domenica 29 settembre 2019

Se vuoi venire con Me...




“SI QUIS VULT
POST ME VENIRE,
ABNEGET SEMETIPSUM,
ET TOLLAT CRUCEM SUAM,
ET SEQUATUR ME!”


sabato 28 settembre 2019

Magnificat - Seconda parte



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AVE MARIA GRATIA PLENA!

Spiegazione del quinto versetto del Magnificat:



"Et misericordia eius a progenie in progenies * timentibus eum"
Eccoci alla seconda parte di questo Cantico divino, che è davvero il Cantico del Sacratissimo Cuore della Madre del Bell’Amore ed una prezio­sissima reliquia di questo Cuore Sacratissimo.
Dopo aver magnificato Dio per i favori infiniti di cui l’ha ricolmata, ed aver fatto questa profezia mirabile: «Beatam me dicent omnes generationes», che comprende un mondo di meraviglie che l’Onnipotente ha operato e che opererà in tutti i secoli e per l’eternità, al fine di rendere questa Vergi­ne Madre gloriosa e venerata in tutto l’universo, eccone un’altra - intendo dire un’altra profezia -, piena di consolazione per tutto il genere umano, specialmente per coloro che temono Dio, attraverso la quale questa divina Maria ci dichiara che « di generazione in generazione la misericordia [di Dio] si stende su quelli che lo temono: Et misericordia eius a progenie in progenies timentibus eum».

Qual è questa misericordia? È il nostro buonissimo Salvatore, dice sant’Agostino. Per questo l’Eterno Padre è chiamato il Padre delle miseri­cordie, perché è il Padre del Verbo Incarnato, che è la Misericordia stessa.
È quella misericordia di cui il Profeta regale chiese a Dio, a nome di tut­to il genere umano, la venuta in questo mondo attraverso il mistero dell’Incarnazione, quando diceva: «Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza: Ostende nobis Domine, misericordiam tuam, et salu­tare tuum da nobis». 
Come il Verbo Incarnato, infatti, è tutto Amore e tut­ta Carità, Egli è anche tutto Misericordia. Dio è tutto misericordioso per na­tura e per essenza - dice san Girolamo -, e sempre pronto a salvare con la sua clemenza coloro che non può salvare con la sua giustizia. Ma noi siamo così infelici e nemici di noi stessi, che, quando la misericordia di Dio ci si presenta per salvarci, noi le voltiamo le spalle e la disprezziamo.

E' attraverso la sua Incarnazione che il Figlio di Dio ha esercitato la sua misericordia verso di noi, la sua grande misericordia, secondo le parole del Principe degli Apostoli: «Secundum misericordiam suam magnam regeneravit nos».Tutti gli effetti di misericordia, infatti, che il nostro Salvatore ha operato sugli uomini, dall’inizio del mondo fino ad ora, e che opererà per tutta l’eternità, sono proceduti e procederanno dal mistero adorabile della sua Incarnazione, quale loro Fonte e dal loro Principio primo. È per questo che, quando David domandò perdono dei suoi peccati, pregò in questo mo­do: «Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia: Miserere mei Deus, secundum magnam misericordiam tuam>>.

Tre cose sono richieste alla misericordia:

la prima è che essa abbia compassione della miseria altrui, poiché misericordioso è Colui che porta nel suo cuore, per compassione, le miserie dei miserabili, 
la seconda che es­sa abbia una grande volontà di soccorrerli nelle loro miserie, 
la terza, che es­sa passi dalla volontà all’effetto. 

Ora, il nostro benignissimo Redentore si è incarnato per esercitare così la sua grande misericordia verso di noi. 
In pri­mo luogo, infatti essendosi fatto Uomo e avendo preso un corpo e un Cuore come il nostro, capace della sofferenza e del dolore, è stato ricolmo di una tale compassione delle nostre miserie, e le ha sopportate nel suo Cuore con tanto dolore, che non vi sono proprio parole per poterla esprimere. 
Avendo Egli, infatti, un amore infinito per noi, come un buonissimo padre per i suoi figli e, avendo sempre davanti agli occhi tutti i nostri mali del corpo e dello spirito, tutte le nostre angosce, le tribolazioni, i martiri e i tormenti che do­vevamo sopportare fino alla fine del mondo, il suo Cuore benignissimo, sa­rebbe stato straziato da mille e mille dolori sensibilissimi e penetrantissimi che gli avrebbero dato mille volte la morte, se il suo amore più forte della morte, non gli avesse conservato la vita, al fine di sacrificarla per noi sulla Croce.

In secondo luogo, siccome tutte le nostre miserie sono state presentate a questo misericordiosissimo Salvatore, dal primo istante della sua vita, sin da allora Egli è entrato in una volontà sì forte, sì ardente e sì costante di soccor­rerci e di liberarcene, ed ha talmente conservato questo progetto nel suo Cuore, dal primo momento della sua vita fino all'ultimo, che tutte le crudeltà e i supplizi atrocissimi che gli uomini miserabili, verso i quali aveva tanta bontà, gli hanno fatto soffrire mentre era sulla terra e tutte le previsioni che Egli aveva delle ingratitudini, degli oltraggi e delle offese che noi gli avremmo reso per tutte le sue misericordie, non sono state capaci di raffred­dare neppure un pochino l’ardore e la forza di questa volontà.

In terzo luogo, che cosa non ha fatto e sofferto per liberarci davvero da tutte le miserie temporali ed eterne nelle quali i nostri peccati ci avevano immerso? Tutte le azioni della sua vita, durata trentaquattro anni, e di una vita divinamente umana e umanamente divina, tutte le virtù che Egli ha pra­ticato, 
tutti i passi e tutti i viaggi che ha fatto sulla terra, tutte le fatiche che ha sopportato; 
                tutte le umiliazioni, privazioni, mortificazioni che ha sofferto; 
                tutti i suoi digiuni, le veglie, le preghiere, le prediche, le sofferenze, le pia­ghe, i                    dolori, la morte crudelissima e ignominiosissima e il suo preziosissi­mo Sangue sparso              fino all’ultima goccia, 
          tutte queste cose - dico - non sono forse state usate per liberarci da ogni sorta di male, ma anche per metterci in possesso di un impero eterno, ripieno di un’immensità di glorie, di grandez­ze, di gioie, di felicità e di beni inconcepibili ed inesprimibili? 

O Bontà! O Amore! O eccesso! O Misericordia incomprensibile ed inesprimibile! 
O mio Salvatore che vi siete ben chiamato il Dio delle misericordie! 
O cuore uma­no la tua durezza e la tua stupidità sono spaventose se non ami questo Dio d’amore. 
Oh! Chi ami tu se non ami Colui che ha tanta bontà e tanto amore per te?

Non è tutto. 
Consideriamo le qualità della misericordia del nostro Salva­tore. 
Sant’Alberto Magno ne mette in evidenza cinque principali: 
essa è grande, e continua, i suoi effetti sono in grandissimo numero, è dolce e be­nigna; è discreta; 
è grande, perché rimette dei grandi peccati; 
è continua, perché non ha fine né limiti. I suoi effetti sono in grandissimo numero, per­ché perdona un’infinità di peccati ad un numero incalcolabile di peccatori. 
È dolce e benigna, trattando i peccatori dolcemente e con una meravigliosa so­avità. 
È discreta, poiché se è obbligata a punire il peccato in questo mondo, è al fine di non punirlo nell’altro.

Possiamo dire, inoltre, che la misericordia di Dio è grande, e più grande in certo qual modo degli altri divini attributi. Gli effetti della misericordia, infatti, sorpassano quelli della potenza, della sapienza, della giustizia e di tutte le altre divine perfezioni che possiamo conoscere in questo mondo. 

San Bonaventura spiegando queste parole del Salmo 50 «Secundum magnam misericordiam tuam», dice che Dio è misericordioso nel perdonare e miseri­cordiosissimo nel glorificare. 
È una gran cosa la remissione del peccato: 
Grande, in primo luogo, da parte di Dio, che perdona gratis il disonore infi­nito che è arrecato dal peccato alla sua Divina Maestà. 
Grande in secondo luogo, per il penitente, che, essendo immerso per il suo peccato in un abisso infinitamente profondo di disgrazie, ne è tratto fuori dalla dolcissima mano della misericordia del suo Dio. 
Grande, in terzo luogo, per il dono inestima­bile che viene fatto al peccatore dalla Divina Bontà, la quale, non contenta di rimettergli i crimini, lo pone nella schiera degli amici e dei figli di Dio. 
Grande, in quarto luogo, in ragione della maniera in cui si è svolta la nostra riconciliazione con Dio. 
E' Lui che ci ama per primo, che ci invita, ci esorta e ci spinge a cercarlo e a convertirci a Lui. Questo Dio d’amore e di miseri­cordia ci corre dietro - dice Dionigi l’Areopagita - quando noi lo abbando­niamo, ci insegue con un amore indicibile e ci prega di non separarci da Colui che ci ricerca con tanto ardore: «Aversos a se et resilientes amatorie sequitur, contendit, et deprecatur ne se deserant, quos tanta vi amoris inqui­ri». 
Grande, in quinto luogo, in ragione di molti altri effetti di questa grande misericordia, poiché essa libera i peccatori dalla pena del danno, dal­la pena eterna del senso, dalla colpa del peccato e da tutti i mali che l’accompagnano, e rincammina verso il Cielo per farla regnare eternamente con Dio.

Sentiamo parlare san Bernardo: «Vedo in me - dice questo gran Santo - sette misericordie del Signore, che troverete facilmente in Voi.

La prima è che mi ha preservato da molti peccati, quando ero ancora nel secolo. [...] Chi, infatti, non vede che, come vi ho commesso molti peccati, ne avrei fatti molti altri se l’onnipotente misericordia non me ne avesse sal­vaguardato? Sì, lo confesso e confesserò sempre che se il mio Dio non mi avesse sostenuto, la mia anima si sarebbe inabissata in ogni sorta di peccati! Oh! Quale eccesso della Divina Bontà, è l’aver così conservato in vita un ingrato, che non aveva che disprezzo per le sue grazie!
La seconda misericordia del mio Signore su di me è così grande, che non trovo parole per spiegarla. Vi offendevo, o mio Creatore, e Voi dissimu­lavate le mie offese. Non avevo nessun ritegno nei miei crimini, e Voi mi risparmiavate le punizioni che meritavo. Io prolungavo le mie iniquità per lungo tempo, e Voi prolungavate, mio Signore, la vostra pazienza e la vostra pietà. Ma a che cosa mi sarebbe servita questa pazienza, se non fosse stata seguita dalla mia penitenza, se non per raggiungere il colmo della mia dan­nazione?
La terza misericordia del mio Salvatore è stata che si è degnato di visita­re il mio cuore e l’ha cambiato talmente che le cose che prima mi erano dol­ci mi sono ora amare; e che invece di mettere la mia gioia nelle cose cattive, gli anni della mia vita che ho passati nel disordine sono ora l’amarezza della mia anima. E ora, Signore, avete agitato la terra del mio cuore, ed essa è tur­bata; guarite le sue piaghe e i suoi dolori, poiché molti sono mossi a peniten­za, la cui penitenza è infruttuosa e riprovata.
Ecco perché la quarta misericordia, da Voi usata verso di me, consiste nel fatto che Voi avete ricevuto benignamente la mia penitenza, affinché fossi del numero di coloro dei quali il Salmista ha detto: «Beati quorum remissae sunt iniquitates et quorum tecta sunt peccata: Beati coloro ai quali sono perdonate le iniquità e perdonati i peccati».
La quinta misericordia è quella che mi avete fatto, dandomi la grazia di separarmi ormai dal peccato, di condurre una vita migliore, non ricadendo nei miei peccati e in uno stato più deplorevole di prima, poiché è un effetto, o mio Salvatore, non della debolezza umana, ma della vostra divina virtù, l'esser stato liberato dalla tirannia del peccato. Colui che compie il peccato, infatti, cade nella schiavitù del peccato, da cui non può essere liberato se non attraverso una mano forte come la vostra.
        La sesta e la settima misericordia consistono nel fatto che, dopo avermi liberato dal più grande di tutti i mali, che è il peccato, mi avete accordato la grazia di ima conversazione cristiana e la speranza di pervenire alla gioia dei beni che avete preparato a coloro che vi amano».

