giovedì 3 luglio 2014

Uno sguardo alla vita ed al messaggio di Suor Faustina, ci permetterà di capire meglio l'infinita ricchezza della divina misericordia.


Carissimo Amico/a,

«La mentalità attuale sembra opporsi al Dio di misericordia, e tende ad eliminare dalla vita ed a togliere dal cuore umano la nozione stessa di misericordia, constata Papa Giovanni Paolo II. La parola e l'idea di misericordia sembrano mettere a disagio l'uomo che, grazie ad uno sviluppo scientifico e tecnico finora sconosciuto, è diventato padrone della terra che ha sottomesso e dominato... Tuttavia, la situazione del mondo attuale non palesa soltanto trasformazioni capaci di far sperare per l'uomo un avvenire terreno migliore, ma rivela altresì molteplici minacce, di gran lunga peggiori di quelle che si erano conosciute finora» (Enciclica Dives in misericordiaDM, 2, 30 novembre 1980).

In occasione della cerimonia di beatificazione di Suor Faustina Kowalska, il 18 aprile 1993, il Papa dice anche: «Il bilancio di questo secolo che volge al termine presenta, oltre alle conquiste, che hanno spesso superato quelle delle epoche precedenti, un'inquietudine ed una paura profonda quanto all'avvenire. Di conseguenza, dove, se non nella misericordia divina, il mondo può trovare la via d'uscita e la luce della speranza?»
Uno sguardo alla vita ed al messaggio di Suor Faustina, ci permetterà di capire meglio l'infinita ricchezza della divina misericordia.


Un'educazione austera

Il 25 agosto 1905, a Glogow (Polonia), nella casa dei coniugi Kowalski, nasce una bambina, terza di una famiglia che conterà dieci figli. Il giorno seguente, con il santo battesimo, riceverà il nome di Elena. Suo padre si guadagna con difficoltà il pane quotidiano, benchè passi le giornate a coltivare una terra poco generosa, ed una parte delle notti ad esercitare il mestiere di falegname. In questa famiglia patriarcale, i genitori predicano più con l'esempio che con le parole. I figli vengono allevati con affetto, ma anche con energia e addirittura con durezza.

Elena è di indole allegra ed espansiva. Benchè si faccia notare come ottima alunna, rimarrà a scuola solo due anni: si ha bisogno di lei in casa per le pulizie e per il lavoro nei campi. A 9 anni, fa la prima comunione, e diventa più meditativa, cerca momenti di silenzio e di solitudine. A 14 anni, la si manda a lavorare in una fattoria dei dintorni. Ciò porterà in casa un po' di denaro, ed essa potrà farsi un vestito della festa per andare a Messa. Dopo un anno di servizio pieno di abnegazione, di gentilezza e di diligenza, Elena dichiara a sua madre: «Mamma, devo farmi suora; devo entrare in convento!»
La risposta è un «no» categorico. I Kowalski, a corto di denaro e pieni di debiti, non possono assumersi le spese per la costituzione del corredo, vale a dire pagare gli abiti religiosi, condizione per l'ammissione in convento delle postulanti. Elena deve dunque pazientare: torna al lavoro, più lontano, nella città di Lodz.


In mezzo a ballerini sfrenati...


Passano due anni. Elena ha 18 anni. Supplica di nuovo i genitori di permetterle di realizzare finalmente la sua vocazione. Identico rifiuto netto. Delusa, la ragazza si lascia andare ad una certa tiepidezza e si sforza di soffocare nei divertimenti la chiamata di Dio. Eccola al ballo, una domenica sera, con sua sorella. Balla, ma il suo cuore risente uno strano malessere. Ad un tratto, vede Gesù accanto a sè: è lì, tutto insanguinato, coperto di piaghe, con il volto tormentato dal dolore, lo sguardo implorante, straziante. Le dice: «Per quanto tempo ti sopporterò ancora? Fino a quando mi deluderai?» Elena, stupefatta, sconvolta, smette immediatamente di ballare. Non sente più nessun suono; non vede più nulla della sala da ballo e dei ballerini che continuano a turbinare, sfrenati. Se ne va senza farsi notare, e corre fino alla cattedrale di San Stanislao Kostka.

