mercoledì 21 febbraio 2018

Predicò con tanto fervore, che tutti gli uomini e le donne di quel castello per devozione gli vollero andare dietro e abbandonare il castello


Capitolo 9 
SAN FRANCESCO 
AL CONCILIO LATERANENSE IV 

Sorella Chiara e le Povere Dame di San Damiano erano la seconda famiglia fondata da Francesco d’Assisi nel 1211/12. 
San Francesco, tuttavia, è anche il fondatore di una terza famiglia, quella dei Fratres et Sorores de Poenitentia, l’Ordine dei Fratelli e Sorelle della Penitenza, noto più tardi con il nome Terz’Ordine Francescano e nei nostri giorno come Ordine Francescano Secolare. 

Ma, se nel caso del Primo e del Secondo Ordine abbiamo delle notizie abbastanza sicure circa la fondazione da parte di Francesco, non è così chiaro il discorso per il Terz’Ordine. L’Ordine della Penitenza era un fenomeno abbastanza diffuso nel medioevo, e accoglieva diverse persone con diversi tipi di vita e impegno penitenziale cristiano. Ci sono delle allusioni nelle Fonti che Francesco ha raccolto intorno a se un gruppo di penitenti, forse già nel 1211, ma i racconti sono molto tardivi. Riportiamo il più noto, quello dei Fioretti, che ambienta la cosiddetta “fondazione” del Terz’Ordine Francescano nei pressi di Bagnara e di Cannara, una località tra Assisi e Montefalco, che i Fioretti chiamano Savurniano: 

Giunsero a uno castello che si chiamava Savurniano. E santo Francesco si puose a predicare, e comandò prima alle rondini che tenessino silenzio infino a tanto ch’egli avesse predicato. E le rondini l’ubbidirono. Ed ivi predicò con tanto fervore, che tutti gli uomini e le donne di quel castello per devozione gli vollero andare dietro e abbandonare il castello; ma santo Francesco non lasciò, dicendo loro: “Non abbiate fretta e non vi partite, ed io ordinerò quello che voi dobbiate fare per salute delle anime vostre”. E allora pensò di fare il terzo Ordine per universale salute di tutti. E così lasciandoli molto consolati e bene disposti a penitenza, si partì quindi e venne tra Cannara e Bevagna (Fioretti XVI). 

Francesco sembra che, in questo periodo dopo la sistemazione delle Povere Dame nel monastero di San Damiano, abbia rivolto di nuovo l’attenzione all’Ordine dei frati, che aumentava di giorno in giorno. Durante il 1212 probabilmente si recò di nuovo a Roma. Non abbiamo notizie chiare riguardo a questa visita, se non che, a Roma, Francesco incontrò un personaggio che doveva giocare un ruolo importante nella sua vita, e particolarmente nell’ora della morte. Questa persona si chiamava Donna Giacoma o Jacopa dei Sette Soli (o meglio, Sette Sogli, dal nome latino Iacopa Septem Soliis). Era una nobbildonna romana, della famiglia dei Normanni, sposa del patrizio romano Graziano Anicio Frangipani, conte di Marino e proprietario del Septizonium. Da lui ebbe due figli: Giovanni e Graziano (Giacomo?). Era già vedova nel 1217, ma non si hanno notizie precise della sua nascita, né della sua morte. Nella Legenda Maior, S. Bonaventura dice come Francesco conobbe questa donna, che doveva assisterlo prima di morire: 

Durante il suo soggiorno a Roma, il Santo aveva tenuto con sé un agnellino, mosso dalla sua devozione a Cristo, amatissimo agnello. Nel partire, lo affidò a una nobile matrona, madonna Jacopa dei Sette Soli, perché lo custodisse in casa sua. E l’agnello, quasi ammaestrato dal Santo nelle cose dello spirito, non si staccava mai dalla compagnia della signora, quando andava in chiesa, quando vi restava o ne ritornava. Al mattino, se la signora tardava ad alzarsi, l’agnello saltava su e la colpiva con i suoi cornetti, la svegliava con i suoi belati, esortandola con gesti e cenni ad affrettarsi alla 58 chiesa. Per questo la signora teneva con ammirazione e amore quell’agnello, discepolo di Francesco e ormai diventato maestro di devozione (LM VIII,7)

L’anno 1213 è segnato da due avvenimenti importanti nella vita di Francesco. Il primo, successo l’8 maggio 1213, doveva segnare l’inizio di un soggiorno annuale nella solitudine della contemplazione, una tradizione conclusa nel soggiorno del settembre 1224. Ci riferiamo al soggiorno di Francesco sul Monte della Verna. La notizia circa la donazione di questo monte a Francesco e ai suoi frati ci viene dal racconto dei Fioretti nelle Considerazioni della Sacre Stimmate. L’8 maggio 1213 c’era una festa dell’investitura di un nuovo cavaliere nel castello di San Leo in Montefeltro. 

