"Dignare me laudare Te Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos". "Corda Iésu et Marìae Sacratìssima: Nos benedìcant et custòdiant".
giovedì 31 luglio 2014
“Maria Giglio della Trinità”: Domini Sacrarium, Nobile Triclinium et Complementum SS. Trinitatis!: "Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se ques...
“Maria Giglio della Trinità”: Domini Sacrarium, Nobile Triclinium et Complementum SS. Trinitatis!: "Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se ques...: SAN FRANCESCO CHIESE ED OTTENNE L'INDULGENZA DEL PERDONO Una notte dell'anno del Signore 1216, Francesco e...
martedì 29 luglio 2014
San Basilide, e Santa Potamiena e Santa Marcella.
Il Santo Patrono della Polizia Penitenziaria
San Basilide
Eusebio di Cesarea narra che durante la persecuzione di Settimio Severo, mentre i catechesi della scuola alessandrina si erano dispersi, Origene, allora diciassettenne, avvicinato da alcuni pagani amanti della verità, prese ad istruirli nella fede cristiana con tale dottrina e con tale ardore che, diffusasi la fama, ben presto accorsero a lui anche pagani colti e persino filosofi.
Tutti costoro, conquistati da lui alla fede di Cristo, rifulsero in quel tempo di persecuzione e molti di essi affrontarono il martirio.
Fra questi ultimi Eusebio ricorda, nell'ordine, Plutarco, Sereno, Eraclide, Erone, un altro Sereno, e, al settimo posto, Basilide, sul quale si sofferma ampiamente, intrecciandone la storia con quella della vergine Potamiena e della madre Marcella.
Secondo Eusebio, Basilide era uno dei soldati addetti a scortare i condannati al luogo del supplizio. Aveva assistito ad alcune lezioni di Origene, riportandone una profonda simpatia per il cristianesimo e per i cristiani, ma non si era ancora deciso a ricevere il battesimo.
Il giudice Aquila fece arrestare, tra i tanti, anche Potamiena, vergine cristiana, famosa per la sua bellezza non meno che per la sua virtù, la quale già aveva dovuto tanto lottare per sottrarsi alle proposte di pretendenti follemente innamorati.
Sottoposta a orribili torture, la vergine restò incrollabile nella fede e subì il suo destino. Quando il giudice minacciò di abbandonarla ai gladiatori per essere violentata, ella rispose con tanta nobiltà e fierezza da far meravigliare lo stesso giudice: fu subito condannata a morte, e l'incarico di accompagnarla al supplizio fu affidato al soldato Basilide.
Nel tragitto dal tribunale al luogo del supplizio, mentre la plebaglia cercava di oltraggiare con grossolani insulti la donna, Basilide la protesse, respingendo coraggiosamente gli scalmanati e dimostrandole compassione e simpatia. Toccata dall'insolito contegno del soldato, Potamiena gli promise che, per contraccambiarlo, avrebbe pregato per la sua salvezza quando fosse giunta al cospetto di Dio.
Sopportò poi eroicamente l'atroce martirio: venne, infatti, lentamente cosparsa di pece, infiammata su tutto il corpo, dai piedi alla testa.
A questo punto Eusebio aggiunge che insieme alla giovane Potamiena morì anche la madre Marcella. Passarono solo pochi giorni e Basilide seguì l'esempio di Potamiena: durante un processo, invitato dai suoi commilitoni a prestare giuramento, egli rifiutò dichiarandosi cristiano fra lo stupore e l'incredulità di tutti.
Poiché persisteva nelle sue affermazioni, fu condotto dinanzi al giudice. Confermati il suo rifiuto e la sua professione di fede, fu gettato in carcere. Ai cristiani che si recavano a visitarlo, Basilide svelò che Potamiena, tre giorni dopo il suo martirio, gli era apparsa di notte e gli aveva posto una corona sul capo, dicendogli che aveva implorato per lui grazia dal Signore, che la sua preghiera era stata esaudita e che fra poco sarebbe venuta a prenderlo. Fu battezzato nella stessa prigione e, il giorno successivo, decapitato.
Il Martirologio Romano ricorda da solo San Basilide il 30 giugno. Con decreto della Sacra Congregazione dei riti del 2 settembre 1948, San Basilide è stato proclamato patrono del Corpo degli Agenti di Custodia, oggi Polizia Penitenziaria.
Il 30 giugno, gli appartenenti al Corpo di Polizia penitenziaria celebrano la festa di San Basilide martire, il cui culto è unito a quello di Santa Potamiena e Santa Marcella.
Le spoglie di San Basilide sono custodite in una piccolissima cripta posta sotto l'altare della Badia di San Michele Cavana a Lesignano de' Bagni (PR). Antica abbazia che risale al secolo XII, si trova a circa 25 chilometri da Parma sulle colline a sud-est del comune e sorge sulla strada che in passato era l'unico collegamento del parmense con Aulla attraverso il valico del Cirone.
La Preghiera per diventare piccoli
La Preghiera per diventare piccoli
Estratta dal Messaggio di venerdì 2 marzo 2012, ore12:20.
"... ConfortateMi. Col tempo capirete il mistero del Mio regno celeste.
Col tempo il mistero della Mia Volontà Divina sarà rivelato.
Col tempo, attraverso la fedeltà e l’amore per Me, Mi aiuterete a unire finalmente la Mia famiglia nel Regno creato all’inizio per tutti i Miei figli.
Grazie, figlia Mia per la tua sofferenza. Grazie a voi figli Miei per aver risposto alla Mia chiamata dal cielo.
Io vi do tutta la Mia Benedizione, ma ora dovete chiederMi:
<<Padre celeste aiutami a diventare piccolo, come un bambino, ai tuoi occhi. Chiedo che le Tue grazie siano riversate su di me in modo che possa rispondere al Tuo invito per salvare tutti i Tuoi figli. Amen.>>
Il vostro amato Padre Celeste
Dio, l’Altissimo
S. AGOSTINO D’IPPONA, Commento al Salmo 33, II, 8.
S. AGOSTINO D’IPPONA, Commento al Salmo 33, II, 8.
"Entra nella tua camera, chiudi la tua porta, e prega in segreto, e il Padre tuo che vede
nel segreto, ti esaudirà (Mt 5,8) Entrando nella tua camera, entri nel tuo cuore.
Beati coloro che si allietano quando entrano nel loro cuore e non vi trovano niente di male:
allo stesso modo per cui non amano rientrare nelle loro case coloro che hanno spose
isteriche, e, per loro è una gioia uscirsene per i loro affari, ma poi viene l'ora in cui
rientreranno nella loro casa e si rattristano – rientrano infatti nelle noie, nei mormorii,
nei dispiaceri, nelle scenate, perché non è una vera casa quella nella quale non v'è
alcun accordo tra il marito e la moglie, e meglio è per lui andarsene in giro fuori –;
se dunque sono ben miseri coloro i quali, rientrando tra le loro pareti, temono di dover
subire la mala accoglienza dei familiari, quanto sono più miseri coloro che non
vogliono rientrare nella loro coscienza, per non essere travolti dalle violenze dei
peccati! Orbene, per poter liberamente rientrare nel tuo cuore, purificalo; beati infatti i
puri di cuore, perché vedranno Dio (Mt 6,6)
Spazza via dal tuo cuore i sordidi
desideri, spazza via la macchia dell'avarizia, la vergogna delle superstizioni, le
bestemmie e i cattivi pensieri; getta fuori i risentimenti, non dico che nutri verso
l'amico ma anche verso il nemico; togli via tutte queste cose, poi entra nel tuo cuore, e
là troverai la gioia. Quando ivi avrai preso ad allietarti, la stessa purezza del tuo cuore
ti riuscirà deliziosa e ti spingerà a pregare."
Una recensione di G.B. Montini, poi Paolo VI
Il San Francesco recensito da Papa Montini.
Saint François d’Assisi di Gilbert K. Chesterton, Paris, Plon, traduzione dall’inglese di Isabelle Riviére.
