intento. Quanti esempi, tratti dalla Sacra Scrittura, ti potrei citare, quello di Giuseppe in particolare, se non mi fossi imposto la brevità ad ogni costo! Ma credi alla mia esperienza che è così. 

Altre volte sembrerà che, Dio stesso frustri i tuoi sforzi con la malattia o con qualche altro avvenimento. 
Non te ne contristare in nessun modo, ricevi tutto con un'anima uguale e confida interamente in Colui che conosce meglio di te quello che ti è utile e non cessa di attirarti a Lui, forse a tua insaputa, se tu ti abbandoni senza riserva. 
Usa dunque ogni tua cura per restar padrone di te stesso nella pace e nella tranquillità del cuore. Nessun avvenimento t'affligga, tranne i tuoi peccati e quelli degli altri o le occasioni di peccato. Nessun accidente ti renda triste. 

Non ti lasciar trasportare dallo sdegno contro le colpe del prossimo. Di tutti abbi pietà e compassione ricordandoti sempre che tu stesso cadresti più basso ancora, se Gesù Cristo non ti sostenesse colla sua grazia

Mortificazione dell'amor proprio 

Inoltre tienti pronto a sopportare per amore di Gesù tutti gli obbrobri, tutte le pene, tutte le avversità. 
Il più piccolo desiderio di grandezza, sotto qualsiasi pretesto di carità, faccia capolino, è la testa del dragone infernale: bisogna subito schiacciarla con la croce, richiamandoti alla memoria l'umiltà e la crudele Passione di Gesù che fuggì la regia dignità per abbracciare liberamente la Croce e la sua ignominia (3). 
Fuggi, abbi in orrore, come un veleno mortale, ogni umana lode. Se sei disprezzato, rallegrati e sii intimamente convinto di meritare il vilipendio e le ingiurie di tutti. 
Non perdere mai di vista i tuoi difetti né i tuoi peccati; non temere d'ingrandirli ai tuoi occhi. In quanto ai difetti del prossimo, gettali dietro le spalle per nasconderli a te stesso. Che se tu sei forzato a vederli, guarderai di attenuarli, di scusarli misericordiosamente, e procurerai di recar soccorso a' tuoi fratelli (4). 
Distogli gli occhi dell'anima e del corpo dal guardare il prossimo, affinché tu possa considerare te stesso nel lume del volto di Dio. Sì, guarda continuamente te stesso e giudicati sempre lealmente. Esamina ciascuno de' tuoi atti, delle tue parole, de' tuoi pensieri per trovarvi materia di compunzione, perché anche le tue buone azioni sono lontane dall'essere perfette e pervase del fervore necessario; la negligenza le guasta e la tua giustizia può giustamente paragonarsi ad uno straccio immondo. 
Riprendi adunque continuamente te stesso. Non lasciar passare senza un biasimo severo né le tue negligenze in parole e in opere, né tampoco i tuoi pensieri, non dico cattivi, ma anche solamente inutili. Esercita codesta rigorosa sorveglianza ad ogni ora nel cospetto del tuo Dio (5). 

Umiltà riguardo a Dio 

A cagione de' tuoi difetti, tienti, davanti a Dio, per vile e miserabile più di qualsivoglia peccatore, reo di qualsiasi peccato; come degno d'essere punito ed escluso dalle celesti delizie, se Dio ti trattasse secondo la sua giustizia e non secondo la sua misericordia, poiché Egli ti fece tante grazie, più che a molti altri, e tu hai corrisposto coll'ingratitudine. 
Inoltre considera attentamente e con un vivo senso di spavento che qualsiasi grazia, inclinazione al bene e desiderio della virtù, non l'hai avuto da te stesso, ma dalla sola misericordia di Cristo, che avrebbe potuto arricchire di questi favori qualunque altro peccatore, e lasciare te nell'abisso della tua ignominia e della tua miseria. 

