Capitolo 9
SAN FRANCESCO
AL CONCILIO LATERANENSE IV
Sorella Chiara e le Povere Dame di San Damiano erano la seconda famiglia
fondata da Francesco d’Assisi nel 1211/12.
San Francesco, tuttavia, è anche il fondatore
di una terza famiglia, quella dei Fratres et Sorores de Poenitentia, l’Ordine dei Fratelli e
Sorelle della Penitenza, noto più tardi con il nome Terz’Ordine Francescano e nei nostri
giorno come Ordine Francescano Secolare.
Ma, se nel caso del Primo e del Secondo
Ordine abbiamo delle notizie abbastanza sicure circa la fondazione da parte di Francesco,
non è così chiaro il discorso per il Terz’Ordine. L’Ordine della Penitenza era un
fenomeno abbastanza diffuso nel medioevo, e accoglieva diverse persone con diversi tipi
di vita e impegno penitenziale cristiano. Ci sono delle allusioni nelle Fonti che
Francesco ha raccolto intorno a se un gruppo di penitenti, forse già nel 1211, ma i
racconti sono molto tardivi. Riportiamo il più noto, quello dei Fioretti, che ambienta la
cosiddetta “fondazione” del Terz’Ordine Francescano nei pressi di Bagnara e di Cannara,
una località tra Assisi e Montefalco, che i Fioretti chiamano Savurniano:
Giunsero a uno castello che si chiamava Savurniano. E santo Francesco si puose
a predicare, e comandò prima alle rondini che tenessino silenzio infino a tanto ch’egli
avesse predicato. E le rondini l’ubbidirono. Ed ivi predicò con tanto fervore, che tutti gli
uomini e le donne di quel castello per devozione gli vollero andare dietro e abbandonare
il castello; ma santo Francesco non lasciò, dicendo loro: “Non abbiate fretta e non vi
partite, ed io ordinerò quello che voi dobbiate fare per salute delle anime vostre”. E
allora pensò di fare il terzo Ordine per universale salute di tutti. E così lasciandoli
molto consolati e bene disposti a penitenza, si partì quindi e venne tra Cannara e
Bevagna (Fioretti XVI).
Francesco sembra che, in questo periodo dopo la sistemazione delle Povere Dame
nel monastero di San Damiano, abbia rivolto di nuovo l’attenzione all’Ordine dei frati,
che aumentava di giorno in giorno. Durante il 1212 probabilmente si recò di nuovo a
Roma. Non abbiamo notizie chiare riguardo a questa visita, se non che, a Roma,
Francesco incontrò un personaggio che doveva giocare un ruolo importante nella sua vita,
e particolarmente nell’ora della morte. Questa persona si chiamava Donna Giacoma o
Jacopa dei Sette Soli (o meglio, Sette Sogli, dal nome latino Iacopa Septem Soliis). Era
una nobbildonna romana, della famiglia dei Normanni, sposa del patrizio romano
Graziano Anicio Frangipani, conte di Marino e proprietario del Septizonium. Da lui ebbe
due figli: Giovanni e Graziano (Giacomo?). Era già vedova nel 1217, ma non si hanno
notizie precise della sua nascita, né della sua morte. Nella Legenda Maior, S.
Bonaventura dice come Francesco conobbe questa donna, che doveva assisterlo prima di
morire:
Durante il suo soggiorno a Roma, il Santo aveva tenuto con sé un agnellino,
mosso dalla sua devozione a Cristo, amatissimo agnello. Nel partire, lo affidò a una
nobile matrona, madonna Jacopa dei Sette Soli, perché lo custodisse in casa sua. E
l’agnello, quasi ammaestrato dal Santo nelle cose dello spirito, non si staccava mai dalla
compagnia della signora, quando andava in chiesa, quando vi restava o ne ritornava. Al
mattino, se la signora tardava ad alzarsi, l’agnello saltava su e la colpiva con i suoi
cornetti, la svegliava con i suoi belati, esortandola con gesti e cenni ad affrettarsi alla
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chiesa. Per questo la signora teneva con ammirazione e amore quell’agnello, discepolo
di Francesco e ormai diventato maestro di devozione (LM VIII,7).
L’anno 1213 è segnato da due avvenimenti importanti nella vita di Francesco. Il
primo, successo l’8 maggio 1213, doveva segnare l’inizio di un soggiorno annuale nella
solitudine della contemplazione, una tradizione conclusa nel soggiorno del settembre
1224. Ci riferiamo al soggiorno di Francesco sul Monte della Verna. La notizia circa la
donazione di questo monte a Francesco e ai suoi frati ci viene dal racconto dei Fioretti
nelle Considerazioni della Sacre Stimmate. L’8 maggio 1213 c’era una festa
dell’investitura di un nuovo cavaliere nel castello di San Leo in Montefeltro.
