lunedì 25 agosto 2014

La bambina meravigliosa di cui noi incominciamo a raccontare la storia nacque il 5 gennaio 1846, ad Ibillin, piccolo villaggio situato ad una ventina di chilometri a nord-ovest di Nazareth.

Beata Maria di Gesù Crocifisso (Maria Baouardy)
26 agosto 

CRONOLOGIA
Beata Maria di Gesù Crocifisso (Maria Baouardy, 1846-1878)
1846 5 gennaio. Nascita ad Ibillin, nell'alta Galilea. 15 gennaio. Battesimo e Cresima.
1849 Rimane orfana di entrambi i genitori.
1854 Si trasferisce ad Alessandria d'Egitto con lo zio paterno. Confessione e Prima Comunione.
1959 Rifiuta decisamente convenienti nozze.
È colpita gravemente al collo da un turco, perché si professa cattolica.
1859-62 Peripezie varie: a servizio presso diverse famiglie ad Alessandria, a Gerusalemme, a Beirut.
1863 A Marsiglia come serva presso la famiglia Nadjar.
1865 Entra fra le Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione, a Marsiglia.
1867 giugno. Entra nel carmelo di Pau (diocesi di Bayonne).
27 luglio. Vestizione come corista, ma poi come conversa.
1868 24 maggio. Episodio della trasverberazione del cuore.
26 luglio - 4 settembre. Possessione diabolica.
5-8 settembre. Presenza di uno «Spirito celeste».
1870 21 agosto. Partenza per l'India.
Fine novembre. Arrivo a Mangalore (nel Malabar).
1871 giugno. Possessione diabolica.
21 novembre. Professione religiosa (la prima di una carmelitana in India!).
1872 3 agosto. Violazione (materiale) della clausura.
settembre. Rinviata a Pau.
1875 20 agosto. Partenza per la Palestina.
24 settembre. In clausura provvisoria a Betlemme.
1876 24 marzo. Posa della prima pietra del nuovo carmelo di Betlemme. Matrimonio spirituale.
21 novembre. Inaugurazione del nuovo carmelo sulla collina di David.
1878 aprile. Viaggio a Emmaus, monte Carmelo, Ibillin, Nazareth, Tabor, Betlemme.
21 agosto. Caduta nell'orto del monastero di Betlemme, con frattura del braccio e successiva, inarrestabile, cancrena.
26 agosto. Muore all'alba. Estrazione del cuore. 27 agosto. Sepoltura.
novembre. Trasporto del cuore a Pau. 1983 19 luglio. Esumazione.
13 novembre. Beatificazione.




Un giorno nella casa del Signore
vale più che mille altrove

CAPITOLO I
Nascita e primi anni di suor Maria di Gesù Crocifisso (1846-1858)


       La bambina meravigliosa di cui noi incominciamo a raccontare la storia nacque il 5 gennaio 1846, ad Ibillin, piccolo villaggio situato ad una ventina di chilometri a nord-ovest di Nazareth. La sua famiglia, originaria di Damasco e del monte Liba­no, professava un attaccamento inviolabile alla fede cattolica. Molte volte i genito­ri di questa bambina furono spogliati dei loro beni da parte dei persecutori della lo­ro religione, gettati in prigione ed esiliati. E Dio li provava ancora ma per un altro verso. 

Giorgio Baouardy e Maria Chahyn (sono i nomi di questi due giusti) aveva­no visto morire in tenera età dodici figli, frutto del loro santo matrimonio, e il loro cuore per dodici volte era stato spezzato. 

Durante uno dei loro esili ad Ibillin, la ma­dre ebbe l'ispirazione di chiedere a Dio una figlia, e suo marito, approvando questo pensiero, disse: Andiamo a piedi a Betlemme, per sollecitare questa grazia alla san­tissima Vergine; promettiamole, se ci esaudirà, che la chiameremo Maria e che of­friremo a Dio una quantità di cera uguale al peso che avrà all'età di tre anni. 
I due sposi intrapresero insieme questo pellegrinaggio, arrivarono a Betlemme e scesero nella grotta per pregare. La santa Vergine udì la loro supplica e diede loro una figlia, la quale fu battezzata nella chiesa di Ibillin, secondo il rito greco-cattolico. Rice­vette il nome di Maria. Questa bambina, ottenuta grazie all'intercessione della Ma­dre di Dio, la vedremo, chiamata da Gesù, venire a Betlemme per morirvi in qua­lità di figlia di santa Teresa. 
Alcuni anni dopo la sua nascita, Dio accordava ancora ai suoi genitori la grazia di un figlio che fu chiamato Paolo.

