martedì 3 marzo 2020

L’OPERA DI DON GUIDO BORTOLUZZI E LA RIVELAZIONE - 1


L’OPERA DI DON GUIDO BORTOLUZZI 

E LA RIVELAZIONE


L’opera di Don Guido Bortoluzzi

Don Guido Bortoluzzi nasce nel 1907 e muore nel 1991 in provincia di Belluno. Tra il 1968 e il 1974 riceve dal Signore 8 rivelazioni sulle origini della Terra e dell’Uomo. La sua totale mancanza di malizia gli permette di assistere ad episodi che avrebbero imbarazzato chiunque ma che, visti attraverso i suoi occhi candidi, appaiono semplicemente realisti senza ombra di morbosità.
Questo suo atteggiamento interiore ha permesso al Signore di poter trattare argomenti forti senza reticenze o giri di parole. Come in altre apparizioni, tipo quelle avvenute a La Salette, a Lourdes, a Fatima, il Signore ha scelto come suo testimone un’anima pulita, aperta all’Amore di Dio e senza pregiudizi. Il contrasto fra la semplicità dello ‘strumento’ e la grandezza del messaggio fa pensare che la fonte dei contenuti può essere soltanto Dio.
Il Signore non ha scelto né un teologo, né uno scienziato perché, come dice il Vangelo, non si mette vino nuovo in otri vecchi – ossia in uomini già soddisfatti del loro sapere e inamovibili nelle loro teorie – senza che si perdano entrambi…

La Rivelazione

“Quando il Signore si degnerà di manifestare ad uno di voi -guardando diritto il chierico Guido- il mistero del peccato originale, ringraziatelo, perché solo per mezzo della conoscenza della vera essenza del peccato originale potranno essere compresi il mistero e l’economia della Redenzione”.
(Frase tratta da un discorso di monsignor Gaetano Masi, padre spirituale di don Guido quand’era in seminario).
Don Guido Bortoluzzi, nato a Puos d’Alpago, in provincia di Belluno, nel 1907, frequentò dapprima il seminario di Feltre dove c’erano le classi inferiori. Lì vi andò a far visita don Giovanni Calabria (ora santo) che vedendo Guido gli predisse davanti al rettore e a tutta la classe che da anziano avrebbe avuto delle importanti rivelazioni sulla Genesi. Trasferitosi per le classi superiori al seminario di Belluno gli fu predetto dal peruviano servo del Signore padre Matteo Crawly la stessa cosa, anticipando in quell’occasione anche al giovane Albino Luciani (Giovanni Paolo I) che sarebbe arrivato ai più alti gradi della carriera ecclesiastica, ma che sarebbe durato poco. Alla vigilia della sua ordinazione il suo padre spirituale, monsignor Gaetano Masi, gli raccomandò, quando il Signore gli avesse rivelato il mistero del peccato originale, di ringraziarlo a nome di tutti gli uomini perché “solo per mezzo della conoscenza della vera essenza del peccato originale avrebbero potuto essere compresi il mistero e l’economia della Redenzione”. Divenuto sacerdote ricevette la visita in bilocazione di Teresa Neumann che, dopo avergli predetto le stesse cose, gli raccomandò di scrivere tutto ciò che il Signore gli avrebbe rivelato e gli predisse pure che avrebbe avuto molto da soffrire. Don Guido “vide” inoltre, fin nei minimi particolari e con 18 anni di anticipo, la catastrofe del Vajont. Avvertì la popolazione e i superiori, ma non fu creduto. Morì nel 1991.
Questo testo è tratto da “La Genesi Svelata”, che è un compendio, integrato con immagini, della GENESI BIBLICA, volume di 400 pagine con illustrazioni e foto, contenente le otto rivelazioni integrali ricevute da don Guido, e curato da Renza Giacobbi.
Per informazioni sui libri, andare alla pagina Libri & eBooks