Santo Francesco ... ispirato da Dio si mosse dalla valle di Spoleto per andare in
Romagna con frate Leone suo compagno; e andando passò ai piedi del castello di
Montefeltro, nel quale castello si faceva allora un grande convito e corteo per la
cavalleria nuova d’uno di quei conti di Montefeltro. E udendo santo Francesco questa
solennità che si faceva, e che ivi erano radunati molti gentiluomini di diversi paesi, disse
a frate Leone: “Andiamo quassù a questa festa, però, che con l’aiuto di Dio noi faremo
alcun frutto spirituale”.
Tra gli altri gentiluomini che vi erano venuti di quella contrada a quel corteo, vi
era uno grande e anche ricco gentiluomo di Toscana, e aveva nome messere Orlando da
Chiusi di Casentino, il quale per le meravigliose cose ch’egli aveva udito della santità e
dei miracoli di santo Francesco, sì gli portava grande devozione e aveva grandissima
voglia di vederlo e di udirlo predicare.
Giunge santo Francesco a questo castello ed entra e va in sulla piazza, dove era
radunata tutta la moltitudine di questi gentili uomini, e in fervore di spirito montò in su
uno muricciuolo e cominciò a predicare proponendo per tema della sua predica questa
parola in volgare: Tanto è quel bene ch’io aspetto, che ogni pena m’è diletto ... Tra i
quali il detto messere Orlando, toccato nel cuore da Dio per la meravigliosa
predicazione di santo Francesco, si pose in cuore d’ordinare e ragionare con lui, dopo la
predica, dei fatti dell’anima sua.
Onde, compiuta la predica, egli trasse santo Francesco da parte e gli disse: “O
padre, io vorrei ordinare teco della salute dell’anima mia” ... In fine disse questo
messere Orlando a santo Francesco: “Io ho in Toscana uno monte divotissimo il quale si
chiama il monte della Verna, lo quale è molto solitario e selvatico ed è troppo bene atto a
chi volesse fare penitenza, in luogo rimosso dalla gente, o a chi desidera vita solitaria.
S’egli ti piacesse, volentieri lo ti donerei a te e ai tuoi compagni per salute dell’anima
mia”.
Udendo santo Francesco così liberale profferta di quella cosa che egli desiderava
molto, ne ebbe grandissima allegrezza, e laudando e ringraziando in prima Iddio e poi il
predetto messer Orlando, sì gli disse così: “Messere, quando voi sarete tornato a casa
vostra, io sì manderò a voi dei miei compagni e voi sì mostrerete loro quel monte” ... E
detto questo, santo Francesco si parte: e compiuto che egli ebbe il suo viaggio, si ritornò
a Santa Maria degli Angeli; e messere Orlando similmente, compiuta ch’egli ebbe la
solennità di quello corteo, sì ritornò al suo castello che si chiamava Chiusi, il quale era
presso alla Verna a un miglio (Fioretti, I Considerazione sulle Stimmate).
I ruderi del castello del Conte Orlando a Chiusi della Verna si trovano ancora, con
la cappella medievale di San Michele Arcangelo, ai piedi della sacra montagna delle
stimmate. Il Conte rimase un grande benefattore di Francesco e dei suoi frati, costruì per
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loro la cappellina di Santa Maria degli Angeli sul Monte della Verna, dove volle essere
sepolto e dove i suoi resti riposano fino ad oggi.
Il secondo avvenimento che avvenne verso il 1213 si ricollega al desiderio di
Francesco di subire il martirio per convertire i Saraceni. Abbiamo visto che il primo
tentativo finì in un fallimento.
Il secondo tentativo, che raccontiamo qui, pure non
approdò. Questa volta Francesco voleva andare ad occidente, e precisamente nel
Marocco, dal Sultano Emir-el-Mumenin (cioè, capo dei credenti), conosciuto in occidente
come “Miramolino”. Il nome proprio del Sultano era Mohamed-ben-Nasser, che era stato
vinto nella battaglia di Las Navas in Spagna nel 1212 e respinto in Africa. Tommaso da
Celano ci da il racconto, con una importante nota autobiografica alla fine.
Dopo poco tempo intraprese un viaggio missionario verso il Marocco, per
annunciare al Miramolino e ai suoi correligionari la Buona Novella. Era talmente vivo
il suo desiderio apotolico, che gli capitava a volte di lasciare indietro il compagno di
viaggio affrettandosi nell’ebbrezza dello spirito ad eseguire il suo proposito. Ma il buon
Dio, che si compiacque per sua sola benignità di ricordarsi di me e di innumerevoli altri,
fece andare le cose diversamente resistendogli in faccia. Infatti, Francesco, giunto in
Spagna, fu colpito da malattia e costretto a interrompere il viaggio.
