domenica 22 novembre 2020

ANTOLOGIA CHE CI SPINGE A METTERE GESU' EUCARISTICO AL CENTRO DELLA VITA

 



7. Che cos'è il pane consacrato? Corpo di Cristo. E che cosa diventano

coloro che si comunicano? Corpo di Cristo. Non molti corpi: un Corpo solo,

quello di Cristo. (San Giovanni Crisostomo)

8. La liturgia delle Ore estende al giorno le prerogative del mistero eucaristico:

la lode, il ringraziamento, la pregustazione della gloria celeste.

(Principi e norme per la Liturgia delle Ore)

9. La spiritualità eucaristica ci fa vivere contemplativamente in ogni nostra

attività. E ci fa vivere attivamente la nostra contemplazione.

(A. Joos)

10. Cristo è presente. Lo stesso Cristo che una volta fece preparare la

tavola alla Cena, ha preparato questa, per voi. (San Giovanni Crisostomo)

11. Anche Maria, nella comunità apostolica, ha partecipato all’Eucaristia,

con gioia e semplicità di cuore. Ella è pertanto vicina a quanti, lungo i secoli,

partecipano all’Eucaristia e non complicano il proprio rapporto con Cristo,

con tanti ragionamenti. E questa non è ingenuità: è una seconda innocenza.

(Stefano De Fiores)

12. Grazie all’Eucaristia, il cristiano è veramente ciò che mangia! La nostra

partecipazione al corpo ed al sangue di Cristo non tende che a ciò:

farci diventare quello che mangiamo. (San Leone Magno)

13. Non è facile mettere l’Eucaristia al centro! Non è facile accogliere il

messaggio del sacramento dell’Eucaristia nella sua forza.

I testi del Nuovo Testamento alludono spesso all’incomprensione che essa

incontra in coloro cui essa è destinata. Il primo documento neotestamentario

sull’Eucaristia denuncia la maniera scorretta con cui essa veniva celebrata

dai cristiani di Corinto. Luca racconta come durante l’Ultima Cena i

discepoli discutessero chi fosse tra loro il più grande. Nel capitolo 6 di Giovanni

si incontra l’incomprensione da parte degli ascoltatori di Gesù: “Questo

linguaggio è duro, chi può intenderlo?”.

Nell’Eucaristia l’amore di Dio si manifesta nelle sue forme più pure e sconvolgenti

ed incontra un uomo che è spaesato dinanzi a cose immensamente

più grandi di lui.

L’Eucaristia è la meta di un lungo cammino. Confessare umilmente le nostre

lacune o anche semplicemente le nostre incertezze e difficoltà, è il primo

passo da compiere per riscoprire l’inesauribile ricchezza di questo mistero.

(Card. Carlo Maria Martini)

14. Gli amici provano tanta gioia nello stare insieme, che trascorrono tra

loro delle intere giornate. Chi non ama Gesù Eucaristia invece, si annoia

alla sua presenza; i santi hanno trovato il paradiso, davanti al SS. Sacramento.

(Sant’Alfonso)

15. La nostra carne mortale è nutrita del Corpo e del sangue di Cristo,

affinché l’anima nostra, mortale, si arricchisca della natura divina.

(Tertulliano)

16. Al termine della Messa il prete ci congeda con la formula: “La Messa

è finita, andate in pace!”. Sono sempre tentato di correggere: andate, perché

la Messa non è finita, non finisce mai. Questo infatti è un inizio, non

una conclusione. Il sacerdote non vuol dire: “ Bravi, avete fatto il vostro

dovere, potete andare tranquilli”; al contrario, è come se dicesse: “Adesso

tocca a voi, è il vostro momento”. Dunque non un segnale di “riposo”, ma di

“partenza” per una missione. Significa “agganciarsi” alla vita quotidiana. Ci

si alza dalla mensa eucaristica e si attacca a lavorare, a costruire il Regno.

(Alessandro Pronzato)

17. O Padre, che nel convito eucaristico ci hai dato la gioia di unirci al

tuo Figlio nato dalla Vergine Maria, fa’ che testimoniamo nella vita di ogni

giorno la sua presenza operante nell’Eucaristia. (dalla Liturgia)

18. S. Giovanni Crisostomo, in una sua omelia, con realismo ed audacia

mette in bocca a Gesù queste parole: “Mangiami, bevimi! Ancora oggi discendo

sulla terra per te. Sono mangiato, fatto a pezzi, affinché più profonda

sia la mia mescolanza con te, la fusione, l’unione. Se uno unisce a

se una cosa, essa però resta distinta da lui: io, invece, entro in te, mi insinuo

in ogni parte. Non vedo più alcuna separazione tra noi due: siamo

UNO.


19. La nostra anima è la Sposa dello Sposo immortale. I Sacramenti costituiscono

l’unione nuziale: infatti quando noi mangiamo il suo Corpo e

beviamo il suo Sangue, Lui è in noi, e noi in Lui. (Sant’Efrem)

20. Mangiando le membra dello Sposo celeste e bevendo il suo Sangue,

noi realizziamo con lui un’unione nuziale. (Teodoreto)

21. È come se due ceri fossero fusi in uno solo: così, mangiando il Corpo

ed il Sangue prezioso di Cristo, Lui è in noi, e noi siamo resi UNO in Lui.

(San Cirillo di Alessandria)

22. Qual è il rimedio che guarirà il nostro corpo dal veleno del peccato?

È il Corpo glorioso di Cristo. Egli si è mostrato più forte della morte ed è

per noi sorgente di vita. Come un po’ di lievito permea tutta la pasta, così

il Corpo immortale di Dio, una volta introdotto nel nostro, lo muta e lo trasforma

nella sua divina sostanza. (San Gregorio di Nissa)

Cristiano: ti rendi conto pienamente della ricchezza di queste frasi?

Se consideri che, nel tuo amare Gesù-Eucaristia, nell’adorarlo e nel

pregarlo, una sola di queste frasi ti può saziare e riempire l’anima di

dolcezza ... che cosa sarà se tu saprai “masticare” e “ruminare” con

pazienza tutta questa raccolta? Qui, sono i santi a farsi tuoi maestri...!

23. Eccomi davanti a Te! Eccomi inginocchiato davanti al tuo altare. IO

sono polvere e cenere, io sono colpa e peccato... Come potrò parlare a Te,

Signore, accostarmi alla tua mensa, ricevere la tua divina maestà in me?

Tu richiedi un cuore puro, umile: io ti porto un cuore superficiale, pieno di

peccati, freddo.... Ma se Tu non vieni in me, che cosa sarà di me? Vieni,

Signore Gesù, non guardare i miei peccati: perdonami e fammi nuovo,

Tu... (Beato Contardo Ferrini)

24. O meravigliosa altezza e degnazione che dà stupore! O umiltà sublime!

Il Signore dell’universo si nasconde sotto la piccola figura del pane,

per la nostra salvezza! (San Francesco)

25. Bisogna che i nostri pensieri siano per nostro Signore, attraverso

nostro Signore, con nostro Signore nel SS. Sacramento. Bisogna arrivare

a pensare attraverso la Santa Eucaristia. (San Pier Giuliano Eymard)

26. Il tuo corpo sacro, crocifisso per noi, noi mangiamo.

il tuo sangue prezioso, versato per noi, noi beviamo.

Il tuo corpo sia la nostra salvezza!

Il tuo sangue, liberazione dalle colpe.

(Preghiere dei primi cristiani)

27. Quanto è poco amato Gesù! Quanto pochi sono coloro per i quali

Gesù nel Sacramento costituisce l’amore della loro vita, dell’onore, della

felicità.... Il motivo è che si ama soltanto se stessi......

(San Pier Giuliano Eymard)

28. “Beati gli invitati alla mensa del Signore”: per chi risponde a questo

invito, un altro mondo si affaccia nel nostro mondo! Lo Spirito entra nella

carne, e la risuscita a nuova, impensabile vita.... (Bruno Forte)

29. Se comprendessimo pienamente l’amore di Dio, l’amore di Gesù che

nasce e che soffre, l’amore di Gesù nel SS. Sacramento, ci sarebbe da

morire di riconoscenza. E di rimorsi. (San Pier Giuliano Eymard)

30. L’Eucaristia è istituita perché diventiamo fratelli; viene celebrata perché,

da estranei ed indifferenti gli uni gli altri, diventiamo uniti, uguali ed

amici; è data perché, da massa apatica e tra se divisa, se non avversaria,

diventiamo un popolo che ha un cuor solo ed un’anima sola.

