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domenica 3 novembre 2013

Devi ornarti di abiti onesti: camicia, tunica, scarpe, mantello, collare pettorale.


Le parole con cui la gloriosa Vergine Maria ha insegnato a Santa Brigida come vestirsi

«Io sono Maria, che ha generato il vero Dio e vero uomo, il Figlio di Dio. Sono la Regina degli angeli. Mio Figlio ti ama con tutto il cuore, e per questo ricambialo. 

Devi ornarti di abiti onesti, dunque ti mostrerò quali sono e come devono essere. 

Per prima cosa ti è stata data una camicia, poi hai ricevuto una tunica, delle scarpe, un mantello e un collare per il tuo petto;

allo stesso modo spiritualmente devi avere la camicia della contrizione: 
così come la camicia è maggiormente a contatto con la carne, allo stesso modo la contrizione e la confessione sono la prima strada per andare verso Dio, la strada attraverso cui l'anima che gioiva del peccato viene purificata e la carne rivestita. 

Le scarpe sono i due affetti, ossia: la volontà di fare ammenda delle colpe commesse, e la volontà di compiere il bene e astenersi dal male. 

La tua tunica è la speranza, con cui aspiri a Dio: infatti così come la tunica ha due maniche, allo stesso modo la giustizia e la misericordia sono contenute nella tua speranza, affinché tu possa sperare in Dio in modo da non trascurarne la giustizia. Inoltre pensa alla sua giustizia e al suo giudizio a tal punto di non dimenticarne la misericordia, perché non c’è giustizia senza misericordia, né misericordia senza giustizia. 

Il mantello è la fede: in effetti, così come il mantello copre tutto, allo stesso modo l'uomo, mediante la fede, può capire e raggiungere ogni cosa. Questo mantello deve essere disseminato dei segni dell'amore del tuo caro sposo: come ti ha creato, riscattato, nutrito e introdotto nel suo spirito, e aperto gli occhi dello spirito. 

Il collare è il pensiero della Passione, che deve essere costantemente sul tuo petto: 
il modo in cui mio Figlio è stato schernito, flagellato e coperto di sangue; 
il modo in cui è stato steso sulla croce con i nervi trapassati, e in cui tutto il suo corpo ha tremato nella morte a causa dell'immenso dolore che provava; e 
il modo in cui ha rimesso il suo spirito nelle mani del Padre. 
Che questo collare penda sempre sul tuo petto. 

Che la sua corona sia sulla tua testa; in altre parole, ama profondamente la castità; di conseguenza sii pudica e onesta; non pensare a nulla, non desiderare altro che il tuo Dio, il tuo Creatore: quando avrai lui, avrai tutto; e così ornata e adorna aspetterai l'arrivo del tuo caro Sposo». Libro I, 7

COR VIGILANTISSIMUM MARIAE, 
ora pro nobis


lunedì 23 settembre 2013

SPERANZA: grande virtù che ... sorregge la fede e la carità. ... La fede i gradini, la speranza la ringhiera; in alto ecco la carità alla quale si sale mediante le altre due.


«Avevo promesso di parlare della speranza ai miei discepoli. La parabola eccola: questo vecchio israelita.

Me lo dà il Padre dei Cieli il soggetto per insegnare a voi tutti la grande virtù che, come le braccia di un giogo, sorregge la fede e la carità.
Dolce giogo. Patibolo dell’umanità come il braccio traverso della croce, trono della salvezza come appoggio del serpente salutare alzato nel deserto. Patibolo dell’umanità. Ponte dell’anima per spiccare il volo nella Luce. Ed è messa in mezzo fra l’indispensabile fede e la perfettissima carità, perché senza la speranza non può esservi fede, e senza speranza muore la carità.


Fede presuppone speranza sicura. 
Come credere di giungere a Dio se non si spera nella sua bontà? Come
sorreggersi nella vita se non si spera in un’eternità? Come poter persistere nella giustizia se non ci anima la speranza che ogni nostra buona azione è da Dio vista e per darci di essa premio? 

Ugualmente, come fare vivere la carità se non c’è speranza in noi? La speranza precede la carità e la prepara. Perché un uomo ha bisogno di sperare per poter amare. I disperati non amano più. 

La scala è questa, fatta di scalini e di ringhiera: La fede i gradini, la speranza la ringhiera; in alto ecco la carità alla quale si sale mediante le altre due. 

L’uomo spera per credere, crede per amare.

Quest’uomo ha saputo sperare. È nato. Un bambino di Israele come tutti gli altri. È cresciuto con gli stessi ammaestramenti degli altri. È divenuto figlio della Legge come tutti gli altri. Si è fatto uomo, sposo, padre, vecchio, sempre sperando nelle promesse fatte ai patriarchi e ripetute dai profeti. 

Nella vecchiaia sono scese le ombre sulle sue pupille ma non nel suo cuore. In esso è rimasta accesa la speranza. Speranza di vedere Iddio. Vedere Iddio nell’altra vita. E, nella speranza di questa vista eterna, una, più intima e cara: “vedere il Messia”. 

E mi ha detto, non sapendo chi era il giovane che gli parlava: “Se abbandonerai la Legge sarai cieco in terra e in Cielo. Non vedrai Dio e non riconoscerai il Messia”. Ha detto da saggio.

Troppi sono ora in Israele che sono ciechi.

Non hanno più speranza perché l’ha uccisa in loro la ribellione alla Legge, che è sempre ribellione, anche se velata da paramenti sacri, se non è accettazione integrale della parola di Dio, dico di Dio, non delle soprastrutture che vi sono state messe dall’uomo e che per essere troppe, e tutte umane, vengono trascurate da quelli stessi che le hanno messe, e fatte macchinalmente, sforzatamente, stancamente, sterilmente, dagli altri.

Non hanno più speranza. Ma irrisione delle verità eterne. Non hanno perciò più fede e più carità. Il divino giogo da Dio dato all’uomo perché se ne facesse ubbidienza e merito, la celeste croce che Dio ha dato all’uomo a scongiuro contro i serpenti del Male perché se ne facesse salute, ha perduto il suo braccio traverso, quello che sorreggeva la fiamma candida e la fiamma rossa: la fede e la carità; e le tenebre sono scese nei cuori.


Il vecchio mi ha detto: “È grande sventura non credere e non eseguire ciò che Dio ci ha detto”. È vero. Io ve lo confermo. È peggio della cecità materiale, che ancora può essere guarita per dare ad un giusto la gioia di rivedere il sole, i prati, i frutti della terra, i volti dei figli e nipoti, e soprattutto ciò che era la speranza della sua speranza: “Vedere il Messia del Signore”. 

Io vorrei che fosse viva nell’animo di tutto Israele, e specie in quelli che sono i più istruiti nella Legge. Non basta essere stato nel Tempio o del Tempio, non basta sapere a memoria le parole del Libro. Occorre saperle fare vita della nostra vita mediante le tre virtù divine. Voi ne avete un esempio: dove esse sono vive tutto è facile, anche la sventura. Perché il giogo di Dio è sempre giogo leggero, che preme solo sulla carne ma non abbatte lo spirito.

