lunedì 19 ottobre 2020

Volate alla Luce

 



   Dice Gesù
   «Ti ho detto1 che i libri della Sapienza vanno sempre letti con riferimenti sopra-umani. 
   Proprio l’opposto di quello che fa il mondo, e la scienza del mondo, la quale non sa elevare sé al livello soprannaturale, ma si sforza di abbassare il soprannaturale delle cose al suo livello terreno In questa maniera, dalle pagine ispirate coglie il senso artistico, sente e nota la poesia e la musica, tutto quanto, insomma, carezza i suoi sentimenti umani, ma non si industria di aprire le porte oltre le quali è rinserrato il suo spirito, che essa umanità nega o dimentica di possedere tanto di esso non si cura.
   E lo spirito, oppresso come schiavo in buia galera, non riceve il riflesso - dico "riflesso" perché il raggio non scende attraverso le strette muraglie della superbia e della lussuria umana - non riceve neppure il riflesso del sole della Sapienza raggiante per tutti e per lui, sepolto nel pozzo oscuro dell’indifferenza al soprannaturale, così lontano; non riceve neppure la più lontana onda di quel riflesso di luce, la più lontana vibrazione di quell’armonia che non è fatta di sole parole ma di significati eccelsi, e sempre più si inebetisce in una segregazione delittuosa.
   Poveri spiriti chiusi in esseri dominati dalla triplice sensualità della carne! Quando una parola soprannaturale valica la loro prigione, come eco venuta da lontano, hanno un soprassalto, e tentano uno sforzo per farsi udire dalla carne che li opprime. Ma sono conati vani di un debole oppresso da un gigante.
   Per intendere la Parola quale essa è, e per rendere lo spirito quale dovrebbe essere: signore della carne e non schiavo, l’umanità dovrebbe mettere la scure al piede di interi boschi, e abbattere gli alberi malvagi, piantati dall’imprudenza di alcuni o dal loro ribelle pensiero e lasciati crescere liberamente, anzi: aiutati nel crescere da altri imprudenti ed altri ribelli alla legge del Signore. Dovrebbe far questo l’umanità e fare luce .Permettere alla Luce di scendere dall’alto dei Cieli sui prati della terra dove, come erba che passa, voi spuntate, fiorite e cadete in breve ora. E beati quelli che fioriscono in maniera da esser degni del trapianto nel mio Paradiso.
  Questi sono coloro per i quali non è spenta e preclusa la luce dello spirito. Sono i forti che sanno resistere alle correnti umane. Sono i fedeli che sanno credere anche contro le asserzioni umane. Sono i sicuri che sanno continuare a sentire il Sole anche oltre le ombre create dall’uomo, e nulla li leva da questa loro certezza. Come ago sensibile di bussola si orientano verso la Luce, come uccelli migratori seguono il loro Sole. Sanno lasciare case e parenti per venire al Sole dell’anima loro.
   E non alludo, Maria, a chi entra in monastero. Vi sono creature che vivendo nella famiglia la "lasciano per amor mio" più che se si mettessero oltre la duplice grata di un monastero. Tu ne sai qualcosa e sai che lacrime costi "seguire Me" contro il volere ostile dei famigliari.
   "Vengono a Me" coloro che contro l’egoismo, lo scherno, l’incredulità dei parenti, sanno seguire il loro Re d’Amore, coloro che non si turbano o raffreddano sotto il quotidiano assalto degli ingiusti commenti e dell’altrui indifferenza religiosa. Ma anzi ne soffrono e si affannano a moltiplicare in loro la Luce per portarla fra mezzo alla loro famiglia oscurata, si esauriscono nel tutelare gli interessi del loro Dio nel seno della prima fra le società umane: la famiglia, e giungono a donarmi la loro vita pur di ottenere la Vita ai morti della loro famiglia: ai morti dello spirito.
   Oh! benedetti, oh! beati, oh! eroici figli miei! So cosa voglia dire andare contro al dolce legame dell’amore e all’aspra catena del pregiudizio famigliare per spezzarli e seguire l’ordine del Signore. So. Ricordo. E premio di premio speciale i nascosti martiri dell’egoismo famigliare e dell’amore famigliare, i santi martiri del mio Amore, prepotente in loro come la morte e struggente come un fuoco.
   La frase del Cantico: "Di notte nel mio letto cercai l’amore dell’anima mia senza trovarlo", va letta soprannaturalmente così:
   Molte volte e per cause diverse viene la notte per l’anima. Le necessità della vita, che voifate di sovente divenire "sollecitudini della vita", creano delle ombre crepuscolari, talora così fonde da esser simili a notte senza stelle. La volontà di Dio, per provare la vostra costanza, suscita talora altre notturne tenebre. Durante queste oscurità "l’amore dell’anima vostra" si ritira.
   L’anima, se non è morta del tutto, ama spontaneamente il suo Creatore Iddio. Anche se voi non ve ne accorgete, questa vostra luce, questa vostra fiamma, nascosta entro le opache barriere della carne, tende con nostalgia al Regno da cui è venuta e sospira all’unione con la sua Origine. Si trova spersa fra estranei l’anima sulla terra e cerca la vicinanza dell’Unico che l’assicura: Iddio.
   Quando per incuria vostra iddio si ritira, poiché avete creato la notte con le vostre sollecitudini umane, l’anima soffre. Avviene in lei come uno sbalordimento iniziale. Ma viene poi il momento che essa si ridesta e allora cerca "l’amore suo" e soffre di sentirlo lontano, e per colpa della sua rilassatezza che ha permesso alla carne di signoreggiare con le sue sollecitudini senza valore.
  Quando invece è iddio che per provare uno spirito si ritira da esso e permette alla notte di avvilupparlo2, allora questo spirito vigile si accorge subito d’esser stato lasciato dal suo Amore e balza in piedi per cercarlo, e non ha pace sinché non lo abbia raggiunto e stretto al cuore.
   Alle sollecitudini della terra, questo spirito che ha compreso la Luce oppone l’unica delle sollecitudini che dovreste avere: "quella della ricerca di Dio". Santa sollecitudine dell’anima innamorata, alla quale corrisponde la divina sollecitudine di Dio innamorato delle anime delle sue creature al punto di dare Se stesso a salvezza loro.
   Sia che abbiate perduto la vicinanza mia per colpa vostra o per volontà mia, sappiate imitare la sposa del Cantico. Sorgete senza indugio, cercate senza stanchezze e senza titubanze, senza timori.
  Se dipende da voi la lontananza, sarebbe vergognoso che non cercaste di farvi perdonare essendo pazienti e insistenti nella ricerca. Se dipende da Dio, sarebbe offensivo che voi mostraste umana impazienza e quasi con questa rimproveraste Dio che è incensurabile.
  