La piccola Maria non aveva compiuto tre anni, che già il Signore la colmava di grazie singolari. Tutta presa dal pensiero di Dio, la si vedeva allontanarsi dalle di­strazioni delle creature e cercare la solitudine; sospirava come un'anima presa dal­la nostalgia del Cielo. Il Signore non tardò a sottomettere questa bambina così pic­cola a prove molto dolorose delle quali non perse mai il ricordo. Suo padre cadde gravemente ammalato. Per ricompensarlo, Dio volle chiamare a sé questo fedele servitore che chiese e ricevette con la più viva fede gli ultimi sacramenti. Piena­mente rassegnato alla volontà divina, consacrò a Gesù la propria vita, quella della sua donna e dei suoi due figli. Quando comprese che l'ultimo momento era prossi­mo, chiamò Maria, la prese per il braccio, e, morente girò il suo sguardo verso un'immagine di san Giuseppe dicendo: Grande Santo, eccoti la mia bambina, la santa Vergine è sua Madre, degnati di vegliare su di lei anche tu; sii suo Padre. «Queste parole, ci raccontava con gli occhi pieni di lacrime Maria, divenuta reli­giosa, le sento ancora, e sebbene fossi molto giovane, si sono impresse nel mio cuo­re». Dopo averle pronunciate, il padre spirò: era un sabato, giorno consacrato alla santa Vergine. La sua sposa non sopravvisse a lungo a questa perdita dolorosa: morì anche lei, un sabato. Maria poteva dire oramai con il Salmista: «Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha preso sotto la sua protezione». Uno zio paterno l'accolse a casa sua, ad Ibillin e suo fratello fu affidato ad una zia materna la quale abitava nei pressi di quello stesso villaggio.

In questa nuova famiglia, dove non le mancava niente, Maria soffriva tuttavia di sapersi orfana e invidiava la sorte dei suoi cugini che potevano, in tutta verità, chia­mare i loro genitori con i dolci nomi di papà e mamma. Per consolarla, le si ricor­dava frequentemente che la santa Vergine era la madre per eccellenza degli orfani. Così, la pregava sovente, dicendole con incantevole semplicità che ella era due vol­te sua Madre, poiché non ne aveva più una in terra. Ogni sabato, dall'età di cinque anni digiunava in suo onore non prendendo alcun nutrimento fino al pasto della se­ra; e ancora rifiutava tutti i piatti raffinati che le venivano presentati, dicendo che le facevano male (male all'anima, pensava), e i suoi parenti non la forzavano, perché la credevano malata.

La Madre di Dio provò con un prodigio quanto apprezzasse quest'atto di morti­ficazione. Maria amava deporre davanti alla Sua immagine i fiori più belli e più profumati; aveva cura di rinnovarli spesso, in modo che fossero sempre freschi. Un giorno, si accorse che quei fiori avevano messo radici, che erano persino cresciuti e che espandevano un profumo molto soave. Presa dalla gioia e dalla riconoscenza, non immaginando per niente che il prodigio era dovuto alla sua mortificazione e al­la sua innocenza, corse verso suo zio per dirglielo. Profondamente commosso da questo segno di predilezione della Vergine per sua nipote, questi si premurò di riu­nire le persone della sua casa, e anche alcuni vicini: tutti insieme, con una candela in mano, ringraziarono Gesù e la sua divina Madre. Il parroco della parrocchia era stato convocato prima di tutti. Temendo che il demone della vanità venisse ad im­possessarsi dell'anima della piccola Maria, quest'uomo di Dio le rivolse rimprove­ri severissimi dichiarandole che solo i suoi peccati avevano potuto far accadere un avvenimento così singolare. Si vide subito quest'angelo, più notevole per la sua umiltà che per la sua innocenza, cadere in ginocchio incrociando le mani e chiede­re perdono, con la grande ammirazione di tutti i presenti.