Andate in pace, voi che restate in questa casa da buoni israeliti. Vai in pace, vecchio padre. Che Dio ti ami ne hai la certezza. Chiudi la tua giusta giornata deponendo la tua saggezza nel cuore dei pargoli del tuo sangue.

Non posso rimanere, ma la mia benedizione resta fra queste mura pingue di grazie come i grappoli di questa vigna».

E Gesù vorrebbe andarsene. Ma deve almeno fermarsi tanto da conoscere questa tribù di tutte le età, e di ricevere quanto gli vogliono dare fino a rendere le sacche da viaggio panciute come otri… Poi può riprendere il cammino per una scorciatoia fra le viti che gli indicano i vignaiuoli, che non lo lasciano altro che alla via maestra, già in vista di un paesello dove Gesù e i suoi potranno sostare per la notte.

Maria Valt., L'Evang. come mi è..., n.255

giovedì 11 luglio 2013

PAGELLA DEI DOVERI


PAGELLA DEI DOVERI

 
 
VERITÀ DA CREDERSI DI NECESSITÀ DI MEZZO
 - I due Misteri principali della nostra Fede
I -  UNITÀ E TRINITÀ DI DIO
II - INCARNAZIONE, PASSIONE, MORTE E RISURREZIONE di NOSTRO SIGNORE 
       GESÚ CRISTO
 - Che Dio premia e i buoni col Paradiso e castiga i cattivi con l'Inferno 
  
  
COSE DA SAPERSI DI NECESSITÀ DI PRECETTO


CREDO   (Il Credo si recita o si canta in piedi
Credo in unum Deum (chiniamo il capo),  
Patrem Omnipoténtem, factórem cœli et terræ, visibílium omnium et invisibílium. 
Et in unum Dóminum Jesum Christum (chiniamo il capo),  
Fílium Dei unigénitum, et ex Patre natum ante omnia sæcula.  
Deum de Deo, lumen de lúmine, Deum vero de Deo vero.  
Génitum, non factum, consubstantiálem Patri: per quem omnia facta sunt. 
Qui propter nos hómines et propter nostram salútem descéndit de cœlis.  
(ci inginocchiamo) Et incarnátus est de Spíritu Sancto ex María Vírgine: et homo factus  est (ci alziamo)
Crucifíxus étiam pro nobis: sub Póntio Pilato pássus et sepúltus est.  
Et resurréxit tértia die, secúndum Scriptúras.  
Et ascéndit in cœlum sedet ad déxteram Patris.  
Et íterum ventúrus est cum glória judicáre vivos et mórtuos: cujus regni non érit finis. 
Et in Spíritum Sanctum, Dóminum, et vivificántem: qui ex Patre Filióque procédit.  
Qui cum Patre et Fílio símul adorátur (chiniamo il capo) et conglorificátur: qui locútus est  per Prophétas. 
Et unam, sanctam, cathólicam et apostólicam Ecclésiam. 
Confìteor unum baptísma in remissiónem peccatórum.  
Et exspécto resurrectiónem mortuórum.  
Et vítam ventúri sæculi (ci segniamo).  
Amen.


PATER
Pater noster, qui es in cœlis. 
Sanctificétur nomen tum.
Advéniat Regnum tuum. 
Fiat volúntas tua, sicut in cœlo et in terra.
Panem nostrum quotidiánum da nobis hódie.
Et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris.
Et ne nos indúcas in tentatiónem; 
sed líbera nos a malo. 
Amen.


GLÓRIA PATRI
Glória Patri et Fílio et Spirítui Sancto, 
sícut érat in princípio, et nunc, et semper, 
et in sæcula sæculórum. 
Amen.


AVE MARÍA
Ave María, grátia plena: Dóminus tecum; 
benedícta tu in muliéribus, 
et benedíctus fructus ventris tui, Jesus.
Sancta María, Mater Dei, 
ora pro nobis peccatóribus,
nunc et in hora mortis nostræ. 
Amen.


SALVE REGINA
Salve Regina, mater misericórdiæ, 
vita, dulcédo et spes nostra, salve. 
Ad te clamámus, éxules fílii Hevæ. 
Ad te suspirámus genéntes et fléntes in hac lacrimárum valle. 
Eia ergo, advocáta nostra, 
illos tuos misericórdes óculos ad nos convérte. 
Et Iesum, benedíctum fructum ventris tui, 
nobis post hoc esílium osténde. 
O clémens, 
o pia, 
o dulcis Virgo María.


ÀNGELE DEI
Àngele Dei, qui custos es mei, 
me tibi commíssum pietáte supérna, 
illúmina, custódi, rege et gubérna. 
Amen.


RÉQUIEM ÆTÉRNAM
Réquiem ætérnam dona éis (eo, ea) Dómine, 
et lux perpétua lúceat éis (eo, ea). 
Requiéscant (requiéscat) in pace. 
Amen.



ATTO DI FEDE 
Mio Dio, perché sei verità infallibile, credo fermamente tutto quello che hai  rivelato e la santa Chiesa ci propone a credere. Ed espressamente credo in Te, unico vero Dio in tre Persone uguali e distinte, Padre, Figlio e Spirito Santo. E credo in Gesú Cristo, Figlio di Dio, incarnato e morto per noi, il quale darà a ciascuno, secondo i meriti, il premio o la pena eterna. Conforme a questa Fede voglio sempre vivere. Signore, accresci la mia Fede.



ATTO DI SPERANZA 
Mio Dio, spero dalla tua bontà, per le promesse tue e per i meriti di Gesú Cristo, nostro Salvatore, la vita eterna e le grazie necessarie per meritarla con le buone opere, che io debbo e voglio fare. Signore, che io non resti confuso in eterno.



ATTO DI CARITÀ 
Mio Dio, ti amo con tutto il cuore sopra ogni cosa, perché sei bene infinito e nostra eterna felicità; e per amor tuo amo il prossimo mio come me stesso, e perdono le offese ricevute. Signore, fai che io ti ami sempre piú.



ATTO DI DOLORE 
Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi, e molto piú perché ho offeso Te, infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa. Propongo col tuo santo aiuto di non offenderti mai piú e di fuggire le occasioni prossime al peccato. Signore, misericordia, perdonami. 
 

I COMANDAMENTI DI DIO
Io Sono il Signore Dio tuo
 I  - Non avrai altro Dio fuori che me
 II  - Non nominare il Nome di Dio invano
 III  - Ricordati di santificare le feste
 IV  - Onora il padre e la madre
 V  - Non ammazzare
 VI  - Non fornicare
 VII  - Non rubare
 VIII  - Non dire falsa testimonianza
 IX  - Non desiderare la donna d'altri
 X  - Non desiderare la roba d'altri
 
I DUE COMANDAMENTI DELLA CARITÀ
1° - Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutto il tuo  spirito.
2° - Amerai il prossimo tuo come te stesso.
 