(Giovanni Paolo II)


31. Conosco una persona che aveva spesso dolori atroci: ma, quando si

accostava alla comunione, le pareva che per incanto le sparisse ogni male

e rimaneva guarita. Questo le accadeva molto frequentemente. E si trattava

di malattie così evidenti da escludere completamente la possibilità di

simulazioni.

Del resto, se Gesù, quando era nel mondo, guariva gli infermi con il semplice

tocco delle sue vesti, come dubitare che non faccia ancora miracoli,

quando viene in noi con il suo corpo? Sì: trovandosi in casa nostra, accoglierà

ogni nostra domanda. Non è infatti sua abitudine pagar male

l’alloggio che gli si dà, se viene accolto bene nella nostra casa....

(Santa Teresa d’Avila)


32. Gesù è ben capace di manifestarsi, a chi sta alla sua presenza.....

Anche se ciò non avviene in maniera visibile, il Signore dispone di molti

altri mezzi, e si manifesta all’anima con sentimenti interiori, od in altri modi....

E voi, fategli buona compagnia! Non perdete una così bella occasione

per manifestargli le vostre necessità, dopo la S. Comunione. E se la vita

vi chiama ad altre occupazioni, cercate di rimanergli unite con l’anima.

Certo, quel tempo è molto prezioso: perché in esso il Maestro ci istruisce.

(Santa Teresa d’Avila)

33. Se, appena ricevuta la S. Comunione, uno non vede l’ora di uscire di

chiesa e così si ingolfa nelle occupazioni e negli affari del mondo, come

volete che il Signore gli si manifesti? È come se egli facesse tutto il possibile

per indurre il Signore a sgombrargli la casa... (Santa Teresa d’Avila)

34. Ecco un bel fuoco.... Per quanto esso sia ardente, se voi ve ne state

lontani e nascondete le mani, non vi scalderete: e tuttavia avreste sempre

più caldo che se foste del tutto senza fuoco. Così con l’Eucaristia. Se

l’anima si accosta alla Comunione con la giusta disposizione e se, desiderando

scaldarsi, si ferma a lungo in compagnia di Dio, vi dico che rimarrà

calda per molte ore. (Santa Teresa d’Avila)

Cristiano: ti rendi conto pienamente della ricchezza di queste frasi?

Se consideri che, nel tuo amare Gesù-Eucaristia, nell’adorarlo e nel

pregarlo, una sola di queste frasi ti può saziare e riempire l’anima di

dolcezza ... che cosa sarà se tu saprai “masticare” e “ruminare” con

pazienza tutta questa raccolta? Qui, sono i santi a farsi tuoi maestri...!

35. Se andate alla presenza di Gesù nell’Eucaristia, può darsi che

all’inizio non vi troviate molto bene: infatti il demonio, che ben conosce il

gran vantaggio che ne ricavano le anime, vi causerà turbamenti ed affanni

nel cuore. Vi darà anche a credere che trovereste più utilità spirituale in altre

pratiche di preghiera che non in queste. Non fategli caso. Dimostrate al

Signore che lo amate. Sono poche le anime che Lo seguono anche nelle

sofferenze: seguiamolo almeno noi, soffrendo qualcosa per Lui. Non mancherà

di compensarci con la sua gioia. (Santa Teresa d’Avila)

36. Molti non desiderano stare in compagnia di Gesù. Lo cacciano via,

maleducatamente. Stiamogli vicino noi, con il desiderio di vederlo. Egli, se

trova un’anima che lo accoglie ..... è disposto a molto, a tutto! Quest’anima

sia la tua! (Santa Teresa d’Avila)

37. Il tuo divin Figlio, o Padre santo, ha lasciato sulla terra per noi peccatori

un dono così grande: l’Eucaristia! Ebbene, per questo Santissimo

Sacramento si arresti, o Padre, la marea dei peccati! Là dove Essa è conservata,

ci sia rimedio contro tutti i peccati! (Santa Teresa d’Avila)

38. Chi non va alla Comunione col cuore vuoto di affetti mondani e non

si getta generosamente nelle braccia di Gesù, non produce i frutti che sono

propri della Santa Comunione. (San Giovanni Bosco)

39. Il frutto fondamentale dell’Eucaristia è la carità: la capacità di dare la

vita come l’ha data Gesù. (Card. Carlo Maria Martini)

40. La Chiesa sa che, dietro le tenebre del presente, come dietro il velo

dei segni eucaristici, il Cristo è vivo ed operante. È Lui che ha vinto il mondo:

è Lui, presente nel dono della sua Cena, la fonte incrollabile della gioia

della Chiesa. (Bruno Forte)

41. L’essenziale, per te, sarebbe quello di tenere la tua anima presso

Gesù Eucaristico, poi di essere di tutti, ed in pace con tutti.

(San Pier Giuliano Eymard)

42. O Dio, che ci nutri di Cristo, pane vivo, fa maturare con la forza di

questo Sacramento i germi di vocazione che a piene mani tu semini nel

campo della Chiesa, perché molti scelgano, come ideale di vita, di servire

te nei loro fratelli. (dalla Liturgia)

43. Se il Corpo che noi mangiamo ed il Sangue che beviamo è il dono

inestimabile del Signore Risorto per noi pellegrini, esso porta anche in sé,

come pane fragrante, il sapore ed il profumo della Vergine Madre.

(Giovanni Paolo II)

44. Nessuno si meravigli di veder associata la Vergine Maria, Madre del

Redentore, al mistero dell’Eucaristia. Non esiste un luogo di pellegrinaggio

mariano che non sia, nello stesso tempo, eucaristico. (Cardinal Gantin)

45. Dio è con noi. Gesù, pur essendosene andato, è rimasto con noi

nell’Eucaristia. E “se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?”.

(Giovanni Paolo II)


46. Nell’ultima Cena, dopo aver celebrato la Pasqua con i suoi discepoli,

mentre passava da questo mondo a suo Padre, Cristo istituì questo sacramento

come memoria perpetua della sua passione .... il più grande di

tutti i miracoli; a coloro che la sua assenza avrebbe riempito di tristezza,

lasciò questo sacramento come incomparabile conforto.

(San Tommaso d’Aquino)

47. Vi prego, Apostoli di Gesù: Pietro e voi tutti .... voi che foste confortati,

una volta “partito” Gesù, dall’Eucaristia che vi ridava realmente quello

stesso divin Maestro che avevate ascoltato con le vostre orecchie, che avevate

goduto con i vostri occhi, che avevate abbracciato e che avevate

amato da vivo, .... ottenetemi da Gesù, vivo in cielo accanto a voi, di ripercorrere

in me la vostra stessa esperienza.

48. Con l’Eucaristia viene comunicata e alimenta quella carità verso Dio

e verso gli uomini che è come l’anima di tutto l’apostolato.

(Lumen Gentium 33)

49. Cari figli, oggi vi invito ad innamorarvi del SS. Sacramento

dell’altare; adoratelo, figlioli, nelle vostre parrocchie, e così sarete uniti a

tutto il mondo.

Gesù vi diventerà amico, e non parlerete di Lui come di qualcuno che appena

conoscete. L’unità con Lui sarà per voi gioia, e diventerete testimoni

dell’amore di Gesù, che Egli ha per tutte le creature.

Figlioli, quando adorate Gesù, siete vicini a me. Grazie per aver risposto

alla mia chiamata. (Medjugorje, 25.9.1995)

50. Un padrone nutre il suo servo: comunicati quindi tutti i giorni. Che

cosa sarà il tuo lavoro, se non mangi il pane della vita? Mangia, per poter

lavorare! (San Pier Giuliano Eymard)



51. Quando nel calice si mescola l’acqua col vino, è il popolo che si unisce

a Cristo; è la folla dei credenti che si congiunge e si riunisce a Colui in

cui crede. (San Cipriano)

52. Non è stato per caso che il Signore, volendosi dare tutto a noi, ha

scelto la forma del pasto in famiglia. Il convito eucaristico diventa così segno

espressivo di comunione, di perdono, di amore. (Giovanni Paolo II)

53. Lo studio di Gesù Eucaristia: ecco la nostra scuola! Felici noi se non

vorremo altri maestri. (Pio Lorgna)

54. La celebrazione eucaristica, per essere piena e sincera, deve spingere

sia alle diverse opere di carità ed al reciproco aiuto, sia all’azione missionaria

ed alle varie forme di testimonianza cristiana.