Non si finirebbe mai, se si volesse riportare tutte le altre misericordie del nostro amabilissimo Salvatore nei nostri riguardi, evidenziate in queste parole della sua Divina Madre: «Et misericordia eius».

Ma cosa vogliono dire le parole: «A progenie in progenies timentibus eum: Di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono»
Vuol dire, secondo la spiegazione dei santi Dottori, che, come il nostro Salvatore si è incarnato ed è morto per tutti gli uomini, Egli spande anche i tesori delle sue misericordie, su tutti coloro che non vi appor­tano affatto ostacolo, ma che lo temono. 
Di modo che, essendo una Fontana inesauribile di grazia e di misericordia, Egli prova anche un sommo piacere nel comunicarla continuamente ai suoi figli, in ogni luogo e in ogni tempo. 
Sebbene, infatti, - secondo san Bernardo -, la Divina Misericordia appar­tenga ugualmente alle tre Persone divine, come tutti gli altri divini attributi, essa è attribuita tuttavia specialmente alla Persona del Figlio, come pure la potenza al Padre e la bontà allo Spirito Santo. È il Verbo Incarnato, infatti, in particolare che, per la sua grande misericordia, ci ha liberato dalla tirannia del peccato, dalla potenza del demonio, dalla morte eterna, dai tormenti dell'infemo e da un’infinità di mali e di miserie, e ci ha acquistato, con il suo Sangue e la sua Morte, lo stesso possesso eterno che il Padre suo gli ha donato.


Ma Egli non ha voluto compiere da solo questa grande opera, poiché, oltre a fare tutto con il Padre suo e con il suo Divino Spirito, ha voluto anche associare la sua Santissima Madre a sé nelle grandi opere della sua misericordia. «Non è bene che l’uomo sia solo - dice Dio quando ha voluto dare la prima donna al primo uomo - gli voglio fare un aiuto che gli sia simile». 

Così l’uomo nuovo, che è Gesù, vuole avere un aiuto che è Maria, e il suo Eterno Padre gliela dona per essere sua coadiutrice e sua cooperatrice [diciamo vera Corredentrice] nella grande opera della salvezza del mondo, che è l’opera della sua grande mise­ricordia.
"Et misericordia eius a progenie in progenies 
timentibus eum" (continua)

Ascoltiamo, a questo proposito, sant’Atanasio Sinaita: «Esorto - egli dice -, tutti gli Ebrei, tutti i Greci e i pagani a ricorrere a questa Beata Vergi­ne, che Dio ha stabilito perché fosse l’aiuto e il soccorso di tutto il genere umano, un aiuto ben differente da quello che è stato dato al primo uomo. È un aiuto di salvezza, che conserva, protegge, illumina, che non ha mai sapu­to cosa sia peccare, che non scaccia gli uomini dal Paradiso come la prima donna ma li introduce nel Regno di Dio. È l’aiuto della Madre dei figli della vita e degli eredi della vita eterna. Aiuto che da maghi ha fatto degli Aposto­li, che cambia i pubblicani in Evangelisti e le donne peccatrici in specchi di purezza e di onestà» (In Hexameron., lib. 19). Sì, perché tutte le conversioni che si compiono per la misericordia del Figlio della Vergine, sono attribuite alle intercessioni della sua Divina Madre.
Tra i molti santi elogi che santa Caterina da Siena, trovandosi a Roma, nell’anno 1379, nella festa dell’Annunciazione, pronunciò per una mozione e un’ispirazione particolare dello Spirito Santo ad onore della Madre di Dio, eccone quattro ben considerevoli: «O Maria, portatrix ignis! O Maria, mare pacificum! O Maria, currus ignis! O Maria, administratrix misericordiae!».
     È chiamata Portatrix ignis, perché Ella ha portato nelle sue viscere verginali Colui che è tutto fuoco d’amore e di carità verso di noi, e che ha detto di es­sere venuto a portare il fuoco sulla terra, e che il suo più grande desiderio è che infiammi tutti i cuori (Luca 12, 49).
E' chiamata Mare pacifico, perché è un abisso immenso di ogni sorta di grazie, di virtù e di perfezioni. Ma è un Mare sempre tranquillo e pacifico, per il quale si arriva al porto della salvezza eterna senza alcun problema e difficoltà.
E' un Carro di fuoco tutto infiammato d’amore, di carità, di bontà, di dolcezza verso i veri Israeliti, Currus Israel, ossia per i veri figli di Dio, ma che è anche tanto terribile verso tutti i demoni, quanto è dolce e benigna ver­so gli uomini. Chiunque onora, ama, serve e invoca Maria con umiltà e fidu­cia, sale in Paradiso in un carro di fuoco.
E' l'Ammìnistratrice della Misericordia, perché Dio l’ha colmata di una bontà, di una dolcezza, di una munificenza e di una benignità straordinarie, e di una potenza senza eguale, affinché Ella voglia e possa assistere, protegge­re, sostenere e consolare tatti gli afflitti, tutti i miserabili e tutti coloro che ricorrono a Lei nei loro bisogni e nelle loro necessità.
È ciò che Ella fa continuamente nei riguardi dei singoli, dei regni, delle province, delle città, delle case e persino di tutto il mondo, secondo le parole di uno dei più santi e più sapienti Padri della Chiesa, san Fulgenzio, vissuto quasi dodici secoli fa. «Coelum et terra, dice, jamdudum ruissent, si Maria precibus non sustentasset: Da lungo tempo il Cielo e la terra sarebbero ridot­ti al nulla, dal quale sono stati tratti, se le preghiere di Maria non li avessero sostenuti» (Myt. lib 4) . E questo lo si deve intendere non del Cielo empireo, ma degli altri cieli, quelli in cui sono il sole, le stelle e la luna.
Quanti regni, province, città, case e persone singole a cui si possono ri­volgere queste parole: “O regno, da molto tempo non saresti più, a motivo delle empietà, degli ateismi, delle bestemmie, delle eresie e di tutte le abo­minazioni di cui sei ricolmo, se le preghiere di Maria non ti avessero con­servato! 
O provincia, di quali crimini non ti sei infettata? Da molto tempo i fuochi del Cielo ti avrebbero ridotto in cenere, se Maria non avesse interce­duto incessantemente per te. 
O città, o quartiere, quante frecce avvelenate lanci tutti i giorni contro il Cielo e contro il Dio del Cielo, per i tuoi innume­revoli crimini? Da molto tempo la terra si sarebbe aperta per inghiottirti, se le grandi misericordie di Maria non ti avessero protetto. 
O casa, o famiglia, quante ingiustizie, rapine, usure, furterelli, odi, vendette, maldicenze, sper­giuri, impudicizie ed altri crimini si commettono in te! Da molto tempo sare­sti stata interamente sterminata, se le preghiere di Maria non vi si fossero opposte. 
O uomini, o donne, quante volle sareste finiti a bruciare nell’infer­no, se le intercessioni di Maria non vi avessero trattenuto sulla terra per farvi far penitenza della vostra vita cattiva e detestabile”.
Riconosciamo, dunque, ed onoriamo la Madre del Salvatore come Ma­dre della Misericordia, alla quale il suo Figlio diletto ha voluto comunicare la sua grande misericordia, per associarla con Lui alle opere della sua cle­menza e della sua benignità. 
Grazie infinite ed eterne vi siano rese, o mio Salvatore! 
O Madre nella misericordia, che tutti gli angeli, tutti i santi e tutte le creature cantino per sempre le misericordie del vostro Figlio Gesù e della sua Divina Madre! «Misericordias Domini et Domincae in aeternum cantabo: Canterò in eterno le misericordie del mio Re e della mia Regina». «Confiteantur Jesu et Mariae misericordiae eorum, et mirabilia eorum Fìliis hominum: Tutte le misericordie del Figlio unico di Maria, e della Santissima Madre di Gesù, e tutti i miracoli di bontà e di clemenza che hanno fatto per i figli de­gli uomini, li benedicano e li glorifichino eternamente!».

san Giovanni Eudes


Spiegazione del sesto versetto:

"Fecit potentiam in brachio suo:
*dispersit superbos mente cordis sui"

La Beata Vergine Maria, avendo lodato e glorificato nel versetto pre­cedente gli effetti della Divina Misericordia, che hanno la loro origine dall’Incarnazione del Salvatore e che si estendono di generazione in gene­razione su coloro che temono Dio, magnifica ed esalta in Costui [ossia in Gesù medesimo] i prodigi della Divina Potenza, che scaturiscono da questo stesso mistero in maniera ammirabile.

«Il gran Dio - Ella dice -, ha spiegato la potenza del suo braccio». Qual è questo braccio? Sant’Agostino, san Fulgenzio san Bonaventura, dicono che è il Verbo Incarnato, conformemente alle parole del profeta Isaia 53,1: «Et brachium Domini cui revelatum est», che san Giovanni 12,38 applica al Figlio di Dio. 
Come, infatti, è per il suo braccio che l’uomo compie le sue azioni così è attraverso suo Figlio che Dio compie ogni cosa. Come il braccio dell’uomo - dice sant’Alberto Magno -, trae la propria origine dal corpo, e la mano dal corpo e dal braccio, così il Figlio di Dio prende la sua origine dal Padre suo, e lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio.

Ma cosa vogliono dire le parole: «Fecit potentiam?». Che Dio ha opera­to potentemente, e che ha prodotto effetti mirabili della sua potenza in bra­chio suo, attraverso il suo unico Figlio, il suo Verbo Incarnato, che è il suo braccio. È attraverso di Lui che ha creato ogni cosa; è per Lui che ha riscat­tato tutto il mondo; è per Lui che ha vinto il diavolo; è per Lui che ha trion­fato dell’inferno; è attraverso di Lui che ci ha aperto il Paradiso, è per Lui che ha fatto un’infinità di altri miracoli. «Non faccio nulla da me stesso - dice il Figlio di Dio ma è il Padre mio, che dimorando in me, compie tutto ciò che io faccio» Gv. 14,10. 
Oh! Quali meraviglie opera la Divina Potenza in questo mistero ineffabile dell’Incarnazione! Quale miracolo vedere due nature infi­nitamente distanti l’una dall’altra, la natura divina e la natura umana, unite insieme così strettamente da costituire una sola Persona! Quale miracolo ve­dere il Verbo Incarnato uscire dalle sacre viscere di una Vergine, senza vio­larne l’integrità! Quale miracolo nell’istituzione del Santissimo Sacramento dell’altare! Che miracolo, infine, della Divina Potenza di aver elevato una piccola figlia di Adamo alla dignità infinita di Madre di Dio, e averla stabili­ta Regina di tutti gli angeli e di tutto l'universo!

  Tra le opere di Dio, qualcuna è attribuita alle sue mani e alle sue dita, come i cieli: «Opera manuum tuarum sunt coeli» Sal.101,26', « Videbo coelos tuos, ope­ra digitorum quorum»  Sal 8,4 -, qualcuna ad una delle sue dita, «Dìgitus Dei est hic» Es.8,19, come i prodigi che ha operato attraverso Mosè nell’Egitto. Ma l’opera incomparabile dell’Incarnazione non è affatto attribuita alle mani di Dio né alle sue dita; è al braccio della sua Divina Potenza che è attribuita, perché esso sorpassa incomparabilmente tutte le altre opere della sua adora­bile Maestà.
«O Cosa ammirabile! - dice san Giovanni Damasceno - Colui che era Dio perfetto diviene uomo perfetto; e questo Uomo-Dio è la cosa più nuova tra tutte le cose nuove; vederlo è l’unica cosa nuova che è stata e che può es­servi sotto il sole e nella quale la potenza infinita di Dio si manifesta molto più che in tutto ciò che è racchiuso nell’universo. Che cosa vi è, infatti, di più grande ed ammirabile del vedere un Dio fatto uomo?». 