Ritornato a Santa Maria della Porziuncola, non molto tempo dopo gli si
presentarono alcuni uomini letterati e alcuni nobili, ben felici di unirsi a lui. Da uomo
nobile d’animo e prudente, egli li accolse con onore e dignità, dando paternamente a
ciascuno ciò che doveva (1C 56).
Il viaggio verso il Marocco accadde in una data imprecisata tra il 1213-1214. In
Spagna Francesco si ammalò e dovette tornare in Italia. Al ritorno troviamo questo
gruppo di uomini letterati e nobili che chiedono di entrare nell’Ordine. Molti hanno visto
in questo gruppo la presenza del primo e più noto biografo di Francesco, fra Tommaso da
Celano che, come si legge nel racconto, vede il ritorno del santo dalla Spagna come un
atto di misericordia di Dio verso di lui. Tommaso da Celano dovette essere un
personaggio importante, anche se non era del tutto vicino a Francesco fisicamente, perché
trascorse molti anni in Germania. Dopo la morte di Francesco, e precisamente per
l’occasione della canonizzazione del santo, il Papa Gregorio IX, nel 1228 lo incaricò di
stendere una biografia ufficiale, che egli presentò al Papa il 25 febbraio 1229. È la Vita
Sancti Francisci di Tommaso da Celano, conosciuta come Vita prima, perché lo stesso
Tommaso ne compose altre, come il Memoriale in desiderio animae, o Vita secunda
(1246-1247) e il Tractatus de miraculis, o Trattato dei miracoli (1252-1253). Morì nella
città di Tagliacozzo, in Abbruzzo, e fu sepolto nella chiesa di San Francesco di Celano
nel 1260.
L’anno 1215 segna una svolta importante nella storia della Chiesa e dell’Ordine
dei Frati Minori. Nell’aprile 1213 Papa Innocenzo III aveva promulgato la Bulla Vineam
Domini, nella quale annunziò che avrebbe convocato un Concilio al Laterano. Questo
grande Concilio, chiamato Lateranense IV, si svolse a Roma nel novembre 1215. Uno
degli scopi del Concilio era quello di indire una nuova Crociata per il recupero dei
Luoghi Santi, ma di questo parleremo nel capitolo che tratta della visita di Francesco in
Oriente.
Il proliferarsi di Ordini religiosi nella Chiesa era una delle preoccupazioni del
Concilio Lateranense IV. Innocenzo III era stato molto indulgente verso i movimenti
laicali di pentienza all’inizio del secolo XIII. Nel 1201 aveva approvato il propositum
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degli Umiliati, nel 1208 quello dei Poveri Cattolici di Durando di Huesca, nel 1210
quello dei Poveri Lombardi di Bernardo Prim. Era il contesto in cui aveva pure
approvato il propositum o forma vitae dei Frati Minori nel 1209/10.
La Chronica XXIV Generalium Ordinis Minorum (Analecta Franciscana III,9)
dice che Francesco fu presente al Concilio Lateranense IV. Le fonti del secolo 12 e
dell’inizio del secolo 13 non dicono niente riguardo ad una eventuale presenza di
Francesco al Concilio.
La Chronica XXIV Generalium è datata nella seconda metà del
secolo 14, ed è perciò tardiva. Quello che potrebbe interessarci di più tocca le decisioni
prese dal Concilio Lateranense IV riguardo agli Ordini religiosi. Nel canone 13, il
Concilio decise che nessuno avrebbe dovuto scrivere nuove Regole per i nuovi Ordini
che si proliferarono nel secolo 13, ma che ogni Ordine che nasceva doveva scegliere una
delle Regole antiche della Chiesa, e cioè o quella di San Basilio, o quella di
Sant’Agostino, o quella di San Benedetto, o quella di San Bernardo. Che questo canone
del Concilio Lateranense IV sia stato applicato rigorosamente ci è dato di saperlo dal caso
di San Domenico. Mentre questo fondatore dei Frati Predicatori andò al Concilio con il
vescovo Folco di Toulouse, e il suo Ordine fu approvato da Innocenzo III e poi da Onorio
III nel 1216, egli dovette accettare la Regola di Sant’Agostino. Francesco fu più
fortunato. Siccome Innocenzo III aveva approvato oralmente la sua forma vitae nel
1209/10, Francesco poteva appellarsi a quella approvazione quando, più tardi, presentò la
sua Regula Bullata al Papa Onorio III per l’approvazione nel 1223.