E neppure timori dovete avere. Quando uno cerca Iddio, Iddio, anche se è nascosto, veglia su lui. Perciò nulla di "vero" male può fare il mondo al cercatore di Dio. Anche se infierisce con scherni o con persecuzioni, pensate sempre che ciò sono cose di durata relativa mentre il frutto del vostro amore coraggioso non perisce mai.
 Quando infine le vostre amorose ricerche vi concedono di riunirvi all’amore dell’anima vostra, stringetevi ad esso con abbraccio ogni volta più forte sino a divenire fusione totale e indissolubile fra voi e Lui.
   Vedi, piccola sposa mia, quando si è giunti a questo punto Gesù non si scosta mai. Basta che tu volga lo sguardo dello spirito per vedermi vicino. Proprio come uno sposo innamorato che si aggira nella casa nuziale, e basta che la sposa si volga o si affacci alla porta per vederlo presso a sé o nella stanza vicina.
   Non è dolce tutto ciò? Non ti dà tanta sicurezza? Tanta pace e conforto?
  Ma non è ancora nulla. Quando da questa tua piccola casa e dalla labile dimora di carne dove è rinchiusa, io trarrò la tua anima alle dimore eterne, sarai resa cognita di cosa è la beatitudine dell’amore. La gioia di ora è come goccia di miele paragonata al fiume di dolcezza che riverserò su te.»

 


   Più tardi, lo stesso 14 ottobre.
   