Chesterton è un nome che sta per divenire celebre anche fra noi: fra poco sarà uno degli scrittori che caratterizzano il gusto e il pensiero del nostro ambiente. Il suo nome è fra i più noti della recente letteratura inglese; inglese è la maniera assolutamente semplice di trattare gli argomenti che sembrerebbero capaci a (….) [è caduta una riga nell’originale. Nota del curatore] tedeschi di stancare le più consumate competenze: inglese l’umorismo che condisce d’un fine sapore dialettico e talvolta polemico la narrazione. Ma noto è soprattutto il Chesterton perché tra i convertiti al cattolicismo la sua evoluzione spirituale è singolarissima e tipica insieme; nulla di più moderno della sua educazione spirituale, agnostica e artistica, filiazione dell’epoca positivistica che aveva spinto il suo disinteresse per i problemi massimi dello spiriti fino a farne un vezzo d’aristocratica eleganza di pensiero, e che forse per questo stesso atteggiamento ricercato aveva lasciato rivedere in sé l’avidità della forma estetica dell’arte, della bellezza, e s’era rifugiata, uscendo dal tempio del vero, ai piedi dei simulacri del bello; Chesterton si dice greco ed arcadico. Ma insieme nulla di più antico, di più tradizionale del contenuto delle sue riconquiste religiose. In un libro che sarà presto dato alle stampe in lingua italiana, Orthodoxy, Chesterton narra la sua conversione, avvenuta nel 1900 circa, quando aveva venticinqu’anni: libro il cui fascino è tutto costituito da un unico motivo, umoristico ed ironico all’apparenza, apologetico e drammatico in realtà, la scoperta, cioè, dell’antica sapienza come espressione ultima dei desideri nuovi. Egli si paragona ad uno che navigando perde la bussola e crede, sbarcando, d’aver scoperto un continente nuovo e vi pianta la bandiera come terra di conquista ed esplorazione; è sbarcato là donde era partito!
"Ho cercato, come tanti piccoli ragazzi solenni, di precedere la mia epoca ma ho trovato che ero di diciannove secoli indietro … Ho cercato un’eresia di mia invenzione ed ho scoperto l’ortodossia. Ho cercato nei clubs anarchici e nei templi di Babilonia ciò che avrei potuto trovare nella parrocchia più vicina."
Con questo criterio di scoprire il nuovo nel vecchio, la fecondità perenne della vita nell’immobilità della fede, l’Autore si pone il caso concreto della modernità del santo più paradossale, più assurdo che un inglese moderno possa immaginare.
Infatti dalle prime pagine del libro Chesterton chiarisce il proprio punto di vista e il proprio scopo. Egli non narra, spiega: non documenta, riflette: non analizza, riassume. In che modo? Gustosissima la risposta, che serve d’introduzione all’opera; parlare d’un santo come d’un uomo, cioè senza parlare di Dio? no: sarebbe come parlare d’un esploratore polare tacendo del polo. Parlare di lui non vedendo chiaro che là dov’è oscuro, cioè spiegarne la vita del santo mediante i misteri soprannaturali? ci vorrebbe un santo allora per scrivere la vita d’un santo. No. Egli tenterà di mettersi nei panni d’un curioso benevolo, d’un profano "moderno ed ordinario", e, così, con occhi, esterrefatti ma sinceri, guardare e capire. Chesterton, cioè cerca di realizzare al massimo grado la congiunzione del lettore moderno con l’autentico S. Francesco, di stabilire quindi, all’infuori dei modi convenzionali, sia storici che artistici, sia pietistici che avversi, un contatto tra il pubblico inglese e il personaggio che sembra più estraneo alle tendenze, ai pensieri, ai gusti di quello. Il contrasto sarà contatto: sarà maniera originale per rompere lame contro i pseudo-dogmi del libero pensiero avvilito nella schiavitù dei pregiudizi del secolo: sarà arte per ravvivare il fantasma storico in un’avvincente figura immortale.
Louis Gillet commenta così questa tattica dell’autore: "Egli non racconta: sopprime una folla d’aneddoti; la sua preoccupazione è di spiegare le cose e di render sensibile un certo ordine di fatti morali. Lo si sente sempre in presenza d’uno di quei gravi pubblici inglesi, d’uno di quei gruppi d’operai, d’impiegati, di londinesi purosangue che si radunano attenti, il sabato, all’angolo di una via, attorno d’un predicatore all’aria libera, come di formano da noi attorno ad una canzone. Occorre per farvi intender da loro un linguaggio speciale, ricondurre ciò che ignorano a delle cose ch’essi conoscono, parlar loro del comune di Assisi come se si trattasse di Clapham o di Putney. Bisogna prendere un tono ch’essi comprendono, talvolta commosso, sempre chiarissimo, uno svolgimento concreto, ardito e qualchevolta burlesco. Tutto è vinto, se l’oratore ha potuto provocare nell’uditorio questa smorfia di allegria che apre e rischiara i visi oscuri, come un barlume d’intelligenza. Di là lo stile particolare di Chesterton, le sue digressioni … la sua mescolanza di toni, i suoi ghiribizzi, i suoi scatti, i violenti partiti presi, le semplificazioni estreme del soggetto, i salti e le giravolte del racconto, e quella eloquenza o sorpresa che va dalla poesia e dal lirismo alle trivialità del popolino>.
Non si potrebbe esprimere meglio la stilistica di questo libro. Ma non è per essa che il libro è degno di segnalazione; la letteratura francescana moderna se ha un difetto, un noioso difetto, è proprio per le sue sdolcinate affettazioni stilistiche, e, con un isterismo personalistico e imperdonabilmente convenzionale, cerca indarno la maestria dell’arte e i carismi della mistica. Il libro è notevole per quello che dice, per quello che, pur non dicendo, fa pensare e scoprire. Raramente la potenza espressiva dell’autore fonde arte e pensiero in passi sublimi, ma sono sublimi davvero (alla fine dei capitoli II-VIII-IX e X). Di solito invece il pensiero prevale, e si può dire che tutte le risorse della volubile espressione son messe in gioco per far risaltare quello.
Perciò si può riassumere in alcuni concetti fondamentali il modo con cui Chesterton considera realisticamente S. Francesco.
S. Francesco è un poeta, non solo nel senso che sente e canta la poesia, ma soprattutto che vive poeticamente (pp. 77, 94, 139, 142, 159, 232). La poesia è espressione immediata dell’intuizione del reale, a differenza della prosa che è discorsiva e analitica. Vivere poeticamente significa avere per molla motrice non tanto la riflessione quanto la rapida spinta dell’amore. S. Francesco è quindi un amante, nel vero senso, nel più alto senso della parola (p. 11).
Donde la temeraria immediatezza nel dare, nel fare, nel fidarsi, nel mettersi nelle condizioni più assurde: donde quella sua celerità impetuosa che sembra non avergli mai concesso di separare un pensiero dalla sua pronta esecuzione; quella coerenza completa fino alla riproduzione letterale ed integrale del principio con cui sostanziava ogni suo gesto, ogni suo atto (pp. 55, 121, 172, 186, 194).
Donde ancora la sfida a tutte le compassate e opprimenti leggi del senso comune, e la creazione continua d’un’originalità individualissima, che sembra ed è follia; che affronta tutte le stravaganze con la semplicità di chi non ambisce d’esser veduto e di chi tollera con letizia invincibile d’esser avvilito dal pubblico disprezzo in un annientamento tale da oltrepassare i limiti della distruzione morale d’uomo e convertirsi piano piano in altrettanta stupita ed entusiastica ammirazione (pp. 88, 100, 103, 104, 117, 156, 182).
Perciò Francesco è un novatore; profittando della completa vittoria sulla natura, o meglio sul naturalismo che sconsacra e quindi deprava la natura, egli riannoda, dopo secoli di lotta, di penitenze, di ascetiche e talvolta manichee macerazioni, vincoli di pace con la creazione; ad essa ormai è pervenuta, attraverso la coscienza dell’uomo fatto cristiano, la buona novella della redenzione che solleva, non nemica, ma sorella, dell’uomo: dell’uomo che ha rinunciato a trovarsi alcun fine degno di sé, ma che ormai non potendola più vedere ed amare se non in Dio e per Dio, la trova divinamente bella, la possiede senz’esserne posseduto, la gode senz’esserne contaminato (pp. 29, 78, 125, 133).
V’è chi ha criticato quest’ultima affermazione, che cioè l’avvento francescano segni la fine d’una secolare quaresima, ed inauguri un periodo di onesto godimento: ché tutta l’ascetica francescana è imperniata sulla penitenza, e le correnti storiche del francescanesimo si nutriranno e si distingueranno appunto per il minore o maggiore spirito di rinuncia e di sacrificio che le muove.