(Mariano Magrassi)

55. La devozione eucaristica fuori della Messa rimane piena e sana solo

quando resta congiunta alla celebrazione del sacrificio della Cena.

(Karl Rahner)

56. L’esposizione dell’Eucaristia conduce la mente dei fedeli a riconoscere

in essa la mirabile presenza di Cristo, ed invita alla comunione del

proprio spirito con Lui. (Eucharisticum Mysterium)

57. Sebbene io non possa vederti con gli occhi corporali, se non velato

nella sacra Eucaristia, pure ti vedo abbastanza chiaro con gli occhi della

fede: ti riconosco, ti credo, ti amo, e godo di stare in tua compagnia.

(Beato Francesco Spinelli)

58. L’Eucaristia è il compendio e la somma della nostra fede; il nostro

modo di pensare è conforme all’Eucaristia e l’Eucaristia, a sua volta, si accorda

con il nostro modo di pensare. (Catechismo della Chiesa Cattolica)

59. Per prendere la “forma” del Maestro, bisogna imparare a “stare” con

il Maestro. L’Eucaristia è partecipare alla Cena con il Maestro.

(Maria Grazia Solimé)

60. L’Eucaristia impegna nei confronti dei poveri: per ricevere nella verità

il Corpo ed il Sangue di Cristo offerti per noi, dobbiamo riconoscere Cristo

nei poveri, suoi fratelli. (Catechismo della Chiesa Cattolica)

61. Dalla comunione eucaristica deve sorgere in noi una tale forza di

amore e di fede, che ci aiuti a vivere aperti verso gli altri con profonda misericordia,

come fece in modo esemplare a Siviglia quel cavaliere del XVII

secolo, Don Miguel de Manara, che diede tutto il suo splendore

all’Ospedale de la Santa Caridad. (Giovanni Paolo II)



62. L’intimità divina con Cristo, nel silenzio della contemplazione, non ci

allontana dai nostri contemporanei, ma, al contrario, ci rende attenti ed aperti

alle gioie ed agli affanni degli uomini ed allarga il cuore alle dimensioni

del mondo. Essa ci rende solidali verso i nostri fratelli in umanità, in particolare

verso i più piccoli, che sono i prediletti del Signore.

Attraverso l’adorazione, il cristiano contribuisce misteriosamente alla trasformazione

radicale del mondo e alla diffusione del Vangelo. Coloro che

si incontrano con il Signore svolgono dunque un eminente servizio: essi

presentano a Cristo tutti coloro che non Lo conoscono o che sono lontani

da Lui; essi vegliano davanti a Lui, in loro nome. (Giovanni Paolo II)


63. LA SINGOLARITÀ DELL’EUCARISTIA

L'Eucaristia, così come è accolta nella fede della Chiesa, presenta un aspetto

sorprendente, che sconvolge l'intelligenza e commuove il cuore.

Siamo di fronte a uno dei gesti abissali dell'amore di Dio, davanti ai quali

l'unico atteggiamento possibile all'uomo è una resa adorante piena di sconfinata

gratitudine. L'Eucaristia non è solo la modalità voluta da Gesù per

rendere perennemente presente l'efficacia salvifica della Pasqua. In essa

non è presente soltanto la volontà di Gesù, che istituisce un gesto di salvezza.

In essa è presente semplicemente (ma quali misteri in questa

semplicità!) Gesù stesso.

Nell'Eucaristia Gesù dona a noi se stesso. Solo lui può lasciare in dono a

noi se stesso, perché solo lui è una cosa sola con l'amore infinito di Dio,

che può fare ogni cosa.

Non è facile mettere l'Eucaristia al centro! Non è facile accogliere il messaggio

del sacramento dell'Eucaristia nella sua forza. Nell'Eucaristia l'amore

di Dio si manifesta nelle sue forme più pure e sconvolgenti e incontra un

uomo spaesato dinanzi a cose immensamente più grandi di lui.

L'Eucaristia al centro è la meta di un lungo cammino.

(Card. Carlo Maria Martini)

64. Non dire che non sei degno. È vero, non sei degno, ma ne hai bisogno.

(Santo Curato d’Ars)

65. Questo è lo splendido regalo delle nozze di cristo: il suo sangue e la

sua passione... Egli pagò con il suo sangue, tu gli devi il tuo.

(Sant’Ambrogio)

66. Nell’Eucaristia noi mangiamo il perdono quotidiano e la remissione

dei peccati. (Sant’Ambrogio)

67. La forma per eccellenza di contemplazione eucaristica si ha nell'adorazione

silenziosa davanti al Santissimo.

Si può, certo, contemplare Gesù Eucaristia anche da lontano, nel tabernacolo

della propria mente (San Francesco era solito dire: "Quando non ascolto

la Messa, adoro il corpo di Cristo nella preghiera, allo stesso modo

con cui lo adoro durante la celebrazione eucaristica"). Tuttavia, la contemplazione

fatta alla presenza reale di Cristo...! Stando calmi e silenziosi, e

possibilmente a lungo, davanti a Gesù Eucaristia, si percepiscono i suoi

desideri su di noi, si depongono i nostri progetti per far posto a quelli di Cristo.

La luce di Dio penetra a poco a poco nel cuore. E lo risana.

(Padre Raniero Cantalamessa)

69. Il tabernacolo ci garantisce che Gesù "ha piantato la sua tenda" in

mezzo a noi. (Madre Teresa di Calcutta)

70. Quando avrai Dio nel cuore, possederai l'Ospite che non ti darà più

riposo. (Paul Claudel)



71. Proverbio: La messa è lunga quando la devozione è corta.


72. Gesù, vedendo che i giudei lo cercavano per ucciderlo, si nascose

nel tabernacolo. (bambino del catechismo)

(non meravigliamoci se sono qui riportati alcuni scritti di cristiani

comuni, parrocchiani che hanno vissuto, nelle Giornate Eucaristiche

degli altri anni, momenti importanti davanti a Gesù Eucaristia. Forse

anche tu potresti raccontare tante esperienze....)

- Sento forte in me il desiderio di scrivere ad un fratello per comunicare

quanto c’è nella mia anima, dopo la mia odierna permanenza in Chiesa

per le SS. Quarantore. Come aveva ragione ogniqualvolta esortava i parrocchiani,

con la parola e con l’esempio, a metterci davanti al Tabernacolo

in silenzio, con lo sguardo ed il cuore a Gesù! Ebbene, questa mattina io

sono rimasta in Chiesa un’ora (cosa strana per me!) e le confesso che il

tempo mi è volato. Dopo un’iniziale sensazione che definirei di “impaccio”,

mi sono accorta che anch’io - finalmente - ero riuscita ad instaurare un dialogo

con Gesù nell’ostia santa, a sentirlo amico, un amico cui si può aprire

il proprio cuore con spontaneità e serietà.

Le confesso che più il tempo passava e più mi sentivo attratta; al punto da

far fatica a lasciarlo, per ritornare alle mie occupazioni quotidiane....

Sono uscita dalla chiesa in uno stato bellissimo: il cuore mi batteva forte,

sentimenti di stupore venivano sopraffatti da sentimenti di commozione;

alla fine mi veniva da piangere, di gioia: perché comprendevo che Dio mi

amava....

- Una piccola eco. Essere attirati dal mistero di quest’ostia bianca, stare

con Gesù Eucaristia, “fare il pieno” di Gesù... Tutto questo nel nostro

Santuario, dedicato alla Madonna, nella bellezza di questa Casa così ben

preparata, ed accogliente. Che respiro profondo di vera pace!

Nel ricevere l’Eucaristia durante la S. Messa di apertura di queste Quarantore,

mi sembrava di abbracciare realmente Gesù, di abbandonarmi a lui e

di non volermi staccare mai. In questo dolce abbandono prolungato mi sono

ricordato di tutti coloro che mi sono cari nel Signore. Che bel momento!

Anche il libretto con tutte queste riflessioni di Santi e di autori spirituali, che

ricchezza! Credo che Dio stia pian piano prendendomi. Sono felice e disposto

a tutto quello che a Dio piacerà.

- L’esperienza di queste Sante Quarantore è stata per me sconvolgente.