«L’onnipotente maestà di Dio - dice san Bernardo Serm. 3 in Vigilib. Nat. Dom. - ha fatto tre cose sì eccellentemente mi­rabili e così mirabilmente eccellenti, come non se ne sono mai fatte, né mai si faranno, di simili sulla terra. Infatti, Dio e l’uomo, essere Madre e Vergi­ne, la fede e il cuore umano sono imiti e uniti insieme con la più intima unione che vi possa essere, un’unione ammirabile e che sorpassa tutti gli altri miracoli. In che modo delle cose così differenti e lontane le une dalle altre hanno potuto essere così strettamente unite? 
La Divina Maestà si è rimpic­ciolita, al fine di unire ciò che aveva di più nobile con il fango della nostra natura, di modo che Dio e il fango della natura umana fossero unite insieme in una sola persona, la maestà e l’infermità, la bassezza e la sublimità, il nul­la e il tutto. Non vi è, infatti, nulla di più sublime di Dio né niente di più vi­le del fango; e tuttavia Dio è disceso con tanta bontà nel fango, e il fango è stato elevato in Dio così altamente che tutto ciò che Dio ha fatto nel fango è stato attribuito al fango, e tutto ciò che il fango ha fatto e prodotto è attribui­to a Dio, per un segreto ineffabile ed incomprensibile.
Oltre a ciò, considerate che, come nella Divinità, vi è Trinità nelle tre persone e unità nella sostanza, così, in questo mistero meraviglioso, vi è tri­nità nelle tre sostanze e unità in una sola persona. È la sovrana e eterna Tri­nità che ci ha dato quest’altra meravigliosa trinità; opera ammirabile, opera singolare tra tutte e al di sopra di tutte le opere della Divina Potenza. Il Ver­bo, l’anima e la carne, infatti, non fanno che una sola persona, e queste tre persone sono uno, e questo uno sono tre, non per la confusione della sostan­za, ma per l’unità della persona».

Ascoltiamo ora Riccardo di san Vittore in Adnot. in Psal. 71, che, spiegando le parole del Profeta regale: «Dèscendent sicut pluvia in vellus», esclama: «O la gloria della Beata Vergine! O grazia meravigliosa! O gloria singolare! Ammirabile bontà del Figlio di Maria! Oh! Quale la bontà di questo adorabile Bambino che, essendo Figlio di Dio, vuol essere Figlio dell’uomo; che essendo il Re della gloria, vuole essere il Figlio di Maria! Oh! Quale dignità per la Madre di Gesù è il possedere il frutto della fecondità unitamente al fiore della ver­ginità! Quale meraviglia nel vedere una Vergine che ha non un Figlio qual­siasi, ma un Figlio che è Dio! Davvero è una gloria singolarissima la gloria di Maria! Descendet sicut pluvia in vellus: Scenderà come la pioggia sul vello”. Chi discenderà? Il Figlio unico di Dio. Da dove discenderà e dove discenderà? Dal seno adorabile del Divin Padre nel seno verginale di sua Madre».

Volete sentire ora il santo Cardinale Ugo spiegare le parole del Salmi­sta 97,1: «Cantate Domino canticum novum, quia mirabilia fecit: Cantate al Si­gnore un canto nuovo, perché ha compiuto prodigi»? Quali sono queste cose meravigliose? «Sono - dice questo piissimo Cardinale - il fatto che E­gli s’è fatto uomo da una Vergine Madre e che il cuore fedele crede a queste due cose. Quale cosa mirabile che Dio abbia donato il proprio Figlio per de­gli schiavi; il suo Diletto per i suoi nemici; il Giudice supremo per i crimina­li e per i condannati; il primo per gli ultimi - poiché l’uomo è l’ultima di tut­te le creature -, e l’innocente per gli empi».

Diciamo ancora, con molti santi Dottori, che Dio ha spiegato la potenza del suo braccio nell’Incarnazione del suo Verbo, in quanto tutte le creature che sono nell’universo, essendo contenute in qualche maniera nella natura umana, hanno ricevuto una dignità, una nobiltà e un’eccellenza meraviglio­sa, quando questa natura è stata unita personalmente al Figlio di Dio; dato che esse sono entrate in un’unione meravigliosa con il loro Creatore, cosa che ha conferito un incredibile ornamento ed una perfezione indicibile a questo grande universo.

Ecco ancora due cose considerabilissime.
La prima è che non vi è nulla in cui la Divina Potenza si mostri maggiormente se non nella remissione e nella distruzione del peccato, secondo le parole della Santa Chiesa: «Deus qui omnipotentiam tuam parcendo maxime et miserando manifestas: O Dio, che manifestate maggiormente la vostra onnipotenza perdonandoci i peccati e facendoci misericordia, che in tutte le altre cose». - La ragione risiede nel fatto che l’ingiuria, fatta a Dio a causa del peccato, è così grande che non vi è che la Potenza infinita di una Bontà immensa che la possa perdonare, es­sendo il peccato un mostro così terribile da non esservi nulla, se non il brac­cio dell’Onnipotente, che lo possa schiacciare.
La seconda cosa nella quale quest’adorabile Potenza splende meravi­gliosamente è nella virtù e nella fortezza che essa dona ai suoi martiri e a tutte le persone che soffrono pene straordinarie, perché le sopportino gene­rosamente e cristianamente, per amore di Colui che ha sofferto per essi i tormenti e la morte di Croce.

Ecco qui soltanto un piccolo compendio dei miracoli innumerevoli che il braccio onnipotente del Verbo Incarnato ha operato ed opera tutti i giorni per la gloria del suo Divin Padre, per l’onore della sua Santissima Madre, per la salvezza e la santificazione degli uomini e per spingere costoro a ser­virlo e ad amarlo con tutto il loro cuore, come Egli li ama con tutto il suo.


- Spiegazione delle parole:

Dispersit superbos mente cordis sui

Oltre agli effetti della Divina Potenza sottolineati precedentemente, eccone ancora uno considerabilissimo, affermato nelle parole della Beata Ver­gine Maria: «Dispersit superbos mente cordis sui: Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore»
Che cosa vuol dire tutto questo e chi sono i super­bi?
I Santi Padri lo spiegano in diverse maniere. Alcuni dicono che i superbi sono gli angeli ribelli che Dio ha cacciato dal Cielo e precipitato nell'inferno per la loro superbia.
Altri intendono il Faraone, Sennacherib, Nabucodonosor, Antiochio ed altri nemici del popolo d’Israele. San Cirillo e sant’Agostino lo applicano ai demoni che Nostro Signore ha cacciato dai corpi e dalle anime degli uomini, quando è venuto in questo mondo.
Lo stesso sant’Agostino scrive che per questi superbi si possono inten­dere gli Ebrei che hanno disprezzato l’umile venuta del nostro Salvatore, ragion per cui sono stati riprovati.
Ugo di san Vittore e Dionigi il Certosino dicono che queste parole desi­gnano tutti gli uomini nei quali la superbia regna particolarmente. Il Cardi­nal Ugo dichiara che questi superbi sono gli eretici, i cui spiriti sono com­battuti e divisi per la diversità dei loro pensieri e dei loro errori.
Ve ne sono altri i quali assicurano che questi superbi sono tutti i pecca­tori in genere, i quali si rendono ribelli alla Divina Volontà.
Infine, qualche santo Dottore scrive che bisogna applicare queste parole agli imperatori, ai re, ai principi, ai filosofi e a tutti i tiranni che si sono op­posti alla pubblicazione del Santo Vangelo e che Dio ha sterminato e gettato nelle fiamme eterne.
Ciò lo si deve intendere anche di tutti coloro che perse­guiteranno la Chiesa fino ai tempi dell’Anticristo.

La maggior parte di que­ste parole, infatti, sono come tante profezie espresse in tempi passati - di­spersit superbos - come se le cose fossero già compiute, per mostrare che esse si compiranno in modo così certo come se esse fossero già accadute.

Vediamo ora ciò che vogliono dire le parole: «Mente cordis sui». Sant’Agostino In Magnif. le spiega così: «Egli ha distrutto i superbi per un segreto e profondo consiglio della sua Divina Volontà - un consiglio segretissimo che il demonio non ha potuto conoscere - che Dio si è fatto uomo, e che l’Innocente ha sofferto per riscattare il colpevole».
Ma poiché la dizione greca riporta: «Mente cordis ipsorum», ciò fa sì che altri Dottori diano questa spiegazione: «Ha distrutto e sterminato coloro che avevano il cuore pieno di un’alta stima di se stessi, o meglio, ha dissipa­to i pensieri e i consigli che i superbi meditavano nel loro cuore», confor­memente alle parole del profeta Isaia 8,10«Inite consilium, et dissipabitur».

Ecco un altro segreto importantissimo che la Beata Vergine ci svela at­traverso le parole: «Dispersit superbos mente cordis sui». Questo, infatti, vuol dire, secondo molti importanti Autori,  che, non solo Dio dissipa ed annienta i pensieri maligni e i consigli perniciosi che i cattivi macchinano con­tro di Lui e contro i suoi amici, ma fa anche in modo che tutte le loro pretese volgano a loro confusione, a gloria della Divina Maestà e per l’accresci­mento della santità e della felicità eterna di coloro che lo servono. Ma vi è di più, ossia il fatto che li sconfigge con le loro stesse armi: «Mente cordis sui». Fa sì, infatti, che le frecce che la loro malizia fa scoccare contro di Lui e contro i suoi figli, ritornino contro di loro: «Sagittae superborum factae sunt plagae eorum» Sal 63,10.  Fa servire i loro progetti al compimento dei suoi; fa sì che le invenzioni maligne della loro empietà tornino a loro perdizione e a van­taggio dei suoi servitori. Cambia gli ostacoli che costoro apportano alle ope­re della sua gloria, in mezzi potentissimi di cui si serve per donarvi più fer­mezza, più perfezione e più splendore.
La malizia di satana contro il primo uomo non si è forse volta a sua con­fusione e a vantaggio non solo di quest’uomo, ma di tutta la sua posterità, poiché Dio ha tratto tanti e sì grandi beni dal male nel quale la tentazione del demonio l’ha fatto cadere, che la Santa Chiesa canta: «O felix culpa: o beata colpa»?

La perfida invidia e la cattiva volontà dei fratelli di Giuseppe contro di lui non è forse servita alla Divina Provvidenza quale mezzo per elevarlo fino alla partecipazione del trono d’Egitto e dargli il glorioso titolo di Dio del Fa­raone?
A che cosa sono servite al successore di quello stesso Faraone la durez­za e la crudeltà che ha esercitato contro il Popolo di Dio, se non per inabis­sare lui e tutta la sua armata nel fondo del mar Rosso e far risplendere mag­giormente la protezione di Dio sui suoi?
Che cosa pretendevano i perfidi Ebrei e gli spiriti maligni trattando il Figlio di Dio così ignominiosamente e crudelmente come l’hanno trattato, se non di rendere il suo nome infame ed odioso a tutti: «Nomen  eius  non  memoretur  amplìus»  Ger. 11,19,   e così rovesciare tutti i suoi disegni ed annientare la grande opera che aveva intrapreso per la Redenzione del mondo? Egli non si è servito forse della loro empietà abominevole per portare a compimento i consigli della sua infinita bontà nei riguardi del genere umano?

Qual era l’intenzione dei tiranni che hanno massacrato tanti milioni di santi martiri, se non quella di rovinare e sterminare interamente la religione cristiana? E, tuttavia, la Divina Potenza non ha forse utilizzato questo mezzo per rendere tale istituzione più salda, più santa, più estesa e più gloriosa?
Infine, si può dire davvero di tutti coloro che perseguitano ed ostacolano i servitori di Dio, ciò che sant’Agostino Serm.10 de Sanctis ha detto dell’empio Erode, quando ha fatto morire tanti Innocenti, per prendere Colui che era venuto a salvare il mondo: «Ecce profanus osta numquam beatis parvulis tantum prodesse potuisset obsequio, quantum profuit odio: 
Ecco una cosa meravigliosa, che l’odio e la crudeltà di questo empio nemico di Dio e degli uomini, è stata molto più vantaggiosa a questi beati pargoli, di tutta l’amicizia che avrebbe potuto avere per loro e di tutti i favori che avrebbe potuto fare loro».
È così che il braccio onnipotente del Verbo Incarnato ha rovesciato le imprese dei superbi, per i pensieri del loro stesso cuore: «Dispersit superbos mente cordis sui».