Con questo non si può però dire che all’Autore sfugga il carattere penitenziale di S. Francesco. Egli vi consacra un altro concetto fondamentale del suo lavoro. S. Francesco è colui che conduce lo spirito cristiano dall’adorazione di Cristo all’imitazione di Cristo; che pratica la povertà come arte della liberazione, che vi insiste fin quasi a sospendere la sua dolcezza inseparabile; che cerca con avidità di essere espulso dal mondo in cui vive, che tenta indarno d’incontrare il martirio; che mette tanta audacia nell’abbracciare il dolore da trasformare l’ascetica in mistica, la penitenza in letizia, la pena in diletto; che finalmente raggiunge nell’estasi della passione la perfetta somiglianza con Gesù crocifisso (pp. 82, 150, 152, 154, 175, 193, 199).
Da queste idee sommarie scaturiscono altre vigorose e profonde concezioni sulla personalità interiore del Santo. Capitale quella della dipendenza, cioè della sospensione di tutte le cose in Dio, che dà ragione dell’onnipresenza divina nel mondo francescano, e della bontà originale delle cose; dell’umiltà correlativa alla grandezza e alla bassezza di tutto ciò ch’è creato; della cieca fiducia che i figli devono avere nella paterna provvidenza divina; del misticismo infantile ed ottimistico che della fiducia in questa provvidenza si imbeve e si inebbria (pp. 106, 113, 128, 190). Bellissima quell’altra concezione della trasformazione dell’uomo giusto "per la quale colui per cui tutto ciò che esiste illustra e illumina Dio, diviene colui per cui Dio illustra e illumina tutto ciò che esiste> (p. 109). Ma di questi pensieri tutto il libro è fiorito, e benché piccolo di mole sembra tanto più prezioso dei grossi volumi che i servitori dell’erudizioni e i manipolatori della tradizione francescana suntuosamente prodigano per incantare il pubblico.
Tale ristrettezza di trattazione scusa le lacune del libro e prima di tutte quella narrazione ordinata della vita del Santo, come sopra dicemmo; ciò non toglie, a nostro avviso, che a torto, per esempio si rimproveri dal Gillet la mancata visione del movimento sociale che fa capo a S. Francesco (Revue des deux Mondes – I novembre 1925). Chesterton illustra il senso sociale che S. Francesco ebbe della religione: la sua pratica reale del concetto d’uguaglianza tra gli uomini; il suo spontaneo rispetto, incapace di rivoluzione e svalutatore d’ogni militarismo fosse pure quello crociato, ad ogni sorta di uomini, il carattere economico e giuridico del suo nuovo ordine, donde procederà la riforma ecclesiastica e sociale del medioevo (pp. 38, 57, 142, 145, 241).
Ma tutto questo ci conduce a fare un’osservazione su quest’opera, che pur non priva di difetti, ci sembra molto pregevole. Se cioè essa veramente come l’Autore la definisce, sia un’introduzione alla vita di S. Francesco o piuttosto una conclusione esplicativa e sintetica insieme. Essa infatti per il suo andamento intellettualistico, si serve di troppe allusioni ai fatti e ai personaggi della biografia del Santo per essere capita da chi già non conosca, per studio di buone fonti, la biografia stessa. Essa insomma presuppone una conoscenza della vita di S. Francesco per essere gustata e per gustare tutto il materiale prima esaminato.
È infatti, secondo il nostro modesto parere, una di quelle di prefazioni che si debbono leggere dopo la lettura del libro.
Per questo ci sembra che a quanti avvertono sintomi di sazietà per tutte le cose e le fiere che ci ha procurato il centenario francescano, questo libro sia consigliabile per far loro amare ancora il povero S. Francesco.
lunedì 28 luglio 2014
11 Dicembre 2010 – La Prossima Vita
11 Dicembre 2010 – La Prossima Vita
INVIATO DA MESSAGGI DA GESU CRISTO ⋅
ARCHIVIATO IN NUOVO PARADISO, SECONDA VENUTA
Mia amatissima figlia, adesso sei pronta per continuare e portare a termine il Mio Libro Sacro della Verità. Tu, figlia Mia, sei passata attraverso quella purificazione necessaria a darti la forza per portare avanti questo lavoro.
I Miei figli, così addentrati in questo mondo diviso in due parti, non si rendono conto che presto tutti saranno uno. Le due parti comportano dolore e gioia. Il dolore che esiste nel mondo è causa di profonda confusione e disperazione. Si tratta di un dolore diverso da qualsiasi altro dolore provato sin dalla creazione della terra.
Il dolore che si avverte oggi è dato dalla perdita delle cose materiali che sono state portate via. C’è anche il desiderio di pace nella mente, nel corpo e nell’anima. Questo giungerà solo attraverso l’umiltà, l’accettazione e l’amore del Mio Padre Eterno. Poi c’è la gioia. Io sorrido con amore quando i Miei figli ridono, sorridono e si divertono. Questo è un dono che viene da Me. Risate e gioia sono doni importanti per l’umanità quando sono puri e non a discapito l’uno dell’altro.
Figli Miei di poca fede è difficile, lo so, fermarsi e dire “faccio ritorno a Dio”. Molti di voi sono a conoscenza di chi sia il Padre Eterno. Pochi capiscono che veglia su di loro ogni singolo giorno della loro vita, e su ognuno di loro. Lui ride, sorride e prova un grande senso di gioia quando i Suoi figli sono felici. Tuttavia non guarda con favore a coloro che si procurano la loro gioia, o la loro dose di gioia, senza amore nei loro cuori.
Anch’io, il Vostro Salvatore Gesù Cristo, amo tutti i Miei figli. Eppure io sono Uno con il Mio Padre Eterno. Sorrido a tutti voi e spero che ritorniate a Me
Venite a Me come foste uno, figli Mie, e muovetevi verso di Me con cuore aperto.
A molti dei Miei figli i messaggi che si riferiscono alla Mia Seconda Venuta sulla Terra mettono paura nei loro cuori. Non c’è bisogno di temere. Questo sarà un momento di gioia assoluta, gloria e felicità pura. Perché tutti voi che ricondurrete i vostri cuori a Me, Io vi terrò stretti tra le Mie braccia e piangerò lacrime di gioia.
Credenti, per favore, per favore pregate ora per quelli che non credono o che hanno smarrito la loro strada. Il pastore che conduce il suo gregge si metterà sempre a cercare senza sosta quelli che si perdono. La dolcezza della vittoria che prova quando ritornano al suo ovile è simile a quella sensazione che provo Io quando i Miei figli perduti ritornano a Me.
Figli, anche nei momenti di gioia e di risate su questa terra ricordate una cosa. Questo non è che un barlume della pura felicità e gioia che esisterà sulla nuova terra quando il Paradiso perduto emergerà. Quando questo accade, il popolo eletto, coloro che vivono una vita buona e credono nel loro Creatore, si uniranno con i morti risorti. Quelle persone, amici e parenti trapassati, si uniranno con Me in questa nuova eternità gloriosa. Ricordate, figlioli: è importante non prendere questo mondo per scontato. Né avere la pretesa che tutto, in esso, sia sotto il vostro controllo. Perché non lo è. Laddove continuate ad essere consumati dalle sue promesse, delusioni, gioie e meraviglie, ricordate che è solo un posto temporaneo. Una fase di passaggio, prima di entrare il Regno del Padre Mio, il nuovo Cielo e la Terra che diventano uno.
Un’ultima cosa, figli Miei; pregateMi con parole vostre. ChiedeteMi di guidarvi. ChiedeteMi di mostrarvi l’amore e la verità in un modo tale che abbiano un senso. Non tenete la testa sotto la sabbia o non potrete godere la gloria della nuova Terra.
Sentiero vuoto verso il nulla
I Figli che sghignazzano e Mi negano vi diranno che non c’è vita dopo questa. Vi assicuro che non si stanno solo negando l’accesso al Paradiso. In verità stanno percorrendo un sentiero vuoto che non porta a nulla. In alcuni casi, stanno seguendo la menzogna dell’Ingannatore – Maligno che si muove in silenzio e con una prodezza mortale, che loro, non credendo che esista, seguono ciecamente tenendolo per mano attraverso le porte dell’inferno.
I Figli che sghignazzano e Mi negano vi diranno che non c’è vita dopo questa. Vi assicuro che non si stanno solo negando l’accesso al Paradiso. In verità stanno percorrendo un sentiero vuoto che non porta a nulla. In alcuni casi, stanno seguendo la menzogna dell’Ingannatore – Maligno che si muove in silenzio e con una prodezza mortale, che loro, non credendo che esista, seguono ciecamente tenendolo per mano attraverso le porte dell’inferno.