Stare davanti a Gesù Eucaristia e perdere la nozione del tempo, non

solo, perdere tutta me stessa, non aver bisogno d'altro che di fissare lo

sguardo in Lui. È buffo: a volte non stiamo davanti a Gesù Eucaristia perché

manca il tempo e poi quando ci stai COSI’ come mi è successo, il

tempo ti manca davvero perché non esiste più e ti senti un'altra cosa. Pensavo,

mentre adoravo, alle mie esperienze umane così diverse e le paragonavo

con l'esperienza che stavo facendo: un solo minuto davanti a Gesù

non ti lascia quel senso di limite e di finito che provo sempre nelle esperienze

umane, anche le più belle, anche le più durature ... ti fa intravedere

cosa dev'essere l'eternità. Se per parlare con una persona hai bisogno di

tempo, di spiegazioni, di formulare logicamente i pensieri, parlare con Gesù

è diverso: capisci subito che non hai bisogno di parole, di frasi, di concetti;

puoi anche stare zitta e sei certa che Lui ha capito, anche più di quello

che potevi dire tu: Lui ti fa la radiografia completa e profonda. Davanti a

Lui non puoi mentire, non puoi “apparire”, davanti a Lui puoi addirittura dire

con la pace nel cuore: "Signore, faccio il male che non vorrei fare, non faccio

il bene che vorrei fare. Però ti voglio bene Gesù!”. E hai davvero detto

tutto. Allora stai, completamente persa in quel frammento di pane che non

è un simbolo ma proprio una persona, Gesù con la sua umanità e la sua divinità.

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LA « PIETÀ EUCARISTICA »

NEL MESSAGGIO SPIRITUALE-EDUCATIVO

DI DON BOSCO E DI MADRE MAZZARELLO

«Parliamoci sempre nel Cuore di Gesù

specialmente quando lo andiamo a ricevere

nella santa Comunione».

(Madre Maria Mazzarello alle «Figlie»)


Nell'introdurre le presenti considerazioni sui tratti caratteristici della «pietà

eucaristica» salesiana giungono opportune le parole che Giovanni Paolo II

ha rivolto ai pellegrini di Milano il 14-11-1981, perché in esse si sottolinea il

valore peculiare della pedagogia eucaristica:

«... Oggi è necessaria prima di tutto la certezza, per riportare

al suo esatto posto centrale l'Eucaristia e il Sacerdozio, per valutare

nel loro giusto senso la santa Messa e la Comunione,

per ritornare alla pedagogia eucaristica, sorgente di vocazioni

sacerdotali e religiose, e forza interiore per praticare le virtù

cristiane, tra cui specialmente la carità, l'umiltà e la castità (...):

solo dall'Eucaristia profondamente conosciuta, amata e vissuta

si può attendere quell'unità nella verità e nella carità voluta da

Cristo e propugnata dal Concilio Vaticano II»

Dal punto di vista più propriamente religioso il mondo ottocentesco in cui

hanno svolto la loro esistenza si caratterizza per l'intensificarsi della vita

spirituale resa più fervente proprio dalla situazione di lotta e di difficoltà. Il

clima romantico alimenta la religiosità connotandola di sentimento, di slancio

apostolico, di fedeltà alle tradizioni e istituzioni, di intimità e ascetismo.

Si nota il fenomeno di riconversione popolare, il rifiorire della spiritualità sacerdotale

e religiosa, la creazione di molti istituti dediti all'apostolato e alle

opere caritative, l'esplosione di associazioni cattoliche, opere pie e confraternite.

È indicativa la preferenza, a livello letterario ed esistenziale, per i

maestri e autori del mondo religioso sei-settecentesco; in particolare ci si

riferisce a S. Filippo Neri, S. Carlo Borromeo, S. Francesco di Sales, S. Alfonso

dÈ Liguori, S. Vincenzo de Paoli. La lotta contro il protestantesimo

ed altre forme ereticali crea una ulteriore sintonia con questi personaggi.

Rifiorisce anche la letteratura religiosa a scopo formativo-devozionale.

Per quanto riguarda la pietà eucaristica si riscontrano alcuni tratti fondamentali

diversamente presenti all'inizio e alla fine del secolo: distinzione

dell'Eucaristia come sacramento, presenza reale, comunione dalla S. Messa

della quale si sottolinea in modo drammatico l'aspetto sacrificale; accentuando

l'aspetto della santità ed eccellenza del Sacramento si irrigidiscono

i criteri e le condizioni per poterLo ricevere; la pietà eucaristica si sviluppa

nella direzione dell'intimità personale con Gesù contemplato ed adorato

nell'Ostia con uno spirito carico di sentimento. Nella seconda metà del

secolo però il rigidismo tende ad essere nettamente superato da una prassi

pastorale e da una letteratura devozionale che favorisce sempre più apertamente

la frequenza sacramentale, la quale viene ritenuta anche una coraggiosa

testimonianza di appartenenza ecclesiale.

L’ignoranza della liturgia rende difficile la partecipazione alla S. Messa, di

conseguenza «i libri di devozione tendono a trasformare l'assistenza ai riti

sacri in compassione drammatica, alla quale è facile collegare

preghiere atte a suscitare sentimenti di compunzione, risoluzione

di fedeltà a Dio, di riconoscenza a Gesù, di speranza e di

supplica a tutti i santi patroni e avvocati perché intercedano».

Tra le pratiche eucaristiche devozionali prendono larga consistenza l'adorazione,

la comunione spirituale, la benedizione, la visita al SS. Sacramento

e, soprattutto a partire dall'ultimo trentennio, i congressi e i movimenti

associativi. Esse alimentano la giornata del devoto divisa tra devozione ed

occupazioni profane. L'Eucaristia e la Madonna diventano i punti focali della

vita spirituale; anche se a volte il moltiplicarsi delle devozioni fa sfumare

questa centralità. Il senso della presenza reale di Gesù suscitava un sentimento

profondo di adorazione, di ringraziamento, di riparazione, di amore

e di impetrazione di grazie materiali e spirituali. Questa forte esperienza

eucaristica è uno dei motivi fondamentali che spinge, verso la seconda metà

dell'Ottocento, a superare il rigidismo nell'ammissione ai Sacramenti,

specie alla Comunione. Pastori, teologi e santi riflettendo sui mali scaturiti

dalla rivoluzione francese tendono a ricercarne le cause nel mancato alimento

eucaristico.

È in questo clima spirituale e religioso che sono vissuti Don Bosco e Madre

Mazzarello caratterizzandosi come educatori che pongono al centro della

loro azione educativa, e quindi della loro spiritualità, l'Eucaristia quale fonte

della propria santità e della santità giovanile.


I. LA PIETÀ EUCARISTICA

NEL MESSAGGIO SPIRITUALE-EDUCATIVO DI DON BOSCO

Fin dalla nascita (1815) e dall'infanzia Don Bosco ha avuto un'esistenza

segnata dal dolore assunto e vissuto con profondo senso cristiano in un

clima familiare ricco di valori evangelici e alimentato dalla pratica religiosa.

La madre e, successivamente benché per breve tempo, Don Calosso sono

in modo diverso ma incisivo due figure di educatori che lasciano un'impronta

indelebile nel suo animo orientandolo verso una devozione soprattutto

sacramentale. Nelle Memorie dell’Oratorio egli sottolinea in più riprese

questi dati evidenziando i saggi interventi materni nella sua iniziazione e

pratica dei Sacramenti. Nei suoi ricordi sull'infanzia e fanciullezza, testimoniati

spesso nei Processi per la sua beatificazione e canonizzazione e

nelle Memorie Biografiche, troviamo gli elementi fondamentali della sua

pietà avente come centro la Confessione frequente ben fatta e la S. Comunione,

in particolare la Prima Comunione accompagnata da propositi santi

di vita cristiana.

Si comprende allora la sua raccomandazione agli educatori e ai giovani:

«Ricordatevi che il primo metodo per educar bene è il far buone

Confessioni e buone Comunioni»;

«(...) io non trovo alcuna base sicura se non nella frequenza

della Confessione e della Comunione»;

«Ritenete, giovani miei, i due sostegni più forti a reggere e

camminare per la strada del cielo sono i sacramenti della Confessione

e Comunione, perciò riguardate come gran nemico

dell'anima vostra chiunque cerca di allontanarvi da queste due

pratiche di nostra S. Religione».

La sua vita di ragazzo e di adolescente, di giovane seminarista, di prete e

di apostolo dei giovani è segnata chiaramente da questa spiritualità sacramentale

come una nota distintiva della sua esistenza. Ha avuto la fortuna

di avere per guide e confessori sacerdoti illuminati che, nonostante il rigidismo

sacramentale imperante, lo hanno incoraggiato alla Confessione e

Comunione frequente. Della sua vita di studente a Chieri annota con accenti

di gratitudine (a proposito del suo confessore, il teologo Maloria):

«mi incoraggiava a confessarmi e comunicarmi colla maggior

frequenza. Era cosa assai rara (...) Io però mi credo debitore a

questo mio confessore, se non fui dai compagni trascinato a

certi disordini, che gli inesperti giovanetti hanno purtroppo a

lamentare nei grandi collegi».

