giovedì 5 novembre 2020

"Colui che è", Adonai, Jeové, JESUS, Gesù!

  





...Quale quell'inventore o innovatore o pensatore, anche mosso da giusto desiderio di investigare, conoscere e spiegare i misteri eccelsi e i naturali, che non cada in qualche errore, e del suo intelletto non ne faccia un movente di danno a sé e ad altri? La radice del danno a tutta l'Umanità non ha forse origine dal desiderio dei Progenitori di conoscere e penetrare nei dominii di Dio? Subito sedotti dalla falsa promessa dell'Avversario, vollero conoscere… e caddero in errore, come vi cadono pensatori, scienziati e uomini in genere.

   Ma Colui che è, e che è Sapienza perfettissima, non commise errore, e non ne commette, né il male e il dolore che han reso imperfetto ciò che fu creato perfetto mai deve dirsi che viene dall'Onnisciente, ma da coloro che vollero e vogliono uscire da quella legge d'ordine che Dio ha dato a tutte le cose e gli esseri viventi. Ordine spirituale, morale, fisico perfetto, e che, se rispettato, avrebbe mantenuto la Terra allo stato di terrestre paradiso e gli uomini che l'abitano nella felice condizione di Adamo ed Eva avanti la colpa.

   "Colui che è", antico nome di Dio, per un eccesso di venerazione, creatosi spontaneo nell'io degli uomini consci della loro condizione di essere dei decaduti dalla Grazia e meritevoli dei rigori di Dio — era allora il tempo che Dio, per gli uomini, era il Dio terribile del Sinai, il Giudice pronto alle vendette — fu presto sostituito dall'altro: Adonai. E questo, sia per diversità di pronuncia quale la si osserva in ogni nazione, e in tutti i tempi, da regione a regione, sia per essere usato troppo raramente per una troppo integrale applicazione del comando: "Non nominare invano il Nome del Signore Dio tuo", provocò un'alterazione della prima pronuncia: "Jeové"
Ma nella Galilea, nella quale l'Emmanuele avrebbe passato la quasi totalità della sua vita di Dio tra gli uomini, secondo il suo nome profetico di Emanuel, e dalla quale si sarebbe mosso per spargere la Buona Novella, Egli che era la Parola di Dio fattasi Uomo, e per iniziare la sua missione di Salvatore e Redentore che si sarebbe conclusa sul Golgota, quel nome, insegnato dall'Eterno a Mosè, conservò il suo suono iniziale: Jeovè.

   E nel nome del Figlio di Dio fattosi Uomo, nel nome che Dio stesso impose al Figlio suo incarnato, e che l'Angelo dei felici annunzi aveva comunicato alla Vergine immacolata, è, per chi sa leggere e intendere, un'eco di quel nome, e la Parola che lo portava, ai suoi, insegnò novellamente la parola vera: Jeovè, per dire Dio, per dire il Padre suo Ss., dal quale il Figlio è generato e dai Quali procede lo Spirito Santo. E procede per generare, al giusto tempo, nel seno della Vergine il Cristo Salvatore.
   Il Figlio di Dio e della Donna, Gesù. Colui che, oltre ad essere il promesso Messia e Redentore, è la testimonianza più vera del Padre e della sua Volontà, la testimonianza della Verità, della Carità, del Regno di Dio.

   Il Padre e il Figlio, sempre Una sol cosa anche se temporaneamente il Figlio aveva assunto Persona umana senza per ciò aver perduto la sua eterna Persona divina, sempre Una sol cosa per l'Amore perfetto che li univa, si sono vicendevolmente resi testimonianza. 

Il Padre la dà al Figlio, nel Battesimo al Giordano; sul Tabor, alla Trasfigurazione; al Tempio per l'ultima Pasqua, al cospetto anche dei Gentili venuti per conoscere Gesù. 

Ma a questa triplice testimonianza sensibile vanno aggiunte le testimonianze dei miracoli più grandi operati dal Cristo quasi sempre dopo aver invocato il Padre. Veramente può dirsi che l'invisibile presenza del Padre, che è eterno e purissimo Spirito, balenasse, come raggio di incontenibile luce che nessun ostacolo può imprigionare, in ogni manifestazione del Cristo, sia in veste di Maestro che in veste di operatore di miracoli e di opere divine.
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AMDG et DVM

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