Santo Francesco ... ispirato da Dio si mosse dalla valle di Spoleto per andare in Romagna con frate Leone suo compagno; e andando passò ai piedi del castello di Montefeltro, nel quale castello si faceva allora un grande convito e corteo per la cavalleria nuova d’uno di quei conti di Montefeltro. E udendo santo Francesco questa solennità che si faceva, e che ivi erano radunati molti gentiluomini di diversi paesi, disse a frate Leone: “Andiamo quassù a questa festa, però, che con l’aiuto di Dio noi faremo alcun frutto spirituale”. 

Tra gli altri gentiluomini che vi erano venuti di quella contrada a quel corteo, vi era uno grande e anche ricco gentiluomo di Toscana, e aveva nome messere Orlando da Chiusi di Casentino, il quale per le meravigliose cose ch’egli aveva udito della santità e dei miracoli di santo Francesco, sì gli portava grande devozione e aveva grandissima voglia di vederlo e di udirlo predicare. 

Giunge santo Francesco a questo castello ed entra e va in sulla piazza, dove era radunata tutta la moltitudine di questi gentili uomini, e in fervore di spirito montò in su uno muricciuolo e cominciò a predicare proponendo per tema della sua predica questa parola in volgare: Tanto è quel bene ch’io aspetto, che ogni pena m’è diletto ... Tra i quali il detto messere Orlando, toccato nel cuore da Dio per la meravigliosa predicazione di santo Francesco, si pose in cuore d’ordinare e ragionare con lui, dopo la predica, dei fatti dell’anima sua. 

Onde, compiuta la predica, egli trasse santo Francesco da parte e gli disse: “O padre, io vorrei ordinare teco della salute dell’anima mia” ... In fine disse questo messere Orlando a santo Francesco: “Io ho in Toscana uno monte divotissimo il quale si chiama il monte della Verna, lo quale è molto solitario e selvatico ed è troppo bene atto a chi volesse fare penitenza, in luogo rimosso dalla gente, o a chi desidera vita solitaria. S’egli ti piacesse, volentieri lo ti donerei a te e ai tuoi compagni per salute dell’anima mia”. 

Udendo santo Francesco così liberale profferta di quella cosa che egli desiderava molto, ne ebbe grandissima allegrezza, e laudando e ringraziando in prima Iddio e poi il predetto messer Orlando, sì gli disse così: “Messere, quando voi sarete tornato a casa vostra, io sì manderò a voi dei miei compagni e voi sì mostrerete loro quel monte” ... E detto questo, santo Francesco si parte: e compiuto che egli ebbe il suo viaggio, si ritornò a Santa Maria degli Angeli; e messere Orlando similmente, compiuta ch’egli ebbe la solennità di quello corteo, sì ritornò al suo castello che si chiamava Chiusi, il quale era presso alla Verna a un miglio (Fioretti, I Considerazione sulle Stimmate). 

I ruderi del castello del Conte Orlando a Chiusi della Verna si trovano ancora, con la cappella medievale di San Michele Arcangelo, ai piedi della sacra montagna delle stimmate. Il Conte rimase un grande benefattore di Francesco e dei suoi frati, costruì per 59 loro la cappellina di Santa Maria degli Angeli sul Monte della Verna, dove volle essere sepolto e dove i suoi resti riposano fino ad oggi. Il secondo avvenimento che avvenne verso il 1213 si ricollega al desiderio di Francesco di subire il martirio per convertire i Saraceni. Abbiamo visto che il primo tentativo finì in un fallimento. 

Il secondo tentativo, che raccontiamo qui, pure non approdò. Questa volta Francesco voleva andare ad occidente, e precisamente nel Marocco, dal Sultano Emir-el-Mumenin (cioè, capo dei credenti), conosciuto in occidente come “Miramolino”. Il nome proprio del Sultano era Mohamed-ben-Nasser, che era stato vinto nella battaglia di Las Navas in Spagna nel 1212 e respinto in Africa. Tommaso da Celano ci da il racconto, con una importante nota autobiografica alla fine. 