La sua vocazione sacerdotale matura proprio al Sole Eucaristico, con la

Comunione

«assai frequente», quotidiana «che posso chiamare - dice -

con ragione il più efficace alimento della mia vocazione».

E da notare che per Don Bosco la Confessione ben fatta è la prima condizione

per poter ricevere Gesù con coscienza monda, quindi è strettamente

collegata alla Comunione. Si spiega così il suo intenso apostolato attraverso

il confessionale, luogo del suo martirio, per le interminabili ore 

 che vi passava e per i fenomeni straordinari che lì capitavano.

La dolce figura di Gesù Sacramentato domina la sua vita spirituale come la

sintesi e il culmine di tutte le grazie del Salvatore, come la fonte di ogni dinamismo

apostolico, come il segreto della santità. 

Dice uno studioso:

«Personalmente fu un Santo eucaristico, cioè compenetrato

dalla devozione del SS. Sacramento, e lavorò, in ogni tempo e

in ogni campo, a creare la più intensa vita eucaristica in ogni

aspetto (... ) Nella pietà eucaristica vedeva l'instaurarsi della

pietà cristiana nella società dei fedeli (...). È appunto la vita di

Gesù nel SS. Sacramento, la presenza e la residenza di Gesù

sotto il mistico velo delle Specie, quello che forma il soggetto

della speciale devozione all'Eucaristia: cioè l'amore di Gesù

concretato e reso pressoché sensibile nella sua presenza reale

nel SS. Sacramento».

Gli anni più ricchi e intensi in questo senso sono costituiti dal decennio che

va dal 1854 al 1864, periodo in cui all'Oratorio maturano numerosi giovani

spinti fino all'eroismo della vita cristiana sotto la sua guida sapiente e carismatica,

periodo in cui si manifesta una certa evoluzione nel suo pensiero

circa la Comunione frequente e quotidiana e circa l'anticipo della data di

Prima Comunione. Nel 1854 entra all'Oratorio Domenico Savio, il giovane

che in breve ha colto e realizzato il messaggio di santità giovanile proposto

da Don Bosco, il giovane che potrebbe essere definito «eucaristico » per

antonomasia. In questo periodo il Santo educatore propone ai suoi giovani

la Comunione frequente secondo il giudizio del Confessore (è questa la

prassi che seguono i sacerdoti aperti alla frequenza sacramentale). Al Savio

invece, dopo meno di un anno che è a Valdocco concede la Comunione

quotidiana, prima in circostanze particolari, ma poi, vedendo il frutto spirituale

che ne ricava, il fervore e l'amore con cui riceve Gesù in Sacramento,

non osa più ridurgli tale frequenza.

In una Buona Notte del 1864 davanti a tutti i giovani e non solo davanti ad

alcuni si esprime in questi termini:

«Se volete sapere il mio desiderio eccolo: comunicatevi ogni

giorno. Spiritualmente? Il Concilio di Trento dice: sacramentaliter.

Dunque? Fate così: quando non potete comunicarvi sacramentalmente,

comunicatevi spiritualmente (...). Se il cibo si

deve pigliare tutti i giorni perché non il cibo dell'anima?».

Durante la Novena della Consolata, nello stesso anno, diverse volte interviene

nel raccomandare la devozione alla Madonna e la Comunione quotidiana.

Paragona la devozione a Maria e al SS. Sacramento a due ali spirituali

con le quali sollevarsi nel cielo:

«Oh se io potessi mettere un poco in voi questo grande amore

a Maria e a Gesù Sacramentato, quanto sarei fortunato (...).

Sarei disposto per ottenere questo a strisciare colla lingua per

terra di qui fino a Superga. È uno sproposito ma io sarei disposto

a farlo. La mia lingua andrebbe a pezzi, ma importa

niente: allora io avrei tanti giovani santi».

Il suo programma educativo formulato nei termini discreti ed essenziali

«formare buoni cristiani ed onesti cittadini » si identifica per lui con il portare

i giovani, tutti i giovani, alla santità, una proposta ardua che propone con

calore e incisività. Esemplifico riportando, tra le abbondantissime documentazioni,

qualche espressione. In una «Buona Notte» (il 27-10-1875) dice:

«Oh quanti giovani vi sono in cielo i quali si fecero santi ed erano

carne ed ossa come noi! Anzi dirò di più: quanti giovani

sono già in cielo i quali non solo erano uomini come noi, ma vivevano

in questa casa in cui vivete voi (...) Essi si fecero santi;

ora sono in Paradiso, come abbiamo tutta la fiducia di sperare

che sia avvenuto per Savio Domenico, Magone, Besucco e a

tanti altri. Or noi dobbiamo dire: "Si isti et illi cur non ego?" (...).

Animiamoci figlioli miei cari, animiamoci molto per battere la

via della salute; e se ci tocca di patire qualche cosa (...), oppure

se dovete farvi molta violenza per obbedire, studiare, temperare

il vostro carattere, fatelo con grande coraggio, fatelo

volentieri, perché in compenso della poca pena sofferta su

questa terra meriteremo un guiderdone imperituro in cielo».

Questa prospettiva di santità giovanile emerge con chiarezza fin dal 1853

ed è concepita come una realtà che si costruisce nella vita quotidiana svolta

così come la Provvidenza ce la presenta:


«Operai, agricoltori, artigiani, mercanti e servi e giovani si sono

santificati ciascuno nel proprio stato (...). Essi adempivano tutti

i loro doveri verso Dio, tutto soffrendo per suo amore, a lui offrendo

le proprie pene, i loro travagli. Quest'è la grande scienza

della salute e della santità».

Nel 1855 Domenico Savio, a sei mesi dall'entrata nell'Oratorio, ascolta la

famosa predica di Don Bosco sulla santità che «fu come una scintilla che

gli infiammò tutto il cuore d'amore per Dio». Proprio nella biografia di Domenico

Savio scrive:

«È provato dall'esperienza che i più validi sostegni della gioventù

sono i sacramenti della Confessione e della Comunione.

Datemi un giovanetto che frequenti questi sacramenti, voi lo

vedrete crescere nella giovanile, giungere alla virile età e arrivare,

se cosi piace a Dio, fino alla più tarda vecchiaia con una

condotta che è l'esempio di tutti quelli che lo conoscono. Questa

massima la comprendano i giovanetti per praticarla; la

comprendano tutti quelli che si occupano della loro educazione».


L'Eucaristia, a cui la confessione ben fatta dà la possibilità di accesso con

coscienza monda e volontà di assimilarne il mistero, è nostre debolezze e

soprattutto cibo:

«Il misericordioso nostro Iddio conoscendo la nostra inclinazione

al male, le passioni, le abitudini cattive che ci portano e stimolano

a numerose ricadute, per rimedio efficacissimo alla

nostra fragilità istituì il Sacramento Eucaristico in cui col proprio

suo Corpo e col suo Sangue preziosissimi ci fortifica contro

ogni assalto del nemico dell'anima nostra, e ci fa invincibili

ai suoi sforzi. Siccome per lo stato miserabile in cui ci troviamo

potremmo essere atterriti dalla grandezza di questo Sacramento,

cosi Egli ci invita con quelle amorosissime parole: Venite a

me, voi tutti che siete affaticati e stanchi, ed io vi ristorerò».

E agli allievi di Mirabello il 30-12-1864 scrive:

«Io voglio che tutti mi diate il vostro cuore affinché lo possa

ogni giorno offrire a Gesù nel SS. Sacramento mentre dico la

Messa; (....) è impossibile avvicinarsi a queste due fiamme inestinguibili

dell'amore di Dio (Croce ed Eucaristia) senza

sentirsene accesi e trovare conforto e contento».

Il frutto più maturo, riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa, è certo Domenico

Savio la cui vita fin dall'infanzia e fanciullezza è segnata dall'Eucaristia.

Già nella sua Prima Comunione egli «non sapeva più se era in cielo o

in terra».

A Valdocco in pochi mesi passa dalla frequenza mensile alla Comunione a

quella quindicinale, settimanale e infrasettimanale e finalmente quotidiana,

e vi si accosta con «tale raccoglimento che maggiore non si poteva desiderare».


