FESTA DI SAN MARTINO
STORIA DI SAN MARTINO
Martino nacque verso il 336 a Salaria (Szombathely, Ungheria) nella provincia romana della
Pannonia (formata da Ungheria, Austria orientale, Slovenia e Vojvodina). Figlio di un ufficiale
dell’esercito romano fu costretto ad arruolarsi nell’esercito perché una legge obbligava i figli a
seguire la professione del padre. Egli fu perciò mandato ad Amiens in Francia, dove gli accadde
l’episodio (raccontato più avanti) che gli cambiò la vita. Martino fu battezzato da Ilario di Poitiers,
diventandone suo discepolo. Da quel momento lasciò l’esercito e cominciò a girare in gran parte
d’Europa per diffondere il messaggio di Cristo. Nel 360 fondò il primo monastero della Gallia
(Francia) a Ligugè. La fama di Martino diventò grande, specialmente presso il popolo spingendo il
Clero a proclamarlo Vescovo di Tours, nonostante la sua ritrosia a ricoprire l’incarico. Nella sua
diocesi si adoperò a convertire specialmente il contado, preferendo vivere fuori della città nel
monastero di Marmotier da lui fondato. Dopo 25 anni di episcopato, instancabile nella predicazione
e nei miracoli, morì a Candes nel 397.
I primi biografi di San Martino sono stati il suo primo discepolo Sulpicio Severo che nella “Vita”
lo definisce il Tredicesimo Apostolo e San Venanzio Fortunato di Valdobiadene (TV).
San Venanzio nel 565 si recò, infatti, a Tours, da dove non sarebbe più ritornato in Veneto, per
pregare sulla tomba del Santo e sciogliere un voto fatto a San Martino che lo avrebbe guarito da una
malattia alla vista. Nel 575 scrisse, in versi esametri, “Vita di Martino” in quattro libri. In questo
poema egli esaltò l’opera infaticabile di San Martino, proposto come atleta di Dio. Martino fu il
primo vescovo ad estendere il concetto di diocesi anche al territorio extra cittadino, vale a dire alle
campagne. Non bisogna dimenticare che tra il Tre ed il Quattrocento i cristiani erano, infatti,
presenti soprattutto nelle città. Il santo, invece, per primo esce dalle mura cittadine, fonda
parrocchie rurali, le visita continuamente e va ad educare i preti.
L’undici novembre si ricorda San Martino, un santo molto amato in tutta Europa ed in gran parte
del mondo. Questa festa si riallaccia anche ai riti di chiusura della stagione contadina. San Martino
è ancora così conosciuto perché fu sempre pronto a difendere la gente più povera, soprattutto i
contadini (non dimentichiamo che pagano deriva da pagus che in latino significava contado) che
contribuì a convertire in gran numero e difese dai soprusi e dall’esoso fisco romano.
La fama di questo Santo è legata specialmente alla diffusione d’alcune leggende, termine che
andrebbe oggi rivisto e riqualificato. Leggenda è, in realtà, l’equivalente di Storia di tradizione
orale. Ricordiamo che una volta, specialmente tra la gente comune, chi sapeva scrivere era
un’eccezione, i fatti erano tramandati oralmente, più fedelmente di quanto non accada oggi (anche
per iscritto), perché allora la parola aveva valore, essendo considerata sacra.
La prima fonte orale, forse più conosciuta, racconta che mentre Martino prestava servizio militare
a cavallo sotto un tempo infernale di pioggia e vento, incontra un vecchio malfermo e tremante
ricoperto con poche vesti lacere. Il santo s’impietosisce e non sapendo cosa fare per aiutarlo, si
toglie il mantello di lana di servizio e lo taglia a metà con la spada, porgendolo al vecchio che
ringraziandolo gli dice: “Dio te ne renda merito”! Martino contento per aver recato sollievo alla
persona si allontana a cavallo mentre la pioggia ed il vento aumentano d’intensità tanto da fargli
quasi volar via il resto del mantello che a malapena lo ricopre. Dopo poco tempo ecco, però, che
smette di piovere, il vento si placa e spunta un timido sole che si fa sempre più forte tanto da
riscaldare tutta la terra. È l’istadela de San Martin! Una piccola ricompensa di nostro Signore per
recare conforto al santo. Martino si toglie felice persino il resto del mantello e, terminato il suo
servizio, va a riposare. Durante la notte in sogno gli appare Gesù che lo ringrazia e gli mostra l’altra
metà del mantello. Il resto del mantello fu conservato come reliquia tra i re Merovingi (Franchi).
Coloro che avevano l’incarico di conservarlo - visto che in latino, lingua ufficiale di allora,
“mantello corto” si diceva cappella – furono chiamati cappellani. Il mantello che era custodito
nell’oratorio dal cappellano prese così in seguito il nome di cappella.
