giovedì 24 novembre 2011

Per trovare l'Amato non le bastano i gemiti e le preghiere e l'aiuto di buoni mediatori


Cantico Spirituale (B) – 
San Giovanni della Croce.

STROFA 3
Buscando mis amores,
iré por esos montes y riberas;
ni cogeré las flores,
ni temeré las fieras,
y pasaré los fuertes y fronteras.

In cerca del mio amore
andrò per questi monti e queste rive,
non coglierò mai fiore,
non temerò le fiere,
supererò i forti e le frontiere.

SPIEGAZIONE

<<I. L'anima
vedendo che per trovare l'Amato non le bastano i gemiti e le preghiere e l'aiuto di buoni
mediatori come, secondo la prima e seconda strofa, ha fatto in passato, spinta da grande amore e da
un desiderio molto verace di cercarlo, non vuole omettere alcuna diligenza a lei possibile. Infatti
quella che ama Dio davvero non si lascia vincere dalla pigrizia nel fare quanto può per trovare il
Figlio di Dio, suo Sposo; anzi, anche dopo aver fatto tutto il possibile, non è soddisfatta e pensa di
non aver fatto niente. Perciò in questa terza strofa, afferma di volerlo cercare da se stessa con le sue
opere ed espone il modo che deve seguire per trovarlo, che è quello di esercitarsi nelle virtù e nelle
pratiche spirituali della vita attiva e contemplativa, non ammettendo∙ perciò alcun piacere e delizia.
Inoltre non si perde di coraggio, perché le forze e le insidie dei tre suoi nemici, mondo, carne e
demonio, non saranno capaci di impedirle il cammino.
Dice quindi:
In cerca del mio amore
cioè del mio Amato.

2. L'anima
fa capire che per trovare davvero Dio non basta soltanto pregare con il cuore e con le
labbra, neppure con l'aiuto altrui, ma è necessario che anch'essa da parte sua faccia tutto ciò che
può, perché Dio suole stimare più un'opera sola propria di una persona che molte fatte da altri per
lei. Perciò, ricordando qui le parole dell'Amato: Cercate e troverete (Le. II, 9), l'anima stessa risolve
di andarne in cerca, per mezzo della sua opera, per non restare delusa nella ricerca, come accade a
molti, i quali vorrebbero che Dio non costasse loro più che pronunziare una parola, e anche ciò fatto
malvolentieri e non vogliono fare niente che costi loro un po', tanto che ad alcuni dispiace perfino di
alzarsi da un luogo dove stanno comodamente. In tal modo vorrebbero che il sapore scendesse sulle
loro labbra e nel loro cuore senza muovere un dito e senza mortificarsi rinunziando a qualche loro
gusto, consolazione e voglia inutile.
Ma finché non usciranno in cerca dell'Amato, per quanto gridino a Dio, non lo troveranno. Anche la
sposa dei Cantici lo cercava così, ma non lo trovò finché non uscì per cercarlo. Lo dice con queste
parole: Nel mio letto, di notte, cercai l'amore dell'anima mia, ma non lo trovai. Mi leverò e andrò in
giro per la città; per le vie e per le piazze cercherò colui che l'anima mia ama (Cant. 3, 12).E
soggiunge di averlo trovato dopo aver sofferto alcuni travagli (Ibid. 3, 4)∙
 Cristo di san Giovanni della Croce
 3. Chi
dunque cerca Dio volendo rimanere nei propri gusti e nelle proprie comodità, lo cerca di
notte e quindi non lo trova. Colui invece che lo cerca mediante le buone opere e l'esercizio delle
virtù, lasciando il letto dei suoi gusti e dei suoi piaceri, lo cerca di giorno e quindi lo trova, perché
ciò che è introvabile di notte, si scopre di giorno. Di ciò parla lo Sposo nel libro della Sapienza:
Luminosa e immarcescibile è la Sapienza e facilmente è veduta da quei che l'amano e trovata da
quei che la cercano. Previene coloro che la bramano, mostrandosi ad essi per prima. Chi per lei si
leverà di buon mattino, non si stancherà, perché la troverà seduta alla porta di casa (Sap. 6, 1315).
Da questa frase si comprende come; uscendo dalla porta della propria volontà e dal letto dei propri
gusti, l'anima appena fuori, troverà la Sapienza divina, cioè il Figlio di Dio, suo Sposo.
Perciò ella dice:
in cerca del mio amore,
andrò per questi monti e queste rive.