Diverse volte viene annotato nella biografia il fatto che restava assorto, rapito

in estasi, fino a passare lunghe ore senza accorgersi del tempo che

trascorreva.

Questo intimo rapporto di amicizia con Gesù lo spingeva all'eroismo apostolico

e caritativo, alimentato da pratiche religiose semplicissime rispetto

alle pratiche devozionali circolanti: visite frequenti, ferventi giaculatorie e

comunioni spirituali. Ma quanta intensità e profondità di comunione! Il medico

Vallauri, chiamato da Don Bosco nell’estate del 1856 perché visitasse il

giovanetto e gli ordinasse una cura per guarirlo, ne ha colto qualche tratto

quando stupito della maturità di lui dice: «Il rimedio più utile sarebbe lasciarlo

andare in Paradiso, per cui mi pare assai preparato».

In questa prospettiva si comprende la profondità dei brevi tocchi con cui

Don Bosco ne descrive l'usuale pietà eucaristica:

«Se ho qualche cosa in cuore, vo dal confessore, che mi consiglia

(.... ) Se poi voglio qualche cosa di grande vo a ricevere

l'Ostia santa in cui trovasi Corpus quod pro nobis traditum est

(...) Che cosa mi manca per essere felice? Nulla in questo

mondo: mi manca solo poter godere svelato in cielo Colui che

ora con occhio di fede miro e adoro sull'altare (...). Era per lui

una vera delizia poter passare qualche ora dinanzi a Gesù Sacramentato.

Almeno una volta al giorno andava invariabilmente

a fargli visita, invitando altri a fargli compagnia».

Di qui il giovanetto ha attinto la forza per l'ultimo grande distacco che il Signore

gli ha chiesto: morire lontano dall'Oratorio e da Don Bosco; e ancora

la forza di sopportare le sofferenze atroci dell’ultima malattia esclamando:

«Che è mai una piccola puntura in confronto dei chiodi piantati

nelle mani e nei piedi dell'innocentissimo nostro Salvatore».

È un itinerario quello che Don Bosco propone conducendo i suoi discepoli

alla comunione frequente e quotidiana. Anche dopo il 1864, quando è esplicita

e pubblica la sua prospettiva di vedere ogni giorno i suoi accostarsi

alla Mensa del Signore,

«non la concedeva (la Comunione quotidiana) a coloro che

conservavano affetto al peccato veniale ».

L'Eucaristia «è cibo di vita» di cui hanno bisogno «i buoni per conservarsi e

i cattivi per farsi buoni», ma va ricevuta con le dovute disposizioni, certamente

scacciando ogni inutile scrupolo; solo così è arma potente e viatico

per la vita eterna:

«Il demonio nulla teme più che la Comunione ben fatta e le visite

frequenti a Gesù Sacramentato », per cui « allontanarsi

dalla Comunione è lo stesso che gettarsi in braccia al demonio,

essa è il più grande nemico del demonio».


Conseguentemente nel Regolamento dell'Oratorio festivo avvisa:

«ritenete giovani miei che i due sostegni più forti a reggere e

camminare per la strada del cielo sono i sacramenti della Confessione

e della Comunione. Perciò riguardate come gran nemico

dell'anima vostra chiunque cerca di allontanarvi da queste

due pratiche di nostra santa Religione».



II. LA PIETÀ EUCARISTICA

NEL MESSAGGIO SPIRITUALE-EDUCATIVO

DI MADRE MAZZARELLO

Anche Maria Mazzarello viene da un ambiente rurale profondamente religioso.

Nasce a Mornese nella frazione «Mazzarelli di qua» nel 1837, qui

trascorre la sua fanciullezza fino al 1849, anno in cui la famiglia si trasferisce

alla Valponasca, ove rimane fino al 1858 quando, in seguito a un furto

nella cascina, si decide di andare ad abitare in paese. La Valponasca costituisce

l'ambiente in cui Maria si apre alla vita e matura quei tratti esistenziali

e conoscitivi che saranno la piattaforma su cui si edificherà la sua spiritualità.

I suoi educatori sono il padre e la madre, a partire dal 1847 fino al

1874 Don Pestarino sarà la sua guida e il suo direttore esigente e prudente,

deciso e discreto, pieno di amore di Dio e di zelo apostolico, dimentico di

sé e proteso verso il bene spirituale e materiale della sua parrocchia. Il suo

ricordo resterà indelebile non solo nelI'animo di Maria ma nell'istituto delle

Figlie di Maria Ausiliatrice.

Un momento significativo nel suo itinerario spirituale è costituito dalla sua

confessione generale che fa a Don Pestarino verso i 14-15 anni. Da quel

giorno, testimonia Petronilla, “cominciò a frequentare i sacramenti, facendo

la Comunione quotidiana, eccetto che fosse ammalata o impedita”.

È questa l'epoca in cui comincia anche il suo significativo e ardente pellegrinaggio

quotidiano dalla Valponasca a Mornese, sfidando ogni intemperie,

fatica e paura, per assistere alla S. Messa e ricevere l'Eucaristia. La

sorella Felicina più volte le è stata compagna, ella con altre coetanee e

contemporanei è testimone pertanto del fervore religioso di Maria.

Il momento dell'incontro eucaristico diventa il centro della sua intensa giornata

di lavoro nei campi, la quale viene scandita da elevazioni spirituali e

da sguardi ferventi verso il Tabernacolo. L'andata in paese per qualche

commissione è un lampo di gioia perché pub passare dalla Chiesa e visitare

Gesù; se la fortunata è Felicina, allora le raccomanda di salutarlo anche

per lei. Dalla finestrella della sua stanzetta al termine della giornata si ferma

in preghiera contemplando Gesù intravisto spiritualmente vedendo il

lontano campanile della chiesa parrocchiale. In questa preghiera vespertina

ben presto coinvolge tutta la famiglia. Dice un testimone:

«In questo tempo Dio nella preghiera, nella Messa, nella Comunione

e in tutti gli esercizi di pietà inondava il suo cuore di

ineffabili consolazioni», «Molte volte conduceva con sé le sorelline

e diceva loro: "Là c'è Gesù Sacramentato, non potendo

noi andarci in persona, rechiamoci col pensiero”».

È stato in uno degli incontri eucaristici, prima ancora di entrare a far parte

delle Figlie dell'Immacolata, che ha sentito l'appello a consacrarsi totalmente

al Signore col voto di castità.

Il trasferimento in paese le dà più possibilità di recarsi a far visita a Gesù,

infatti dichiara:

«da un male mi viene un bene; è vero che non sono proprio vicina

alla chiesa, ma sono in paese e ci potrò andare assai

spesso».

Ragazza esemplare nella vita domestica, nel lavoro in campagna e soprattutto

nella pratica di vita cristiana e nella pietà; cosi viene additata dalle

mamme. Nell'accostarsi alla Comunione poi «sembrava un serafino». Qui

attingeva tutto il suo ardore, qui soprattutto attinse la forza per l'eroico Sì

nell'assistere i parenti ammalati di tifo, per sopportare la sua malattia con

le sue conseguenze. Uscita fuori pericolo, quando poté recarsi di nuovo in

chiesa per la prima volta, davanti a Gesù Sacramentato fece la preghiera:

«Signore, se nella vostra bontà volete concedermi ancora alcuni

anni di vita, fate che io li trascorra ignorata da tutti, e,

fuorché da voi, da tutti dimenticata ».


Nel 1864 Don Bosco va a Mornese, conosce il gruppo dell'Immacolata, le

situazioni evolvono tra contrasti umani ma secondo un disegno di Provvidenza:

Don Bosco fonda l'istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice le quali

svolgeranno per le ragazze l'opera che i salesiani svolgono per i ragazzi.

Nel 1872 si hanno le prime professioni, la sede è in Borgoalto nel caseggiato

visto da Maria in visione, lei è posta come superiora, senza averne il titolo,

perché nella sua umiltà non si credeva all'altezza del compito. Don

Pestarino però in un resoconto a Don Bosco delinea la figura spirituale di

Maria. Lo zelo di Sr. Maria ora assume prospettive e orizzonti più vasti, la

sua pietà e devozione eucaristica sono di esempio e incoraggiamento alle

nuove religiose delle quali deve essere, oltre che sorella, madre, e alle

fanciulle che vengono loro affidate. Madre Sorbone ne dà una bella testimonianza

nella deposizione al processo:

«Oh mi pare di vederla in chiesa, profondamente raccolta e fare

le sue sante Comunioni con tanto fervore quasi fosse un 

serafino d'amore! E nel corso della giornata, presentandosi alle

suore o nel laboratorio o in altri luoghi dove lavoravano, sembrava

che portasse ancora il suo Gesù nel cuore, per comunicarlo

alle sue figlie e ragazze: e noi sentivamo, al passaggio

della Madre, il profumo di Gesù. Era esattissima nel fare la visita

a Gesù Sacramentato prescritta dalla Regola, e oltre a

questa, faceva altre frequenti visite in giornata, senza però venir

meno ai doveri di ufficio. Nelle visite ella ci appariva immersa

in Gesù: inculcava alle suore di andare a visitare frequentemente

Gesù nei tempi liberi. Talvolta diceva con una semplicità

che incantava: "Quanto mi piace trovarmi in chiesa da sola!