È per l’umiltà del vostro Cuore verginale, o Regina del Cielo, che si compiono tutte queste grandi cose, poiché è questa meravigliosa umiltà che ha tratto il Verbo Divino dal seno del Padre suo e che l’ha incarnato nel vo­stro grembo verginale; e spetta a Voi stroncare la testa del serpente, ossia di schiacciare l’orgoglio e la superbia. Per questo si può ben dire di Voi: “Tu gloria Jerusalem, tu laetitia Israel, tu honorificentia populi nostri, quia fecisti viriliter: Tu sei la gloria di Gerusalemme, Tu la gioia d’Israele, Tu l’onore del popolo cristiano, perché hai combattuto generosamente e hai vinto glo­riosamente i nemici della sua salvezza  Gdt. 15,9-10.
Questa prima parola: «Tu sei la gloria di Gerusalemme», è la voce degli angeli, le cui rovine sono state riparate per mezzo di Voi. La seconda: «Tu sei la gioia d’Israele», è la voce degli uomini, la cui tristezza è stata mutata in gaudio per vostra intercessione. La terza: «Tu sei l’onore del popolo cri­stiano», è la voce delle donne, la cui infamia è stata cancellata dal frutto be­nedetto del vostro grembo. La quarta: «Tu hai combattuto generosamente e hai vinto gloriosamente», è la voce delle anime sante, che erano prigioniere nel Limbo, e che sono state liberate dalla loro schiavitù dal vostro diletto Fi­glio, Redentore del mondo.

O santissima e desiderabilissima umiltà di Maria, Voi siete la fonte di ogni sorta di beni. O superbia detestabile, tu sei la causa di tutti mali della terra e
dell’inferno. «Abominatio Domini omnis arrogans», dice lo Spirito Santo -Prv 16,5- Non solo il superbo e l’arrogante è abominevole davanti a Dio, ma è “l’abominazione stessa”.
Per suscitare nei nostri cuori un gran timore e detestazione di questo vi­zio esecrando, ascoltiamo' e soppesiamo le parole del grande san Prospero, la seconda anima di sant’Agostino .[San Prospero d’Aquitania, contemporaneo di sant’Agostino e convertito come lui, si nutrì dei libri del santo Dottore, al quale si unì per la difesa della grazia con­tro i semi-pelagiani]


«Non parla affatto - egli dice - di coloro nei quali la superbia regna in modo così evidente da non potersi e neppure volersi nascondere. Parlo sol­tanto di coloro, i cui esempi sono pericolosi e temibili, che sembrano essere abbastanza convertiti e compiere qualche progresso nella vita della salvezza, ma che, al contrario sono ripieni e posseduti da una superbia segreta, che, li acceca e li precipita in un abisso di mali, in cui essa li sprofonda incessan­temente sempre di più, al punto da non poterne più uscire. Questa superbia diabolica prepara una casa al diavolo nei loro cuori. Gli apre una grande por­ta quando si presenta per entrarvi e lo riceve con le braccia aperte. Permette a coloro che essa attira di vivere come piace loro, abbandonandosi a tutte le loro passioni. Essa li disarma di tutte le loro virtù e fa morire in loro tutto ciò che può opporsi sia ad essa che a tutti gli altri vizi.
Ne deriva che coloro che sono avvelenati da questa peste, non solo non hanno alcun rispetto per i comandi dei loro anziani e superiori, ma li giudi­cano e li condannano; e quando sono ammoniti delle loro mancanze, non se ne ricevono che delle mormorazioni e delle ribellioni insolenti. Vogliono avere il primo posto ovunque, preferendosi impudentemente a coloro che sono al di sopra di loro e che valgono più di loro. Scherniscono la semplicità dei loro fratelli spirituali e vogliono far passare sfrontatamente i personali pareri e proprie  opinioni al di sopra di tutti le altre. Se vi offrite di render loro qualche servizio, lo disprezzano; se rifiutate loro qualche cosa, si affrettano con noiosa insistenza per averlo. Danno più importanza ai loro natali che ad una vita bene regolata; disprezzano con arroganza quelli che sono più giovani di loro; non riescono a persuadersi che alcuno debba essere paragonato a loro e credono che è far loro torto nell’uguagliarli ai più anziani, al di sopra dei quali si eleva la gonfiezza del loro cuore. Non vi è alcun ritegno né rispetto per alcuno nelle loro azioni né modestia nei loro discorsi o disciplina nei lo­ro costumi. Il loro spirito è pieno di ostinazione, il loro cuore pieno di durezza e la loro bocca di millanteria. La loro umiltà non è che ipocrisia; i loro schemi sono pungenti e mordenti; il loro odio non finisce mai, la sottomissione e l’obbedienza è loro insopportabile, mentre vogliono comandare dappertutto. Si rendono odiosi a tutti i buoni; pigri e negligenti nelle buone azioni; pronti a parlare perfino delle cose che ignorano; sempre pronti a scavalcare gli altri e a ferire la comunione fraterna; temerari nell’intraprendere ciò che è al di sopra delle loro forze, sono chiassosi nel parlare, presuntuosi nell’insegnare, sdegnosi nei loro sguardi, dissoluti nelle esplosioni delle loro risate smisura­te, gravosi ai loro amici, irriconoscenti dei benefici che hanno ricevuto, ar­roganti nei loro ordini.
Ecco i segni della maledetta superbia, che è abominevole di fronte a Dio e che lo obbliga ad abbandonare i cuori che ne sono infetti. E’ il pane e il ci­bo del diavolo; è ciò che lo attira nelle anime per prenderne possesso; li ele­va per schiacciarli; li adula per perderli e per trionfare della loro perdizione. Non è giusto che Dio impieghi il suo braccio onnipotente per perdere e sterminare questi orgogliosi e per precipitarli nei fuochi eterni» (De vita contemplativa,cap.8) che sono preparati per i principi della superbia, pronunciando contro di essi questo decreto spaventoso: «Tutto ciò che [questo superbo] ha speso per la sua glo­ria, restituiteglielo in tanto tormento e afflizione: Quantum glorificavit se [. .], tantum date illi tormentami? Ap 18,7.
O Regina degli umili, schiacciate nei nostri cuori tutto ciò che è contra­rio all’umiltà e fatevi regnare questa santa virtù a gloria del vostro Figlio.
SAN GIOVANNI EUDES



Spiegazione del settimo versetto del Magnificat:

Deposuit potentes de sede et exaltavit humiles
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Essendo giunto il tempo, in cui piacque al Padre delle misericordie  di compiere il disegno che aveva da tutta l’eternità di salvare il genere umano, la sua Divina Sapienza - i cui consigli sono imperscrutabili -, volle impiega­re, a questo fine, i mezzi che apparentemente non avevano alcuna attitudine né conformità con l’altezza di questa grande opera. 

Quali sono questi mezzi? Manda il suo unico Figlio in questo mondo, in uno stato passibile e mortale e in una tale abiezione e bassezza che Egli stesso dice: «Ego sum vermis, et non homo: Sono un verme, non un uomo» Sal. 21,7 e porta quale titolo onorifico nelle Scritture: «Novissimus vìrorum: l’ultimo di tutti gli uomini» Is. 53,3.

Questo Padre adorabile vuole che il Figlio suo, nato da tutta l’eternità dal suo seno, e che è Dio come Lui, nasca da una Madre, che è davvero San­tissima, ma sì abietta e piccola ai suoi propri occhi e agli occhi del mondo, da con­siderarsi e ritenersi come l’ultima di tutte le creature.

Inoltre, questo Padre Divino, volendo offrire al Figlio suo dei coadiutori e dei cooperatori che lavorassero con Lui alla grande opera della Redenzione dell’universo, gli dà dodici poveri pescatori, senza scienza, senza eloquenza e senza alcuna qualità che li ponga in rilievo davanti agli uomini.

Manda questi dodici pescatori per tutta la terra, per distruggere una religione che è del tutto conforme alle inclinazioni umane e che è radicata da molte migliaia di anni nei cuori di tutti gli uomini, per stabilirne un’altra tutta nuova, oppo­sta alla prima e contraria a tutti i sentimenti della natura.

Questi dodici poveri pescatori vanno in tutto il mondo, per predicare e fondare questa nuova religione e distruggere la prima. Ma come sono rice­vuti? Tutto il mondo si erge contro di loro, i grandi, i piccoli, i ricchi, i pove­ri, gli uomini, le donne, i sapienti, gli ignoranti, i filosofi, i sacerdoti dei falsi dèi, i re, i principi: tutti gli uomini in genere, mettono in atto tutte le loro in­dustrie per opporsi alla predicazione del Vangelo che questi dodici poveri pescatori si sforzano di diffondere. 
Costoro vengono presi, gettati nelle pri­gioni, con i ferri ai piedi e alle mani, vengono trattati come degli scellerati e dei maghi; vengono flagellati, scorticati vivi completamente, bruciati, lapi­dati, crocifissi, in una parola vengono inflitti loro i più atroci supplizi.

Ma che cosa accade loro? Dopo tutte queste torture riportano la vittoria, trionfano gloriosamente sopra i grandi, i potenti, i sapienti e tutti i monarchi della terra. Annientano la religione o piuttosto l’irreligione e l’idolatria abominevole che l’inferno aveva diffuso per tutta la terra, e fondano la Fede e la Religione Cristiana in tutto il mondo. Infine, diventano i padroni dell’u­niverso e Dio dona loro il principato della terra: «Constitues eos principes super omnem terram» Sal. 44,17. 

 Rovescia i troni dei re e le cattedre dei filoso­fi; dà la prima autorità del mondo ad un povero pescatore, che eleva ad un sì alto grado di potenza e di gloria che i re e i principi ritengono grande onore baciare la polvere del suo sepolcro e i piedi dei suoi successori. Che cos’è tutto ciò, se non il compimento della profezia della Beata Vergine: «Deposuit potentes de sede, et exaltavit humiles: Ha rovesciato i potenti dai loro troni, ha innalzato gli umili»?

Notate che, sebbene queste parole, come le altre che sono contenute in questo divino Cantico, sono espresse in un tempo passato: «Deposuit», esse comprendono, tuttavia, il passato, il presente e l’avvenire, poiché sono pro­nunciate da uno spirito profetico. E infatti il compimento di questa profezia è apparso in modo evidente nei secoli passati e apparirà sempre più nei seco­li che verranno e sino alla fine del mondo.

Nei secoli passati, la Divina Potenza non ha forse deposto il superbo Saul per porre l’umile David al suo posto? Non ha confuso e distrutto l’arrogante Aman e la superba Vasti per mettere l’umile Mardocheo e la pia Ester al loro posto? Giosuè
 non ha sterminato più di trenta re cananei, per porre i loro reami
in possesso del popolo d’Israele?

Il nostro Divin Salvatore non ha forse liberato il genere umano dalla schiavitù dei demoni, che prima della sua Incarnazione avevano asservito tutto il mondo alla loro crudele tirannia? Non ha bandito l’angelo ribelle dal Cielo e l’uomo rivoltoso dal Paradiso? E costui, essendosi umiliato per la penitenza, non è stato ristabilito nella grazia dal suo Creatore?

Non ha strap­pato l’empio Diocleziano dal suo trono imperiale, per mettervi il pio Costan­tino? Non ha cacciato l’arrogante Eugenio, per dare il trono dell’impero all’umile Teodosio? Non ha sterminato i grandi sacerdoti degli Ebrei, gli Scribi e i Farisei, per dare la loro autorità a dei poveri pescatori e farli sedere con Lui sul trono della sua Divina Giustizia, comunicando loro il potere che il Padre suo gli ha dato di giudicare gli uomini e gli angeli?

E così che umilia e distrugge i grandi e i potenti della terra, che abusano del loro potere, ed eleva i piccoli e gli umili che praticano le parole del suo Apostolo: «Humiliamini sub potenti manu Dei, ut vos exaltet: Umiliatevi sot­to la potente mano di Dio, perché [egli] vi esalti» 1 Pt 5,6.  È ciò che ha sempre fat­to, sin dall’inizio del mondo ed è ciò che farà sino alla consumazione dei secoli e fino al tempo dell’Anticristo, che per la sua abominevole superbia vor­rà elevarsi perfino al di sopra di Dio: "Supra omne quod dicitur Deus" 2Ts 2,4.  Ma Colui che si è annichilito per confondere gli arroganti e per esaltare gli umi­li, lo ucciderà con il soffio della sua bocca: «Interficìet eum spirìtu oris sui»2Ts 2,8  e lo precipiterà nel più profondo degli abissi; dopo aver risuscitato i suoi due profeti Elia ed Enoc, li farà salire pubblicamente e gloriosamente nel Cielo, a vista e confusione dei loro nemici.
 *
Volete conoscere un altro effetto meraviglioso di questa grande profezia della Regina del Cielo? 
Ascoltate quanto è riportato da sant’Antonino, e da molti importanti Autori, di Giuliano l’Apostata.