4. Per
monti, che sono alti, l'anima intende le virtù; per la loro altezza e per la difficoltà e il
travaglio che si incontra nel salire ad esse. Afferma che per mezzo di esse si eserciterà nella vita
contemplativa.
Per rive, che sono basse, intende le mortificazioni le penitenze e le altre pratiche spirituali mediante
le quali, eserciterà la vita attiva insieme con quella contemplativa, di cui si è parlato, poiché per
trovare certamente Dio e acquistare le virtù, sono necessarie l'una e l'altra.
È quindi come se dicesse: andrò in cerca del mio Amato, praticando le alte virtù e umiliandomi
nelle mortificazioni e negli esercizi umili. Dice questo perché la via per cui si cerca Dio consiste
nell'operare il bene in Lui e nel mortificare il male in sé, nel modo che l'anima spiega nel versi
seguenti:
non coglierò mai fiore.

5. Poiché
per cercare Dio si richiede un cuore nudo, forte e libero da tutti i mali e i beni che
puramente non sono Dio, l'anima in questo verso e nei seguenti dice quanta libertà e quanta forza le
siano necessarie per cercarlo.
Nel presente afferma che non coglierà i fiori incontrati sul suo cammino, per i quali intende tutti i
gusti, i contenti e i piaceri che le si possono offrire in questa vita e che le possono impedire il
cammino qualora essa li voglia cogliere e accettare.
Questi sono di tre specie: temporali, sensuali e spirituali. Poiché sia gli uni che gli altri, se vi si
trattiene o vi si ferma, occupano il cuore e sono all'anima di impedimento per la nudità di spirito
quale si richiede per seguire la via diretta del Cristo, per andare dietro a Lui ella non coglierà
nessuno dei fiori suddetti. E così è come se dicesse: non riporrò il mio cuore nelle ricchezze e nei
beni che offre il mondo, né accetterò i piaceri della carne, né mi fermerò nei gusti e nelle
consolazioni dello spirito per non trattenermi dal cercare il mio Amore per i monti delle virtù e per
le rive dei travagli.
Dice questo per seguire un consiglio dato da David
a coloro i quali vanno per questo cammino: Divitiae si afflluant, nolite cor apponere (Sal. 61, II),
cioè se le ricchezze sovrabbondano non vogliate attaccarvi il cuore, parole da applicarsi sia ai gusti
sensibili come agli altri beni temporali e alle consolazioni dello Spirito.
Perciò c'è da notare che non solo i beni temporali e i piaceri materiali impediscono e contrastano il
cammino verso Dio ma anche le consolazioni e i piaceri spirituali, se posseduti o cercati con spirito
di proprietà, impediscono il cammino della croce di Cristo Sposo. Per tale ragione chi vuole
progredire non deve andare a cogliere questi fiori; ma non solo ciò, deve anche avere animo e forza
per dire:
non temerò le fiere,
supererò i forti e le frontiere.

6. In
questi versi l'anima enumera i tre suoi nemici, mondo demonio e carne, i quali le fanno
guerra e cercano di renderle difficile il cammino. Per fiere intende il mondo, per forti il demonio,
per frontiere la carne.

7. Chiama
fiere il mondo, poiché all'anima che incomincia ad incamminarsi verso Dio, pare che il
mondo le si presenti all'immaginazione sotto l'aspetto di alcune fiere, che la minacciano e la
spaventano.
Ciò accade principalmente in tre maniere: la prima le suggerisce che le verrà a mancare il favore del
mondo, che perderà gli amici, la stima, il merito e perfino il patrimonio. La seconda fiera, che non è
meno terribile della prima, le mette in risalto la difficoltà di rassegnarsi a non avere più gioie e
consolazioni del mondo e a restare priva di tutti i suoi piaceri. La terza fiera, ancora peggiore, le fa
notare che le male lingue si leveranno contro di lei, la prenderanno in giro e la disprezzeranno.
Tali cose sogliono essere messe dinanzi agli occhi di alcune anime in modo tale da rendere loro
difficilissima non solo la perseveranza contro queste fiere, ma anche la possibilità di intraprendere il
cammino.