I CINQUE PRECETTI DELLA SANTA CHIESA 
1° - Udire la S. Messa la Domenica e le altre feste comandate
2° - Non mangiar carne nel venerdí e negli altri giorni di astinenza e digiunare nella  Quaresima, nelle Quattro Tempora e nelle 

Vigilie comandate
3° - Confessarsi almeno una volta l'anno e comunicarsi almeno a Pasqua
4° - Pagare le decime secondo l'usanza
5° - Non celebrare le nozze dall'Avvento a tutto il giorno dell'Epifania e dal principio di  Quaresima all'Ottava di Pasqua
 
I SETTE SACRAMENTI
Battesimo; Cresima; Eucaristia; Confessione; Estrema unzione; Ordine; Matrimonio.
 
  

PRATICARE IL BENE

LE TRE VIRTÚ TEOLOGALI
Fede; Speranza; Carità.


LE QUATTRO VIRTÚ CARDINALI
Prudenza; Giustizia; Fortezza; Temperanza.


LE SETTE OPERE DI MISERICORDIA CORPORALE
Dar da mangiare agli affamati;  cibo
Dar da bere agli assetati;  poto
Vestire gli ignudi;  tego
Alloggiare i pellegrini; colligo
Visitare gli infermi; visito
Visistare i carcerati;  redimo
Seppellire i morti. condo.


LE SETTE OPERE DI MISERICORDIA SPIRITUALE
Consigliare i dubbiosi; consule 
Insegnare agli ignoranti;  consule
Ammonire i peccatori;  castiga
Consolare gli afflitti;  solare
Perdonare le offese;  remitte
Sopportare pazientemente le persone moleste;  fer
Pregare Dio per i vivi e per i morti.  ora.


I SETTE DONI DELLO SPIRITO SANTO
Sapienza; Intelletto; Consiglio; Fortezza; Scienza; Pietà; Timor di Dio.


I TRE CONSIGLI EVANGELICI
Povertà volontaria; Castità perpetua; Ubbidienza intera e continua al direttore spirituale.


LE OTTO BEATITUDINI
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli;
Beati i mansueti, perché possederanno la terra;
Beati quelli che piangono, perché saranno consolati;
Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati
Beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio
Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio
Beati quelli che soffrono persecuzione per la giustizia, perché di essi è il Regno dei cieli.
 
  

FUGGIRE IL MALE

I SETTE VIZI CAPITALI
Superbia; Avarizia; Lussuria; Ira; Gola; Inviadia; Accidia.

I SEI PECCATI CONTRO LO SPIRITO SANTO
Disperazione della salute; Presunzione di salvarsi senza merito; 
Impugnare la Verità conosciuta; Invidia della grazia altrui; Ostinazione nei peccati; Impenitenza finale.


I QUATTRO PECCATI CHE GRIDANO VENDETTA AL COSPETTO DI DIO
Omicidio volontario; Peccato impuro contro natura;
Oppressione dei poveri; Frode nella mercede agli operai.


CI SI RENDE COLPEVOLI DEI PECCATI ALTRUI 
Consigliando il peccato; Istigando al peccato; Comandando il peccato;  
Acconsentendo al peccato; Permettendo il peccato potendolo impedire;  
Non castigando il peccato avendone il dovere; Lodando il peccato; Difendendo il peccato;  
Partecipando al peccato; Tacendo il peccato quando si ha l'obbligo di denunciarlo.

IL PECCATO 
Può commettersi con pensieri, parole, opere o omissioni; 
Diventa mortale quando ricorre: gravità di materia, piena avvertenza, pieno consenso. 
  
  
PROFESSARE LA FEDE

PER BEN CONFESSARSI 
Orazione: per ottenere la grazia di conoscere e detestare i peccati commessi;
Esame di coscienza: fatto con diligenza;
Dolore per i peccati commessi: interno, soprannaturale, sommo e universale;
Proponimento di non piú peccare: fermo, universale, efficace;
Confessione: breve, intera, umile, sincera, prudente;
Penitenza: intera, devota e pronta.


LE OPERE DELLA PENITENZA
L'orazione; il Digiuno; la Limosina.


PER BEN COMUNICARSI 
Essere in grazia di Dio;  
Essere digiuno dalla mezzanotte;  
Sapere che si va a ricevere il Corpo, il Sangue, l'Anima e la Divinità di N. S. Gesú Cristo;  
Accostarsi con fede e con devozione.

I QUATTRO NOVISSIMI
Morte; Giudizio; Inferno; Paradiso.


ORAZIONI DEL MATTINO
Ti adoro, o mio Dio, e ti amo con tutto il cuore, ti ringrazio d'avermi creato, redendo, fatto cristiano [e tuo sacerdote e/o religioso] e conservato in questa notte. Ti offro le azioni di questa giornata: fa' che siano tutte secondo la tua santa volontà, per la maggior tua gloria.

Presérvami dal peccato e da ogni male. La tua grazia sia sempre con me, con tutti i miei cari e con tutti quelli che mi hai affidato. Amen.

Atto di Fede, Atto di Speranza, Atto di Carità. Pater, Ave, Gloria, Credo, Salve Regina, Angele Dei.


ORAZIONI DELLA SERA
Ti adoro, o mio Dio, e ti amo con tutto il cuore, ti ringrazio d'avermi creato, redendo, fatto cristiano e conservato in questo giorno. Dammi la grazia di conoscere i miei peccati e di averne vero dolore. Non la mia, ma la tua volontà sia fatta, o Signore.

 
Atto di Fede, Atto di Speranza, Atto di Carità, Atto di Dolore. Pater, Ave, Gloria, Credo, Salve Regina.


PRATICHE DI DEVOZIONE 
Preghiere del mattino 
Uscendo di casa: Angele Dei 
Incontrando una Croce: Adoramus Te Christe… 
Incontrando un'immagine della SS. Vergine Maria: Ave Maria… 
Entrando in chiesa: A Te mi affido, o Cristo Gesú, mio Salvatore e mio Dio 
Segnandosi con l'acqua benedetta: In Nómine Patris… Mio Dio, per i meriti di Gesú  Cristo, lavami da tutti i miei peccati 
Uscendo dalla chiesa: Conserva, o Signore, nell'anima mia la fede, la speranza e la carità 
Al principio del lavoro: In Nómine Patris… Signore, ti offro questo lavoro, dammi la tua  santa benedizione 
Avanti il pasto: Benedici, o Signore, il cibo che sto per prendere, affinché mi mantenga al  tuo servizio 
Dopo il pasto: Ti ringrazio, o Signore, del cibo che mi hai dato, fai che mi serva per il bene 
Nel conversare: Dio mi vede 
Nelle tentazioni e nei pericoli: Gesú, Giuseppe e Maria, siate la salvezza dell'anima mia 
Quando suona la campana: Un'ora di piú da rendere conto a Dio, un'ora di meno da vivere 
Quando si passa davanti a una chiesa: Ti adoro ogni momento, o Santissimo e  Divinissimo Sacramento 
Quando suona l'Ave Maria, al mattino, a mezzogiorno e alla sera: Angelus Dómini o  Regina Cœli 
In ogni momento: Signore Gesú Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore 
Santo Rosario 
Preghiere della sera

GIACULATORIE
- Dolce cuore di Gesú, fa ch'io t'ami sempre piú
- Dolce cuore di Maria, siate la salvezza dell'anima mia
- O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi.
- Gesú, Giuseppe e Maria, assistetemi nell'ultima agonia



Mondo, demonio e carne vincerai 
E ad ogni colpa darai bando eterno 
Se alli Novissimi tu penserai: 
Morte, Giudizio, Paradiso, Inferno. 
 