La chiesa è quasi deserta. Si prosterna, con la faccia contro terra, davanti al Santissimo esposto nel brillante ostensorio; e, con tutto il cuore, vibrante di attesa e di umile sottomissione, chiede a Gesù Cristo: «Cosa devo fare?... – Va' immediatamente a Varsavia, lì entrerai in un convento». Elena si rialza, con il cuore traboccante di gioia, spiega tutto alla sorella, le chiede di salutare i genitori da parte sua, e, senza bagagli, prende il primo treno per Varsavia. Trova provvisoriamente un posto di domestica tuttofare presso una famiglia cattolica. Ma nessuna porta di convento si apre davanti a lei: non si sa che farsene di quella contadina incolta e senza dote. Persevera nelle sue ricerche, e finalmente viene introdotta presso la Madre Superiora delle Suore di Nostra Signora della Misericordia.


Va' a trovare il padrone di casa


Imbarazzata, la Madre Superiora le dice: «Va' a chiedere al Padrone di questa casa se vuol riceverti». Piena di gioia, Elena va nella cappella e, inginocchiata davanti al Tabernacolo, chiede: «Padrone di questa casa, mi vuoi ricevere?» Immediatamente, sente queste parole: «Ti accolgo, sei nel mio Cuore». Torna dalla Superiora che la interroga: «Allora, ti ha accettata nostro Signore? – Sì. – Se Lui ti ha accettata, ti accetto anch'io». Elena (che, in religione, si chiamerà ormai Suor Faustina) comincia così una vita totalmente consacrata al servizio di Cristo misericordioso e della di Lui Santa Madre.
Felice all'inizio, la postulante è ben presto delusa: accolta come conversa, è completamente assorbita da lavori di pulizia, di manutenzione, ecc. ed ha ben poco tempo per la preghiera, la meditazione, il cuore a cuore con Gesù Salvatore. Quasi decisa a lasciare la Congregazione, per cercarne un'altra più contemplativa, supplica il divino Maestro di illuminarla: improvvisamente, il Volto insanguinato di Nostro Signore le appare, nella sua stanza: «Qui ti ho chiamata, qui ti preparo grandi grazie».
Totalmente abbandonata alla volontà divina, Suor Faustina diventerà una vera contemplativa, in varie case della Congregazione e fra lavori continui, che esegue con ingegno e dedizione: cucina, giardino, portineria, ecc.

Il 22 febbraio 1931, le appare nuovamente Nostro Signore. È avvolto in un'ampia veste bianca, una mano è alzata in un gesto di assoluzione, l'altra è posata sul suo divino Cuore. Da quel Cuore scaturiscono in direzione della terra due fiotti di luce, uno rosso, l'altro bianco, i cui fasci si allargano progressivamente fino a ricoprire il mondo intero. E Gesù dice a Suor Faustina: «Dipingi un'immagine simile a ciò che vedi e scrivici sotto: 'Gesù, in te confido'. Desidero che tale immagine sia venerata in tutto il mondo. Prometto a coloro che la venereranno la vittoria sulle forze del peccato, soprattutto nell'ora della morte. Li difenderò io stesso, come mia gloria».
«Cosa significano i due fasci di raggi, uno rosso, l'altro bianco? interroga Suor Faustina. – Questi raggi significano l'acqua ed il sangue. L'acqua che purifica le anime; il sangue che è la vita dell'anima. Sgorgano dal mio Cuore trafitto sulla Croce». San Giovanni testimonia infatti: Uno dei soldati aprì il costato di Gesù con un colpo di lancia e subito ne uscirono abbondantemente sangue ed acqua! (Giov. 19, 34). L'acqua rappresenta il Battesimo ed il sacramento della Penitenza; il sangue, l'Eucaristia.
Suor Faustina è incapace di disegnare o di dipingere. Seguendo le sue indicazioni, un artista realizzerà la santa icona di Gesù misericordioso
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Ma quante lotte, contraddizioni, derisioni e smacchi le sono riservati fino al 1935, data alla quale, timidamente, il quadro verrà esposto nel celebre santuario di Nostra Signora d'Ostra Brama, a Wilno, grazie agli sforzi del suo confessore, don Sopocko. Subito, l'icona attira l'attenzione, e le grazie straordinarie di conversione si moltiplicano. Dopo la morte di Suor Faustina, verrà riprodotta in tutto il mondo.