Quest’empio, mentre partiva per andare in guerra contro i Persiani, af­fermò che al suo ritorno avrebbe sterminato i cristiani, di cui era nemico mortale. Ma san Basilio, avendo compassione del popolo che vedeva atterri­to dalle minacce di quest’apostata, fece radunare tutto il clero e tutti i fedeli, compresi le donne e i bambini, in una chiesa dedicata alla Vergine Santissi­ma, ove rimasero per tre giorni digiunando e pregando incessantemente que­sta Madre di bontà di proteggerli dal furore di questo tiranno.           Ora, mentre erano nel fervore delle loro preghiere, san Basilio vide una grande moltitu­dine di angeli, nel mezzo della quale vi era la Regina del Cielo, seduta su un trono glorioso, comandare che facessero venire Mercurio, il quale, qualche anno prima, aveva, da soldato, ricevuto la corona del martirio. In quello stesso istante questo santo Martire si presentò con le armi in pugno a questa grande Principessa, che gli disse: «Va’ e giustizia l’apostata Giuliano, il quale bestemmia contro Dio e contro mio Figlio».
Subito san Mercurio giunse nel mezzo dell’armata di Giuliano, lo colpì con un colpo di lancia e scomparve all’istante. Nel frattempo, questo mise­rabile principe, lanciando orribili grida e vomitando la sua anima tra i fiotti di sangue che uscivano dalla sua piaga, cadde morto sul colpo, proferendo orribili bestemmie contro il nostro Salvatore.
San Basilio, che aveva visto in visione tutti questi fatti, andò a trovare i cristiani, che si trovavano ancora riuniti, e assicurò loro che l’Apostata era morto e che Mercurio l’aveva ucciso per ordine della Regina del Cielo. Li esortò, dunque, a ringraziare Dio e la Beata Vergine. Dopo questi eventi, san Basilio e molti altri andarono alla tomba del santo Martire, presso il quale si custodivano le sue armi, e vi trovarono la sua lancia, rossa del sangue dello sventurato Apostata. E, pochi giorni dopo, un gentiluomo che veniva dall’esercito, raccontò come era avvenuto il fatto e in che modo quel mise­rabile era stato trafitto da un colpo di lancia, vibrato da un soldato scono­sciuto.
È così che Dio strappò dal suo trono questo superbo e detestabile impe­ratore, e fece trionfare l’umiltà  e la pietà, di san Basilio e di tutti i fedeli, dell’empietà e del furore di questo terribile mostro dell’inferno. È così che la Divina Provvidenza atterra i superbi ed innalza gli umili.

Il santo abate Blosio (Monil. Spirit. 90) riferisce di santa Gertrude, benedettina, che l’umiltà aveva preso un così pieno possesso del suo cuore, che ella si stima­va indegna di tutti i doni di Dio. Ella si considerava e si trattava come l’ultima di tutte le creature. Credeva, inoltre, che tutti gli altri rendessero più servizi e onori a Dio con un solo pensiero e con l’innocenza della loro con­versazione di quanto ella non facesse con tutte le sue occupazioni ed eserci­zi.
Un giorno, mentre camminava per il monastero, parlava a Dio così: «Ah, mio Signore! Uno dei più grandi miracoli che Voi fate in questo mondo è di permettere che la terra sorregga una miserabile peccatrice, quale sono io». Al che questo benignissimo Salvatore diede questa risposta: «È a buon dirit­to che la terra ti sostiene, poiché tutto il Cielo attende e desidera ardente­mente l’ora beata in cui ti accoglierà e ti reggerà». Ora, se questa Santa ave­va un così basso concetto di sé, giudicate voi quale sarà stata l’umiltà della Regina di tutti i santi.

O Regina dei cuori degli umili, distruggete interamente in noi la male­detta superbia e fate regnare nei nostri cuori l’umiltà del vostro Figlio e la vostra, affinché i figli abbiano qualche somiglianza con il loro adorabile Pa­dre e la loro amabilissima Madre.

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AVE MARIA!
Cor humillimum Mariae
ora pro nobis













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Spiegazione dell’ottavo versetto del Magnificat:

"Esurientes implevit bonis et divites dimisit inanes"
ossia: "Ha ricolmato di beni gli affamati, * e ha rimandato i ricchi a mani vuote"
Queste parole della Beata Vergine, pronunciate per un moto profetico, come le precedenti, comprendono ancora il tempo passato, presente e futuro, secondo le diverse spiegazioni che vi danno i santi Dottori.
Qualcuno le applica agli angeli buoni e cattivi, agli angeli umili e agli angeli superbi, agli angeli obbedienti a Dio e agli angeli ribelli a Dio.
 Gli angeli buoni, riconoscendo che Dio li ha tratti dal nulla e che hanno ricevuto dalla sua Divina Bontà tutte le loro perfezioni, gliele rinviano e gliene fanno omaggio, riservandosi soltanto il nulla, ragion per cui Dio li ha fatti passare dallo stato della grazia nel quale sono, allo stato della gloria, ricolmandoli di beni inestimabili, racchiusi nella beata eternità.
Gli angeli cattivi, al contrario, contemplando le eccellenze di cui Dio li ha adornati nella loro creazione, vi provano compiacenza, se ne appropriano e se ne gloriano come se queste provenissero da loro, per una superbia ed un’arroganza insopportabili, che obbliga la Divina Giustizia a spogliarli di tutta la loro luce e perfezioni, riducendoli in un’estrema miseria e povertà, e a precipitarli nel fondo dell’inferno.
Qualche altro Autore applica queste parole ai pagani convertiti a Dio per la fede cristiana e agli Ebrei che restano nel loro accecamento.
I pagani, prima della venuta di Dio sulla terra, erano in un’estrema povertà - come è sottolineato dalla parola Esurientes -, poiché non solo non conoscevano af­fatto il loro Creatore, ma non adoravano altro dio all’infuori del diavolo. E, dato che hanno abbracciato la religione cristiana, Dio li ha arricchiti dei te­sori inconcepibili che possiede.
Al contrario, i perfidi [= senza la vera fede] Ebrei non avendo af­fatto voluto ricevere il Salvatore del mondo, ma essendo rimasti nel loro in­durimento, sono stati spogliati di tutti i doni, grazie e favori di cui Dio li aveva adornati: «Divites dimisit inanes».

Altri Santi Padri attribuiscono queste parole ai santi Patriarchi, ai santi Profeti e a tutti i giusti dell’antica Legge, i quali avevano una fame insazia­bile, una sete ardentissima e un desiderio ardentissimo della venuta del Re­dentore, e che, proprio per questo, sono stati ricolmati di grazie e di santità: «Esurientes implevit bonis».
Invece i sacerdoti arroganti degli Ebrei e i su­perbi Farisei, credendosi ricchi in virtù e santità e disprezzando le grazie che il Figlio di Dio aveva loro presentato, hanno perduto miserabilmente la Leg­ge, la fede e la salvezza eterna che Dio aveva messo nelle loro mani.
Dal momento che la Beata Vergine aveva una fede molto più perfetta e un amore  infinitamente più ardente nei riguardi del Salvatore che do­veva venire sulla terra, anche la sua fame, la sua sete ed i suoi desideri erano molto più grandi e più accesi di tutti i desideri dei Patriarchi, dei Profeti e dei santi che l’avevano preceduta o che vivevano nel suo tempo.
È altrettan­to vero che quest’adorabile Salvatore tanto atteso, tanto desiderato e tanto richiesto a Dio, che era il Figlio unico e diletto delle sue viscere verginali, l’ha ricolmata di un’infinità di beni incomprensibili ed inspiegabili, nei nove mesi che l’ha portato nelle sue sacre viscere, per tutto il tempo che ha con­versato familiarmente con Lei in questo mondo e quando, dopo la sua A- scensione, l’ha ricevuto tante volte nel suo sacro petto e nel suo Cuore ma­terno nella Santa Eucaristia, e soprattutto da quando Ella lo possiede perfet­tamente in Cielo.

Sant’Agostino applica la parola Esurientes agli umili e Divites, ai su­perbi. «Gli umili - egli dice -, riconoscono di non aver nulla da se stessi, e di avere un estremo bisogno del soccorso e della grazia del Cielo, mentre i su­perbi si persuadono di essere ricolmi di grazia e di virtù. Per questo Dio pro­va piacere nel riversare i suoi doni in quelli e nel toglierli a questi altri»[1] S. Agostino, in Magnif.

Queste stesse parole si attribuiscono ancora, secondo il pensiero di molti santi Dottori, a tutti i poveri che hanno il cuore distaccato dalle cose della terra e che amano ed abbracciano la povertà per amor di Colui che, posse­dendo tutti i tesori della Divinità, ha voluto farsi povero per nostro amore, per metterci in possesso delle ricchezze eterne.
Ma bisogna attribuirle spe­cialmente a coloro che si sono spogliati volontariamente di tutto attraverso il santo voto della povertà, per imitare più perfettamente il nostro Divin Salva­tore e la sua Santissima Madre nello stato della loro povertà, la quale era co­sì grande che il Figlio di Dio ha pronunciato queste parole: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo hanno i nidi, ma il Figlio dell ’uomo non ha dove posare il capo»[2]. Oh! Questa povertà volontaria contiene grandi tesori, poiché il nostro Salvatore ha detto: «Beati voi poveri, perché vostro è il re­gno di Dio»[3].       Oh! Il possesso delle ricchezze della terra è pericoloso, poi­ché Colui che è la Verità Eterna ha detto: «Guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione»[4]!   E parlando attraverso il suo Apostolo, pro­nuncia queste terribili parole: «Coloro che vogliono arricchire, cadono nella tentazione, nel laccio e in molte bramosie insensate e funeste, che fanno
af­fogare gli uomini in rovina e perdizione>>[5]. Per questo, se avete delle ric­chezze, non amate le false ricchezze della terra, ma amate le vere ricchezze del Cielo, che sono il timore e l’amor di Dio, la carità verso il prossimo, l’umiltà, l’obbedienza, la pazienza, la purezza e le altre virtù cristiane che vi metteranno in possesso di un tesoro eterno.
Ecco poi un’altra spiegazione delle parole: «Esurientes implevit bonis», che è di grande consolazione. E’ ancora una profezia della Divina Madre di Dio, che comprende una conversione straordinaria, che deve compiersi in tutto il mondo, degli infedeli, degli Ebrei, degli eretici e dei falsi cristiani, predetta ed annunciata da lungo tempo dall’oracolo delle sante Scritture, per bocca della Chiesa, e attraverso la voce dei Santi Padri e di parecchie altre sante persone attraverso le quali ha parlato lo Spirito di Dio.