Allora mi pare di essere più vicina a Gesù, tutta di Gesù!

Tante volte dico: O Gesù, ora sono tutta sola con Voi, sono

sola e in chiesa non vi è alcuno; fatevi vedere, anche un momento

solo, perché possa contemplare la vostra faccia adorabile!

Come sarebbe bello, non è vero, suore? Come sarebbe

bello vedere Gesù! Chi sa che cosa proveremo quando lo vedremo?"».

      Una suora sentendola parlare con tanta fede e amore le chiede se ha visto

qualche volta Gesù. Ella risponde di no e che non ne è degna e soggiunge:

«però sappiamo che Gesù è realmente presente nel SS. Sacramento.

Viviamo santamente e un giorno lo vedremo».

Anche le passeggiate che spesso hanno come meta dei santuari servono

ad alimentare in lei e nelle altre l'amore per Gesù Eucaristico. Scorgendo

un campanile esclama: «Vedete voi quel campanile? Là vi è una chiesa e

dentro vi è Gesù» e le invita a fare la Comunione spirituale.

Questo fervore l'ha accompagnata per tutta la vita sempre protesa verso

Gesù e verso gli altri al fine di portare tutti a Lui.

Nel laboratorio la giornata è tutta santificata mediante la santificazione del

lavoro in un clima di costante preghiera che non ha nulla di fastidioso, anzi

è connotata di gioia pura, di spontaneità, di certezze soprannaturali e naturalezza

di tratto umano. Sono frequenti e fervide le giaculatorie tra le quali

spicca: «Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci sante»; frequenti sono le Visite

a Gesù Sacramentato; le Comunioni spirituali ritmano il lavoro e scandiscono

la giornata con naturalezza. La giornata iniziata «santamente nel

Signore (con la S. Messa e Comunione), si compiva santamente [con la

funzione vespertina in parrocchia...] con spirituale gentilezza». Questi elementi

emergono ancor più chiaramente al collegio ove

«la santa Comunione era generalmente quotidiana e ogni mattino,

al momento fortunato, si sentiva la voce argentina e dolcissima

della maestra delle novizie Sr. Maria Grosso, intonare

il Vieni, vieni o dolce amore, alla quale si univano le altre».

Ella sa bene che Gesù presente nel SS. Sacramento, il suo Cuore, Gesù

Crocifisso è la fonte dell'amore divino il quale una volta acceso nell’anima

spinge all'eroismo della santità. Per questo fin da giovane ha praticato la

Comunione quotidiana e ha incoraggiato ed esortato quanti l'avvicinavano,

soprattutto le ragazze, alla Comunione frequente e quotidiana ben fatta. In

questa azione apostolica ha richiamato sovente un detto di Don Pestarino

«Per andare alla Comunione non è necessario essere sempre

vestite a festa; bastano anche i vestiti giornalieri, purché puliti

e ordinati. Non è vero che ci sia maggior rispetto alla santa

Comunione ricevendola di rado: conviene andarci sovente, e

voi frequentatela quand'anche tutti vi ridessero dietro e vi chiamassero

matte».


Nel laboratorio fa mettere due quadri che illustrano la Comunione ben fatta

e la Comunione sacrilega, ma il mezzo più efficace per spingere a ricevere

con frutto l'Eucaristia è il suo esempio e quello della comunità unito alle sue

parole e iniziative varie che infervorano nella pratica cristiana. Un primo

elemento che appare come una insistente sottolineatura è quello di combattere

la vanità non solo nell’abbigliamento, ma nella vita di pietà:

«Abbiate la pietà nel cuore, ma reprimete la tentazione di comparire

divote, temete la vanità persino nel frequentare i sacramenti

e siate pronte a combatterla».

Fare bene la S. Comunione implica da parte delle fanciulle come da parte

delle suore la lotta al peccato e intenso desiderio di essere con Gesù. È

un'attesa che si traduce in vigilanza. Sr. Ernesta Farina riporta nel processo

un fatto del 1879: una merenda di sollievo offerta dalla Madre. A sera

ella sorridente dice:

«Immagino che ognuna avrà pensato a fare qualche mortificazione

per poter domani mattina presentarsi con allegria alla

santa Comunione, e mentre ringrazierà Gesù dei sollievi che

procura al nostro corpo, gli potrà presentare qualche mortificazione

della volontà; perché a me, come religiosa, pare di non

dover osare riceverlo a mani vuote».

Allo sconcerto della maggioranza precisa con chiarezza:

«No, non dovete lasciare la santa Comunione per questo (per

la dimenticanza nel mortificarsi): fatela senza timore; ma vorrei

che ci ricordassimo sempre di andare a ricevere Gesù con

qualche offerta della nostra volontà: se Lui si dà interamente a

noi, è ben giusto che anche noi gli offriamo qualche cosa».

Esorta ad andare a Gesù con confidenza e semplicità, parlandogli spontaneamente:

«Andate davanti a Gesù Sacramentato, esponete le vostre

pene i vostri bisogni con semplice confidenza, parlando anche

il linguaggio (dialetto) del vostro paese, come fareste col padre

e con la madre e state sicure che otterrete la grazia che desiderate,

se sarà di vostro vantaggio (...)».

Esortava anche a dire al Signore:

«ciò che ci detta il cuore, preferendo questo alle preghiere che

sono sui libri, perché quelli sono sentimenti d'altri, invece

quando dite ciò che vi detta il cuore, esprimete i vostri sentimenti».

E ancora:

«E la santa Comunione la fai? (scrive a Maria Bosco). Ricevilo

con amore Gesù che ti ama tanto».

Ricevere con amore Gesù significa in concreto accoglierLo con il cuore disponibile,

distaccato dal peccato, mai in pace con i propri difetti, ma sempre

vigili in una vita "semplice", cioè tutta trasparente davanti a Dio, tutta

protesa verso di Lui, in umiltà e confidenza in allegria e slancio nel condurre

a Lui tante altre; significa vivere nella carità la quale assume dei connotati

tipici nelle suore e nelle ragazze. La Madre nella sua opera formativa li

esplicita con concretezza e acuta sensibilità spirituale, con tatto pedagogico

e fine psicologia.

Don Bosco e Madre Mazzarello, due figure diverse, due espressioni originali

e convergenti nello stesso messaggio e carisma con cui lo Spirito ha

voluto arricchire la Chiesa , convergono appunto primariamente nel porre

alla base della loro vita e della loro azione educativa la pratica sacramentale

concepita come l'unica sorgente della vita cristiana e dell’efficacia apostolica.

Tale pratica si sintetizza e si concretizza essenzialmente nella

frequente Confessione e nella frequente/quotidiana Comunione che

costituiscono il centro di tutto il complesso devozionale proposto allora al

comune cristiano, quest'ultimo viene semplificato selezionando gli elementi

fondamentali e accessibili al giovane. La porta di accesso e quindi il mezzo

più efficace per guidare l'educando su questa via che ha come meta la

efficace per guidare l'educando su questa via che ha come meta la santità

è l'educatore stesso con il suo esempio e con la sua ardente e persuasiva

parola; questi però non è solo, è sempre inserito nella comunità educativa

la quale è alimentata dallo spirito di famiglia, ossia dal clima di certezze

soprannaturali e dalla spontaneità e naturalezza nei rapporti reciproci. La

vita quotidiana con le sue esigenze e le situazioni, sempre provvidenziali

nella fede, è il luogo in cui si costruisce la santità che non ha nulla di artificioso

in quanto si identifica con la «vita redenta». La gioia è la potenza dinamica

che affascina nella impresa ardua e contemporaneamente è irradiazione

del già di salvezza aperta al compimento escatologico. Maria è il

faro luminoso, ma soprattutto la guida materna che soccorre, consola e attrae

con bontà e misericordia.