Nel contesto del Concilio Lateranense IV nasce la tradizione del primo incontro
tra Francesco d’Assisi e Domenico Guzman da Caleruega, in Spagna, i due grandi
fondatori degli Ordini mendicanti principali del secolo 13, uno fondatore dei Frati Minori
e l’altro dei Frati Predicatori. Tuttavia, anche in questo caso, le fonti francescane non
dicono niente. Invece, dalla Compilazione di Assisi, 49, sappiamo che Francesco e
Domenico si sono incontrati nella casa del Cardinale Ugolino dei Conti Segni a Roma,
ma probabilmente in un’altra circostanza, e cioè o tra la fine del 1217 e il 7 aprile 1218,
oppure tra la fine del 1220 e i primi mesi del 1221. Solo in questi periodi, secondo i dati
biografici dei tre personaggi, potevano essere simultaneamente presenti a Roma. Non è
neanche sicuro quello che dicono i Fioretti, al capitolo 18, quando parlano del famoso
Capitolo delle Stuoie, tenuto, secondo la tradizione, alla Porziuncola il 30 maggio 1221,
nel quale pure avrebbero partecipato il Cardinale Ugolino e San Domenico. Sta di fatto,
tuttavia, che qualche incontro tra Francesco e Domenico doveva esserci stato, anche
perché ambedue condividevano gli stessi ideali di vita evangelica sul modello della vita
di Cristo e degli apostoli.
Quando Dante Alighieri compose i Cantici XI e XI del
Paradiso nella Divina Commedia, dedicò il primo a San Francesco e il secondo a San
Domenico. Dante paragona Francesco all’ardore del Serafino e Domenico alla sapienza
contemplativa del Cherubino, e mette sulla bocca del santo domenicano Tommaso
d’Aquino le lodi a San Francesco e sulla bocca del santo francescano Bonaventura da
Bagnoregio le lodi a San Domenico.
La riforma della Chiesa era uno dei grandi temi del Concilio Lateranense IV. Il
piano di Innocenzo III era proprio quello di usufruire degli Ordini mendicanti nascenti a
condurre questa riforma. Non è senza significato il fatto che, in ambedue i casi, sia di
Francesco come di Domenico, i biografi dicono che Innocenzo III ha avuto il sogno della
basilica del Laterano che crollava e veniva sostenuta da uno o dall’altro di questi
fondatori. I Frati Predicatori si dettero alla predicazione dogmatica contro la eresia degli
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Albigesi, e presto si insediarono nelle grandi città universitarie d’Europa. Anche i Frati
Minori, pur con uno stile diverso, si dettero alla predicazione popolare, ma presto anche
essi si immettevano nel discorso dello studio come preparazione per la predicazione.
Gli scritti di San Francesco fanno vedere anche l’influsso che ha esercitato il
Concilio Lateranense IV sul nuovo Ordine. Lo studio della Regola non bollata del 1221
fa vedere due fasi nello sviluppo legislativo dell’Ordine, cioè quello che precede e quello
che segue al Concilio Lateranense IV. Le prescrizioni riguardo al rispetto che i frati
chierici dovevano mostrare verso il sacramento dell’Eucaristia, presenti nelle
Ammonizione 1, nelle Lettere ai Custodi, ai Chierici, a tutto l’Ordine, sono un risultato
diretto delle decisioni del Concilio Lateranense IV. Lo stesso si deve dire riguardo alle
prescrizioni sul ministero della predicazione presenti nelle Regole scritte da San
Francesco. Soprattutto era frutto del Lateranense IV lo slancio missionario di Francesco
di andare a convertire i Saraceni alla fede cristiana, tanto che inserisce, per la prima volta
nella storia della Chiesa, un intero capitolo nella Regola non bollata, intitolato De
euntibus inter saracenos et alios infideles (cap. 16: Di coloro che vanno tra i Saraceni e
gli altri infedeli).
Ormai l’Ordine si avviava ad un suo pieno sviluppo, che inizia proprio dopo il
Concilio Lateranense IV. Questo sviluppo, esplicitato particolarmente nella celebrazione
dei capitoli generali e nella espansione geografica dell’Ordine, sarà adesso l’oggetto della
nostra riflessione. Immediatamente dopo vedremo la novità missionaria di Francesco,
che va in Oriente a convertire i Saraceni e incontra il Sultano. Ma prima dobbiamo
soffermarci su un capitolo importante nella vita di Francesco, anche se non ci viene
riferito dalle Fonti principali a cui facciamo riferimento. Parliamo della vicenda
dell’Indulgenza della Porziuncola, nel suo significato storico e spirituale nella vita diFrancesco.
AMDG et DVM
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