Umiltà riguardo al prossimo 

Pensa ancora e procura di persuaderti che non vi è un peccatore così carico di difetti che non servirebbe Dio meglio di te e non si mostrerebbe più riconoscente dei benefizi divini, se avesse ricevuto le medesime grazie che ricevesti tu, non per i tuoi meriti ma per la bontà affatto gratuita di Dio. Per ciò puoi bene considerarti come il più vile e il più basso degli uomini e temere con ragione che la tua ingratitudine spinga Iddio a cacciarti dalla sua presenza (6). 
Con ciò non voglio dire che tu debba crederti fuori della grazia di Dio e in stato di peccato mortale, sia pure che altri siano colpevoli di peccati mortali senza numero. Ciò del resto ci è ignoto, perché il nostro giudizio è fallace e Dio può ben aver loro concesso tutt'a un tratto la contrizione e un' effusione della sua grazia

Quando la tua umiltà ti paragonerà agli altri peccatori, non è utile che tu discenda ai loro disordini in particolare. Basta un confronto generale tra i loro peccati e la tua ingratitudine. Qualora volessi considerarli in particolare, potresti benissimo fare, per una certa rassomiglianza, dei peccati personali, apostrofando così la tua coscienza: quegli è un omicida, ed io, miserabile, quante volte non ho ucciso l'anima mia! Questi è fornicario e adultero, ed io non lo sono tutto il giorno, distogliendo la mia attenzione da Dio e cedendo alle suggestioni diaboliche? E così degli altri. 

Ma se osservassi che il diavolo approfitta di quest'esercizio per indurti alla disperazione, lascia queste apostrofi e solleva il tuo cuore alla speranza nel1a contemplazione della bontà e della clemenza del tuo Dio che già ti prevenne con tante grazie e certo vorrà compire l'opera che ha cominciato in te. Di regola ordinaria l'uomo spirituale, che ha già qualche esperienza di Dio, non prova questa tentazione di disperazione quando nel suo fervore accusa se stesso. Ma ciò può succedere e di fatto succede spesso ai principianti, specialmente a quelli che la misericordia di Dio ha liberati da molti pericoli e grandi peccati in cui trovavansi inviluppati. 


NOTE

(1) «L'uomo è collocato tra le cose di questo mondo e i beni spirituali in tal modo che quanto più s'attacca ai primi, tanto più s'allontana dagli altri, e viceversa» (Sum. Theol. II-II q. 108. a. 4). 

(2) «Se tu desideri di arrivare per una via retta e sicura in breve tempo all'unione divina, fine della beatitudine, applicati internamente con una cura vigile a conservare sempre puro il tuo cuore, libero il tuo spirito e nel riposo i tuoi sensi; raccogli gli affetti del tuo cuore e portali incessantemente in alto per fissarli in Dio» (S. Alberto Magno, L'Unione con Dio, c. V). 

(3) S. Tommaso insegna che i moti dell'orgoglio sono facilmente repressi colla considerazione dell'infinita grandezza di Dio, dell'abisso della nostra miseria e dell'imperfezione di tutte le nostre buone opere (Sum. Theol. II - II, q. 62, a. 9, ad I). 

(4) Il P. Faber assicura che Se qualcuno ha l'abitudine di pensare agli altri con bontà, e ciò per motivi soprannaturali, non è lontano dall'esser un santo (Confer. spirit.). 

(5) Questi consigli vanno intesi con la discrezione supposta dal Santo Autore. Sarebbe un disastro per la nostra vita interiore non uscir mai dalla preoccupazione di noi stessi e convertire ogni preghiera mentale in esame di coscienza. Ciononostante è indispensabile che l'anima si esamini, quotidianamente, sopra il suo difetto principale (“esame di coscienza particolare”), i suoi altri difetti, sopra le sue imperfezioni, ed anche sopra le sue tendenze intime. Un tale esame praticato assiduamente è la condizione del nostro emendamento. 

(6) Il B. Raimondo da Capua, Maestro Generale dei Domenicani, racconta di Santa Caterina da Siena che «ella non solo si metteva sotto alla più vile delle anime e desiderava incessantemente d'essere considerata come l'ultima di tutte, ma credeva fermamente di esser la causa di tutti i mali altrui. Ogni volta che pensava alle iniquità e alle sventure del mondo in generale o di ciascun individuo in particolare, ne attribuiva a se stessa la colpa, dicendo: Sei tu la causa di tutti questi mali; rientra dunque in te stessa e piangi le tue colpe ai piedi del Signore». E la Santa ciò spiegava dicendo ch'ella aveva mal corrisposto ai disegni di Dio sopra l'anima sua. 

***

Semplicemente magnifico: "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri." 
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP, Maestro dell’Ordine)

AVE MARIA!
AMDG

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