Dio sia benedetto 
Benedetto il suo santo Nome 
Benedetto Gesú Cristo, vero Dio e vero Uomo 
Benedetto il Nome di Gesú 
Benedetto il suo sacratissimo Cuore 
Benedetto Gesú nel santissimo Sacramento dell'altare 
Benedetta la gran Madre di Dio, Maria Santissima 
Benedetta la sua santa e Immacolata Concezione 
Benedetto il Nome di Maria Vergine e Madre


Benedetto il Cuore Immacolato di Maria Santissima 
Benedetto Dio nei suoi Angeli e nei suoi Santi.
 


Adorámus Te, Christe, et benedícimus tibi:  
Quia per sànctam Crucem tuam redemísti mundum.

Cor Mariae Immaculatum, intercede pro nobis.
Cor Jesu Sacratissimum, miserere nobis.




sabato 29 giugno 2013

Io sono Maria...




<<Io sono Maria, che ho partorito il vero Dio e vero Uomo, il Figlio di Dio. Io sono la Regina degli Angeli. Il Figlio mio ti ama con tutto il cuore. Tu devi essere adornata di onestissime vesti. Ti mostrerò come e quali devono essere. 

Come dunque vesti prima la camicia, poi la tunica, le scarpe, il mantello e la collana sul petto, così devi vestire spiritualmente. 

La camicia è la contrizione. Come infatti la camicia è più vicina alla carne, così la contrizione e la confessione sono la prima via della conversione a Dio. Con esse è purificata la mente, che prima godeva nel peccato ed è frenata la carne immonda. 

Le due scarpe sono due sentimenti: la volontà cioè di emendare i difetti e la volontà di fare il bene e astenersi dal male. 

La tua tunica è la speranza in Dio, perché, come la tunica ha due maniche, così nella speranza vi sia la giustizia e la misericordia. Sicché, come speri dalla misericordia di Dio, così non dimentichi la sua giustizia. E così ricorda la sua giustizia e il giudizio in modo da non dimenticare la misericordia. Perché nessuna giustizia Egli fa senza misericordia, né misericordia senza giustizia. 

Il mantello è la fede: come infatti il mantello tutto copre e tutto tiene racchiuso, così con la fede l'uomo può tutto comprendere e ottenere. Questo mantello dev'essere immerso nei segni della carità del tuo Sposo; e cioè deve significare come ti ha creata, come ti ha redenta, come ti ha nutrita, come ti ha attratta nel suo spirito e ti ha aperto gli occhi spirituali. 

La collana è la considerazione della sua Passione. Essa sia sempre fissa sul tuo petto. Come fu deriso, flagellato, insanguinato e confitto vivo in croce con tutti i nervi spezzati. Come alla morte, ne tremò tutto il corpo per l'acutissimo dolore. Come nelle mani del Padre raccomandava lo spirito. Questa collana sia sempre sul tuo petto. 

La corona sul tuo capo significa la castità negli affetti, in modo tale da voler essere piuttosto percossa che macchiata. Sii dunque costumata e casta. Non pensare, non desiderar altro che il tuo Dio, avuto il quale tutto avrai. E così adornata, aspetterai il tuo Sposo>>.

Libro I, Capitolo Settimo, Le Rivelazioni di santa Brigida. 


AVE MARIA PURISSIMA!

giovedì 11 aprile 2013

«Santa Vergine, Madre mia, mi get­to ai tuoi piedi; ho molto peccato, ma ti cerco, Madre amata. Cerco anche Gesù; ma tu ti nascondi, come pure Gesù. O Madre mia, abbi pietà di questo piccolo nulla!



L'indomani una celeste apparizione venne a visitarla sotto la forma di Madre Elia. Ecco come lo si seppe.

Vedendo entrare la suora infermiera nella sua cella, la novizia disse tutta con­tenta «Madre Elia è uscita or ora»; e, mostrandole un lavoro ad ago, aggiunse «Ma­dre Elia ha fatto questo cucito per insegnarmi a lavorare bene». L'infermiera si af­frettò ad informare Madre Elia di ciò che aveva appreso; questa si recò dalla novizia per conoscere la verità sul fatto, visto che lei non aveva visitato suor Maria quel giorno. La pregò, senza altro preambolo, di ripeterle ciò che aveva detto. La mala­ta, sorpresa, credette che la sua maestra l'interrogasse così per provarla; le rispose ingenuamente che non se ne ricordava più. Ebbene, riprese Madre Elia, facciamo una preghiera al tuo angelo custode, affinché ti ottenga di ricordartelo. 

Finita la preghiera, la novizia le disse: «Quando è venuta questa mattina, le ho comunicato le mie impressioni sulla comunione. Ma perché ridirle adesso?» Per farti praticare l'obbedienza, rispose Madre Elia. «Ebbene, riprese subito suor Maria, avevo visto, dopo la comunione, una bambina come me, vestita come me e che mi rassomiglia­va perfettamente; era solo molto più piccola di me. Gesù la teneva nelle sue brac­cia, sembrava la amasse molto. Ero gelosa di questa bambina e ho detto a Gesù: questa piccola è felice, tu l'ami tanto! Sì, io l'amo, mi ha risposto Gesù, vedi come la tengo nelle mie braccia, ma lei non lo sa. Ed io ho detto a Gesù: ma ella è nelle tue braccia! Ah! se fossi al suo posto, ti assicuro che lo sentirei e quanto sarei feli­ce. O piccola, prega per me che non sono che peccato. Tu sei pura, ed io non sono che letame. Questa piccola non mi vedeva. Non guardava che Gesù, e anche Gesù la guardava sempre. La sua vista mi diede tuttavia un po' di speranza. Osai dire a Gesù: o Gesù, tu sei venuto per i peccatori. Io non sarò mai come questa piccola ma infine voglio sperare. Le ho detto tutto ciò questa mattina, Madre mia, e lei ha pianto perché mi ama; anch'io sentivo che lei mi ama; era più amabile di adesso. Usciva da "lei" un profumo che arrecava la grazia nella mia anima. Perché non pos­so sentire, in questo momento, questa stessa grazia? Mi ha detto piangendo: abbi fiducia, bambina mia; la Vergine santa ti ama, è con te; ti guarda, ma tu non la ve­di; sii molto obbediente. Mi ha dato speranza, conto sulla misericordia di Dio così buono, così amabile! Chi è come Dio?».


