giovedì 24 dicembre 2020

Parla padre Georg Ganswein...

Parla padre Georg Ganswein: “Io, Benedetto XVI, il conclave e quel segreto per il quale mi commuovo ancora” – ESCLUSIVO

Il segretario particolare di Joseph Ratzinger svela in questa intervista esclusiva al settimanale Oggi il reale stato di salute del Papa emerito. E si lascia andare anche sul conclave che elesse Bergoglio. E a ricordi molto personali…

Padre Georg Ganswein, il segretario personale di Joseph Ratzinger, al suo fianco dal 2003, svela in questa intervista esclusiva a Oggi, come sta davvero il Papa emerito. E, in occasione della biografia dedicata a Benedetto XVI, ripercorre i momenti più emozionanti vissuti accanto al Pontefice: la rinuncia al pontificato, i misteri da conclave e un incontro speciale con papa Francesco – FOTO ESCLUSIVE | VIDEO

Benedetto XVI in Vaticano con i suoi quattro angeli custodi – ESCLUSIVO

È LA PERSONA PIÙ VICINA AL PAPA EMERITO - A un certo punto deve scappare via. Lo aspetta il Papa emerito per la consueta passeggiata nei Giardini Vaticani e la preghiera del Rosario. La conversazione con monsignor Georg Gänswein, segretario di Joseph Ratzinger dal 2003, nasce in occasione della pubblicazione in Italia del libro Benedetto XVI – Una vita del giornalista e scrittore tedesco Peter Seewald. Monsignor Gänswein è la persona più vicina a Papa Benedetto: gli è stato accanto quando era cardinale, quando è salito al soglio pontificio, il 19 aprile 2005, e lo accompagna ancora oggi che è Papa emerito, dopo la rinuncia al pontificato nel febbraio 2013, nel suo ritiro nel Monastero Mater Ecclesiae, in Vaticano. E qui, “leggere” idealmente con lui la biografia di Benedetto XVI è un privilegio.


 Monsignore, come sta il Papa emerito? Negli ultimi giorni si sono diffuse voci preoccupanti sulla sua salute… «Sulla sua salute ci sono state fake news. Benedetto XVI sta come una persona di 93 anni. Ha le fragilità del fisico, la voce molto debole, ma la mente è lucida. Tutti i giorni concelebra la messa, prega, riceve ancora qualche visita, legge, studia, sente musica, sbriga la corrispondenza. Certamente con un ritmo pacato. Si riposa più spesso perché le forze sono diminuite, ma è di buonumore e sereno. Per usare un’immagine automobilistica: è passato dalla terza alla prima marcia. Comunque, dopo una pausa di quasi tre mesi, è tornato a fare le sue passeggiate con l’aiuto del deambulatore nei Giardini Vaticani (FOTO ESCLUSIVE), quando il tempo lo permette. E si è ripreso dalla fatica del viaggio in Germania, dove è stato lo scorso giugno per visitare il fratello Georg, che poi è mancato, e dall’herpes-zoster, virus che provocava forti dolori e che lo ha colpito all’inizio del viaggio a Ratisbona».

Benedetto XVI e le passeggiate con l’aiuto del deambulatore – ESCLUSIVO

Seewald racconta tutta la sua vita: Papa Benedetto ha commentato la sua biografia? «L’ha letta in tedesco. Era previsto che Seewald gliela portasse personalmente lo scorso aprile, nel momento della pubblicazione in Germania. Poi, con l’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19, non è stato possibile. Ha mandato il libro a metà aprile, e Papa Benedetto lo ha avuto nelle sue mani proprio nel giorno del suo compleanno, il 16. Leggendolo era stupito e ammirato per la capacità con cui Seewald ha saputo raccontare con accuratezza e chiarezza la sua vita, con uno stile da saggista-narratore, ma allo stesso tempo in modo impeccabile e ben documentato. Voglio sottolineare che questa biografia non è un atto di compiacenza, commissionato “dall’alto”. Non è stata impartita nessuna direttiva. Seewald non ha chiesto l’approvazione di Benedetto XVI. Ha avuto piena libertà di scrivere».