La mia sofferenza nel Giardino del Getsemani
Quando i Miei fedeli vedono queste persone pavoneggiarsi con arroganza e vantarsi del loro ateismo, sentono una sofferenza terribile. Loro, che hanno preso la Mia croce, sentono l’agonia che ho sofferto durante il Mio tempo nel Giardino del Getsemani. Qui è dove ho capito che, anche se facevo volentieri l’ultimo sacrificio, quando ho accettato la morte come un mezzo per dare ai Miei figli una possibilità di vincere un posto nel Regno del Padre Mio, sapevo che in fondo non avrebbe fatto la differenza per alcuni dei Miei figli. Fu questa la peggiore agonia, quella che mi fece sudare sangue. Il terrore che provai per quelle anime perse esiste in Me ancora oggi.
Quando i Miei fedeli vedono queste persone pavoneggiarsi con arroganza e vantarsi del loro ateismo, sentono una sofferenza terribile. Loro, che hanno preso la Mia croce, sentono l’agonia che ho sofferto durante il Mio tempo nel Giardino del Getsemani. Qui è dove ho capito che, anche se facevo volentieri l’ultimo sacrificio, quando ho accettato la morte come un mezzo per dare ai Miei figli una possibilità di vincere un posto nel Regno del Padre Mio, sapevo che in fondo non avrebbe fatto la differenza per alcuni dei Miei figli. Fu questa la peggiore agonia, quella che mi fece sudare sangue. Il terrore che provai per quelle anime perse esiste in Me ancora oggi.
Quelli di voi che chiedono “se Tu sei Dio, o se sei Gesù Cristo, allora sicuramente puoi fare qualcosa?” La Mia risposta è: naturalmente. Tranne una cosa. Non posso interferire con il libero arbitrio dato al genere umano. Spetterà ai Miei figli far sì che questa sia la loro scelta finale del loro libero arbitrio.
Il Vostro amato Salvatore Gesù Cristo
La parola di Dio è come una scala
XII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
DEL SINODO DEI VESCOVI
Riflessione del Santo Padre durante l'Ora Terza (6 ottobre 2008)
[Francese, Inglese, Italiano, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
MEDITAZIONE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
NEL CORSO DELLA PRIMA CONGREGAZIONE GENERALE
Aula del SinodoLunedì mattina, 6 ottobre 2008
Cari Fratelli nell'Episcopato, cari fratelli e sorelle, all'inizio del nostro Sinodo la Liturgia delle Ore ci propone un brano del grande Salmo 118 sulla Parola di Dio: un elogio di questa sua Parola, espressione della gioia di Israele di poterla conoscere e, in essa, di poter conoscere la sua volontà e il suo volto. Vorrei meditare con voi alcuni versetti di questo brano del Salmo. Comincia così: «In aeternum, Domine, verbum tuum constitutum est in caelo... firmasti terram, et permanet». Si parla della solidità della Parola. Essa è solida, è la vera realtà sulla quale basare la propria vita. Ricordiamoci della parola di Gesù che continua questa parola del Salmo: «Cieli e terra passeranno, la mia parola non passerà mai». Umanamente parlando, la parola, la nostra parola umana, è quasi un niente nella realtà, un alito. Appena pronunciata, scompare. Sembra essere niente. Ma già la parola umana ha un forza incredibile. Sono le parole che creano poi la storia, sono le parole che danno forma ai pensieri, i pensieri dai quali viene la parola. È la parola che forma la storia, la realtà. Ancor più la Parola di Dio è il fondamento di tutto, è la vera realtà. E per essere realisti, dobbiamo proprio contare su questa realtà. Dobbiamo cambiare la nostra idea che la materia, le cose solide, da toccare, sarebbero la realtà più solida, più sicura. Alla fine del Sermone della Montagna il Signore ci parla delle due possibilità di costruire la casa della propria vita: sulla sabbia e sulla roccia. Sulla sabbia costruisce chi costruisce solo sulle cose visibili e tangibili, sul successo, sulla carriera, sui soldi. Apparentemente queste sono le vere realtà. Ma tutto questo un giorno passerà. Lo vediamo adesso nel crollo delle grandi banche: questi soldi scompaiono, sono niente. E così tutte queste cose, che sembrano la vera realtà sulla quale contare, sono realtà di secondo ordine. Chi costruisce la sua vita su queste realtà, sulla materia, sul successo, su tutto quello che appare, costruisce sulla sabbia. Solo la Parola di Dio è fondamento di tutta la realtà, è stabile come il cielo e più che il cielo, è la realtà. Quindi dobbiamo cambiare il nostro concetto di realismo. Realista è chi riconosce nella Parola di Dio, in questa realtà apparentemente così debole, il fondamento di tutto. Realista è chi costruisce la sua vita su questo fondamento che rimane in permanenza. E così questi primi versetti del Salmo ci invitano a scoprire che cosa è la realtà e a trovare in questo modo il fondamento della nostra vita, come costruire la vita. Nel successivo versetto si dice: «Omnia serviunt tibi». Tutte le cose vengono dalla Parola, sono un prodotto della Parola. “All'inizio era la Parola”. All'inizio il cielo parlò. E così la realtà nasce dalla Parola, è “creatura Verbi”. Tutto è creato dalla Parola e tutto è chiamato a servire la Parola. Questo vuol dire che tutta la creazione, alla fine, è pensata per creare il luogo dell'incontro tra Dio e la sua creatura, un luogo dove l'amore della creatura risponda all'amore divino, un luogo in cui si sviluppi la storia dell'amore tra Dio e la sua creatura. «Omnia serviunt tibi». La storia della salvezza non è un piccolo avvenimento, in un pianeta povero, nell'immensità dell'universo. Non è una cosa minima, che succede per caso in un pianeta sperduto. È il movente di tutto, il motivo della creazione. Tutto è creato perché ci sia questa storia, l'incontro tra Dio e la sua creatura. In questo senso, la storia della salvezza, l'alleanza, precede la creazione. Nel periodo ellenistico, il giudaismo ha sviluppato l'idea che la Torah avrebbe preceduto la creazione del mondo materiale. Questo mondo materiale sarebbe stato creato solo per dare luogo alla Torah, a questa Parola di Dio che crea la risposta e diventa storia d'amore. Qui traspare già misteriosamente il mistero di Cristo. È quello che ci dicono le Lettere agli Efesini e ai Colossesi: Cristo è il protòtypos, il primo nato della creazione, l'idea per la quale è concepito l'universo. Egli accoglie tutto. Noi entriamo nel movimento dell'universo unendoci a Cristo. Si può dire che, mentre la creazione materiale è la condizione per la storia della salvezza, la storia dell'alleanza è la vera causa del cosmo. Arriviamo alle radici dell'essere arrivando al mistero di Cristo, a questa sua parola viva che è lo scopo di tutta la creazione. «Omnia serviunt tibi». Servendo il Signore realizziamo lo scopo dell'essere, lo scopo della nostra propria esistenza. Facciamo ora un salto: «Mandata tua exquisivi». Noi siamo sempre alla ricerca della Parola di Dio. Essa non è semplicemente presente in noi. Se ci fermiamo alla lettera, non necessariamente abbiamo compreso realmente la Parola di Dio. C'è il pericolo che noi vediamo solo le parole umane e non vi troviamo dentro il vero attore, lo Spirito Santo. Non troviamo nelle parole la Parola. Sant'Agostino, in questo contesto, ci ricorda gli scribi e i farisei consultati da Erode nel momento dell'arrivo dei Magi. Erode vuol sapere dove sarebbe nato il Salvatore del mondo. Essi lo sanno, danno la risposta giusta: a Betlemme. Sono grandi specialisti, che conoscono tutto. E tuttavia non vedono la realtà, non conoscono il Salvatore. Sant'Agostino dice: sono indicatori di strada per gli altri, ma loro stessi non si muovono. Questo è un grande pericolo anche nella nostra lettura della Scrittura: ci fermiamo alle parole umane, parole del passato, storia del passato, e non scopriamo il presente nel passato, lo Spirito Santo che parla oggi a noi nelle parole del passato. Così non entriamo nel movimento interiore della Parola, che in parole umane nasconde e apre le parole divine. Perciò c'è sempre bisogno dell’«exquisivi». Dobbiamo essere in ricerca della Parola nelle parole. Quindi l'esegesi, la vera lettura della Sacra Scrittura, non è solamente