Per chi la misericordia?


Che cos'è la misericordia? Essere misericordiosi significa avere un cuore velato di tristezza davanti all'altrui miseria, come se si trattasse della propria. L'effetto della misericordia è quello di sforzarsi di allontanare, per quanto possibile, tale miseria dal prossimo. La misericordia divina è l'amore di Dio per gli uomini in preda alla sofferenza, l'ingiustizia, la povertà ed il peccato. Mostra Dio particolarmente prossimo all'uomo. Gesù Cristo ha rivelato, con il suo stile di vita e le sue azioni, come l'amore di Dio sia presente nel mondo in cui viviamo. Tale amore attivo è capace di chinarsi su ogni figliol prodigo, su ogni miseria morale (ogni peccato). «La misericordia è come il secondo nome dell'amore, ed è, in pari tempo, il modo in cui si rivela e si realizza per opporsi al male che è nel mondo, che tenta ed assedia l'uomo, gli si insinua fin nel cuore e può farlo perire nella geenna» (DM, 7).

«Sulle orme di San Paolo, la Chiesa ha sempre insegnato che l'immensa miseria che opprime gli uomini e la loro inclinazione al male ed alla morte non si possono comprendere senza il loro legame con la colpa di Adamo e prescindendo dal fatto che egli ci ha trasmesso un peccato dal quale tutti nasciamo contaminati» (Catechismo della Chiesa Cattolica, CCC, 403). Abbiamo tutti bisogno della misericordia, poichè siamo tutti colpiti dalle conseguenze del peccato di Adamo. Le nostre colpe personali non hanno fatto che aggravare la nostra situazione: «Agli occhi della fede, nessun male è più grave del peccato, e niente ha conseguenze peggiori per gli stessi peccatori, per la Chiesa e per il mondo intero» (CCC, 1488). La perversità del peccato grave si comprende meglio quando si considerano le conseguenze eterne: «È soltanto in questa visione escatologica (del cielo e dell'inferno) che si può avere l'esatta misura del peccato e sentirsi spinti in modo decisivo alla penitenza ed alla riconciliazione (con Dio e con il prossimo)» (Giovanni Paolo II, Riconciliazione e penitenza, 26, 2/12/1984).


Il frutto del peccato


Nella sua misericordia, Dio ha voluto mostrare a Suor Faustina la conseguenza eterna del peccato grave. Scrive nel suo «Giornalino»: «Oggi, sono stata introdotta da un angelo negli abissi dell'inferno. È un luogo di grandi supplizi. La sua estensione è terribilmente vasta. Vi ho visto diversi tipi di sofferenze: – La prima è la perdita di Dio. – La seconda: i perpetui rimorsi della coscienza. – La terza: la sorte dei dannati non cambierà mai. – La quarta: è il fuoco, acceso dall'ira di Dio, che penetrerà nell'anima senza distruggerla. – La quinta: le tenebre incessanti, un odore terribile, soffocante. E, malgrado le tenebre, i demoni e le anime dannate si vedono l'un l'altro e vedono tutto il male altrui ed il loro. – La sesta: è la continua compagnia di Satana. – La settima: una terribile disperazione, l'odio di Dio, le maledizioni, le bestemmie.
«Che ogni peccatore sappia che sarà torturato per tutta l'eternità attraverso i sensi di cui si è servito per peccare. Scrivo questo per ordine di Dio, acciocchè nessuna anima possa scusarsi affermando che l'inferno non esiste, o che nessuno vi è andato e non si sa come sia. Io, Suor Faustina, per ordine di Dio, sono penetrata negli abissi infernali per parlarne alle anime e testimoniare che l'inferno esiste... Ho notato una cosa, ed è che lì vi erano molte anime che avevano messo in dubbio l'esistenza dell'inferno... Così, prego ancor più ardentemente per la salvezza dei peccatori. Invoco su di loro senza posa la divina Misericordia. O Gesù mio, preferisco agonizzare fino alla fine del mondo noi massimi supplizi, piuttosto che offenderti con il minimo peccato».
Questa testimonianza personale della beata è tanto più degna di attenzione che non contraddice in nulla la dottrina della Chiesa: «La Chiesa afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità... Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da Lui per una nostra libera scelta» (CCC, 1035, 1033).