E per lei, quali sono i passi del libro più emozionanti? «Ho letto la biografia in tedesco e ora ho cominciato a leggerla in italiano e trovo che la traduzione renda bene lo stile narrativo di Seewald. Uno dei momenti più emozionanti che il libro mi restituisce è quello dell’elezione».

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A proposito, nel libro si dice che lei non pensava che Ratzinger potesse essere eletto… «Alla morte di Giovanni Paolo II ho pensato che, dopo un Papa polacco, era difficile che potesse salire al soglio di Pietro un Pontefice di origine tedesca. Ho fatto un ragionamento geo-politico. Poi verso la fine dei “Novendiali”, quei nove giorni di lutto che seguono ai funerali di un Papa, comprendono riunioni di tutti i cardinali, la mattina e il pomeriggio nell’Aula del Sinodo, e celebrazioni eucaristiche serali nella Basilica di San Pietro, mi sono reso conto che qualcosa era cambiato. Ho intuito che Ratzinger poteva essere papabile. Molti cardinali, ascoltandolo e vedendolo nel ruolo di decano del Collegio cardinalizio, avevano capito che sarebbe stato il candidato giusto, perché non solo rappresentava la continuità con Giovanni Paolo II, di cui era stato stretto collaboratore per 24 anni, ma garantiva anche una pienezza di visione della fede cattolica».

Nel conclave del 2005 c’era chi, con il Gruppo di San Gallo, fondato dal cardinal Martini, non era favorevole all’elezione di Ratzinger, ma vedeva papabile Bergoglio… «Di questo gruppo Ratzinger non sapeva nulla al momento dell’elezione, e neanche io. E non credo che gli interessasse neppure. Io posso solo dire che quando è diventato Papa non ha dato nessuna importanza a questo circolo».

Le è capitato di commuoversi leggendo il libro: c’è tutta la vita di Papa Benedetto e un po’ anche la sua… «I passi del libro che suscitano la mia commozione sono quelli della rinuncia. Benedetto XVI mi aveva rivelato questa sua intenzione, sotto il sigillo pontificio del silenzio, già a settembre 2012. Allora nessuno sapeva nulla: solo pochissime persone. La rivelazione di quella scelta per me è stata scioccante: mi ha confidato una decisione presa, non una riflessione di cui discutere. E io ho tenuto quella confidenza chiusa nel cuore. La sentivo come un macigno. A ricordare quei momenti sento ancora i brividi per la portata di quella decisione. Mi ha parlato con tono sereno, pacato: il tormento lo aveva affrontato nei mesi precedenti. Io in quel periodo avevo notato un cambiamento in lui, ma pensavo che dipendesse dalla stanchezza dovuta agli impegni del ministero petrino degli ultimi mesi e alla sfida di voler finire la terza parte dell’opera Gesù di Nazaret. Le forze erano diminuite. Solo dopo ho capito quale battaglia interiore ha vissuto. E non dimenticherò mai quel pomeriggio del 28 febbraio 2013, ultimo giorno di pontificato di Benedetto XVI, quando abbiamo lasciato il Palazzo Apostolico. Pensieri ed emozioni si sono mescolati e ho pianto».

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Nel libro, ha scoperto qualcosa che non conosceva su Ratzinger? «Ho scoperto molto sui suoi anni giovanili, quando era seminarista e studente di filosofia e teologia a Frisinga e a Monaco. Ho potuto confermare la convinzione che Joseph Ratzinger aveva già da giovane una grande capacità intellettuale, una chiarezza di pensiero teologico straordinario che poi negli anni successivi, da professore, vescovo e cardinale, ha sviluppato e approfondito. È stupendo trovare una continuità nel pensiero del “giovane” e del “maturo” teologo Ratzinger. Anche se alcuni lo hanno definito progressista all’inizio del suo percorso di studioso, al tempo del Concilio Vaticano II, e poi conservatore. Questo è uno stereotipo inventato, tra amicizia e rivalità, dal teologo ed ex-collega a Tubinga Hans Küng. Nella visione della fede e della teologia di Ratzinger non c’è rottura. C’è un grande lavoro di approfondimento».