un fenomeno letterario, non è soltanto la lettura di un testo. È il movimento della mia esistenza. È muoversi verso la Parola di Dio nelle parole umane. Solo conformandoci al mistero di Dio, al Signore che è la Parola, possiamo entrare all'interno della Parola, possiamo trovare veramente in parole umane la Parola di Dio. Preghiamo il Signore perché ci aiuti a cercare non solo con l'intelletto, ma con tutta la nostra esistenza, per trovare la parola. Alla fine: «Omni consummationi vidi finem, latum praeceptum tuum nimis». Tutte le cose umane, tutte le cose che noi possiamo inventare, creare, sono finite. Anche tutte le esperienze religiose umane sono finite, mostrano un aspetto della realtà, perché il nostro essere è finito e capisce solo sempre una parte, alcuni elementi: «latum praeceptum tuum nimis». Solo Dio è infinito. E perciò anche la sua Parola è universale e non conosce confine. Entrando quindi nella Parola di Dio, entriamo realmente nell'universo divino. Usciamo dalla limitatezza delle nostre esperienze e entriamo nella realtà che, è veramente universale. Entrando nella comunione con la Parola di Dio, entriamo nella comunione della Chiesa che vive la Parola di Dio. Non entriamo in un piccolo gruppo, nella regola di un piccolo gruppo, ma usciamo dai nostri limiti. Usciamo verso il largo, nella vera larghezza dell'unica verità, la grande verità di Dio. Siamo realmente nell'universale. E così usciamo nella comunione di tutti i fratelli e le sorelle, di tutta l'umanità, perché nel cuore nostro si nasconde il desiderio della Parola di Dio che è una. Perciò anche l'evangelizzazione, l'annuncio del Vangelo, la missione non sono una specie di colonialismo ecclesiale, con cui vogliamo inserire altri nel nostro gruppo. È uscire dai limiti delle singole culture nella universalità che collega tutti, unisce tutti, ci fa tutti fratelli. Preghiamo di nuovo affinché il Signore ci aiuti a entrare realmente nella “larghezza” della sua Parola e così aprirci all'orizzonte universale dell'umanità, quello che ci unisce con tutte le diversità. Alla fine ritorniamo ancora a un versetto precedente: «Tuus sum ego: salvum me fac». Il testo italiano traduce: «Io sono tuo». La parola di Dio è come una scala sulla quale possiamo salire e, con Cristo, anche scendere nella profondità del suo amore. È una scala per arrivare alla Parola nelle parole. «Io sono tuo». La parola ha un volto, è persona, Cristo. Prima che noi possiamo dire «Io sono tuo», Egli ci ha già detto «Io sono tuo». La Lettera agli Ebrei, citando il Salmo 39, dice: «Un corpo invece mi hai preparato... Allora ho detto: Ecco, io vengo». Il Signore si è fatto preparare un corpo per venire. Con la sua incarnazione ha detto: io sono tuo. E nel Battesimo ha detto a me: io sono tuo. Nella sacra Eucaristia lo dice sempre di nuovo: io sono tuo, perché noi possiamo rispondere: Signore, io sono tuo. Nel cammino della Parola, entrando nel mistero della sua incarnazione, del suo essere con noi, vogliamo appropriarci del suo essere, vogliamo espropriarci della nostra esistenza, dandoci a Lui che si è dato a noi. «Io sono tuo». Preghiamo il Signore di poter imparare con tutta la nostra esistenza a dire questa parola. Così saremo nel cuore della Parola. Così saremo salvi.
“Nolite timere pusillus grex, Ego vici
mundum!”
(Lc.,
XII, 32). “Verbum Domini manet in
Aeternum!”.
© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana
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“Maria Giglio della Trinità”: Domini Sacrarium, Nobile Triclinium et Complementum SS. Trinitatis!: S. Messa in Rito Romano Antico celebrata da Mons. ...
“Maria Giglio della Trinità”: Domini Sacrarium, Nobile Triclinium et Complementum SS. Trinitatis!: S. Messa in Rito Romano Antico celebrata da Mons. ...: “Non c’è salvezza dell’economia Senza economia della Salvezza” Economia della Salvezza /2 &qu...
Leggiamo la Bibbia con sant'Antonio
10. Con questa seconda parte del vangelo concorda la seconda parte
dell’epistola: “Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro
sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere
nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi, per mezzo del
quale gridiamo: Abbà, Padre!” (Rm
8,14-15).
Lo spirito di Dio è l’umiltà, e quelli che sono guidati, cioè animati,
dall’umiltà, sono veramente “albero buono”, perché sono figli di Dio. Come la
radice sostiene e alimenta l’albero; così l’umiltà sostiene e alimenta
l’anima. Lo spirito di umiltà è dolce più del miele, e chi è alimentato dal
miele produce frutti dolci.
“Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi”, che vi costringa di
nuovo, come nel tempo della Legge, a servire Dio forzatamente, per timore del
castigo. L’albero cattivo riceve non lo spirito di adozione, con i figli, ma
quello della schiavitù, con gli schiavi, i quali non restano per sempre nella
casa (cf. Gv 8,35), ma
saranno tagliati e gettati nel fuoco inestinguibile.
Si ha l’adozione quando viene adottato qualcuno al posto di un figlio.
Perciò il figlio adottivo, accolto cioè al posto del figlio (vero) Gesù Cristo
– che sempre sia benedetto –, da un albero sterile, dopo avervi innestato il
germoglio della fede, ottenne un albero buono e fruttifero; e dei figli
dell’ira fa ogni giorno figli della grazia, perché con la contrizione del cuore
e la confessione della bocca gridino ogni giorno: “Abbà, Padre”. Abbà è
un termine siriaco ed ebraico, che in lat. significa Pater, Padre.
E questo doppio nome di paternità sta ad indicare la duplice misericordia della
benevolenza paterna. Infatti il penitente, accolto al posto del figlio, è
autorizzato a sperare sia nella remissione dei peccati che nella beatitudine
della gloria.
Ti preghiamo dunque, Abbà, Padre, di renderci alberi buoni, di farci
produrre frutti degni di penitenza, affinché radicati e fondati nella radice
dell’umiltà e liberati dal fuoco eterno, meritiamo di poter cogliere il frutto
dell’eterna vita. Accordacelo tu che sei benedetto nei secoli dei secoli. Amen.
domenica 27 luglio 2014
Nicolás Gómez Dávila
In margine a un testo implicito
- Adattarsi è sacrificare un bene remoto a un bisogno immediato.
- Borghesia è qualunque insieme di individui scontenti di ciò che hanno e soddisfatti di ciò che sono.
- Al volgo non interessa essere libero, ma credersi tale.
- Chi cerchi di educare e non di sfruttare, si tratti di un popolo o di un bambino, non gli parla facendo la vocina infantile.
- Chi denuncia i limiti intellettuali dei politici dimentica che tali limiti sono la causa dei loro successi.
- Chi sopprime le segrete connivenze tra i propri amori e i propri odi diventa un fanatico che incede tra schemi.
- Chiamare ingiustizia la giustizia è la più diffusa delle consolazioni.
- Chiamiamo egoista chi non si sacrifica al nostro egoismo.
- Civiltà è ciò che è miracolosamente scampato allo zelo dei governanti.
- Ciò che non è persona in fondo non è nulla.
- Crediamo di affrontare le nostre teorie con i fatti, in realtà possiamo confrontarle solo con teorie dell'esperienza.
- Da quando la religione si secolarizza, come unico testimone di Dio rimane Satana.
- Da sempre, in politica, patrocinare la causa del povero è stato il mezzo più sicuro per arricchirsi.
- Dopo aver screditato la virtù, questo secolo è riuscito a screditare anche i vizi.
- Duecento anni fa era lecito confidare nel futuro senza essere completamente stupidi. Ma oggi chi può dar credito alle attuali profezie, dato che siamo noi lo splendido avvenire di ieri?
- Educare l'uomo è impedirgli la "libera espressione della sua personalità".
- Essere cristiani è trovarsi di fronte a colui cui non possiamo nasconderci, di fronte a cui non possiamo mascherarci. È assumersi il peso di dire la verità anche quando offende.
- Gli esempi concreti sono i carnefici delle idee astratte.
- I professionisti della venerazione dell'uomo si sentono autorizzati a disprezzare il prossimo. La difesa della dignità umana consente loro di essere sgarbati con il vicino.