La notte, diceva con una voce commovente: «Santa Vergine, Madre mia, mi get­to ai tuoi piedi; ho molto peccato, ma ti cerco, Madre amata. Cerco anche Gesù; ma tu ti nascondi, come pure Gesù. O Madre mia, abbi pietà di questo piccolo nulla! O Gesù, perdonami; non voglio più offenderti, abbi pietà di questa povera orfana! Tu non sei venuto per niente sulla terra, non sei venuto per i giusti; sei venuto per salvare i peccatori! lo non ho più Gesù; sono un piccolo nulla abbandonato. Dio mio, Dio mio, misericordia! Tu sei infinitamente buono, spero in te!».


Sit nomen Domini benedictum!

sabato 6 aprile 2013

Messaggio profetico che la Madonna del Buon Successo affidò a Madre Marianna de Jesùs Torres ... La Beatissima Vergine .. le assicurò che avrebbe Ella stessa assunto il comando della battaglia decisiva, confermando di essere "Regina delle vittorie".




La parte più impressionante, e più interessante per noi, del messaggio profetico che la Madonna del Buon Successo affidò a Madre Marianna de Jesùs Torres il 2 febbraio 1634 a Quito (Ecuador), è quella che riguarda la situazione del mondo e della Chiesa. 




La notte del 2 febbraio 1634, mentre madre Mariana pregava nel coro della cappella, notò che la lampada del Tabernacolo si era spenta, lasciandola al buio quasi completo. Stava per andare a riaccenderla, quando si sentì come bloccata da una forza sconosciuta e restò quindi in attesa. Improvvisamente apparve per la terza volta la Madonna, vincendo le tenebre col suo splendore e illuminando la chiesa come se fosse giorno pieno. Confidando alla veggente un suo segreto, la Beatissima Vergine le spiegò il significato di questa apparizione.






"Lo spegnersi della lampada che arde davanti all’Amore prigioniero ha molti significati. 



Il primo è questo: alla fine del XIX secolo e per grande parte del XX, si diffonderanno varie eresie, e, sotto il loro potere, la luce preziosa della Fede si spegnerà nelle anime per opera della quasi totale corruzione dei costumi. In quel tempo vi saranno grandi calamità fisiche e morali, pubbliche e private. 
Le poche anime rimaste fedeli ala grazia soffriranno un martirio tanto crudele e indicibile quanto prolungato; molte di esse scenderanno nella tomba per la violenza delle loro sofferenze e verrano considerate come martiri sacrificatisi per la Chiesa e per la Patria. (…)




"Il terzo significato dello spegnimento della lampada è dovuto allo spirito avvelenato di impurità che in quel tempo dominerà, percorrendo le strade, le piazze e i luoghi pubblici come un mare immondo e godendo di una libertà talmente sorprendente che quasi non resteranno più nel mondo anime vergini.



"Il quarto significato è il riconoscimento del potere delle sette, che abilmente si introdurrà nelle famiglie estinguendo l’innocenza nei cuori dei piccoli, soffocando in tal modo anche le vocazioni sacerdotali. (...) Disgraziatamente, la Chiesa passerà allora attraverso una notte oscura in cui mancherà un prelato e un padre che vegli con amore, con dolcezza e forza, perspicacia e prudenza, e molte anime si perderanno mettendo in pericolo la loro stessa salvezza eterna.




"Il quinto motivo dell’estinzione della lampada sta nell’insensibilità e nel disinteresse di quella gente che, pur possedendo abbondanti ricchezze, resterà indifferente all’oppressione della Chiesa, alla persecuzione della virtù e al trionfo dei malvagi, trascurando di impiegare santamente le loro ricchezze per ottenere la distruzione del male e la restaurazione della Fede".



Questa epoca di tenebre culminerà con "una guerra terribile e spaventosa, in cui scorrerà sangue di ogni nazione. Questa sarà la più orribile delle notti perché, secondo umane apparenze, la malvagità sarà trionfante. Eppure sarà giunta la mia ora, in cui io, in maniera meravigliosa, detronizzerò il superbo e maledetto Satana, ponendolo sotto il mio piede e incatenandolo nell’abisso infernale, liberando infine la Chiesa e la Patria dalla sua crudele tirannia".



Molti saranno i fattori che cooperano alla rivincita di Maria e alla restaurazione della Chiesa e della Cristianità, ma uno solo, determinante, viene enunciato dalla Madonna: il ruolo che avrà un uomo privilegiato, un "gran prelato":





"Prega con insistenza, reclama senza stancarti e piangi con lacrime amare nel segreto del tuo cuore, chiedendo al nostro Padre celeste che, per amore del Cuore Eucaristico del mio santissimo Figlio, ponga fine quanto prima a questi tempi funesti inviando alla Chiesa quel prelato che dovrà restaurare lo spirito dei suoi sacerdoti. Questo mio amatissimo figlio verrà dotato di una capacità rara, di umiltà di cuore, di docilità alle divine ispirazioni, di fortezza per difendere i diritti della Chiesa e di un animo tenero e compassionevole, affinché, come un altro Cristo, provveda al grande e al piccolo, senza disprezzare i più infelici. (…) In sua mano verrà posta la bilancia del Santuario, affinché tutto venga fatto con peso e misura e affinché Dio venga glorificato. Alla rapida venuta di questo padre e prelato, però, sarà di ostacolo quella timidezza di tutte le anime consacrate a Dio, che è anche causa del dominio di Satana su queste terre".

* * *

Racconta il biografo che la madre Mariana, terribilmente impressionata dallo scenario di tenebre e di apostasia che la Madonna le aveva dipinto, si prostrò a terra tremante e le chiese arditamente di concederle il miracolo di mantenerla in vita fino al XX secolo, affinché potesse combattere sulla terra contro quell’ondata di empietà. 
La Beatissima Vergine non le concesse questa grazia, ma la rassicurò ripetendole che avrebbe Ella stessa assunto il comando della battaglia decisiva, confermando di essere "Regina delle vittorie".



Volendo lasciare alla veggente e alle suore del monastero un segno tangibile della sua visita e della sua protezione, la Madonna comandò a madre Mariana di far scolpire una statua che la rappresentasse il più fedelmente possibile. L’immagine doveva avere nella mano destra un bastone apostolico e le chiavi della clausura, in segno della autorità e della proprietà della Vergine sulla congregazione, sorreggendo invece nella mano sinistra il Bambino Gesù benedicente. 