Non ci sono rivelazioni su amori giovanili… «Ci sono domande esistenziali e una lotta personale, direi inevitabile, circa la giusta decisione alla fine del percorso da seminarista. Non si trovano fidanzate. Joseph Ratzinger negli anni del seminario e dell’università si è chiesto se il sacerdozio poteva essere la scelta giusta per lui, se il celibato poteva essere un progetto reale per la sua vita, se la vocazione era sincera».

Papa Benedetto ha scritto un testamento spirituale… «È un testamento piuttosto breve. Più di qualcuno gli ha proposto di pubblicarlo. Ma lui ha detto di no».

Nella biografia si dice che lei ha avuto timore che Ratzinger, da Papa emerito, potesse cadere in solitudine, in una sorta di depressione… «Depressione non è la parola giusta. Nei primi due mesi che hanno seguito la rinuncia, quando era a Castel Gandolfo, prima del rientro in Vaticano, appariva molto stanco e provato. Forse ha dovuto riprendere le forze e le energie che l’ultimo periodo di pontificato, mesi non facili, aveva richiesto. Tuttavia, era stato sempre sereno dopo la decisione della rinuncia».

Nel libro, Seewald riporta anche un’intervista a Papa Benedetto. Qui Ratzinger dice che la vera minaccia per la Chiesa, e per il servizio petrino, viene dal potere spirituale dell’Anticristo, e cita come esempi l’aborto, la produzione di essere umani in laboratorio, i matrimoni omosessuali. Quanto questa visione si discosta dalle parole di Bergoglio sull’importanza del riconoscimento delle unioni civili riportate recentemente nel film Francesco di Evgeny Afineevsky? «Sono sicuro che Benedetto XVI ripeterebbe anche oggi ciò che ha sostenuto nell’intervista. Io invece non commento ciò che non conosco in modo dettagliato. Non ho visto il film, non so che cosa Papa Francesco abbia detto veramente e se le sue parole siano state strumentalizzate».

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Recentemente Papa Francesco ha parlato del suo rapporto con il Papa emerito e ha detto che per lui è «un padre e un fratello». Da quanto tempo non si vedono? «Immagino si vedranno in occasione del prossimo Concistoro, il 28 novembre, per la creazione dei nuovi cardinali, come da tradizione anche se l’emergenza Covid-19 sconvolge un po’ tutte le programmazioni. Si sono visti lo scorso giugno, prima che Papa Benedetto andasse a trovare il fratello Georg a Ratisbona, in Germania. Benedetto XVI aveva telefonato a Papa Francesco comunicandogli che voleva rivedere suo fratello perché stava molto male. Lo stesso giorno della partenza, Papa Francesco ha suonato il campanello della porta del Monastero Mater Ecclesiae per salutarlo. È arrivato senza farsi annunciare, da solo. Ha parlato con Papa Benedetto e gli ha chiesto di portare al fratello malato la sua Benedizione apostolica. È stato un gesto commovente, di grande consolazione e di squisita sensibilità umana e fraterna. Recentemente Papa Francesco ha fatto avere al Pontefice emerito anche una copia rilegata in pelle bianca della sua ultima enciclica, Fratelli tutti, con dedica personale, come fa sempre quando pubblica un testo importante. E anche Papa Benedetto ha mandato una copia della sua biografia a Bergoglio».

Per decisione di Papa Francesco, lei dallo scorso febbraio non è più impegnato nella Prefettura della Casa Pontificia, dopo le polemiche dovute alla pubblicazione del libro del cardinal Sarah sul celibato dei preti che conteneva anche un saggio di Papa Benedetto. È previsto un suo ritorno nel ruolo di prefetto? «Voglio chiarire perché il contenuto della sua domanda non è del tutto corretto. Papa Francesco ha deciso, nel quadro di un’ordinaria ridistribuzione degli impegni del prefetto della Casa Pontificia, tenendo conto anche del mio ruolo di segretario particolare di Benedetto XVI, che devo occuparmi pienamente del Papa emerito. Da allora non ho svolto più servizio in Prefettura, pur mantenendo i contatti con il reggente e i collaboratori. Tra l’altro, a causa della pandemia, questa decisione di Papa Francesco è stata provvidenziale perché in questo modo la salute del Papa emerito è tutelata al meglio».


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