Le creature, che sono spesso per tanti altri un diaframma, che nasconde loro Dio, quando non divengono una pietra d'inciampo, non erano, per Maria, che un chiaro specchio che le mostrava il suo Creatore, e una scala i cui gradini la avvici­navano al Cielo. Si sarebbe detto che non fosse stata toccata dal peccato originale.

Essendosi accorta, nel suo amore per la pulizia, che degli uccelli, che le erano stati regalati per distrarla, non si lavavano mai, volle render loro questo servizio.
Essi morirono tutti. Desolata, andò a seppellirli in fondo al giardino. Mentre stava facendo questo lavoro, sentì una voce dirle: È così che tutto passa! se vuoi darmi il tuo cuore, io vi resterò sempre. Queste parole si impressero nella sua anima e fu­rono in seguito quelle che amava ripetere di più.

Non ci si stupisce se da quel giorno Maria non provò che disgusto per tutte le vanità del mondo. Occuparsi della sua toeletta per lei era come un supplizio. Dice­va fra sé con tristezza, considerando i suoi ricchi vestiti: «Perché coprire così un corpo che deve diventare il cibo dei vermi?» Il pensiero della morte non la lascia­va mai. Il suo gioco preferito consisteva nello scavare con le mani una fossa, dove poi si stendeva, col rischio di sporcare il suo vestito bianco, ciò che le attirava i rim­proveri della sua governante negra.
Il desiderio di sofferenza si svegliò in lei all'età di sei anni. Nuova Teresa, avreb­be voluto morire martire per andare più presto in Cielo. Obbligata più tardi, per ob­bedienza, a dire tutto quello che la riguardasse, confessava ingenuamente che ave­va pensato di gettarsi dalla finestra, allo scopo di arrivare più velocemente nell'eternità: «Non sapevo, aggiunse, che il buon Dio lo proibisce».

Aveva creduto di comprendere che Nostro Signore esaudisce, la notte di Natale, tutto ciò che gli si chiede. Pertanto, in quella notte si nascose nel giardino, chie­dendo incessantemente molte grazie: in special modo quella di morire per la fede.

Una virtù così rara doveva necessariamente distinguerla dai bambini della sua età, come l'episodio seguente sembra provare. Un eremita, sconosciuto e che non si rivide mai dopo, aveva ricevuto ospitalità presso la sua famiglia. Prima che par­tisse, gli furono presentati i bambini perché li benedicesse; alla vista della piccola Maria fu colto da una emozione indefinibile, le prese le mani, le strinse fra le sue, e dopo un momento di silenzio, disse a suo zio: Vi scongiuro, prendetevi una cura tutta particolare di questa bambina, e senza altre spiegazioni, uscì.

Dio stesso mostrava con prodigi quanto quella creatura fosse gradita al suo cuo­re. Rimasta, un giorno, sola nella sua camera, dove la cameriera negra le aveva ap­pena servito un piatto di crema, Maria, come al solito, mentre consumava il suo pa­sto aveva il pensiero rivolto a Dio. Diceva tra se e se piangendo: «Ah! se fossi morta come i miei piccoli fratelli, sarei in Cielo, invece andrò forse all'inferno». Mentre era immersa in questi pensieri, un enorme serpente, attirato dall'odore del latte, salì sul tavolo: «Ero molto piccola, raccontava, ma nello stesso tempo così assorta nel­le mie riflessioni, che non provai il minimo spavento. Considerando quella bestia una creatura del buon Dio, presi la sua testa con le mani e l'affondai nel mio piat­to di crema senza che la bestia mi facesse alcun male». La vista del serpente fece emettere un grido di spavento alla cameriera, ritornata nel frattempo. Tutti accor­sero, mentre il serpente fuggì. Solo la bambina, tranquilla, non poté spiegarsi lo sgomento dei suoi. Dio permise così che il serpente, simbolo della nostra rovina, diventasse innocuo davanti alla sua innocenza.