     Aprite i Sacri Libri e sentirete questo Divino Spirito che, parlando di Nostro Signore, per bocca del Profeta regale, assicura che Egli dominerà e regnerà in tutta la terra[6]«Et dominabitur a mari usque ad mare, et a flumìne usque ad terminos orbis ter- rarum»(Sai 71,8).Che tutti i re della terra l’adoreranno; che tutti i po­poli lo serviranno[7]; che tutte le tribù saranno benedette in Lui; che trnte le nazioni lo magnificheranno[8]; che tutto l’universo sarà ripieno della sua glo­ria[9]; che tutte le generazioni che ha fatto, qualunque esse siano, verranno, l’adoreranno e glorificheranno il suo santo nome[10]; che tutto il globo terrestre si convertirà a Lui e tutte le famiglie del mondo si prosterneranno da­vanti al suo Volto per adorarlo[11].
Non udite l’Eterno Padre, che, parlando al Figlio suo nel salmo secondo, gli promette di dargli in eredità tutte le nazioni del mondo e di metterlo in possesso di tutta la terra[12]?
Non sentite la Chiesa fare così sovente questa preghiera a Dio: «Omnis terra adoret te, et psallat tibi, psalmum dicat nomini tuo, Domine: A te [Si­gnore] si prostri tutta la terra, a te canti inni, canti al tuo nome»[13]?
Non conoscete le preghiere solenni che la Chiesa eleva tutti gli anni, il Venerdì San­to, per la santificazione di tutti i suoi figli e per la conversione di tutti gli ereti­ci, di tutti gli Ebrei e di tutti i pagani; e che tutti i giorni essa obbliga tutti i sa­cerdoti che celebrano il Santo Sacrificio della Messa, ad offrirlo a Dio per tutti gli uomini, domandando la salvezza di tutto il mondo, dicendo queste parole: «Offerimus tibi calicem salutaris, tuam deprecantes clementiam ut in conspectu divinae Majestatis tuae, prò nostra, et totius mundi salute, cum odore suavitatis ascendat»? Ora, ditemi, lo Spirito Santo che anima e guida la Chie­sa in tutto, le fa forse recitare preghiere inutili e senza effetto?

Questa grande conversione è stata rivelata dallo Spirito di Dio, non solo ai Profeti dell’antica Legge, ma anche ai più grandi santi e sante della nuova Legge. Il grande apostolo san Paolo non ci assicura forse che tutti gli Ebrei si convertiranno, e che la loro conversione sarà seguita da quella di tutto il mondo?[14] Per cui vi prego di considerare che non vi è uomo al mondo più opposto a Dio, più contrario aJ nostro Salvatore, più nemico della sua reli­gione, più indegno della sua grazia e, di conseguenza, piu loiitano dalla con­versione ai questi perfidi. Per questo, se nonostante tutto ciò, Dio deve far loro questa misericordia, vi è gran ragione di credere che non la rifiuterà a tutti gli altri uomini.

Conoscete le preghiere solenni che la Chiesa eleva tutti gli anni, il Venerdì San­to, per la santificazione di tutti i suoi figli e per la conversione di tutti gli ereti­ci, di tutti gli Ebrei e di tutti i pagani; e che tutti i giorni essa obbliga tutti i sa­cerdoti che celebrano il Santo Sacrificio della Messa, ad offrirlo a Dio per tutti gli uomini, domandando la salvezza di tutto il mondo, dicendo queste parole: «Offerimus tibi calicem salutaris, tuam deprecantes clementiam ut in conspectu divinae Majestatis tuae, pro nostra, et totius mundi salute, cum odore suavitatis ascendat»? Ora, ditemi, lo Spirito Santo che anima e guida la Chie­sa in tutto, le fa forse recitare preghiere inutili e senza effetto?

Questa grande conversione è stata rivelata dallo Spirito ai Dio, non solo ai Profeti dell’antica Legge, ma anche ai più grandi santi e sante della nuova Legge. Il grande apostolo san Paolo non ci assicura forse che tutti gli Ebrei si convertiranno, e che la loro conversione sarà seguita da quella di tutto il mondo?[15] Per cui vi prego di considerare che non vi è uomo al mondo più opposto a Dio, più contrario al nostro Salvatore, più nemico della sua reli­gione, più indegno della sua grazia e, di conseguenza, più lontano dalla con­versione ai questi perfidi. Per questo, se nonostante tutto ciò, Dio deve far loro questa misericordia, vi è gran ragione di credere che non la rifiuterà a tutti gli altri uomini.
Santa Ildegarda l’ha detto chiaramente, come è messo in evidenza nel secondo Lbro delia sua vita, al capitolo secondo; e l’ha appreso dallo Spirito Santo, poiché i libri delle sue Rivelazioni sono stati approvati da un Conci­lio, dopo essere stati letti pubblicamente, per comando del papa Eugenio III che vi presiedeva, davanti a tutti i Padri del Concilio, tra i quali vi era san Bernardo.

«Verrà il tempo - disse un giorno Nostro Signore a santa Brigida -, in cui non vi sarà che un solo gregge, un sole pastore e una sola fede, e che Dio sarà conosciuto chiaramente da tutti»[16].

«Sappiate - le dice ancora un’altra volta - che i pagani avranno tanta devozione, che i cristiani non saranno che i loro servi nella vita spirituale; e allora si compiranno le Scritture le quali dicono, che il popolo che non mi conosceva affatto mi glorificherà, e che i deserti saranno edificati. In quel tempo tutti canteranno: “Sia gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo e onore a tutti i santi!”»[17][18].
Tutti i Santi Padri sono concordi nell’ affermare"0 7 che dopo la morte dell’Anticristo tutto il mondo si convertirà e che, sebbene qualcuno di loro dica che il mondo non durerà, dopo questa morte, se non qualche giorno, ed altri qualche mese, molti tuttavia, ritengono che sussisterà ancora molti anni.
Santa Caterina da Siena, san Vincenzo Ferreri, san Francesco di Paola e molti altri santi hanno predetto questa conversione generale.
Accadrà allora che si compirà questa grande profezia della Regina dei Profeti: «Esurientes implevit bonis»; forse non secondo tutta la perfezione che sarebbe auspicabile e in modo che non resti alcuna persona sulla terra che non conosca ed ami Dio. Ma, sebbene questa conversione non sia gene­rale, sarà un delizioso e magnifico festino per tutti coloro che hanno una gran fame e una sete ardente della gloria di Dio e della salvezza delle anime, poiché saranno colmati di una contentezza e di una gioia inconcepibile, nel vedere il loro Creatore e il loro Salvatore conosciuto, servito ed onorato da tutto il mondo, come pure la sua degnissima Madre. 
Accadrà, quindi, che i demoni, che possiedono tanti tesori sulla terra, cioè tante anime d’infedeli, di Ebrei, di eretici e di cattivi cattolici, ne vengano espropriati, secondo le Divine Parole: «Et divites dimisit inanes».
Se questa profezia non si compirà completamente sulla terra, essa avrà il suo intero e perfetto compimento in Cielo, poiché sarà là che la fame insa­ziabile e la sete ardente della gloria di Dio e della salvezza delle anime che hanno tutti i santi sulla terra, mentre vi dimorano, sarà perfettamente saziata ed estinta, e queste parole saranno compiute in ciascuno di loro: «Satiabor, cum apparuerit gloria tua»m. Non vi è spirito che non possa comprendere né linguaggio che non sia in grado di esprimere la minima particella di beni inestimabili ed inenarrabili di cui Dio li ricolmerà, per lo zelo con il quale avranno procurato il suo onore sulla terra e la salvezza delle anime che avranno liberato dalla possessione dei demoni.

<<O Madre di Misericordia che, per le vostre preghiere e meriti, avete an­ticipato il tempo dell’Incarnazione del Salvatore del mondo, anticipate  an­che, se così vi piace, il tempo desiderabile di questa grande conversione, tan­to necessaria per la salvezza di tante anime che periscono ogni giorno.
Ahi­mè! Abbiatene pietà, o Madre della Grazia e pregate il Figlio vostro che ab­bia pietà dell’opera delle sue mani, che abbia compassione di tanti dolori che la sua umanità santa ha sofferto e del prezioso Sangue che ha sparso per sal­vare le anime che scendono continuamente negli inferi.>>






[1]   S. Agostino, in Magnif.
[2]  «Vulpes foveas habent et volucres coeli nidos: Filius autem hominis non habet ubi caput rechnet» (Mt 8,20).
[3]  «Beati pauperes, quia vestrum est regnum Dei» {Le 6,20).
[4]  «Fix vobis divitibus, quia habetis consolationem vestram» {ivi, 6,24).
[5]   «Nam qui volunt divites fieri, incìdunt in tentationem, et in laqueum diaboli, et desiderio multa inutilia et nociva, quee mergunt homines in interìtum et perditio- nem»(lTm 6,9).
[6]  «Et dominabitur a mari usque ad mare, et a flumìne usque ad terminos orbis ter- rarum»(Sai 71,8).
[7]  «Et adorabunt eum omnes reges terree, omnes gentes servient ei» (ivi, 1 ] ).
[8]  «Et benedicentur in ipso omnes tribus terree; omnes gentes magnificabunt eum» (ivi, 17).
[9]  «Et replebitur majestate eius omnis terra» (ivi, 19).
[10]   «Omnes gentes quascumque fecisti, venient et adorabunt coram te, Domine; et glorifìcabunt nomen tuum» (ivi, 85,9).
01«Reminiscentur et convertentur ad Dominum universi fines terree. Et adorabunt in conspectu eius universafamilice gentium» (Sai 21,28).
[12]«Postula a me, et dabo tibi Gentes hcereditatem tuam, et possessionem tuam
terminos terree» (ivi, 2,8).
[14]  «Et sic omnis Israel salvus fieret, sicut scriptum est: Veniet ex Sion, qui eripiat et avertat impietatem a Jacob» (Rm11,26).
[15]  «Et sic omnis Israel salvus fieret, sicut scriptum est: Veniet ex Sion, qui eripiat et avertat impietatem a Jacob» (Rm11,26).
[16]  Revel.,lib. 6, cap.77.
[17]  Ibidem,cap. 83.
[18]   LYRAN., in cap. Epist.ad Thess.;DIONISIO CARTAGENA, ibidem-,CORNELIO A LAPIDE, in Epist. adRom.,cap. 11,15.

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Spiegazione del nono versetto:

"Suscepit Israel puerum suum, recordatus misericordiae suae"
ossia: "Ha soccorso Israele, suo servo, * ricordandosi della sua misericordia."
Il gran Dio ha fatto due creature all’inizio del mondo, l’angelo e l’uomo: l’angelo nel Cielo e l’uomo sulla terra. Tutte e due sono stati così ingrati da rivoltarsi contro il loro Creatore: l’angelo per la sua superbia, e l’uomo per la disobbedienza ai Comandamenti del suo Dio. 
Il peccato dell’angelo, es­sendo un peccato di superbia, è sfato trovato così enorme al cospetto di Dio, che la sua Divina Giustizia l’ha obbligato a cacciarlo dal Paradiso e a gettar­lo nell’infemo. 
Ma la sua Misericordia, vedendo che l’uomo era caduto nel peccato per la tentazione e la seduzione di satana, ne ha avuto compassione e ha preso la risoluzione di trarlo fuori dallo stato miserabile in cui era ridot­to e si è persino impegnata attraverso la promessa che ha fatto. E tutti i pec­cati innumerevoli ed enormi che sono stati commessi dopo questa promessa, dagli Ebrei, dai pagani e da tutti gli uomini, non sono stati affatto capaci di impedirne l’esecuzione, ma l’hanno ritardata per molti secoli, durante i quali tutta la razza di Adamo, condannata e riprovata da Dio, era immersa in un abisso di tenebre e nel baratro di mali infiniti e inspiegabili, da cui gli è sta­to impossibile uscire con le sue sole forze. Più andava avanti, più essa sprofondava in questo baratro e sguazzava nel fango dei suoi crimini: «Jacebat in malis - dice sant’Agostino -, vel etiam volutabatur, et de malis in mala precipitabatur totius humani generis massa damnata»  (Lib. Enchiridii, capp. 26 e 27).

Dio non era conosciuto che in Giudea: Notus in Judaea  Deus (Sl 75, 2) e ancora molto imperfettamente e da pochissime persone. Tutto il resto era sepolto nelle tenebre dell’inferno, tutta la terra era ricolma di idoli e di idolatri, e la tirannia di satana opprimeva tutto l’universo;  la Legge di Mosè mostrava il peccato, ma non lo guariva, cosicché sembrava che Dio, per un giustissimo giudizio, avesse completamente dimenticato il genere umano in questo stato deplorevole, in punizione dei suoi crimini.
La sua misericordia non appariva affatto; non si vedevano che segni terribili della sua ira: che aveva preci­pitato la terza parte degli angeli nell’inferno; che aveva inabissato tutto il mondo in un diluvio universale; che aveva inghiottito il Faraone e tutta la sua armata nelle acque del mar Rosso; che aveva fatto scendere dal Cielo torrenti di fuoco e di fiamme per ridurre in cenere parecchie città; che aveva abbandonato parecchie volte il suo popolo al furore dei suoi nemici; e che aveva inflitto agli uomini molte altre terribili punizioni.