Tutto fu fatto com’era stato comandato, e, al momento dell’intronizzazione della statua nella cappella, la mattina del 16 gennaio 1611, mentre le suore si avviavano in chiesa per recitare il Piccolo Officio della Madonna, udirono risuonare armoniose melodie: nell’entrare nella cappella, videro il coro illuminato di luce soprannaturale, mentre alcuni Angeli, cantando il "Salve sancta Parens" al suono di musiche celestiali, ponevano al suo posto la statua appena terminata. Questa immagine può ancor oggi essere venerata nella stessa cappella del monastero, sopravvissuto a molte persecuzioni e rovine.

La Chiesa ha sempre considerato queste apparizioni come attendibili, e quanto al messaggio che annunciano, il fatto stesso che in parte si sia già realizzato da tempo e in parte si stia ormai realizzando sotto i nostri occhi, è da solo una garanzia della sua veridicità. E’ facile inoltre mettere in evidenza la piena armonia che esiste tra questa profezia e quella di Fatima: entrambe descrivono il nostro secolo come l’epoca della grande apostasia, della persecuzione dei fedeli e del terribile castigo divino, ma entrambe aprono anche uno spiraglio per farci intravedere l’alba dell’immenso trionfo della Vergine sull’antico Serpente, della restaurazione della Chiesa e della Cristianità sulle rovine della Rivoluzione anticristiana: annunciano insomma il Regno di Maria e del suo Cuore Immacolato. 

Se la Madonna ha voluto turbare il cuore della sua veggente e di noi tutti facendoci vedere lo spegnersi della lampada che ardeva davanti al Tabernacolo, ossia l’estinzione quasi totale della vera Fede ad opera delle potenze delle tenebre, lo ha fatto non solo per mettere in guardia i fedeli da facili ma fallaci certezze e per spronarli alla vigilanza più rigorosa, ma anche per rassicurarli preavvisandoli dei tempi oscuri che dovranno attraversare e per dare loro in anticipo la certezza dell’imminente trionfo sulle avversità che dovranno affrontare.



Anche se per un certo tempo la lampada del Santuario resterà spenta, sappiamo già che la Madonna stessa avrà cura di riaccenderla, più splendente di prima. Resta allo zelo dei cattolici rimasti fedeli il compito di pregare e di agire per affrettare quel benedetto giorno del trionfo che madre Mariana agognò di vedere. 

Con una delle sue frasi folgoranti, sant’Agostino ci consola affermando che, se avremo l’animo di sperare in ciò che non possiamo ancora vedere, otterremo forse da Dio la grazia di vedere con i nostri occhi ciò che abbiamo eroicamente sperato.



SALVACI, O MADRE,
PER LA TUA MISERICORDIA!
AMDG et DVM

venerdì 29 marzo 2013

M.Valtorta: Ultima Cena: quattro ammaestramenti principali.


Dice Gesù:

«Dall'episodio della Cena, oltre la considerazione della carità di un Dio che si fa Cibo agli uomini, risaltano quattro ammaestramenti principali.

.


Primo:la necessità per tutti i figli di Dio di ubbidire alla Legge.
La Legge diceva che si doveva per Pasqua consumare l'agnello secondo il rituale dato dall'Altissimo a Mosè, ed Io, Figlio vero del Dio vero, non mi sono riputato, per la mia qualità divina, esente dalla Legge. Ero sulla Terra: Uomo fra gli uomini e Maestro degli uomini. Dovevo perciò fare il mio dovere di uomo verso Dio
come e meglio degli altri. I favori divini non esimono dall'ubbidienza e dallo sforzo verso una sempre maggiore santità. Se paragonate la santità più eccelsa alla perfezione divina, la trovate sempre piena di mende, e perciò obbligata a sforzare se stessa per eliminarle e raggiungere un grado di perfezione per quanto più è possibile simile a quello di Dio.



Secondo: la potenza della preghiera di Maria.
Io ero Dio fatto Carne. Una Carne che, per essere senza macchia, possedeva la forza spirituale per
signoreggiare la carne. Eppure non ricuso, anzi invoco l'aiuto della Piena di Grazia, la quale anche in quell'ora di espiazione avrebbe trovato, è vero, sul suo capo il Cielo chiuso, ma non tanto che non riuscisse a strapparne un angelo, Lei, Regina degli angeli, per il conforto del suo Figlio.
Oh! non per Lei, povera Mamma! Anche Lei ha assaporato l'amaro dell'abbandono del Padre, ma per questo suo dolore offerto alla Redenzione m'ha ottenuto di potere superare l'angoscia dell'orto degli Ulivi e di portare a termine la Passione in tutta la sua multiforme asprezza, di cui ognuna era volta a lavare una forma e un mezzo di peccato.




Terzo: il dominio su se stessi e la sopportazione dell'offesa, carità sublime su tutte, la possono avere unicamente quelli che fanno vita della loro vita la legge di carità che Io avevo bandita. E non bandita solo, ma praticata realmente.

Cosa sia stato per Me aver meco alla mia tavola il mio Traditore, il dovere darmi ad esso, il dovere umiliarmi ad esso, il dovere dividere con esso il calice di rito e posare le labbra là dove egli le aveva posate, e farle posare a mia Madre, voi non potete pensare. 


I vostri medici hanno discusso e discutono sulla mia rapida fine e le dànno origine in una lesione cardiaca dovuta alle percosse della flagellazione. Sì, anche per queste il mio cuore divenne malato. Ma lo era già dalla Cena. Spezzato, spezzato nello sforzo di dover subire al mio fianco il mio Traditore. Ho cominciato a morire allora, fisicamente. Il resto non è stato che aumento della già esistente agonia.

Quanto ho potuto fare l'ho fatto perché ero uno con la Carità. Anche nell'ora in cui Dio-Carità si ritirava da
Me, ho saputo esser carità, perché ero vissuto, nei miei trentatré anni, di carità. Non si può giungere ad una perfezione, quale si richiede per perdonare e sopportare il nostro offensore, se non si ha l'abito della carità. Io l'avevo, e ho potuto perdonare e sopportare questo capolavoro di Offensore che fu Giuda.

Quarto: il Sacramento opera quanto più uno è degno di riceverlo. Se ne è fatto degno con una costante volontà, che spezza la carne e fa signore lo spirito, vincendo le concupiscenze, piegando l'essere alle virtù, tendendolo come arco verso la perfezione delle virtù e soprattutto della carità.

Perché, quando uno ama, tende a far lieto chi ama. Giovanni, che mi amava come nessuno e che era puro, ebbe dal Sacramento il massimo della trasformazione. Cominciò da quel momento ad essere l'aquila, a cui è familiare e facile l'altezza nel Cielo di Dio e l'affissare il Sole eterno. 

