Così il Beato Alfredo Ildefonso Card. Schuster commenta il santo Vangelo della Domenica in albis:
...
La seguente lezione evangelica (Giov. XX, 19-31) narra di due distinte apparizioni di Gesù agli Apostoli:
la prima, nella sera stessa di Pasqua, quando istituì il sacramento della confessione, l’altra otto giorni dopo, quando volle che Tommaso palpasse le sue piaghe.
È significativo che sia stata accordata agli Apostoli la podestà di rimettere i peccati proprio il giorno della resurrezione del Cristo. Quello era un giorno di letizia e di trionfo, e perciò ben si conveniva che in esso la divina misericordia istituisse il Sacramento che viene a rimuovere da questa terra il lutto ed il pianto, e richiama i peccatori a nuova vita.
A memoria del qual fatto, anche adesso il senso cristiano vuole che i fedeli innanzi di partecipare al Sacramento Pasquale, impetrino dal sacerdote l’assoluzione sacramentale dello proprie colpe. Nel linguaggio del nostro popolo, che però è così espressivo e riflette una profonda educazione cattolica, l’accostarsi in occasione della santa Pasqua a questi due sacramenti, si dice far Pasqua. Tanto adunque intimo è il nesso tra la resurrezione del Signore e la riconciliazione sacramentale dei penitenti. In antico la riconciliazione dei pubblici penitenti avveniva appunto il giovedì e il venerdì santo.
La seconda apparizione di Gesù nel cenacolo avvenne per confutare lo scetticismo di Tommaso [su Gesù così misericordioso da apparire a coloro che L'avevano totalmente abbandonato durante la Passione, e perdonarli]. Per credere, egli voleva toccare materialmente, ed Iddio permise questo difetto, perché poi la medicina onde fu guarito lui servisse a curare l’incredulità di tutte le future generazioni. La resurrezione del Signore non lascia alcun dubbio; essa prima che fosse creduta, fu veduta, fu anzi palpata da persone tutt’altro che propense ad ammetterla.
Sia
lodato Gesù Maria!
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