UNA “FIGLIA DI MARIA AUSILIATRICE”

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1. Signore Gesù,

con gioia ci prostriamo in adorazione presso il tuo santo altare.

Con te, o Gesù,

tutto è merito di vita eterna,

tutto è luce che rischiara la vita,

tutto aiuta a proseguire il cammino,

tutto è dolcezza... anche il dolore!

Tu sei fonte copiosa di purissima gioia.

Gioia che cominciamo a gustare qui,

nella valle del pianto,

e che sarà piena quando ci svelerai la tua gloria:

al gaudio della fede subentrerà quello della visione.

Signore Gesù,

tu, pane vivo disceso dal cielo, ci basti.

Non abbiamo bisogno di altri.

Tu sei la nostra vita.

Tu sei la nostra gioia.

Tu sei il nostro tutto.

Ci affidiamo a te:

nostro conforto,

nostro gaudio,

nostra pace.

(Paolo VI)

2. Oh, se Cristo si degnasse di aprirmi la porta

per annunziare il mistero del Verbo!

Bussiamo: è sempre in attesa di chi bussa

colui che disse: «Bussate e vi sarà aperto».

Oh, se mi aprisse lui stesso.

Cristo infatti è la porta;

egli sta dentro, ma dimora anche fuori;

egli è la via che conduce,

ed è la vita a cui aneliamo.

Vieni, Signore Gesù,

apri per noi la tua sorgente,

perché beviamo di quell’acqua

che disseta per l’eternità.

Fa’ che anche noi beviamo

l’acqua dei celesti segreti;

abbiamo ottenuto di avvicinarci alla tua fonte:

ci sia permesso di contemplare almeno l’immagine

dei misteri del cielo.

(Sant’Ambrogio)

3. Beato colui che la sapienza tiene per mano:

voglia il cielo che la giustizia

sostenga anche le mie opere

e tenga la mia mano;

che il Verbo di Dio mi sostenga,

mi faccia entrare nella sua intimità,

allontani lo spirito dell’errore,

richiami lo spirito della salvezza

e disponga che mi sia dato da mangiare!

Il Verbo di Dio è il pane del cielo.

(Sant’Ambrogio)

4. Noi ti seguiamo, Signore Gesù,

ma tu chiamaci, perché ti possiamo seguire.

Nessuno potrà salire senza di te.

Tu sei la via, la verità, la vita,

la possibilità, la fede, il premio.

Aprici il cuore a quello che è veramente il bene,

il tuo bene divino.

Mostraci il bene, inalterabile, unico, immutabile,

nel quale possiamo essere eterni e conoscere ogni bene:

in quel bene si trova la pace serena, la luce immortale,

la grazia perenne, la santa eredità delle anime,

la tranquillità senza turbamento,

non destinata a perire ma sottratta alla morte:

là dove non vi sono lacrime, e non dimora il pianto,

dove i tuoi santi sono liberati

dagli errori e dalle inquietudini, dal timore e dall’ansia,

dalle cupidigie, da tutte le sozzure,

e da ogni affanno corporale,

dove si estende la terra dei viventi

(Sant’Ambrogio)

5. Com’è bello trattenersi!

Signore, mi piacerebbe trattenermi in questo stesso istante.

Perché tanta agitazione? A che pro tanta frenesia?

Io non so trattenermi.

Mi sono dimenticato di pregare.

Chiudo ora i miei occhi.

Voglio parlare con te, Signore.

Sento che un’agitazione frenetica invade tutto il mio corpo,

che va e viene, si agita, schiavo della fretta.

Perché tanta fretta? Perché tanta agitazione?

Io sono appena una goccia d’acqua

nell’immenso oceano della tua meravigliosa creazione.

Ciò che veramente è importante

è cercare il tuo Volto benedetto.

Ciò che veramente è importante

è trattenersi di tanto in tanto,

e sforzarsi di proclamare che Tu sei la Grandezza,

la Bellezza, la Magnificenza, che Tu sei l’Amore.

La cosa urgente è fare e lasciare che Tu parli dentro di me.

Vivere nella profondità delle cose

e nel continuo sforzo per cercarti

nel silenzio del tuo mistero.

Il mio cuore continua a battere, ma in modo diverso.

Non sto facendo niente, non mi sto affannando.

Semplicemente, sto davanti a Te, Signore.

Ed è bello stare davanti a Te.

6. Signore, io non ti vedo eppure tu sei qui. Sei con me.

Abiti il mio cuore: là dove sono più buono.

Tu sei qui, vicino a me, come un amico.

Sei grandissimo, eppure stai al mio fianco.

La tua presenza mi circonda come l’aria che respiro. Grazie!

Mio Dio, grazie per tutto quello che c’è nel mondo.

Ti amo per tutte le cose belle che esistono:

i fiori, gli uccelli, il sole, gli alberi e tutta la vita.

Grazie anche per gli uomini

che inventano cose belle.

Signore, eccomi in piedi davanti a te,

come un albero che si slancia verso il cielo.

Ti ammiro, ti amo. Sono contento di essere tuo figlio.

O Signore, ti ringrazio per il corpo che mi hai donato.

Con gli occhi posso vedere

le meraviglie che tu hai fatto;

con la bocca posso lodarti

e comunicare con quelli che mi circondano;

con le mani posso lavorare

e aiutare tutti i miei fratelli.

Aiutami sempre a rispettare questo mio corpo

che è sede dello Spirito Santo.

Grazie, Signore.

7. Non ci sei. Non si vede il tuo Volto.

Ci sei. I tuoi raggi si spargono in mille direzioni.

Sei la Presenza nascosta.

Presenza sempre nascosta e sempre manifesta,

Mistero Affascinante

verso il quale convergono tutte le aspirazioni.

Sei il più lontano e il più vicino di tutto.

Sei sostanzialmente presente

nel mio essere intero.

Tu mi penetri, mi avvolgi, mi ami.

Sei intorno a me e dentro di me.

Con la tua Presenza attiva raggiungi

le zone più remote e più profonde

della mia intimità.

Con la tua forza vivificante

penetri tutto quanto sono e ho.

Prendimi tutto intero,

e fa’ di me una viva trasparenza

del tuo Essere e del tuo Amore,

o Signore amatissimo!

8. Signore Gesù,

c’è grande silenzio nel tuo tabernacolo.

Dov’è la tua luce? Chi sente la tua voce?

Chi ode i tuoi passi?

Nel tuo tabernacolo, o Signore,

tutto è immobile, tutto è silenzio, tutto è mistero.

Eppure, ogni giorno la tua parola invita alla lode.

Eppure, ogni giorno, tu imbandisci una mensa

per coloro che ti amano.

Davanti al tuo santo altare

quanti hanno ritrovato la fede,

quanti hanno riacquistato la grazia,

quanti si sono votati alla tua causa!

Tu solo conosci l’intima storia di innumerevoli anime

che qui, dinanzi a te,

hanno espresso la loro gioia,

hanno versato calde lacrime,

hanno ritrovato fiducia e speranza.

Nel tuo tabernacolo, o Signore, c’è pienezza di vita.

Tu parli, o Signore.

Tu ascolti, o Signore,

Tu ami, o Signore.

9. Spirito Santo,

noi riconosciamo in te una forza straordinaria,

mentre ci riconosciamo deboli peccatori.

Ti chiediamo dunque di intervenire oggi

in un modo potente, degno di te.

Siamo pronti ad annullare tutte le nostre idee,

tutti i nostri concetti e preconcetti per ascoltarti.

Ti chiediamo di intervenire, tramite noi, nel nostro tempo.

Ti chiediamo di darci un linguaggio adatto a farci capire.

Ti chiediamo di inondarci della tua stessa potenza

per farci ascoltare dall’uomo di oggi.

Ti chiediamo il tuo linguaggio

per farci ascoltare dai giovani che non ti vogliono incontrare,

che non vogliono incontrare nessun ideale,

perché sappiano che incontrare te è incontrare il tutto,

il senso completo della vita.

Tramite te vorremmo entrare nel “giro”

dei ragazzi emarginati prima ancora che violenti.

Vorremmo portarti nelle piazze, nelle discoteche,

nei posti di lavoro e dove si soffre.

Vorremmo entrare con te nel cuore di chi ti cerca

e di chi è scandalizzato

da molti di noi che non trasmettono amore.

Vorremmo avere il tuo stesso cuore, affidarci totalmente a te

ogni volta che dobbiamo agire, pregare, amare, fare, giudicare.

(Ernesto Olivero)





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