Ma guai a chi riceve il Sacramento senza esserne affatto degno, ma anzi avendo accresciuto la sua sempre umana indegnità con le colpe mortali.
Allora esso diviene non germe di preservazione e di vita ma di corruzione e di morte. Morte dello spirito e putrefazione della carne, per cui essa "crepa", come dice Pietro di quella di Giuda. (Atti 1, 18). Non sparge il sangue, liquido sempre vitale e bello nella sua porpora, ma le sue interiora, nere di tutte le libidini, marciume che si riversa fuori dalla carne marcita come da carogna di animale immondo, oggetto di ribrezzo per i passanti.
La morte del profanatore del Sacramento è sempre la morte di un disperato, e perciò non conosce il placido trapasso proprio di chi è in grazia, né l'eroico trapasso della vittima che soffre acutamente ma con lo sguardo fisso al Cielo e l'anima sicura della pace. La morte del disperato è atroce di contorsioni e di terrori, è una
convulsione orrenda dell'anima già ghermita dalla mano di Satana, che la strozza per svellerla dalla carne e che la soffoca col suo nauseabondo fiato.

Questa la differenza fra chi trapassa all'altra vita dopo essersi nutrito in essa di carità, fede, speranza e d'ogni altra virtù e dottrina celeste e del Pane angelico che l'accompagna coi suoi frutti - meglio se con la sua reale presenza - nel viaggio estremo, e chi trapassa dopo una vita di bruto con morte da bruto che la Grazia e il Sacramento non confortano. 

La prima è la serena fine del santo, a cui la morte apre il Regno eterno.
La seconda è la spaventosa caduta del dannato, che si sente precipitare nella morte eterna e conosce in un attimo ciò che ha voluto perdere, né più può riparare. Per uno acquisto, per l'altro spogliamento. Per uno gioia, per l'altro terrore.
Questo è quanto vi date a seconda del vostro credere ed amare, o non credere e deridere il dono mio. questo è l'insegnamento di questa contemplazione».


Refugium est in tribulationibus
Mariae Nomen
omnibus illud invocantibus

lunedì 15 ottobre 2012

*** DOMENICA 21ma dopo Pentecoste. Rito Romano-Tridentino. 21 ottobre 2012: Il perdono e la parabola del servo iniquo.


278. <<...Dimmi se devo perdonare sempre o se un numero di volte. Sette volte, o più ancora, ad esempio?>>



Licenziati dopo il pasto i poveri, Gesù resta cogli apostoli e discepoli nel giardino di Maria di Magdala. 
Vanno a sedersi al limite di esso, proprio vicino alle acque quiete del lago, su cui delle barche veleggiano intente alla pesca.

«Avranno buona pesca», commenta Pietro che osserva. 
«Anche tu avrai buona pesca, Simone di Giona». 
«Io, Signore? Quando? Intendi che io esca a pescare per il cibo di domani? Vado subito e...». 
«Non abbiamo bisogno di cibo in questa casa. La pesca che tu farai sarà in futuro e nel campo spirituale. E con te saranno pescatori ottimi la maggior parte di questi». 
«Non tutti, Maestro?», chiede Matteo. 
«Non tutti. Ma quelli che perseverando diverranno miei sacerdoti avranno buona pesca». 
«Conversioni, eh?», domanda Giacomo di Zebedeo. 
«Conversioni, perdoni, guide a Dio. Oh! tante cose».

«Senti, Maestro. Tu prima hai detto che, se uno non ascolta il fratello neppure alla presenza di testimoni, sia fatto consigliare dalla sinagoga. Ora, se io ho ben capito quanto Tu ci hai detto da quando ci conosciamo, mi pare che la sinagoga sarà sostituita dalla Chiesa, questa cosa che Tu fonderai. Allora, dove andremo per fare consigliare i fratelli zucconi?». 

«Andrete da voi stessi, perché voi sarete la mia Chiesa. Perciò i fedeli verranno a voi, o per consiglio da avere per causa propria, o per consiglio da dare ad altri. Vi dico di più. Non solo potrete consigliare. Ma potrete anche assolvere in mio Nome. Potrete sciogliere dalle catene del peccato e potrete legare due che si amano facendone una carne sola. E quanto avrete fatto sarà valido agli occhi di Dio come fosse Dio stesso che lo avesse fatto. In verità vi dico: quanto avrete legato sulla Terra sarà legato nel Cielo, quanto sarà sciolto da voi sulla Terra sarà sciolto in Cielo. E ancora vi dico, per farvi comprendere la potenza del mio Nome, dell'amore fraterno e della preghiera, che se due miei discepoli, e per tali intendo ora tutti coloro che crederanno nel Cristo, si riuniranno a chiedere qualsiasi giusta cosa in mio Nome, sarà loro concessa dal Padre mio. Perché grande potenza è la preghiera, grande potenza è l'unione fraterna, grandissima, infinita potenza è il mio Nome e la mia presenza fra voi. E dove due o tre saranno adunati in mio Nome, ivi Io sarò in mezzo a loro, e pregherò con loro, e il Padre non negherà a chi con Me prega. Perché molti non ottengono perché pregano soli, o per motivi illeciti, o con orgoglio, o con peccato sul cuore. Fatevi il cuore mondo, onde Io possa essere con voi, e poi pregate e sarete ascoltati»

Pietro è pensieroso. Gesù lo vede e gliene chiede ragione. E Pietro spiega: «Penso a che gran dovere siamo destinati. E ne ho paura. Paura di non sapere fare bene». 
«Infatti Simone di Giona o Giacomo di Alfeo o Filippo e così via non saprebbero fare bene. Ma il sacerdote Pietro, il sacerdote Giacomo, il sacerdote Filippo, o Tommaso, sapranno fare bene perché faranno insieme 
alla divina Sapienza».

«E... quante volte dovremo perdonare ai fratelli? Quante, se peccano contro i sacerdoti; e quante, se peccano contro Dio? Perché, se succederà allora come ora, certo peccheranno contro di noi, visto che peccano contro 
di Te tante e tante volte. Dimmi se devo perdonare sempre o se un numero di volte. Sette volte, o più ancora, ad esempio?». 

«Non ti dico sette, ma settanta volte sette. Un numero senza misura. Perché anche il Padre dei Cieli perdonerà a voi molte volte, un numero grande di volte, a voi che dovreste essere perfetti. E come Egli fa con 
voi, così voi dovete fare, perché voi rappresenterete Dio in Terra. Anzi, sentite. Racconterò una parabola che servirà a tutti».



E Gesù, che era circondato dai soli apostoli in un chioschetto di bossi, si avvia verso i discepoli che sono invece rispettosamente aggruppati su uno spiazzo decorato di una vasca piena di limpide acque. Il sorriso di Gesù è come un segnale di parola. E mentre Lui va col suo passo lento e lungo, per cui percorre molto spazio in pochi momenti, e senza affrettarsi perciò, essi si rallegrano tutti e, come bambini intorno a chi li fa felici, 
si stringono in cerchio. 

Una corona di visi attenti, finché Gesù si mette contro un alto albero e inizia a parlare. 