Un altro fatto ci proverà come il Signore, grazie a questa bambina, salvò la vita a tutta la sua famiglia. Lasciamo che parli lei stessa. «Durante il sonno, raccontava, mi sembrò di vedere entrare in casa di mio zio un uomo che gli aveva venduto un pesce; mi fu detto che quel pesce era avvelenato e che tutti quelli che ne aves­sero mangiato, sarebbero morti avvelenati. Immaginate il mio stupore, quando, 1' indomani mattina, scorgo quello stesso uomo che portava un pesce assolutamen­te somigliante a quello del sogno. Raccontai tutto a mio zio, che non tenne alcun conto di questa fantasia di bambina, e comprò il pesce dando ordine di prepararlo. Raddoppiai le suppliche, chiedendo con le lacrime agli occhi di essere la prima ad assaggiarlo e sperando così di salvare i miei parenti. Mio zio finì per cedere. Fece esaminare il pesce con cura, e ne fu chiaramente constatato l'avvelenamento. In fondo al mio cuore, benedico Dio per avere rivelato ad un piccolo nulla come me, il modo di preservare la mia famiglia da morte sicura».

Maria aveva otto anni. Da più di un anno, si confessava tutte le settimane ma la sua felicità non era completa: Desiderava l'Eucarestia e non cessava di attendere l'ora benedetta in cui avrebbe ricevuto il suo Gesù. Provando una santa invidia per le anime che andavano a ricevere il buon Dio, le seguiva con gli occhi e con il cuo­re e diceva con tristezza: «Quando ti incontrerò, o mio Gesù? Quando potrò intro­durti nel mio cuore? Ah! non ho che otto anni e non ci si comunica per la prima volta che a dodici anni. Quattro anni di attesa! sono troppi! Affretta, affretta que­st'ora, Gesù! Scendi presto nella mia anima».

Ogni sabato, dopo la confessione, domandava al sacerdote la grazia della co­munione, e ogni volta questi le rispondeva invariabilmente: Lo permetto, mia pic­cola bambina, ma un po' più tardi. Questa risposta non la soddisfaceva molto, ma le lasciava una speranza. Egli ha detto che sarà un po' più tardi, si ripeteva, forse sarà sabato prossimo. Durante una settimana in cui aveva più speranza di essere esaudita, si preparò a questo grande atto con doppio fervore. Separata il più possi­bile dai suoi cugini, si dedicò alla preghiera e al digiuno; tutta la notte del venerdì la consacrò all'orazione. Meglio vestita del solito, si recò in chiesa, l'indomani mattina, per confessarsi; come sempre, rifece la sua richiesta per la comunione, mentre il cuore le batteva molto forte, il sacerdote le disse: Lo permetto e dimen­ticò di aggiungere: ma un po' più tardi. Venuto il momento dalla gioia corse alla sa­cra Mensa, e, senza essere vista dalla sua domestica negra, prostrata, ricevette il suo Gesù sotto forma di un bambino. Solo gli angeli potrebbero spiegarci il primo ab­braccio del Salvatore e di quest'anima. Maria era molto felice, ma occorreva che quella felicità potesse continuare. Il sabato seguente, domandò al suo confessore di potersi ancora comunicare. Il sacerdote, stupito, le disse in tono severo: L'hai già fatto? «Sì, Padre mio», rispose la candida bambina. E chi te lo ha permesso? «Lo ha fatto lei stesso, Padre mio, sabato scorso. Le ho chiesto questa grazia, co­me al solito, e lei mi ha risposto: Lo permetto, mia bambina, senza aggiungere co­me le altre volte: Ma un po' più tardi. Io, dunque, ho creduto che me lo permettes­se. Per favore, Padre mio, ora che ho ricevuto e gustato Gesù, non me ne privi più, mi lasci comunicare». Commosso da un simile linguaggio da parte di una bambina così favorita da Dio, il sacerdote le concesse la comunione ogni sabato, raccomandandole tuttavia di non rivelarlo a nessuno, neanche ai suoi parenti, che avrebbero potuto scandalizzarsi. Lei custodi fedelmente il suo segreto. Quando il tempo ordi­nario della prima comunione arrivò, Maria si lasciò festeggiare come gli altri bam­bini della sua età.

Suo zio, a quell'epoca, stava per stabilirsi definitivamente ad Alessandria con tutta la sua famiglia.

http://www.preghiereagesuemaria.it/santiebeati/il%20piccolo%20nulla.htm

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