Dopo poco tempo intraprese un viaggio missionario verso il Marocco, per annunciare al Miramolino e ai suoi correligionari la Buona Novella. Era talmente vivo il suo desiderio apotolico, che gli capitava a volte di lasciare indietro il compagno di viaggio affrettandosi nell’ebbrezza dello spirito ad eseguire il suo proposito. Ma il buon Dio, che si compiacque per sua sola benignità di ricordarsi di me e di innumerevoli altri, fece andare le cose diversamente resistendogli in faccia. Infatti, Francesco, giunto in Spagna, fu colpito da malattia e costretto a interrompere il viaggio. 

Ritornato a Santa Maria della Porziuncola, non molto tempo dopo gli si presentarono alcuni uomini letterati e alcuni nobili, ben felici di unirsi a lui. Da uomo nobile d’animo e prudente, egli li accolse con onore e dignità, dando paternamente a ciascuno ciò che doveva (1C 56). 

Il viaggio verso il Marocco accadde in una data imprecisata tra il 1213-1214. In Spagna Francesco si ammalò e dovette tornare in Italia. Al ritorno troviamo questo gruppo di uomini letterati e nobili che chiedono di entrare nell’Ordine. Molti hanno visto in questo gruppo la presenza del primo e più noto biografo di Francesco, fra Tommaso da Celano che, come si legge nel racconto, vede il ritorno del santo dalla Spagna come un atto di misericordia di Dio verso di lui. Tommaso da Celano dovette essere un personaggio importante, anche se non era del tutto vicino a Francesco fisicamente, perché trascorse molti anni in Germania. Dopo la morte di Francesco, e precisamente per l’occasione della canonizzazione del santo, il Papa Gregorio IX, nel 1228 lo incaricò di stendere una biografia ufficiale, che egli presentò al Papa il 25 febbraio 1229. È la Vita Sancti Francisci di Tommaso da Celano, conosciuta come Vita prima, perché lo stesso Tommaso ne compose altre, come il Memoriale in desiderio animae, o Vita secunda (1246-1247) e il Tractatus de miraculis, o Trattato dei miracoli (1252-1253). Morì nella città di Tagliacozzo, in Abbruzzo, e fu sepolto nella chiesa di San Francesco di Celano nel 1260. 

L’anno 1215 segna una svolta importante nella storia della Chiesa e dell’Ordine dei Frati Minori. Nell’aprile 1213 Papa Innocenzo III aveva promulgato la Bulla Vineam Domini, nella quale annunziò che avrebbe convocato un Concilio al Laterano. Questo grande Concilio, chiamato Lateranense IV, si svolse a Roma nel novembre 1215. Uno degli scopi del Concilio era quello di indire una nuova Crociata per il recupero dei Luoghi Santi, ma di questo parleremo nel capitolo che tratta della visita di Francesco in Oriente. 

Il proliferarsi di Ordini religiosi nella Chiesa era una delle preoccupazioni del Concilio Lateranense IV. Innocenzo III era stato molto indulgente verso i movimenti laicali di pentienza all’inizio del secolo XIII. Nel 1201 aveva approvato il propositum 60 degli Umiliati, nel 1208 quello dei Poveri Cattolici di Durando di Huesca, nel 1210 quello dei Poveri Lombardi di Bernardo Prim. Era il contesto in cui aveva pure approvato il propositum o forma vitae dei Frati Minori nel 1209/10. 
La Chronica XXIV Generalium Ordinis Minorum (Analecta Franciscana III,9) dice che Francesco fu presente al Concilio Lateranense IV. Le fonti del secolo 12 e dell’inizio del secolo 13 non dicono niente riguardo ad una eventuale presenza di Francesco al Concilio. 

La Chronica XXIV Generalium è datata nella seconda metà del secolo 14, ed è perciò tardiva. Quello che potrebbe interessarci di più tocca le decisioni prese dal Concilio Lateranense IV riguardo agli Ordini religiosi. Nel canone 13, il Concilio decise che nessuno avrebbe dovuto scrivere nuove Regole per i nuovi Ordini che si proliferarono nel secolo 13, ma che ogni Ordine che nasceva doveva scegliere una delle Regole antiche della Chiesa, e cioè o quella di San Basilio, o quella di Sant’Agostino, o quella di San Benedetto, o quella di San Bernardo. Che questo canone del Concilio Lateranense IV sia stato applicato rigorosamente ci è dato di saperlo dal caso di San Domenico. Mentre questo fondatore dei Frati Predicatori andò al Concilio con il vescovo Folco di Toulouse, e il suo Ordine fu approvato da Innocenzo III e poi da Onorio III nel 1216, egli dovette accettare la Regola di Sant’Agostino. Francesco fu più fortunato. Siccome Innocenzo III aveva approvato oralmente la sua forma vitae nel 1209/10, Francesco poteva appellarsi a quella approvazione quando, più tardi, presentò la sua Regula Bullata al Papa Onorio III per l’approvazione nel 1223. 