- Il cattolico autentico non sta al di qua ma al di là della bestemmia.
- Il domandarsi tace solo di fronte all'amore: "Perché amare?" è l'unica domanda impossibile: L'amore non è mistero, ma luogo in cui il mistero si dissolve.
- Il filosofo non è altro che la fiamma che lo brucia.
- Il filosofo non è portavoce della sua epoca, ma angelo prigioniero nel tempo.
- Il massimo trionfo della scienza sembra consistere nella velocità crescente con cui lo stupido può trasferire la sua stupidità da un luogo a un altro.
- Il più grande errore moderno non è l'annuncio della morte di Dio, ma l'essersi persuasi della morte del diavolo.
- Il popolo sopporta di essere derubato, purché non si smetta di adularlo.
- Il riso amabile e compiacente è una prostituzione dell'anima.
- Il socialismo è la filosofia della colpa altrui.
- Istruire non è indicare soluzioni, ma rivelare problemi.
- L'amore è l'atto che trasforma il suo oggetto da cosa in persona.
- L'amore per il popolo è vocazione aristocratica. Il democratico lo esercita soltanto in periodo elettorale.
- L'anima cresce verso l'interno.
- L'atrocità della vendetta non è proporzionale all'atrocità dell'offesa, ma all'atrocità di chi si vendica.
- L'atto filosofico per eccellenza è scoprire un problema in ogni soluzione.
- L'etica ci proibisce di considerare gli uomini come mezzi e l'Uomo come fine.
- L'idea del "libero sviluppo della personalità" sembra degna di ammirazione finché non incappa in individui la cui personalità si è sviluppata liberamente.
- L'incertezza è il clima dell'anima.
- L'individualismo moderno si riduce a reputare personali e proprie le opinioni condivise da tutti.
- L'intelligenza vive finché non preferisce le sue soluzioni ai problemi.
- L'umanità crede di rimediare ai propri errori ripetendoli.
- L'uomo ama solo chi adula, ma rispetta solo chi lo insulta.
- L'uomo di sinistra si crede generoso perché le sue mete sono confuse.
- L'uomo è il rifugio più fragile per l'uomo.
- L'uomo intelligente non vive mai in ambienti mediocri. Un ambiente mediocre è quello in cui non ci sono uomini intelligenti.
- L'uomo moderno non si sente mai così individuo come quando fa le stesse cose che fanno tutti.
- L'uomo preferisce discolparsi con la colpa altrui piuttosto che con la propria innocenza.
- La banalizzazione è il prezzo della comunicazione.
- La bruttezza di un oggetto è la condizione preliminare del suo moltiplicarsi su scala industriale.
- La forma sublime del disprezzo è il perdono.
- La libertà non è indispensabile perché l'uomo sappia cosa vuole e chi è, ma perché sappia chi è e che cosa vuole.
- La libertà non è la meta della storia, ma la materia con cui essa lavora.
- La legge è forma giuridica del costume oppure sopraffazione della libertà.
- La legge è l'embrione del terrore.
- La legittimità del potere non dipende dalla sua origine ma dai suoi fini. Per il democratico, invece, nulla è vietato al potere se la sua origine lo legittima.
- La legislazione che protegge minuziosamente la libertà strangola le libertà.
- La modernità non sfugge alla tentazione di identificare il permesso con il possibile.
- La modernità risolve i suoi problemi con soluzioni ancora peggiori dei problemi.
- La morte di Dio, è una falsa notizia messa in giro dal diavolo che mentiva sapendo di mentire.
- La personalità di questi tempi è la somma di ciò che fa colpo sugli stupidi.
- La più grande astuzie del male è travestirsi da dio domestico e discreto, familiare e rassicurante.
- La ragione è una mano premuta sul petto a placare il battito del nostro cuore disordinato.
- La religione non è nata dall'esigenza di assicurare solidarietà sociale, come le cattedrali non sono state edificate per incentivare il turismo.
- La saggezza consiste semplicemente nel non insegnare a Dio come si debbano fare le cose.
- La sensualità è la possibilità permanente di riscattare il mondo dalla prigionia della sua insignificanza.
- La sensualità è la presenza del valore nel sensibile.
- La società moderna si concede il lusso di tollerare che tutti dicano ciò che vogliono perché oggi, di fondo, tutti pensano allo stesso modo.
- La tecnica mutila ogni desiderio che soddisfa.
- La tirannia di un individuo è preferibile al dispotismo della legge, perché il tiranno è vulnerabile mentre la legge è incorporea.
- La tirannia più esecrabile è quella che adduce principi degni di rispetto.
- La "volontà generale" è la finzione che consente al democratico di sostenere che per inchinarsi di fronte ad una maggioranza c'è un'altra ragione oltre la semplice paura.
- Le architravi secolari poggiano sulle spalle solitarie.
- Le categorie sociologiche autorizzano a circolare nella società senza curarsi dell'individualità insostituibile di ciascun uomo. La sociologia è l'ideologia della nostra indifferenza verso il prossimo.
- Le civiltà muoiono per l'indifferenza verso i valori peculiari che le fondano.
- Le frasi sono pietruzze che lo scrittore getta nell'animo del lettore. Il diametro delle onde concentriche che esse formano dipende dalle dimensioni dello stagno.
- Le perversioni sono diventate parchi suburbani frequentati in famiglia dalle moltitudini domenicali.
- Limitando il nostro uditorio limitiamo i nostri passi falsi. La solitudine è l'unico arbitro incorruttibile.
- Lo psicologo abita i sobborghi dell'anima, come il sociologo la periferia della società.
- Lo specialista asseconda la propensione delle scienze a trasformarsi in ideologie. Al fine di occupare posizioni di comando, lo specialista attribuisce alla propria specialità una superiorità fittizia che il profano, intimidito dall'esoterismo di ogni specializzazione, non osa contestare.
- Lo Stato moderno fabbrica le opinioni che poi raccoglie rispettosamente sotto il nome di opinione pubblica.
- Lo storico democratico insegna che il democratico uccide solo perché le sue vittime lo costringono a farlo.
- Malgrado l'intrusione di fronzoli tecnici nelle lettere, gli artifici estetici non sono strumenti di laboratorio ma trappole per dare la caccia agli angeli.
- Maturare non vuol dire rinunciare alle nostre aspirazioni, ma accettare che il mondo non è obbligato a soddisfarle.
- Mille sono le verità, uno solo l'errore.
- Nel correggere la naturale ambivalenza dei sentimenti, la ragione li corrompe, mutilando così l'universo.
- Nel nostro secolo ogni impresa collettiva edifica prigioni. Solo l'egoismo ci impedisce di collaborare ad atti infami.
- Nessuna idea che ha bisogno d'appoggio lo merita.
- Nessuno sa esattamente cosa vuole finché il suo avversario non glielo spiega.
- Nietzsche sarebbe l'unico abitante nobile di un mondo derelitto. Solo la sua scelta potrebbe esporsi senza vergogna alla resurrezione di Dio.
- Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo.
- Non c'è fraternità politica che valga un odio condiviso.
- Non c'è retorica che prolunghi l'amore tra le anime oltre l'istante in cui la carne si placa.
- Non è la sensualità che allontana da Dio ma l'astrazione.
- Non l'originalità della dottrina ma la divinità di Cristo determina l'importanza del cristianesimo.
- Non parlo di Dio, per convertire qualcuno, ma perché è l'unico tema di cui valga la pena parlare.
- Non riuscendo a realizzare le sue aspirazioni, il "progresso" chiama aspirazione ciò che si realizza.
- Nulla è più pericoloso che risolvere problemi transitori con soluzioni permanenti.
- Oggi a partecipare si finisce per essere complici.
- Ogni bene che si possa dimostrare è un bene a metà. Il Bene si può solo mostrare.
- Ogni civiltà è un dialogo con la morte.
- Ogni nuova generazione accusa le generazioni precedenti di non aver redento l'uomo. Ma l'abiezione con cui la nuova generazione si adatta al mondo, dopo il fallimento di turno, è proporzionale alla veemenza delle sue accuse.
- Ogni verità è un rischio che ci pare valga la pena di correre.
- Pensare come i nostri contemporanei è la ricetta della prosperità e della stupidità.
- Per Dio non ci sono che individui.
- Per sfidare Dio l'uomo gonfia il proprio vuoto.
- Pochi uomini sopporterebbero la propria vita se non si sentissero vittime della sorte.