8. Ad
alcune anime generose sogliono opporsi fiere più interiori e più spirituali che sono difficoltà,
tentazioni, turbamenti e travagli di ogni specie attraverso cui è necessario che passino, i quali Dio
invia a coloro che vuole elevare ad alta perfezione provandole e raffinandole come l'oro nel fuoco,
secondo quanto afferma David: Molte sono le tribolazioni dei giusti, ma da tutte quelle li libererà il
Signore (Sal. 33, 20).
Ma l'anima innamorata, che stima il suo Amato più di ogni altra cosa, confidando nell'amore e
nell'aiuto di Lui, non ha paura di promettere:
non temerò le fiere,
supererò i forti e le frontiere.

9. Dà
il nome di forti ai demoni, che è il secondo nemico, poiché essi con grande forza procurano
di contrastare il passo su questo cammino, perché le loro tentazioni ed astuzie sono più forti e dure a
vincersi e più difficili ad intendersi di quelle del mondo e della carne ed anche perché si rafforzano
con l'aiuto degli altri due nemici, mondo e carne, per lottare aspramente contro l'anima.
Pertanto David parlandone li dice forti: Fortes quaesierunt animam meam (Sal. 53, 5), cioè: I forti
desiderarono l'anima mia. Della quale forza anche il profeta Giobbe dice che non vi è potere sulla
terra da paragonarsi a quello del demonio, il quale fu creato in modo tale da non avere paura di
nessuno (41, 24), cioè nessun potere umano può reggere in confronto con quello di lui. Perciò solo il
potere divino riesce a superarlo e solo la luce divina può capire le sue astuzie.
Per questo l'anima che deve vincerne la forza, non lo potrà fare senza ricorrere alla preghiera, come
del resto non potrà intenderne gli inganni senza umiltà e mortificazione. S. Paolo avvisa i fedeli con
le parole seguenti:
Induite vos armaturam Dei, ut possitis stare adversus insidias diaboli, quoniam non est nobis
colluctatio adversus carnem et sanguinem (Ef. 6, 1112),
vale a dire: Rivestitevi della armatura di
Dio per poter resistere contro le astuzie del nemico poiché questa lotta non è come quella contro la
carne e il sangue, intendendo per sangue il mondo e per armi di Dio l'orazione e la croce di Cristo,
in cui si trova l'umiltà e la mortificazione di cui è stato parlato.

10. Inoltre
l'anima afferma che oltrepasserà le frontiere per le quali, come è stato detto, intende le
ribellioni e le ripugnanze naturali della carne contro lo spirito, poiché, secondo quanto dice S.
Paolo: Caro enim concupiscit adversus spiritum (Gal. 5, 17). La carne appetisce le cose contrarie
allo spirito e si mette come sulle frontiere opponendosi al cammino spirituale. L'anima deve
attraversare queste frontiere superando le difficoltà e atterrando con forza e decisione di spirito tutti
gli appetiti sensitivi e tutte le affezioni naturali poiché, finché non li avrà cacciati, lo spirito ne
rimarrà talmente impedito da non poter passare a vera vita e a diletto spirituale. S. Paolo ci fa
intendere bene la cosa quando dice: Si spiritu facta carnis mortificaveritis, vivetis (Rom. 8, 13). Se
mortificherete le inclinazioni e gli appetiti carnali per mezzo dello spirito, vivrete.

Questo dunque è il metodo che l'anima, come dice in questa strofa, usa per andare in cerca
dell'Amato, metodo che, in poche parole, consiste nell'avere costanza risoluta di non piegarsi a
cogliere i fiori, coraggio di non temere le fiere, forza di oltrepassare i forti e le frontiere
preoccupandosi solo di camminare per i monti e le rive delle virtù nella maniera già detta.>>  

AMDG et BVM

Nessun commento:

Posta un commento