Nel contesto del Concilio Lateranense IV nasce la tradizione del primo incontro tra Francesco d’Assisi e Domenico Guzman da Caleruega, in Spagna, i due grandi fondatori degli Ordini mendicanti principali del secolo 13, uno fondatore dei Frati Minori e l’altro dei Frati Predicatori. Tuttavia, anche in questo caso, le fonti francescane non dicono niente. Invece, dalla Compilazione di Assisi, 49, sappiamo che Francesco e Domenico si sono incontrati nella casa del Cardinale Ugolino dei Conti Segni a Roma, ma probabilmente in un’altra circostanza, e cioè o tra la fine del 1217 e il 7 aprile 1218, oppure tra la fine del 1220 e i primi mesi del 1221. Solo in questi periodi, secondo i dati biografici dei tre personaggi, potevano essere simultaneamente presenti a Roma. Non è neanche sicuro quello che dicono i Fioretti, al capitolo 18, quando parlano del famoso Capitolo delle Stuoie, tenuto, secondo la tradizione, alla Porziuncola il 30 maggio 1221, nel quale pure avrebbero partecipato il Cardinale Ugolino e San Domenico. Sta di fatto, tuttavia, che qualche incontro tra Francesco e Domenico doveva esserci stato, anche perché ambedue condividevano gli stessi ideali di vita evangelica sul modello della vita di Cristo e degli apostoli. 
Quando Dante Alighieri compose i Cantici XI e XI del Paradiso nella Divina Commedia, dedicò il primo a San Francesco e il secondo a San Domenico. Dante paragona Francesco all’ardore del Serafino e Domenico alla sapienza contemplativa del Cherubino, e mette sulla bocca del santo domenicano Tommaso d’Aquino le lodi a San Francesco e sulla bocca del santo francescano Bonaventura da Bagnoregio le lodi a San Domenico. 

La riforma della Chiesa era uno dei grandi temi del Concilio Lateranense IV. Il piano di Innocenzo III era proprio quello di usufruire degli Ordini mendicanti nascenti a condurre questa riforma. Non è senza significato il fatto che, in ambedue i casi, sia di Francesco come di Domenico, i biografi dicono che Innocenzo III ha avuto il sogno della basilica del Laterano che crollava e veniva sostenuta da uno o dall’altro di questi fondatori. I Frati Predicatori si dettero alla predicazione dogmatica contro la eresia degli 61 Albigesi, e presto si insediarono nelle grandi città universitarie d’Europa. Anche i Frati Minori, pur con uno stile diverso, si dettero alla predicazione popolare, ma presto anche essi si immettevano nel discorso dello studio come preparazione per la predicazione. 

Gli scritti di San Francesco fanno vedere anche l’influsso che ha esercitato il Concilio Lateranense IV sul nuovo Ordine. Lo studio della Regola non bollata del 1221 fa vedere due fasi nello sviluppo legislativo dell’Ordine, cioè quello che precede e quello che segue al Concilio Lateranense IV. Le prescrizioni riguardo al rispetto che i frati chierici dovevano mostrare verso il sacramento dell’Eucaristia, presenti nelle Ammonizione 1, nelle Lettere ai Custodi, ai Chierici, a tutto l’Ordine, sono un risultato diretto delle decisioni del Concilio Lateranense IV. Lo stesso si deve dire riguardo alle prescrizioni sul ministero della predicazione presenti nelle Regole scritte da San Francesco. Soprattutto era frutto del Lateranense IV lo slancio missionario di Francesco di andare a convertire i Saraceni alla fede cristiana, tanto che inserisce, per la prima volta nella storia della Chiesa, un intero capitolo nella Regola non bollata, intitolato De euntibus inter saracenos et alios infideles (cap. 16: Di coloro che vanno tra i Saraceni e gli altri infedeli). 

Ormai l’Ordine si avviava ad un suo pieno sviluppo, che inizia proprio dopo il Concilio Lateranense IV. Questo sviluppo, esplicitato particolarmente nella celebrazione dei capitoli generali e nella espansione geografica dell’Ordine, sarà adesso l’oggetto della nostra riflessione. Immediatamente dopo vedremo la novità missionaria di Francesco, che va in Oriente a convertire i Saraceni e incontra il Sultano. Ma prima dobbiamo soffermarci su un capitolo importante nella vita di Francesco, anche se non ci viene riferito dalle Fonti principali a cui facciamo riferimento. Parliamo della vicenda dell’Indulgenza della Porziuncola, nel suo significato storico e spirituale nella vita diFrancesco


AMDG et DVM

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