Ma, alla fine, il Figlio di Dio ricordandosi della sua misericordia, che sembrava aver dimenticato per più di quattromila anni [per non palare di milioni di anni]: «Recordatus misericordiae suae», e della promessa che aveva fatto ad Adamo,  Abramo,  Davide e a tanti altri Profeti, di ritirare il genere umano da quest’abisso di mali, discende Egli stesso dal Cielo nel grembo verginale della divina Maria, in cui Egli ha unito alla sua Persona divina questa natura così miserabile che aveva così abbandonato; si fa Uomo per salvare tutti gli uomini che vorran­no essere del numero dei veri Israeliti, ossia che vorranno credere in Lui ed amarLo.

È ciò che la Beata Vergine ci annuncia attraverso le parole: «Suscepit Israel puerum suum, recordatus misericordiae suae», che molti santi Dottori applicano, infatti, al mistero dell’Incarnazione.
Qui si conclude il suo divin Cantico: è una ricapitolazione dei misteri ineffabili che vi sono contenuti; è la fine della Legge e dei Profeti; è il compimento delle ombre; è la consu­mazione delle figure.

È come se Ella dicesse:
“Ecco l’effetto delle predizioni dei Profeti; ecco ciò che le ombre hanno messo in evidenza; ecco ciò che i Patriarchi hanno sperato; ecco la verità delle promesse che Dio compie; ecco ciò che mi fa cantare dal più profondo del mio Cuore: «Magnificat anima mea Dominum».
Ecco il gran motivo delle mie gioie e dei miei rapimenti: «Et exultavit spiritus meus in Deo salutari meo». Ecco ciò che mi farà pro­clamare Beata da tutte le nazioni. Ecco le cose grandi che l’Onnipotente ha compiuto in me.
Ecco l’origine e la fonte inesauribile delle grazie indicibili e delle misericordie inconcepibili che Dio riverserà di generazione in genera­zione su tutti coloro che lo temono.
Ecco i più grandi miracoli della sua po­tenza infinita e della sua bontà immensa. Ecco ciò che esalterà i più umili e ciò che confonderà i superbi: «Suscepit Israel puerum suum».

Ma qual è questo Israele?
Molti santi dicono che queste parole si devo­no applicare in primo luogo al popolo d’Israele, avendo voluto il Figlio di Dio incarnarsi e nascere tra gli Israeliti, nonostante le loro ingratitudini e tutti gli oltraggi che ne doveva ricevere. Ho detto, in primo luogo, poiché il Verbo Divino si è unito anche a tutta la natura umana, e non solo al popolo d’Israele.
Ma perché la Beata Vergine dice: «Suscepit Israel puerum suum»? E’ lo Spirito Santo che parla per bocca sua e mette in evidenza due cose attraverso la parola Puerum.
In primo luogo, infatti, ci fa intendere che il Figlio di Dio non solo si è fatto Uomo, per renderci Dio, ma si è fatto Bambino per ren­derci figli di Dio: «Puer natus est nobis».
In secondo luogo, mette davanti ai nostri occhi il Verbo Incarnato, non solo come uomo e come bambino, ma come servo: puerum.
E’ ciò che affer­ma lo Spirito Santo, sempre per bocca di san Paolo, in questi termini: «Semetipsum exinanivit, formam servi accipiens: Umiliò se stesso, assumendo la condizione di servo» Fil 2,7.
E non sentiamo il nostro Salvatore dire di non es­sere venuto per essere servito, ma per servire: «Filius homìnis non venit ministrari, sed ministrare» Mt 20, 28 ?
       Oh! Eccesso d’amore incomparabile! Il Sommo Monarca dell’Universo prende la forma di servo, per liberarci dalla schiavitù di satana, e per renderci figli di Dio! O mio Salvatore, noi non siamo degni di essere vostri schiavi e, non accontentandoVi di chiamarci vostri amici e vostri fratelli, ci avete resi figli dello stesso Padre adorabile, di cui Voi siete il Figlio diletto e, di conseguenza, suoi eredi e vostri coeredi.

Voi andate ancora oltre, poiché per un altro eccesso di bontà che non ha mai avuto eguali, volete essere e siete lo Sposo delle nostre anime e volete che le nostre anime siano le vostre vere spose e, quindi, che esse non siano che una cosa sola con Voi, e che Voi siate in comunione di beni con esse. Ma questo non basta ancora ad accontentare gli ardori del vostro amore nei nostri riguardi.

Voi volete essere nostro Capo e che noi siamo vostre mem­bra e, di conseguenza, che noi siamo una cosa sola con Voi, come le mem­bra formano una cosa sola con il loro capo; che noi siamo animati da uno stesso spirito; che viviamo di una stessa vita; che non abbiamo che uno stes­so cuore e una stessa anima; e che, infine, noi siamo consumati in unità con Voi e con il Padre vostro, come questo Divin Padre e Voi  siete una cosa so­la.
Non è forse, mio carissimo Gesù, ciò che gli avete chiesto per noi alla vi­gilia della vostra morte, quando gli avete rivolto la preghiera: «Sicut tu Pater in me, et ego in te, ut ipsi in nobis unum sint: Come tu, Padre, siete in me e io sono in te, siano anch’essi in noi siano una cosa sola». «Ego in eis, et tu in me, ut sint consummati in unum: Io in loro e tu in me, perché siano perfet­ti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me» Gv 17, 21.23 ? Oh! Miracolo d’amore! Oh! Prodigio di carità! Oh! Abisso di bontà!

O mio Salvatore, non mi stupisco affatto se ci assicurate che ci metterete in possesso dello stesso Regno che il Padre vostro vi ha dato; che ci farete mangiare alla stessa mensa con Voi e che ci farete sedere sul vostro trono, «in throno meo», come Voi siete seduto sul trono del Padre vostro.
Se, infat­ti, siamo una cosa sola con Voi, dobbiamo possedere uno stesso Regno, mangiare ad una stessa mensa, esser seduti sullo stesso trono, essere animati da uno stesso spirito, vivere di una stessa vita ed avere un cuore solo ed un’anima sola con Voi.                
 Si può forse immaginare una bontà più ammirabile? Vi è mai stato ed è possibile concepire una bontà simile? O cuore umano, come sei duro, come sei insensibile, come sei snaturato, se una tale bontà non è stata capace di intenerirti! O mostro d’ingratitudine, chi amerai, se non Colui che nutre tanto amore per te, anzi che è tutto cuore e tutto amore verso dite?

Ecco le meraviglie che sono comprese in queste parole della Madre di Gesù: «Suscepit  Israel puerum  suum», poiché Ella ci mette in evidenza il mistero dell’Incarnazione, che è la Fonte di tutti i misteri di carità e di un’infinità di altri.

Ma qual è la causa prima di questo mistero ineffabile e, di conseguenza, di tutti i beni infiniti che ne derivano? Non udite la Santissima Vergine che ce la pone dinanzi agli occhi nelle parole: «Recordatus misericordiae suae»?

Sì, Madre della Grazia, è questa Divina Misericordia il principio dell’Incar­nazione del Figlio vostro e di tutti i tesori immensi che possediamo attraver­so questo misteroMa non è forse altrettanto vero che, dopo quest’incomparabile Misericordia, noi dobbiamo riconoscenza al vostro Cuore materno? Infatti, per quale mezzo avete tratto il Verbo Eterno dal seno adorabile del Padre suo, nel vostro grembo verginale e nelle vostre sacre viscere?
Non udiamo lo Spirito Santo che, facendovi parlare, vi fa dire che, mentre l’Eterno Re riposava nel seno e nel Cuore del Padre suo, la profondissima umiltà del vostro amabile Cuore ha emanato un odore così gradevole e potente che, es­sendosi elevato sino a Lui, l’ha talmente incantato da attirarlo in Voi, in cui si è incarnato per la Redenzione dell’universo? Non è forse questo che signi­ficano le Divine Parole: «Dum esset Rex in accubitu suo, nardus mea dedit odorem suum» Ct 1,11?  E’ la spiegazione che danno i santi, dicendo che il nardo è un’erba piccolissima, ma odorosissima, che rappresenta la vostra umiltà.

Ma, oltre al merito e alla forza di questa santa virtù, quanti sospiri ar­dentissimi avete innalzato al Cielo?
Quante lacrime avete sparso?
Quanti di­giuni e mortificazioni avete praticato?
Quante preghiere ardentissime e infìammatissime avete levato per ottenere dal Padre delle misericordie il com­pimento delle sue promesse riguardo l’Incamazione del Figlio suo, e per far risuonare agli orecchi di questo stesso Figlio queste preghiere e queste grida di tutti i santi Patriarchi, Profeti e giusti che hanno preceduto la sua venuta sulla terra: «Veni Domine, veni et noli tardare, veni et libera nos: Venite, Signore, venite e non tardate più, venite e liberateci da tanti mali di cui la terra è piena».

E’ dunque all’umiltà, all’amore, alla carità e allo zelo del vostro Cuore ammirabile, o Vergine Santa, che siamo obbligati, dopo la Divina Miseri­cordia, per la sua adorabile Incarnazione, sottolineata in queste sante parole del vostro divin Cantico: «Suscepit Israel puerum suum». Oh! Vi cantino tutti gli angeli e tutti i santi per sempre un cantico di riconoscenza, di lode, di benedizione e di ringraziamento immortali a nome di tutto il genere uma­no per la riconoscenza ineffabile di cui vi saremo eternamente grati.


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Spiegazione del decimo versetto:


“Sicut locutus est ad patres nostros,
ossia: "Come aveva promesso ai nostri padri,* 
Abraham et semini eius in saecula”
ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre".

Quest’ultimo versetto del sacro Cantico della. Beata Vergine ci pone di­nanzi agli occhi la veracità di Dio in queste parole e la fedeltà alle sue pro­messe.
E a buon diritto che viene detto nelle Scritture, Fidelis et Verax175, il Fedele e il Vero, poiché non solo è vero nelle sue parole, ma è la Verità stes­sa e la Verità essenziale, eterna ed immutabile.

Non solo è fedele nelle sue promesse, ma è la Fedeltà stessa, infinitamente potente, infinitamente sa­piente ed infinitamente buono: 
infinitamente potente, per vincere tutti gli ostacoli che possono opporsi al compimento delle sue promesse;  infinita­mente sapiente, per compierle nel tempo, nei luoghi e nel modo più conve­niente; infinitamente buono, per compierle nella maniera più utile e più van­taggiosa per tutti quelli  per cui le ha fatte.

Gli uomini parlano molto e sono molto facili a promettere molte cose; ma le loro parole e le loro promesse sono molto spesso soltanto bugie e in­ganni. Dio parla poco: «Semel locutus est Deus»Sal 61,12 ; Egli non ha che una pa­rola nella bocca: «Verbum erat apud Deum» Gv 1,1., ma con questa sola parola ha dato l’essere a tutte le cose: «Dixit et facta sunt»Sal 148,5. Con quest’unica parola porta e conserva tutte le cose: «Portans omnia verbo virtutis suae»Eb1,3; con questa sola parola governa ogni cosa; con questa sola parola fa e compie davvero e fedelmente tutte le sue promesse e concede sempre più di quanto ha promesso.
Ha promesso innanzitutto ad Abramo di dargli un figlio che si sarebbe chiamato Isacco  e gliene dà un numero incalcolabile. Gli promette in seguito di moltiplicare i suoi figli come le stelle del Cielo: e gli dona un Figlio che è il Creatore e il sovrano Signore della Terra e del Cielo, che è Uomo e Dio contemporaneamente.           
Ha promesso ad Adamo e agli altri Pa­triarchi e Profeti di liberare gli uomini dalla perdizione nella quale il peccato li aveva immersi. Tuttavia, non si accontenta di tirarli fuori da questo infeli­ce stato, liberandoli dalla schiavitù di satana, ma si fa Uomo per renderli Dei e si fa Figlio dell’uomo per renderli figli di Dio; discende dal Cielo sulla ter­ra per farli salire dalla terra al Cielo.

