«Battezzato nel giorno
natale del martire Valente, il nuovo figlio della Chiesa Apostolica e
Romana, e fratello nostro, ha voluto assumere il nome del martire beato,
ma con quella modifica che l’umiltà attinta dal Vangelo - l’umiltà:
una delle radici della santità - gli dettava.
E non Valente, ma Valentino volle essere
detto.
Oh! ma che in vero
Valente egli è. Guardate quanto cammino ha fatto il pagano la cui
religione era il vizio e la prepotenza. Voi lo conoscete quale è ora,
nel seno della Chiesa. Qualcuno fra voi - e specie quelli che padri e
madri di vera generazione gli sono stati, per essere quelli che con la
parola e l’esempio l’hanno fatto concepire dalla Santa Madre Chiesa e
partorire da essa per l’altare e per il Cielo - sanno quello che egli era
non come cristiano Valente ma come il pagano di prima, il
cui nome egli, e noi con lui, non vogliamo neppur ricordare.
Morto è il pagano. E dall’acqua lustrale è risorto il cristiano. Ora egli è
il vostro prete. Quanto cammino! Quanto! Dalle orgie ai digiuni; dai
triclini alla chiesa; dalla durezza, dall’impurità, dall’avarizia,
all’amore, alla castità, alla generosità assoluta.
Egli era il giovane
ricco, e un giorno ha incontrato, -- portato
a lui dal cuore dei santi, che anche senza parole illustrano Cristo, perché Egli traluce dal loro animo -- ha incontrato Gesù, Signor nostro benedetto.
Gli occhi dolcissimi del Maestro si sono fissati sul volto del pagano. E
il pagano ha provato una seduzione che nessun piacere gli aveva ancor
data, una emozione nuova, dal nome sconosciuto, dalla non descrivibile
sensazione. Un che di soave come carezza di madre, di onesto come odore di
pane testé sfornato, di puro come alba di primavera, di sublime come sogno
ultraterreno.
Cadete voi larve del
mondo e dell’Olimpo pagano quando il Sole Gesù bacia un suo chiamato. Come
nebbie vi dissolvete. Come incubi demoniaci fuggite. Che resta di voi? Di
voi che sembravate tanto splendida cosa? Un mucchio lurido di
detriti inceneriti malamente e ancor fetidi di corruzione.
“Maestro buono, che devo fare per seguire Te e avere la vita eterna?”
ha chiesto. E il dolce, divino Maestro, con poche parole gli ha dato
l’insegnamento di Vita: “Osserva questi comandi”. Oh! non gli poteva dire:
“Segui la Legge!”. Il pagano non la conosceva. Gli disse allora: “Non
uccidere, non rubare, non spergiurare, non essere lussurioso, onora i
parenti e ama Dio e prossimo come te stesso”. Parole nuove! Mète mai
pensate! Orizzonti infiniti pieni di luce. Della sua luce.
Il pagano non poteva
dare la risposta del giovane ricco. Non poteva. Perché nel paganesimo sono
tutti i peccati ed egli tutti li aveva nel cuore.
Ma volle poterla
dare. E venne ad un povero vecchio, al Pontefice perseguitato, e
disse: “Dàmmi la Luce, dàmmi la Scienza, dàmmi la Vita! Un’anima dàmmi, in
questo mio corpo di bruto!”, e piangeva. E il povero vecchio, che io
sono, ha preso il Vangelo ed in esso ha trovato la Luce, la Scienza, la
Vita per il mendicante piangente. Ho trovato tutto nel Vangelo di Gesù,
nostro Signore, per lui. E gli ho potuto dare l’anima. L’anima morta evocarla
a vita, e dirgli: “Ecco l’anima tua. Custodiscila per la vita eterna”.
Allora, bianco del
bagno battesimale, egli si è dato a ricercare il Maestro buono e lo ha
trovato ancora e gli ha detto: “Ora posso dirti che faccio ciò che Tu mi
hai detto. Che altro manca per seguire Te?”. E il Maestro buono
ha risposto: “Va’, vendi quanto hai e dàllo ai poveri. Allora sarai
perfetto e potrai seguire Me”.
Oh! allora Valentino ha
superato il giovane di Palestina! Non se ne andò via, incapace di
separarsi da tutti i suoi beni. Ma questi beni mi ha portato per i poveri
di Cristo e, libero dal giogo delle ricchezze, pesante giogo che impedisce
di seguire Gesù, mi ha chiesto il giogo luminoso, alato,
paradisiaco del Sacerdozio.
Eccolo. Lo avete visto
sotto quel giogo, con le mani legate, prigioniero di Cristo, salire al suo
altare. Ora vi frangerà il Pane eterno e vi disseterà col Vino
divino.
Ma lui, come io, per
esser perfetti agli occhi del Maestro buono vogliamo ancora una cosa. Farci
noi pane e vino: immolarci, frantumarci, spremerci sino all’ultima stilla,
ridurci a farina per essere ostie. Vendere l’ultima,
l’unica ricchezza che ci resta: la vita. Io la mia cadente vita
di vecchio. Egli la fiorente vita di giovane.
Oh! non deluderci,
Pontefice eterno. Concedici il beato martirio! Col sangue vogliamo
scrivere il tuo Nome: Gesù Salvatore nostro. Un altro battesimo vogliamo,
per la nostra stola che l’imperfezione umana sempre corrompe: quello del
sangue. Per salire a Te con stole immacolate e seguirti, o Agnello di
Dio che levi i peccati del mondo, che li hai levati col tuo Sangue!
Beato martire Valente, nella cui chiesa siamo, al tuo Pontefice
Marcello e per il tuo fratello sacerdote chiedi dal Pontefice
eterno la stessa tua palma e corona.»
E non c’è altro.
(Maria Valtorta,
da I Vangeli della Fede.)
AMDG et DVM
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