Il matematico Lafforgue, medaglia Fields: «senza Cristo, siamo perduti»
Matematici credenti. L’eminente matematico, Laurent Lafforgue, medaglia Fields (2002) ha riflettuto con profondità sul concetto di verità, nella fede e nella scienza.
Il giovane matematico francese Laurent Lafforgue, direttore di ricerca presso il Centre national de la recherche scientifique, membro dell’Académie des sciences nonché vincitore nel 2002 del “premio Nobel” per la matematica, la medaglia Fields, ha partecipato quest’estate all’annuale Meeting per l’amicizia tra i popoli, organizzato dal movimento di Comunione e Liberazione.
Qualche mese fa, intervistato dalla rivista “Tracce”, ha parlato delle recenti votazioni europee spiegando: «Mi sento europeo in molti sensi. Innanzitutto sono cristiano, anche se in sé il cristianesimo non è una religione europea. Sono europeo per la cultura. Sono uno scienziato, nel senso che partecipo a una scienza che è stata elaborata per la prima volta in Europa anche se oggi è praticata in tutto il mondo».
La riflessione si è spostata sul concetto di verità, sulla perdita di sensibilità verso di essa da parte di noi europei. «Per guardarci dall’errore, per sperare di camminare sul cammino della verità, noi non abbiamo migliore risorsa che la preghiera», ha spiegato Lafforgue. «Rivolgerci a Dio e pregare umilmente di illuminarci, perché facciamo l’esperienza, a volte individuale, a volte collettiva, di errori monumentali. La nostra intelligenza è debole tanto quanto la nostra volontà. Abbiamo bisogno di rivolgerci a Dio e di pregarlo di illuminarci. E questo non ci dispensa da usare il rigore della ragione, non ci dispensa dall’essere intelligenti».
Molto interessante quando il matematico cattolico ha affermato che «in fondo a noi cristiani non interessa ”il cristianesimo”. Ci sono persone che se ne interessano, magari persone che non sono cristiane, e che vogliono vedere gli effetti della fede cristiana nella storia. Quello che i cristiani hanno fatto di bene e di male. I frutti della Chiesa. Ma per noi essere cristiani non è fare qualche cosa del cristianesimo, ma è rivolgersi a Cristo. Oggi il sentimento che domina in me è che senza Cristo siamo perduti. Ha presente quel passaggio del Vangelo in cui Gesù vede la folla e si commuove, perché erano “pecore senza pastore”?».
Avendo partecipato molto al dibattito sulla scuola in Francia, Lafforgue ha spiegato che «oggi il fondo del problema della scuola è che non sappiamo più bene perché si debba trasmettere il sapere. Si ha un dubbio profondo su tutto ciò che siamo in grado di trasmettere. Anche l’ambiente intellettuale e universitario dubita del valore di quel che fa. E poi c’è il dubbio sul valore stesso della vita. Oggi tutte le società europee hanno pochi figli, e hanno pochi figli perché dubitano che la vita abbia davvero un valore. Per noi cristiani è Cristo a farcelo vedere. È il legame con Lui che rende ragione del valore della vita. Non a livello intellettuale, non è una teoria che giustifica la vita. Se siamo rivolti verso Cristo, il valore della vita è un’evidenza sensibile, visibile. È il valore della vita in tutta la sua pienezza. D’altra parte, per insegnare alle persone, non basta avere coscienza che la vita ha un valore, occorre avere anche un’idea di che cosa sia l’uomo. Chi sono i ragazzi a cui dobbiamo insegnare? Se non sappiamo chi sono, se pensiamo che siano materiale manipolabile in modo arbitrario, non c’è bisogno di insegnare questo o quello. Tutto è opinione. Se siamo rivolti a Cristo, vediamo l’uomo attraverso di Lui. Cristo è il modello di uomo ed è anche il modello di maestro».
Un grande uomo di scienza, una grande fede e una grande capacità di comunicare la ragione della sua fede cristiana. Un’unica domanda: cosa abbiamo fatto di male, noi italiani, per meritarci Piergiorgio Odifreddi?
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