martedì 1 gennaio 2013

***San Giovanni della Croce, il principe dei mistici poeti



PIACE INIZIARE IL 2013
con san Giovanni della Croce, 
il principe dei mistici poeti



STROFA 10, dal Cantico Spirituale (A)

Estingui i miei affanni,
ché nessuno vale ad annientarli,
ti vedan i miei occhi,
perché ne sei la luce,
per te solo desidero serbarli!

SPIEGAZIONE

1. L’anima prosegue in questa strofa chiedendo all’Amato di voler finalmente porre termine alle sue ansie e alle sue pene. Non vi è nessuno, infatti, all’infuori di lui, in grado di farlo, e allora faccia in modo che gli occhi dell’anima possano vederlo, perché solo lui è la luce a cui essi guardano e non vuole fissarli su nient’altro che non sia lui. Gli dice dunque: Estingui i miei affanni!

2. Come si è detto, la concupiscenza d’amore possiede questa proprietà: tutto quello che non si accorda, a fatti e a parole, con ciò che la volontà ama, la stanca, l’annoia e la turba, lasciandola disgustata, perché non vede realizzarsi ciò che desidera. Qui chiama affanni tutto questo e le fatiche che affronta per vedere Dio, e nulla può annientarli se non il possesso dell’Amato. Per questo gli chiede di eliminarli con la sua presenza, dando il suo refrigerio, come fa l’acqua fresca a chi è spossato dal caldo. Usa per l’appunto il termine estinguere, per far capire che essa sta soffrendo a causa di questo fuoco d’amore. Ché nessuno vale ad annientarli.

3. Per meglio commuovere e convincere l’Amato a esaudire le sue richieste, l’anima invita lo stesso Amato a estinguere le sue pene, perché nessun altro è in grado di soddisfare quanto lei chiede. Notiamo qui che Dio è ben disposto a consolare l’anima e a soddisfare i suoi bisogni e le sue sofferenze, quando lei non ha né pretende altra soddisfazione o conforto al di fuori di lui. Così l’anima che non ha nulla che la trattenga all’infuori di Dio, non può rimanere a lungo senza la visita dell’Amato. Ti vedan i miei occhi.

4. Cioè fa’ che ti possa vedere faccia a faccia (1Cor 13,12), con gli occhi della mia anima, perché ne sei la luce.

5. Dio, oltre a essere luce soprannaturale degli occhi dell’anima, senza la quale essa è nelle tenebre, è affettuosamente chiamato dall’anima luce dei suoi occhi, come l’innamorato suole chiamare la persona amata «luce degli occhi miei» per dimostrare l’affetto che le porta. Nei due versi citati sopra è come se dicesse: poiché gli occhi della mia anima non hanno altra luce, né per natura né per amore, se non te, ti vedan i miei occhi, perché in ogni modo ne sei la luce. Davide sentiva la mancanza di questa luce quando, desolato, esclamava: Lumen oculorum meorum, et ipsum non est mecum: Si spegne la luce dei miei occhi! (Sal 37,11). Per te solo desidero serbarli!

6. Nel verso precedente l’anima ha lasciato intendere come i suoi occhi erano nelle tenebre dal momento che non vedevano l’Amato, perché solo lui ne è la luce. Con tale espressione l’anima vuole obbligare lo Sposo a donarle questa luce di gloria. Nel presente verso vuole obbligarlo ancora di più dicendogli che se ne servirà solo per lui. Se è giusto, infatti, che l’anima sia privata di questa luce quando getta lo sguardo della sua volontà su qualcosa al di fuori di Dio, poiché vi frappone degli ostacoli, è altrettanto giusto che il suo merito venga ricompensato quando chiude i suoi occhi a tutte le cose create per aprirli solo al suo Dio.



"Perché mi cercavate?
Non sapevate che io devo occuparmi 
delle cose del Padre mio?"

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