- Quando le cose ci sembrano essere solo quel che sembrano, presto ci sembreranno essere ancora meno.
- Quando si è giovani si teme di passare per stupidi; nell'età matura si teme di esserlo.
- Quanto più gravi sono i problemi, tanto maggiore è il numero di inetti che la democrazia chiama a risolverli.
- Quanto più una cosa è importante, tanto meno importa il numero dei suoi difensori. Se per difendere una nazione c'è bisogno di un esercito, per difendere un'idea basta un solo uomo.
- Questo secolo di pedagogia proletaria predica la dignità del lavoro, come uno schiavo che calunnia l'ozio intelligente e voluttuoso.
- Questo secolo sprofonda lentamente in un pantano di sperma e di merda. Per maneggiare gli avvenimenti attuali gli storici futuri dovranno mettersi i guanti.
- Respiro male in un mondo non attraversato da ombre sacre.
- Rifiutare di stupirsi è il contrassegno della bestia.
- Riformare la società per mezzo di leggi è il sogno del cittadino incauto e il preambolo discreto di ogni tirannia
- Ritenere di non avere pregiudizi è il più comune dei pregiudizi.
- Sarebbe interessante verificare se c'è mai stata predica che non sia sfociata in assassinio.
- Se Dio fosse il punto d'arrivo di un ragionamento, non sentirei alcuna necessità di adorarlo. Ma Dio non è solo la sostanza di ciò che spero, è anche la sostanza di ciò che vivo.
- Sensuale, scettico e religioso non sarebbe una cattiva definizione di ciò che sono.
- Si comincia scegliendo perché si ammira e si finisce ammirando perché si è scelto.
- Società totalitaria è il nome volgare di quella specie sociale la cui denominazione scientifica è società industriale.
- Soggettivo è quel che un solo soggetto percepisce, oggettivo quel che tutti i soggetti percepiscono: perciò sia l'oggettività che la soggettività possono essere tanto reali quanto fittizie.
- Solo se ci contraddicono possiamo affinare le nostre idee.
- Tra i moderni succedanei della religione forse il meno abietto è il vizio.
- Tutto ci sembra caotico tranne il nostro disordine.
- Un libro che non abbia Dio, o l'assenza di Dio, come protagonista clandestino, è privo d'interesse.
- Una convinzione si irrobustisce solo quando la nutriamo di obiezioni.
- Visto dall'interno, niente è completamente vuoto.
- Vive la sua vita solo chi la osserva, la pensa e la dice: gli altri, è la vita che li vive.
- Vivere è l'unico valore della modernità. Perfino l'eroe moderno muore esclusivamente in nome della vita.
- Nulla è più difficile del non fingere di capire.
- L'amore è l'organo con cui percepiamo l'inconfondibile individualità degli esseri.
- La libertà non è un fine, è un mezzo. Chi la scambia per un fine, quando la ottiene non sa che farsene.
- Le verità non stanno entro la circonferenza di un cerchio il cui centro è l'uomo. Le verità si stagliano in luoghi impervi: l'uomo si aggira seguendo i meandri di un sentiero sinuoso che le rivela, le occulta, e alla fine le mostra o le nasconde.
- Man mano che cresce lo Stato decresce l'individuo.
- Spesso il pensare si riduce a inventare ragioni per dubitare dell'evidente.
- Qualsiasi filosofo risulta indecifrabile per chi ne indaghi le risposte senza conoscerne prima le domande.
- Le perfezioni di chi amiamo non sono finzioni dell'amore. Amare è, al contrario, il privilegio di accorgersi di una perfezione invisibile agli occhi degli altri.
- Solo delle cause perse si può essere partigiani irriducibili.
- È facile convertirsi a una teoria ascoltando il difensore della teoria contraria.
- L'idea intelligente produce piacere sensuale.
- Il libro non educa chi lo legge allo scopo di educarsi.
- La radicale opposizione tra gli uomini si svela nel fatto che, parlando del piacere, gli uni decollano verso la metafisica e gli altri scivolano verso la fisiologia.
- L'interlocutore incoerente è più irritante dell'interlocutore ostile.
- Non la sintesi, ma la tensione dei contrari appaga l'intelligenza.
- La vita dell'intelligenza è un dialogo tra il personalismo dello spirito e l'impersonalismo della ragione.
- L'ironista diffida di ciò che dice senza per questo credere che sia vero il contrario.
- Solo una cosa non è vana: la perfezione sensuale dell'istante.
- Grande scrittore è quello che intinge in inchiostro infernale la penna che strappa dall'ala di un arcangelo.
- Vorremmo che certi dipinti ci invitassero dentro il quadro per partecipare al loro modo di essere.
- L'ortodossia è la tensione tra due eresie.
- Dio è la condizione trascendentale dell'assurdità dell'universo.
- Chiunque non confidi nell'uomo è, in fondo, un cristiano.
- Per il lettore che sa leggere tutta la letteratura è contemporanea.
- È sufficiente l'impatto di un verso per far esplodere i detriti che seppelliscono l'anima.
- La prolissità non è un eccesso di parole, ma una carenza di idee.
- Chi si ostina a voler capire più di quel che c'è da capire capisce meno di tutti.
- Tutte le dimostrazioni deludono, come tutti i sogni realizzati. L'incertezza è il clima dell'anima.
- Coltivare la lucidità è il fine della cultura.
- I conflitti interiori rompono la crosta di indifferenza che l'anima oppone alle verità che l'assediano.
- Alla mente da lei prescelta l'intelligenza dona tutto, tranne la certezza di essere intelligente.
- Lo stupido si interessa delle idee altrui solo quando sfiorano le sue tribolazioni personali.
- Chi non teme che il più banale dei suoi momenti presenti diventi in futuro un paradiso perduto?
- La verità nasce nell'anima che si agita in mezzo al silenzio delle cose.
- La società del futuro: una schiavitù senza padroni.
- L'intelligenza si inventa coerenze per dormire sonni tranquilli. Fin quando non irrompe l'assurdo.
- L'arte non annoia mai perché ogni opera è un'avventura senza preliminari garanzie di riuscita.
- Il mistero è meno inquietante del fatuo tentativo di eliminarlo attraverso spiegazioni stupide.
- Ci sono uomini che alla loro intelligenza fanno visita, e altri che vi dimorano.
- Quando lo spirito si adagia per assopirsi in una «armonia più alta», il rumore del conflitto lo risveglia.
- Al cospetto di ogni verità un'angoscia segreta ci pervade.
- Tra avversari intelligenti c'è una simpatia segreta, giacché tutti dobbiamo la nostra intelligenza e le nostre virtù alle virtù e all'intelligenza del nostro nemico.
- L'uomo più disperato è solamente colui che meglio nasconde la sua speranza.
- Ogni verità è tensione tra evidenze contrarie che esigono simultaneo rispetto.
- Delle persone che amiamo ci basta l'esistenza.
- Lo sguardo disinfettante dell'intelligenza è l'unica profilassi contro le purulenze della vita.
- La coerenza di un discorso non è prova di verità ma solo di coerenza. La verità è la somma di evidenze incoerenti.
- Basta un briciolo di perspicacia per diffidare delle proprie idee senza per questo affidarsi alle idee altrui.
- Invecchiare è una catastrofe del corpo che la nostra codardia trasforma in catastrofe dell'anima.
- Solo da una lettura ininterrotta, ratificata da una seconda lettura, può nascere un giudizio assennato su un libro.
- Un'evidente stupidaggine non certifica la stupidità del suo autore. È sufficiente affidarsi all'automatismo della ragione per sfociare logicamente in impavide scemenze.
- La banalizzazione è il prezzo della comunicazione.
- I libri non sono strumenti di perfezione, ma barricate contro il tedio.
- Sulla nostra vita influiscono solo piccole verità, minuscole illuminazioni.
- Lo stupido, non comprendendo l'obiezione che lo confuta, si sente da essa rafforzato.
- Viviamo perché non ci guardiamo con gli occhi con cui gli altri ci guardano.
- La parola non è stata data all'uomo per ingannare, ma per ingannarsi.
- Predicano le verità in cui credono o le verità in cui credono di dover credere?
- La fede incapace di ridere di se stessa deve dubitare della propria autenticità. Il sorriso è ciò che dissolve il simulacro.
- Soltanto i personaggi dei romanzi mediocri risolvono i loro problemi.
- L'unica imparzialità su cui fare affidamento è quella dell'anima da cui si ode un agitarsi di fiere.