La realtà dell'inferno ci invita a riflettere sulla gravità della sua causa, il peccato mortale. Si «chiama peccato mortale l'atto attraverso il quale un uomo, liberamente e consapevolmente, rifiuta Dio, la di Lui legge, l'alleanza d'amore che Dio gli propone, preferendo proiettarsi verso se stesso, verso qualche realtà creata e finita, verso qualcosa di contrario alla volontà di Dio» (Enciclica Veritatis splendor, 6 agosto 1993). Ciò si verifica nella disubbidienza ai comandamenti di Dio in materia grave (per esempio: idolatria, apostasia, bestemmia, aborto, eutanasia, contraccezione, adulterio, ecc.).



«Gesù mio, misericordia!»


Dio, dal canto suo, non è in nessun modo l'autore del peccato. Ma c'è di più, Egli non abbandona colui che ha la sventura di offenderLo, ma gli offre instancabilmente la grazia del pentimento. Il Sangue di Cristo, morto per amore, ha ottenuto per noi un accesso sicuro presso il Dio di misericordia: Il sangue di Cristo purificherà la nostra coscienza da tutte le opere di morte (Ebr., 9, 14). La misericordia è la caratteristica di Dio. Una preghiera liturgica della Messa per i defunti comincia così: «O Dio, il cui proprio è di avere sempre pietà e di perdonare...», e l'orazione Colletta della 26^ domenica ordinaria afferma che Dio manifesta la propria onnipotenza soprattutto con il perdono e la misericordia. La misericordia è la massima virtù, poichè spetta a Lui dare agli altri, e, per di più, alleviare la loro indigenza. Questo è il proprio di Dio, che possiede tutto e che può tutto (ved. San Tommaso d'Aquino, II-II, 30, 4). Giovanni Paolo II sottolinea: «La misericordia, in quanto perfezione del Dio infinito, è essa medesima infinita. Infinita dunque ed inesauribile è la prontezza del Padre ad accogliere i figlioli prodighi che tornano a casa. Infinite sono altresì la prontezza e l'intensità del perdono che scaturisce incessantemente dal mirabile valore del sacrificio del Figlio. Nessun peccato dell'uomo può prevalere su tale forza, nè limitarla» (DM, 13).

Il Salvatore dice un giorno a Suor Faustina: «Voglio che i sacerdoti proclamino la mia grandissima misericordia. Voglio che i peccatori si avvicinino a me senza timore alcuno! Fosse l'anima come un cadavere in avanzato stato di putrefazione, non esistesse più, umanamente, alcun rimedio, non è la stessa cosa davanti a Dio! Le fiamme della misericordia mi consumano. Ho fretta di riversarle sulle anime... Nessun peccato, fosse anche un abisso di abiezione, esaurirà la mia misericordia, perchè più vi si attinge e più essa aumenta... È per i peccatori che ho versato tutto il mio sangue. Che si approssimino dunque a me senza alcun timore!» Così si spiega la fiducia di San Bernardo: «Il mio corpo di argilla mi opprime di tutto il suo peso, Satana dispone le sue trappole, ma non sono travolto, non cado, perchè sono solidamente fissato sulla roccia incrollabile. So che ho peccato gravemente, la coscienza me lo rimprovera; ma non mi scoraggio, mi ricordo delle piaghe del mio Salvatore, che è stato ferito per le nostre iniquità (Is. 53, 5). Che cosa c'è di tanto mortale che la morte redentrice di Cristo non guarisca? Quando penso ad un rimedio tanto potente ed efficace, non posso aver paura di nessuna malattia, per quanto sia maligna» (Sermone 61 sul Cantico dei Cantici, 5).