   Dice Gesù:
   «Quando l’amore è divenuto così forte da divenire "fusione", è anche inutile temere delle violenze umane che spezzano la vita o della lunghezza della vita stessa.
   Credi, anima che ascolti, credi che nulla è tanto violento come l’amore e tanto distruggente quanto l’amore. Se anche la spada o le frecce dei tiranni non avessero svenato e trafitto i miei martiri, se il fuoco e la pece non li avessero fusi e inceneriti, se l’acqua non li avesse sommersi o le belve sbranati, sarebbero morti lo stesso, giunti a quel punto di incandescenza d’amore al quale li aveva portati l’amore reciproco fra il cristiano e il Cristo. Più di una spada e di una freccia apre vene e cuore l’amore, più del fuoco e della pece consuma l’amore, più di un’acqua sommerge l’amore e più di una belva affamata aspira a Sé l’Amore.
   Ma questo annichilimento della creatura nell’Amore separa la gemma dal suo involucro, schiude il serrame all’angelo chiuso nella carne, meglio diciamo:
allo spirito, per prevenire le obbiezioni dei cavillatori umani che si perdono ad analizzare le rifiniture e non guardano al nucleo del pensiero. Questo annichilimento libera lo spirito immortale e lo fa nascere ai Cieli che l’hanno atteso e che si aprono al suo entrare e si chiudono dietro a lui, mettendo barriere di pace fra esso e la terra ostile ai santi.
   Per questo vi ho detto: "Non temete di chi può uccidere il vostro corpo" perché l’uccisione del corpo è liberazione dello spirito.
   L’Amore è immolatore come la spada e il fuoco, come l’acqua e le belve. E, ai giorni vostri, in cui non sono le grandi persecuzioni che coronarono di porpora la Chiesa nascente, vi dico in verità che non mancano i martiri ai quali è spada, è fuoco, è belva la fiamma d’amore.
   Quella che voi chiamate "Piccolo fiore"3 non è meno martire di Agnese, perché la lama che bevve la vita dell’una e dell’altra ha in fondo un sol nome: "l’Amore". E nel Cielo il martirio dell’una e dell’altra, sebbene consumato con forma diversa, hanno ugual premio, perché la gloria di Dio fu l’agente che le spinse ad incontrarlo e l’amore delle anime quello che le spinse a chiederlo.
   Ugualmente è inutile temere la lunghezza della separazione. L’amore la abbrevia perché consuma. Non resiste a lungo un essere preso in un vortice di fuoco.
   Il fuoco porta velocemente presso al Fuoco, presso Dio Uno e Trino che è la perfezione dell’Amore, che è l’Amore stesso, e che ad ogni attimo di tempo rinnova e espande il suo ardore che va dal Centro ai Tre e dai Tre all’Unità con ineffabili, e non comprensibili a mente umana, moti di amore, e come onda da chiusa sorgente trabocca poi e si espande sull’Universo e lo abbraccia, lo feconda, lo attira, dà ad esso vita e chiede di ricevere le vite create per portarle a conoscere l’Amore, ossia Se stesso, con la perfezione che non è più delle creature mentre sono separate dal Creatore, ma delle creature quando sono nuovamente raccolte sul seno del Creatore.
   Oh! Luce beatifica, oh! Amore tre volte santo, perché il mio sacrificio di Dio non è stato sufficiente a donarmi tutte le creature? Perché, anzi, il Nemico ha talmente agito sulla debolezza umana da rendere impenetrabile il mio sacrificio nella quasi totalità delle creature?
   Oh! dolore dell’Uomo Dio, di Dio che ha lasciato i superessenziali splendori per venire sulla terra allo scopo di dare ai terreni l’Amore e di portare all’Amore i terreni, e vede che per milioni e milioni di esseri inutilmente il suo olocausto di Dio che lascia i Cieli, e di Uomo che si immola, è stato compiuto!
   Vi allontanate così dal Bene, dall’Amore che è Bene, e morite. Morite dopo che io vi ho dato la Vita. Morite per non saper amare e non volervi lasciare amare da Dio.
   Rimanete fedeli, voi, fra gli uomini infedeli a Gesù Signore e Salvatore vostro, infedeli a Dio Uno e Trino, Padre, Redentore, Amore vostro, voi che avete conosciuto l’amore. Non ve ne staccate mai da questa via sicura il cui termine è nel mio Cuore.
   L’amore non solo sia la guida della vostra vita, ma vi spinga in corsa tanto rapida da esser volo verso di Me. Come farfalla che la luce attira, volate alla Luce. Essa è qui per ricevervi e aumenta i suoi bagliori di gioia perché vi vede fedeli.
   Venite. Salite. Non vi è che Dio che sia gioia per la creatura

 

   1 Ad esempio, nel dettato del 9 luglio, pag. 77.

   2 avvilupparlo è nostra correzione da avviluparlo

   3 S. Teresa di Lisieux.



QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 146     14 ottobre 1943


AMDG et DVM


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