- La spiegazione incapace di rendere più misterioso ciò che spiega è una spiegazione fallita.
- Il popolo non elegge chi lo cura, ma chi lo droga.
- L'autentico umanesimo si edifica sulla consapevolezza delle insufficienze umane.
- La lucidità della coscienza è privilegio di coloro che sono privi della stoltezza necessaria alle convinzioni dominanti.
- L'uomo vive dei suoi problemi e muore delle sue soluzioni.
- La continuità dell'Occidente si è interrotta da quando il libro antico ha smesso di contenere insegnamenti per diventare documenti.
- Ciò che la ragione giudica impossibile è l'unica cosa in grado di appagare il nostro cuore.
- A seconda del lettore, e del libro, si tratta di lettura o di avventura.
- Un corpo nudo risolve tutti i problemi dell'universo.
- Il ridicolo è il tribunale supremo della nostra condizione terrena.
- Non appena le norme che ci rendono civili si allentano, il popolo servile, che grugnisce in ciascuno di noi, scatena i suoi torvi appetiti.
- Non è stato un Dio ventriloquo a ispirare la Bibbia. La voce divina attraversa il testo sacro come un vento tempestoso il folto di un bosco.
- Le idee sembrano frutto di improvvisi squilibri del cervello, che rapidamente torna alla sua stolida stabilità.
- Non vorremmo limitarci ad accarezzare il corpo amato, ma essere la carezza stessa.
- L'artista coglie nel segno per ragioni che ignora.
- Lo scetticismo è l'umiltà dell'intelligenza.
- Ogni scrittore glossa all'infinito il suo breve testo originale.
- L'uomo è un animale che immagina di essere uomo.
- Il critico coglie nel segno con argomenti assurdi e prende cantonate con ragionamenti coerenti. La grande critica d'arte è un abuso efficace della ragione.
- È sufficiente che la bellezza sfiori appena il nostro tedio, perché il cuore ci si laceri come seta tra le mani della vita.
- Il modo in cui certuni predicano i «valori spirituali» fa automaticamente dubitare della loro rettitudine.
- Invecchiare con dignità è un compito da svolgere istante per istante.
- Tutto ci sembra caotico tranne il nostro disordine.
- Più che ragioni per credere, ci sono ragioni per dubitare del dubbio.
- Lo scetticismo non è la tomba dell'intelligenza, bensì la fonte che la ringiovanisce.
- Lo scetticismo autentico aspetta serenamente senza erigere idoli surrettizi.
- Arte popolare è l'arte del popolo che al popolo non sembra arte. Quella che gli sembra arte è arte volgare.
- L'intelligenza tende all'imbecillità come i corpi tendono al centro della terra.
- Il discepolo non possiede né soluzioni né problemi, ma solo un vocabolario. La sua funzione si riduce a formulare banalità nel lessico del maestro.
- Una convinzione che non poggi su palafitte scettiche sprofonda.
- L'uomo comune erra nell'oscurità, il filosofo si sbaglia alla luce del sole.
- Nei Paesi borghesi come in terra comunista l'«evasione dalla realtà» è deplorata in quanto vizio solitario, perversione debilitante e abietta. […] Tale «evasione» è la fugace visione di splendori perduti e la probabilità di un verdetto implacabile sulla società attuale.
- Amare è sentire la pressione del corpo assente contro il nostro.
- L'adesione al comunismo è il rito che permette all'intellettuale borghese di esorcizzare la sua cattiva coscienza senza abiurare il suo essere borghese.
- Le incertezze del maestro sono le certezze del discepolo.
- L'intelligenza vive finché non preferisce le sue soluzioni ai suoi problemi.
- Il male, come gli occhi, non vede se stesso. Tremi colui che si vede innocente.
- Il credente non è possessore di eredità iscritte al catasto, ma comandante che avvista le coste di un continente inesplorato.
- L'uomo intelligente è quello che mantiene la sua intelligenza a una temperatura indipendente dalla temperatura dell'ambiente in cui vive.
- Lo stupido non si rassegna all'esistenza dell'insolubile: falso problema o problema risolvibile domani, questo è il suo dilemma.
- Gli individui, come le nazioni, hanno virtù diverse e identici difetti. Nostro patrimonio comune è la viltà.
- Il nulla è l'ombra di Dio.
- Diffidiamo di chi vive andando a caccia di argomenti per convincere gli altri. L'intelligenza ha per unica ambizione convincere se stessa.
- Il naturale e il sovrannaturale non sono piani sovrapposti ma fili intrecciati.
- L'età adulta del pensiero non è determinata né dall'esperienza né dagli anni, ma dall'incontro con certe filosofie.
- La maggior parte delle filosofie sono ostacoli che è possibile aggirare con una deviazione di percorso, ma alcune, poche, sono catene montuose che si è costretti ad attraversare.
- Non c'è vittoria spirituale che non sia necessario ogni giorno vincere di nuovo.
- Rassegnarsi all'errore è il principio della saggezza.
- Nessuno merita il nostro interesse più di un istante, o meno di una vita.
- L'adolescente non perdona gli scrittori letti da suo padre.
- L'amore è essenzialmente adesione dello spirito a un corpo nudo.
- Respingiamo l'abominevole esortazione a rinunciare all'amicizia e all'amore per evitare la sventura. Mescoliamo piuttosto le nostre anime come intrecciamo i nostri corpi. Che la persona amata sia la terra delle nostre radici divelte.
- Quando l'amore raggiunge la sua perfetta maturità, l'impudicizia è la sua unica espressione adeguata.
- Dicesi problema sociale la necessità di trovare un equilibrio tra l'evidente uguaglianza degli uomini e la loro evidente disuguaglianza.
- Convincere chi ha opinioni proprie è facile, ma nessuno convince chi sostiene opinioni altrui. Nessuno si aggrappa tanto alle proprie opinioni quanto colui che è solamente l'eco dell'epoca in cui vive.
- Il mondo dei sensi è una molecola di polvere in un torrente di acque invisibili.
- Il paganesimo è l'altro Antico Testamento della Chiesa.
- Ogni verità va dalla carne alla carne.
- In filosofia il nuovo non è un albero nuovo, ma un nuovo germoglio primaverile.
- L'uomo moderno non ama, si rifugia nell'amore; non spera, si rifugia nella speranza; non crede, si rifugia in un dogma.
- Si deve leggere solo per scoprire ciò che va eternamente riletto.
- Basta la grazia imprevista di un sorriso intelligente a far volare via gli strati di tedio depositati dai giorni.
- Erotismo, sensualità, amore, quando non convergono in una stessa persona non sono altro, isolatamente, che una malattia, un vizio, una stupidità.
- Una vocazione genuina porta lo scrittore a scrivere solo per sé: dapprima per orgoglio, poi per umiltà.
- L'anima deve aprirsi all'invasione di ciò che le è estraneo, rinunciare a difendersi, favorire il nemico, affinché il nostro essere autentico sorga e si mostri, non come una fragile costruzione protetta dalla nostra timidezza, ma come la nostra rocca, il nostro granito incorruttibile.
- Ammettere di buon grado che le nostre idee non hanno motivo di interessare chicchessia è il primo passo verso la saggezza.
- Quanto più l'uomo crede di essere libero, tanto più facile è indottrinarlo.
- Amare è fare la ronda senza posa intorno all'impenetrabilità di un essere.
- L'uomo non è padrone della propria intelligenza: ne riceve semplicemente le visite.
- Le prove dell'esistenza di Dio abbondano per chi non ne ha bisogno.
- Compito dell'immaginazione è la redenzione della realtà.
- La sensualità è la possibilità permanente di riscattare il mondo dalla prigionia della sua insignificanza.
- La ragione è una mano premuta sul petto a placare il battito del nostro cuore disordinato.
- Il sorriso dell'essere che amiamo è l'unico rimedio efficace contro il tedio.
- L'unica cosa che amiamo nella vita sono le presenze che l'attraversano come messaggere d'altri mondi.
- Non potendo parlare sempre della morte, tutti i nostri discorsi sono banali.
- Appartengono alla letteratura tutti i libri che si possono leggere due volte.
[Nicolás Gómez Dávila, In margine a un testo implicito, a cura di Franco Volpi, traduzione di Lucio Sessa, Adelphi, Milano 2001.]
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«Un aforisma benfatto sta tutto in otto parole»
"Poco e buono" e
"meglio un fiore che accumulare tanta materia".
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