lunedì 7 luglio 2014

"O ninfe di Giudea!....



STROFA 31 


Intanto che tra i fiori e nei roseti 
l’ambra i suoi aromi emana, 
nei sobborghi restate, 
toccar le nostre soglie non vogliate". 

SPIEGAZIONE 


1. È la sposa che parla in questa strofa. Vedendo la sua parte superiore e spirituale 
arricchita di doni tanto preziosi e colmata di delizie così benefiche da parte del suo 
Amato, desidera conservare, in modo sicuro e permanente, quel possesso che lo Sposo 
le ha concesso, come si è visto nelle strofe precedenti. 

Ma la sua parte inferiore, ossia la 
sensualità, potrebbe impedire questo favore divino, e di fatto ostacola e disturba il 
possesso di un bene così grande. Per questo motivo la sposa chiede alle potenze e ai 
sensi della parte inferiore che si acquietino e cessino le loro operazioni e gli stimoli; 
chiede, altresì, che non vadano oltre i confini del loro ambito, quello della sensitività, 
turbando e gettando inquietudine nella parte superiore e spirituale dell’anima, in modo 
da non impedirle, neppure con il più piccolo moto, il bene e la soavità di cui gode. 
Difatti, se i moti della parte sensitiva e le potenze entrano in azione, mentre lo spirito 
gode, quanto più sono attivi e vivaci tanto più lo molestano e lo turbano. Dice, dunque, 
così: O ninfe di Giudea! 

2. Chiama Giudea la parte inferiore dell’anima, quella sensitiva. La chiama Giudea 
perché è debole, carnale e di per sé cieca, come il popolo ebraico. Chiama ninfe tutte le 
immaginazioni, le fantasie, i moti e gli affetti di questa parte inferiore. Le chiama tutte 
ninfe perché come le ninfe con il loro affetto e le loro grazie attirano a sé gli amanti, 
così le operazioni e i moti della sensualità cercano in maniera piacevole e insistente di 
attirare a sé la volontà della parte razionale, per distoglierla dalle realtà interiori verso 
gli oggetti esteriori che esse ricercano e desiderano; nello stesso tempo sommuovono 
anche l’intelletto, attirandolo perché si sposi e si unisca a loro agendo in modo vile, nel 
tentativo di conformare e unire la parte razionale con quella sensitiva. L’anima, dunque, 
dice: oh!, voi, operazioni e moti sensuali, intanto che tra i fiori e nei roseti l’ambra i 
suoi aromi emana. 

3. I fiori, come ho detto, sono le virtù dell’anima; i roseti le sue potenze: intelletto, 
memoria e volontà, che racchiudono in sé e coltivano rose e fiori di pensieri divini e atti 
d’amore e di virtù; l’ambra rappresenta qui lo Spirito divino che dimora nell’anima. 
Quest’ambra divina emana aromi tra i fiori e nei roseti, quando si spande e si comunica, 
in modo dolcissimo, nelle facoltà e nelle virtù dell’anima, donandole attraverso di esse 
profumi di soavità divina. Ora, mentre questo Spirito divino colma la mia anima di 
soavità spirituale, nei sobborghi restate. 

4. Nei sobborghi della Giudea, che, come ho detto, è la parte inferiore o sensitiva 
dell’anima; e i suoi sobborghi sono i sensi interni, come la fantasia, l’immaginazione e 
la memoria, ove s’imprimono e si conservano le forme, le immaEssegini e i fantasmi degli 
oggetti. Queste forme sono quelle che qui chiama ninfe.  penetrano nei sobborghi 
dei sensi interni attraverso le porte dei sensi esterni, cioè l’udito, la vista, l’olfatto, il 
gusto e il tatto, così che possiamo chiamare sobborghi tutte le facoltà e i sensi della 
parte sensitiva; si chiamano sobborghi perché sono i quartieri situati fuori delle mura 
della città. Difatti ciò che viene chiamato città nell’anima è la sua parte più interna, cioè 
quella razionale, che ha la capacità di comunicare con Dio e le cui operazioni sono 
contrarie a quelle della sensualità

Vi è, però, un collegamento naturale tra gli abitanti di 
questi sobborghi della parte sensitiva, le ninfe di cui ho parlato, in modo che quanto si 
fa in questa parte ordinariamente si avverte in quella più interna, che è la razionale; di 
conseguenza, ne richiama l’attenzione e la distrae nel suo rapporto spirituale con Dio. 
Per questo l’anima chiede loro di restare nei sobborghi, cioè di starsene quietamente nei 
loro sensi interni ed esterni. "Toccar le nostre soglie non vogliate". 

5. Cioè non toccate la parte superiore nemmeno con moti primi. I moti primi dell’anima, 
infatti, sono la porta d’ingresso e la soglia attraverso cui vi si penetra dentro, e quando 
questi primi moti arrivano fino alla ragione, hanno già varcato la soglia. Ma se questi 
moti primi restano ciò che sono, allora toccano solo la soglia o bussano alla porta. Ciò 
avviene quando la parte sensitiva attacca la ragione con qualche atto disordinato della 
sensualità. 
Ora l’anima desidera che non la tocchino non solo questi moti, ma neanche 
tutte le considerazioni che non hanno alcun rapporto con la quiete e la felicità di cui essa 
gode. Così, dunque, questa parte sensitiva con tutte le sue potenze, le sue forze e le sue 
debolezze è ormai sottomessa allo spirito quando l’anima è in questo stato. Lo spirito 
ormai conduce una vita di beatitudine simile a quello dello stato d’innocenza, quando 
tutta l’armonia e l’abilità della parte sensitiva dell’uomo serviva ad accrescere la sua 
felicità e gli era d’aiuto per meglio conoscere e amare Dio, in una pace e un accordo 
perfetto con la sua parte superiore. Beata l’anima che è giunta a questo stato! Chi è 
costui? Noi lo proclameremo beato perché ha compiuto meraviglie! (Sir 31,9). 

6. Questa strofa è stata inserita qui per mostrare la pace sicura e serena che gode l’anima 
una volta pervenuta a questo stato così sublime. Non si deve dunque pensare che, se 
l’anima manifesta qui il desiderio che queste ninfe smettano di agitarla, è perché essa è 
turbata in questo stato. Infatti tutte queste agitazioni sono ormai acquietate, come ho 
spiegato sopra. Questo desiderio riguarda più i proficienti che i perfetti, sui quali le 
passioni e i moti non hanno quasi alcun potere. 

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