San Benedetto, nel Prologo della sua Regola, ci presenta la misericordia divina come un potente motivo di speranza, ed un appello alla conversione: «È per la riparazione dei peccati che i giorni di questa vita ci sono prolungati come una tregua, come dice l'Apostolo: Ignori che la pazienza di Dio ti induce alla penitenza? Poichè il nostro misericordioso Signore dice pure: Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva. «Il pentimento e la conversione sono le disposizioni necessarie per partecipare alla grazia della Redenzione. Il Santo Padre ci avverte di ciò quando dice: «Da parte dell'uomo, possono limitare (la misericordia) solo la mancanza di buona volontà, la mancanza di prontezza nella conversione e nella penitenza, vale a dire l'ostinazione incessante che si oppone alla grazia ed alla verità, specialmente di fronte alla testimonianza della Croce e della Risurrezione di Cristo» (DM, 13).
Al peccatore pentito, la divina misericordia viene concessa in modo privilegiato nella confessione. «È il sacramento della penitenza o della riconciliazione che appiana la strada di ciascuno, anche quando è subissato da gravi colpe. In questo sacramento, ogni uomo (battezzato) può sperimentare in modo unico la misericordia, vale a dire l'amore che è più forte del peccato» (DM, 13). La misericordia è promessa anche a coloro che sanno perdonare e compatire le altrui sofferenze: Beati i misericordiosi, perchè otterranno misericordia (Matt. 5, 7).


Vittima dell'amore misericordioso

Dopo l'apparizione del 1931, la vita di Suor Faustina è segnata dalla sofferenza fisica, le prove interiori e le umiliazioni. Ma essa accetta tutto con gioia, per ottenere la salvezza dei peccatori, a tal punto che il Sacro Cuore le promette: «Ti darò tutto ciò che vorrai... Per castigare, ho tutta l'eternità. Ora prolungo il tempo della misericordia. Prima di venire in qualità di Giudice, spalanco le porte della mia misericordia... I più grandi peccatori potrebbero diventare grandissimi santi, se confidassero nella mia misericordia». Come Santa Teresa di Gesù Bambino, la religiosa polacca arde di zelo missionario: «Mi sento responsabile di tutte le anime, sento che non vivo per me sola, ma per tutta la Chiesa... O, Gesù mio, abbraccio il mondo intero per offrirlo alla tua misericordia!»

Gli ultimi mesi di Suor Faustina, vissuti in un sanatorio per via della tubercolosi che la consuma fin dal 1933, trascorrono nella preghiera e l'immolazione per gli agonizzanti che la circondano. Ne ottiene spesso la conversione, anche in circostanze umanamente disperate. Si addormenta dolcemente nel Signore, all'età di 33 anni, il 5 ottobre 1938.
Suor Faustina era molto devota alla Santa Vergine, Madre di Misericordia. «Maria, dice il Papa, è colei che conosce più a fondo il mistero della divina misericordia. Ne sa il prezzo, e quanto esso sia grande. Quest'amore misericordioso non cessa, in lei e grazie a lei, di rivelarsi nella storia della Chiesa e dell'umanità» (DM, 9).
Beata Suor Faustina, ottienici, sotto la materna protezione di Maria e di San Giuseppe, il beneficio di accostarci con fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia ed un aiuto divino al momento opportuno (Ebr. 4, 16), per noi e per tutti coloro che ci sono cari, vivi e defunti.
Dom Antoine Marie osb

<<GESU' MIO, 

MISERICORDIA!>>

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