Sono le promesse che ha fatto ad Adamo, ad Abramo e agli altri Padri e Patriarchi, di cui la Beata Vergine fa menzione in queste ultime parole del suo divin Cantico: «Sicut locutus est ad patres nostros, Abraham et semini eius in saecula: Come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza per sempre». 
Sono le promesse che si sono compiute quando si è incarnato nelle sue viscere benedette. È ciò che ha dichiarato agli Ebrei quando ha detto loro: «Abraham pater vester exultavit, ut videret diem meum: vidit et gavisus est: Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò»Gv 8,56, ossia il giorno della mia Incarnazione, della mia nascita, e della mia dimora sulla terra, da cui sperava la sua salvezza e la salvezza di tutto il mondo. L’ha visto, ossia l’ha cono­sciuto per fede o meglio l’ha conosciuto attraverso la rivelazione che il Pa­dre mio gli ha fatto, e ne ha ricevuto una grande gioia.

Conformemente a ciò, sentiamo un angelo parlare nei libri di santa Bri­gida (In Serm. angel.,cap. 8), affermando che:

«Una delle più grandi consolazioni che Dio donò ai suoi amici dell’an­tica Legge: cioè ai santi Patriarchi e ai santi Profeti, fu di rivelar loro che suo Figlio doveva nascere sulla terra per la salvezza del mondo e che sarebbe nato da Madre am­mirabile.
È la consolazione che la Divina Maestà diede particolarmente al santo patriarca Abramo, quando gli fece conoscere che l’Uno e l’Altra dovevano nascere dalla sua stirpe, da cui ricevette una gioia molto più grande che dalla nascita del figlio suo Isacco e da tutti coloro che dovevano nascere da lui, sebbene dovessero essere in maggior numero, secondo la promessa di Dio, delle stelle del Cielo: perché egli aveva molto più amore per un tale Figlio e per una tale Figlia che per tutti gli altri figli insieme. ...».

Da qui vediamo quanto Dio sia veritiero nelle sue parole e nelle sue promesse, cosa che ci deve essere di grande consolazione. Questo fedelissi­mo compimento delle promesse di Dio, infatti, ci dona la certezza infallibile che tutte le altre promesse che ci ha fatto si compiranno nel modo più perfet­to. Quali sono queste promesse? Ve ne sono di due tipi: le une appartengono alla vita presente, le altre riguardano la vita del tempo che verrà, «Vitam venturi saeculi».

Che cosa ci promette Dio in questa vita?
Ci promette che, se viviamo nel suo timore, ci preserverà da ogni sorta di mali: «Timenti Dominum non occurrent mala» Sir 33,1. Sì, poiché tutto coopera al bene di coloro che amano Dio: «Diligentibus Deum omnia cooperantur in bonum» Rm 8,28.
Ci promette che verserà su di noi ogni sorta di benedizioni corporali e spirituali, temporali ed eterne, che sono specificate in dettaglio nelle sue Divine Scritture, sia nell’Antico che nel nuovo Testamento.
Ci promette che sarà il nemico dei nostri nemici e che affliggerà coloro che ci affliggono. Es 23,22; che conterà tutti i capelli della nostra testa, e che neppu­re uno perirà; che terrà conto di tutti i passi che faremo a suo servizio: «Gressus meos dinumerasti» Gb 14,16; che proverà i mali che ci verranno fatti, co­me se lo si ferisse nella pupilla dell’occhio: «Qui tetigerit vos, tangit pupillam oculi mei»  Zc 2,8; che custodirà le buone opere che faremo, come la pupilla dei suoi occhi: “Gratiam hominis quasi pupillam conserva bit”  Sir 17,18; che Colui che crede in Lui, cioè con una fede viva e animata d’amore, non morrà mai: «Qui credit in me, non morietur in aeternum» Gv 11,26 che se qualcuno conserva la sua parola, non vedrà mai la morte.

Ecco le promesse che il nostro Salvatore ci ha fatto, che riguardano la vita presente; ma eccone molte altre che appartengono alla vita del Cielo.
Il nostro benigno Salvatore ci promette che nel giorno della risurrezione finale non solo risusciterà i nostri corpi, ma li rivestirà dello splendore, dell’impassibilità, dell’immortalità e della gloria del suo Santissimo Corpo: «Reformabit corpus humilitatis nostrae, configuratum corpori claritatis suae» Fil 3,21; li farà restare con Lui, non solo in Cielo, ma nel seno e nel Cuore del Padre suo: «Pater, quos dedisti mihi, volo ut ubi sum ego, et illi sint mecum» Gv 17, 24; ci farà re dello stesso Regno che il Padre suo gli ha dato: «Ego dispono vobis sicut dìsposuit mihi Pater meus regnum» Lc 22, 29; ci farà eredi del Padre suo e suoi coeredi: «Haeredes Dei, cohaeredes Christi» Rm 8, 17; ci metterà in possesso di tutti i beni: «Super omnia bona sua constituet eum» Mt 24,47 ; ci donerà la gloria che il Padre suo gli ha dato: “Claritatem quam dedisti mihi dedi eis”Gv 17,22;    ci assocerà con gli angeli: ci farà sedere nei troni dei suoi ange­li, ci farà vivere della vita dei suoi angeli e ci farà gioire della loro felicità: «aequales angelis sunt “ Lc 20, 36; ci farà mangiare alla sua tavola: «Ut edatis et bibatis super mensam meam» Lc 22, 30; ci farà sedere nel suo trono: «Qui vicerit, dabo ei sedere mecum in throno meo» Ap 3, 21Per grazia e partecipazione saremo ciò che Egli è per natura e per essenza: «Divinae consortes naturae» 2 Pt 1,4 ; infine sa­remo una cosa sola con il Padre suo e con Lui, così come essi sono una cosa sola, come abbiamo già detto: «Ut sint unum, sicut et nos unum sumus>> Gv 17, 22.

Ecco le promesse meravigliose del nostro buonissimo Redentore. Ma è possibile che si compiano cose così grandi? Sì, ed è così certo come è vero che Dio è Dio; è ciò che dice la Beata Vergine: «Sicut locutus est...».

O cristiano, com’è ammirabile la tua religione! Com’è alta ed eminente la tua professione! Com’è felice e vantaggiosa la tua condizione! Come può accadere che tu non muoia di gioia alla vista di queste incantevoli verità? Ma com’è possibile che il tuo cuore resti freddo e ghiacciato in mezzo a queste fiamme ardenti dell’amore del tuo Dio nei tuoi riguardi? 
Oh! I bracie­ri dell’inferno saranno terribili per te se, invece di amare un Dio che ti ama tanto, tu lo disprezzi e lo oltraggi, e calpesti i suoi divini Comandamenti! O mio Dio, è con tutto il mio cuore che voglio amarvi, non per timore dell’inferno, ma per amor vostro. O mio Salvatore, prendete, se così vi pia­ce, un pieno, intero ed eterno possesso del mio cuore.
Il nostro adorabile Salvatore non è il solo ad essere chiamato Fedele e Vero, poiché la Santa Chiesa conferisce questi titoli anche alla sua Divina Madre: Virgo fidelis, Vergine fedele. Questa Vergine Madre ha dichiarato a qualcuno dei suoi favoriti, così come è riportato nel quarto Trattato della Triplice Corona  delRev.P.Poiré,SJ, cap 9,9, che tra i titoli d’onore che le erano dati nelle Litanie che si cantano tutti i giorni a sua lode, quelli che le erano più graditi erano: Mater amabilis, Mater admirabilis e Virgo Fidelis. E certo, è ben a ragione che possiede questo titolo, poiché Ella è fedelissima alla sua parola e alle sue promesse.

Ascoltiamola. «Transite ad me omnes - è lo Spirito Santo che la fa par­lare così -: Venite tutti a me» Sir 24, 26. Ella dice: Omnes, non solo qualcuno, ma tutti: uomini e donne, grandi e piccoli, ricchi e poveri, giovani e vecchi, bambini e adolescenti, sani e malati, giusti e peccatori, fedeli ed infedeli, sa­pienti ed ignoranti.
«Desidero, infatti, - continua l’augusta Madre di Dio - sollevarvi tutti nelle vostre necessità e procurare la salvezza di tutti. Venite a me che sono la Madre del vostro Creatore e del vostro Redentore, la vostra Regina e la vostra Sovrana, a me che sono vostra Madre e una Madre tutta amore: “Mater pulchrae delectionisSir 24,24.

Venite a me con grande fiducia, poi­ché Dio mi ha dato tanto potere in Cielo e in Terra, ed ho più amore e tene­rezza per voi, di quanto ve ne siano mai stati nel cuore di tutte le madri che vi furono, che sono e che saranno.
Venite a me poiché, come ho dato la vita al vostro adorabile Capo, che è il mio Figlio Gesù, posso darla anche alle sue membra.
Venite a me poiché, come vi ho dato un Salvatore, posso e vo­glio anche cooperare con Lui alla vostra salvezza eterna: "Qui me invenerit, [...] hauriet salutem a Domino" Prv 8,35.

Venite a me e vi aiuterò in tutti i vostri bisogni; sarò sempre con voi per guidarvi ovunque e in ogni cosa; vi conso­lerò nelle vostre afflizioni; vi proteggerò da tutti i pericoli di questa vita; vi difenderò da tutti i vostri nemici visibili e invisibili; vi illuminerò nelle tene­bre; vi fortificherò nelle vostre debolezze; vi sosterrò nelle vostre tentazioni; vi assisterò nell’ora della vostra morte; riceverò le vostre anime all’uscita dai loro corpi e le presenterò a mio Figlio.
 Infine, vi alloggerò nel mio seno e nel mio Cuore materno; vi avrò sempre presenti davanti ai miei occhi e vi farò vedere che ho un vero Cuore di Madre per voi.

“Ascoltatemi, figli miei: Nunc ergo, filii, audite me Prv 8, 32, poiché beato è colui che mi ascolta e che obbedisce alle mie parole: Beatus homo, qui audit me Prv 8, 32..
Che cosa ho da dirvi? Gettate uno sguardo sulla vita che ho condotto sulla terra e su tutte le virtù che Dio mi ha fatto la grazia di praticare: sono come tante voci che vi parlano e vi dicono: "Beati qui custodiunt vias meas. Beati coloro che camminano per la via per la quale ho camminato”  ossia coloro che camminano sulla via della fede, della speranza, della carità, dell’umiltà, dell’obbedienza, della purezza, della pazienza e delle altre virtù che ho praticato sulla terra. Abbracciate dunque tutte queste virtù con tutto il vostro cuore e soprattutto abbiate un grande amore per mio Figlio Gesù; se lo amate, custodirete fedelmente tutti i suoi Comandamenti: “Quodcumque dixerit vobis facite” Gv 2, 5.

Infine, sappiate che il Figlio mio ed io, amiamo coloro che ci amano: “Diligentes nos dilìgimus” Prv 8,17. Amateci, dunque, come vostro Padre e vostra Madre, e noi vi ameremo teneramente e ardentemente come nostri carissimi figli. Ma se voi ci amate davvero sforzatevi di mettere il nostro amore nei cuori degli altri e si compiranno nei vostri riguardi le parole: ‘"Qui elucidant [nos], vitam aeternam habebunt : Coloro che ci fanno conoscere e amare avranno la vita eterna”Sir 24,31 »

Ecco le parole e le promesse della nostra buonissima Madre che si compiranno infallibilmente nei riguardi dei suoi veri figli; e spesso, Ella fa persino più di quanto non abbia promesso.

O Gesù, Figlio unico di Dio, che avete voluto essere il Figlio unico di Maria e associarci nella schiera dei figli suoi e vostri fratelli, rendeteci partecipi, se così vi piace, dell’Amore che Le portate, come anche dell’Amore che Ella vi porta, affinché noi amiamo Gesù con il Cuore di Maria ed amiamo Maria con il Cuore di Gesù, ed abbiamo un cuor solo ed un amore solo con Gesù e Maria.

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“Mater Amabilis, Mater Admirabilis,
Virgo Fidelis:
ORA PRO NOBIS”
AVE MARIA PURISSIMA



NB
Dall'opera "Il Cuore Ammirabile della Santissima Madre di Dio" 
Libro X: Spiegazione
del Cantico del Sacratissimo Cuore della Beata Vergine Maria.
di San Giovanni Maria Eudes


AMDG et DVM