La seconda fonte orale narra che Martino riluttante ad accettare la nomina a vescovo, proposta dal
Papa su sollecitazione popolare, perché era umile e non desideroso di occupare posizioni
preminenti, per non farsi trovare andò a nascondersi in un remoto convento. In questo romitaggio
c’era tuttavia un pollaio pieno d’oche che si misero a starnazzare rivelando il nascondiglio alla
gente che lo stava cercando. Da allora in ricordo del fatto e per punire le oche traditrici nei paesi del
nord Europa è usanza ogni anno arrostire un’oca, anche nelle nostre terre, dove l’oca era
considerata il maiale dei poveri, in questi giorni si mangia l’utile volatile.
Un detto veneto ricorda che:
Ki no magna oca a S.Martin no el fa un beco de cuatrin
FESTA A VENEZIA
La festa è ricordata soprattutto dai bambini che alla vigilia girano per i negozi della città battendo
con i mestoli le pentole e percuotendo tra loro i coperchi cantando una filastrocca e richiedendo
qualcosa in dono.
La principale frase della filastrocca è la seguente:
San Martìn xe nda in sofita
par trovar la so novisa
la so novisa no ge jera
San Martin xe fignio par tera!
E col nostro saketìn (che è sbattuto per far sentire le monetine contenute)
Viva, viva San Martin…
E' uso, inoltre, regalare a mogli, fidanzate ed ai figli dei dolci fatti a forma di San Martino a cavallo
con la spada sguainata. I Sanmartini sono fatti di pasta frolla e glassa, decorati con dolciumi vari,
oppure di cotognata (mele cotogne), la cosiddetta persegada.
Il riferimento al Santo è legato al dono ed alla carità. Il Santo ha donato, infatti, quello che in quel
momento era in grado di offrire, provando e portando gioia. Oggi donare a dei ragazzini dei
dolciumi o dei soldini, il Sanmartino a mogli e fidanzate, serve a rinnovare un gesto gratuito che il
Signore ci invita a fare e che spesso noi non mettiamo in pratica.
A Venezia ci sono due chiese dedicate a San Martino, una a Castello vicino all’entrata dell’Arsenale
dove è conservata una tibia del Santo e l’attiguo Oratorio della scuola di San Martino (Schola dei
Calafati dell’Arsenale), ed una a Burano, mentre moltissime sono sparse nei territori dell’ex Veneta
Serenissima Repubblica. Ai tempi della Serenissima, nel giorno della festa, si faceva una
processione dalla Scuola di S.Giovanni Evangelista fino alla chiesa di S.Martino a Castello.
NELLE CAMPAGNE VENETE
Nelle campagne venete si rinnova la sagra di S.Martino, un periodo nel quale si modificavano o si
chiudevano i contratti agrari, si spillava il primo vino (el vin novo) si raccoglievano le castagne e gli
ultimi frutti della stagione e ci si preparava per l’inverno. Rimane ancora oggi in uso il detto far
San Martin per dire traslocare. Al termine della stagione agraria, che si concludeva proprio il
giorno di San Martino, infatti, quando il padrone non rinnovava più il contratto ai contadini, essi
dovevano cambiare casa.
L’11 di novembre era ritenuto anche giorno endegàro, una giornata dalla quale i contadini
cercavano di capire, da alcuni segni meteorologici, la tendenza del tempo per il resto dell’inverno.
Ecco di seguito alcuni detti di questo giorno:
Da S. Martin l’inverno xe in camin
S.Martin xe el più bravo pelarin (perché fa cadere le foglie dagli alberi)
Istadela de S.Martin la dura tre dì e un poketin
S. Martin ge fa segno al vin
S.Martin ogni mosto xe bon vin
SAN MARTINO IN EUROPA
Un tempo l’undici novembre, prima dell’inizio del periodo di penitenza e di digiuno, che precedeva
il Natale, si faceva una gran mangiata d’arrosto d’oca.
Questa tradizione è ancora viva nei paesi del centro e del nord Europa, un’area che al tempo di San
Martino doveva avere ancora una forte influenza venetica.
Nelle Fiandre, nelle aree cattoliche di Germania, d’Austria e Svezia, in tempi recenti anche in molte
zone protestanti, è eseguita una processione di bambini con lanterne e lumini, spesso capeggiati da
un uomo vestito come San Martino, che cantano canzoni sul santo e vanno di casa in casa a
chiedere dolci e soldini.
Fabio Bortoli
Bassorilievo di San Martino presente sulla facciata esterna della Chiesa di San Martino di Castello a Venezia.
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