«Quanto ho detto prima al popolo va perfezionato per voi che siete gli eletti fra esso. Dall'apostolo Simone di Giona mi è stato detto: "Quante volte devo perdonare? A chi? Perché?". Ho risposto a lui in privato ed ora a tutti ripeto la mia risposta in ciò che è giusto voi sappiate sin da ora. Udite quante volte e come e perché va perdonatoPerdonare bisogna come perdona Dio, il quale, se mille volte uno pecca e se ne pente, perdona mille volte. Purché veda che nel colpevole non c'è la volontà del peccato, la ricerca di ciò che fa peccare, ma sibbene il peccato è solo frutto di una debolezza dell'uomo. 
Nel caso di persistenza volontaria nel peccato, non può esservi perdono per le colpe fatte alla Legge. Ma per quanto queste colpe vi danno di 
dolore, a voi, individualmente, perdonate. Perdonate sempre a chi vi fa del male. Perdonate per essere perdonati, perché anche voi avete colpe verso Dio e i fratelli. 

Il perdono apre il Regno dei Cieli tanto al perdonato come al perdonante. 
Esso è simile a questo fatto che avvenne fra un re ed i suoi servi. 
Un re volle fare i conti coi suoi servi. Li chiamò dunque uno dopo l'altro cominciando da quelli che erano i più in alto. Venne uno che gli era debitore di diecimila talenti. Ma il suddito non aveva con che pagare 
l'anticipo che il re gli aveva fatto per potersi costruire case e beni d'ogni genere, perché in verità non aveva, per molti motivi più o meno giusti, con molta solerzia usato della somma ricevuta per questo. Il re-padrone, 
sdegnato della sua infingardia e della mancanza di parola, comandò fosse venduto lui, la moglie, i figli e quanto aveva, finché avesse saldato il suo debito. Ma il servo si gettò ai piedi del re e con pianti e suppliche 
lo pregava: "Lasciami andare. Abbi un poco di pazienza ancora ed io ti renderò tutto quanto ti devo, fino all'ultimo denaro". Il re, impietosito da tanto dolore -  era un re buono - non solo acconsentì a questo ma,
saputo che fra le cause della poca solerzia e del mancato pagamento erano anche delle malattie, giunse a condonargli il debito.

Il suddito se ne andò felice. Uscendo di li, però, trovò sulla sua via un altro suddito, un povero suddito al quale egli aveva prestato cento denari tolti ai diecimila talenti avuti dal re. Persuaso del favore sovrano, si credette tutto lecito e, preso quell'infelice per la gola, gli disse: "Rendimi subito quanto mi devi". Inutilmente l'uomo piangendo si curvò a baciargli i piedi gemendo: "Abbi pietà di me che ho tante disgrazie. Porta un poco di pazienza ancora e ti renderò tutto, fino all'ultimo spicciolo". 
Il servo, spietato, chiamò i militi e fece condurre in prigione l'infelice perché si decidesse a pagarlo, pena la perdita della libertà o anche della vita. La cosa fu risaputa dagli amici del disgraziato i quali, tutti contristati, andarono a riferirlo al re e padrone. Questi, saputa la cosa, ordinò gli fosse tradotto davanti il servitore spietato e, guardandolo severamente, disse: "Servo iniquo, io ti avevo aiutato prima perché tu diventassi misericordioso, perché ti facessi una ricchezza, poi ti ho aiutato ancora col condonarti il debito per il quale tanto ti raccomandavi che io avessi pazienza. Tu non hai avuto pietà di un tuo simile mentre io, re, per te ne avevo avuta tanta. Perché non hai fatto ciò che io ti ho fatto?". E lo consegnò sdegnato ai carcerieri, perché lo tenessero finché avesse tutto pagato, dicendo: "Come non ebbe pietà di uno che ben poco gli doveva, mentre tanta pietà ebbe da me che re sono, così non trovi da me pietà". 
Così pure farà il Padre mio con voi se voi sarete spietati ai fratelli, se voi, avendo avuto tanto da Dio, sarete colpevoli più di quanto non lo è un fedele. Ricordate che in voi è l'obbligo di essere più di ogni altro senza 
colpe. Ricordate che Dio vi anticipa un gran tesoro, ma vuole che gliene rendiate ragione. Ricordate che nessuno come voi deve saper praticare amore e perdono. Non siate servi che per voi molto volete e poi nulla 
date a chi a voi chiede. Come fate, così vi sarà fatto. E vi sarà chiesto anche conto del come fanno gli altri, trascinati al bene o al male dal vostro esempio. Oh! che in verità se sarete santificatori possederete una gloria grandissima nei Cieli! Ma, ugualmente, se sarete pervertitori, o anche solamente infingardi nel santificare, sarete duramente puniti. Io ve lo dico ancora una volta. Se alcuno di voi non si sente di essere vittima della propria missione, se ne vada. Ma non manchi ad essa. E dico: non manchi nelle cose veramente rovinose alla propria e all'altrui formazione. E sappia avere amico Dio, avendo sempre in cuore perdono ai deboli. Allora ecco che ad ognun di voi che sappia perdonare sarà da Dio Padre dato perdono. 

La sosta è finita. Il tempo dei Tabernacoli è prossimo. Quelli ai quali ho parlato in disparte questa mattina, da domani andranno, precedendomi e annunciandomi alle popolazioni. Quelli che restano non si avviliscano. 
Ho trattenuto alcuni di loro per prudenziale motivo, non per spregio di loro. Essi staranno con Me, e presto li manderò come mando i settantadue primi. La messe è molta e gli operai saranno sempre pochi rispetto al 
bisogno. Vi sarà dunque lavoro per tutti. E non basta ancora. Perciò, senza gelosie, pregate il Padrone della messe  che mandi sempre nuovi operai per la sua mietitura. Andate, intanto. Io e gli apostoli abbiamo in questi giorni di sosta completato la vostra istruzione sul lavoro che avete da fare, ripetendo quello che Io dissi prima di mandare i dodici. 

Uno fra voi mi ha chiesto: "Ma come guarirò in tuo Nome?". Curate sempre prima lo spirito. Promettete agli infermi il Regno di Dio se sapranno credere in Me e, vista in essi la fede, comandate al morbo di andarsene, ed esso se ne andrà. E così fate per i malati dello spirito. Accendete per prima cosa la fede. Comunicate con la parola sicura la speranza. Io sopraggiungerò a mettere in essi la divina carità, così come a voi l'ho messa in cuore dopo che in Me avete creduto e nella misericordia avete sperato. E non abbiate paura né degli uomini né del demonio. Non vi faranno male. Le uniche cose di cui dovete temere sono la sensualità, la superbia, l'avarizia. Per esse potrete consegnarvi a Satana e agli uomini-satana, ché ci sono essi pure. 

Andate, dunque, precedendomi per le vie del Giordano. E, giunti a Gerusalemme, andate a raggiungere i pastori nella valle di Betlemme e con essi venite a Me nel posto che sapete, e insieme celebreremo la festa 
santa, tornando poi più corroborati che mai al nostro ministero. 
Andate con pace. Io vi benedico nel Nome santo del Signore».


Gesù, Maria, Vi amo! 
Salvate tutte le anime.