Introduzione

La Genesi ci incuriosisce e perciò attira. Attira perché ci parla delle origini del creato e dell’uomo. Attira perché abbiamo in noi il desiderio di conoscere. Ma proprio perché ci aspettiamo di trovare la risposta alle nostre domande, restiamo delusi davanti a frasi che ai nostri occhi sembrano favole o miti di origine pagana. Come possiamo credere che un serpente parli, che una mela sia avvelenata in un paradiso dove tutto dovrebbe essere buono, che ci sia un albero della conoscenza del bene e del male, o che l’uomo sia stato fatto da Dio con il fango della terra?
Così, dopo aver letto a fatica i primi capitoli della Genesi, riponiamo la Bibbia perché non ci ha aiutato a conoscere la vita. Le domande esistenziali continuano a pungere: perché c’è la sofferenza se Dio è buono e la Bibbia dice che Dio ha fatto bene tutte le cose? Capiamo che c’è qualcosa che non va! Ma cosa?
La verità è che la Genesi è un libro ermetico: per leggerla e capirla ci vuole la chiave, e questa chiave l’ha sempre tenuta in mano il Signore fino a pochi anni fa, cioè fino a quando ha ritenuto che gli uomini fossero diventati abbastanza istruiti, soprattutto in campo genetico, da comprendere alcuni processi importanti. Solo allora i tempi sono diventati maturi perché il Signore potesse spiegarci i punti oscuri della Genesi. Così ci ha aperto le porte della conoscenza. Ci ha spiegato il senso di molte metafore che avevano sviato la nostra interpretazione ed erano diventate un inciampo alla nostra comprensione. Perciò quelli che un tempo erano ritenuti misteri oggi non lo sono più. I fatti narrati a don Guido sono fatti reali e si possono leggere alla luce del sole.
La fede trova finalmente la sua conferma nella scienza e la scienza non ha più necessità di andare a tentoni. La fede, che è conoscenza e accettazione della Verità, dà un senso alla vita e alle scoperte della scienza, indicando loro la traccia da seguire affinché la vita diventi veramente migliore.

Il Signore si fa presente a don Guido

La notte della festa di Maria Assunta del 1972, la Madonna, dopo aver svegliato don Guido inviandogli un Angelo, lo invita a prendere in mano la Bibbia perché il Signore intende rivelargli i passi oscuri della Genesi.
Don Guido a quel tempo era anziano, ma ricordava che già nel seminario di Feltre gli era stato profetizzato sia da san Giovanni Calabria, sia dal servo di Dio padre Matteo Crawley, sia da monsignor Gaetano Masi, sia da Teresa Neumann che il Signore aveva riservato per lui, quando fosse arrivato in tarda età, delle rivelazioni importanti per l’intero genere umano. Ricordava anche che in quell’occasione padre Crawley aveva profetizzato anche a un altro seminarista, l’alunno Albino Luciani, che sarebbe salito ai più alti livelli della gerarchia ecclesiastica, cosa che poi si realizzò quando fu eletto papa prendendo il nome di Giovanni Paolo I.
Ad quel punto un forte tuono, un terremoto, un vento impetuoso e una diffusa luce, rosea e lattiginosa, invadono la stanza. Nel contempo la Voce del Signore si manifesta e si autoproclama “IO SONO”. Questi fatti scuotono e impressionano l’anziano sacerdote, ma il Signore lo tranquillizza e gli ingiunge di adeguarsi perché questa è la Sua Volontà.
Come per un prodigio si apre nell’aria, inizialmente nel suo studio poi nella sua stanza da pranzo, una virtuale finestra che lascia scorgere un bellissimo paesaggio ricco di vegetazione nel pieno sole di una giornata estiva.
Per la luce rosea e lattiginosa diffusa nella sua stanza, don Guido ora stenta a vedere i mobili, ma distingue nettamente ciò che si avvicenda nel virtuale schermo. Sorpreso, ma avvinto dallo sconcertante spettacolo, si accomoda e inizia a guardare. Vedrà così in questa rivelazione, e in altre sette in tempi successivi, le scene della creazione del cosmo, della terra, della luna, dell’Uomo e della Donna, dapprima neonata, poi bambina e infine adulta quando diventerà madre di Abele e di Set e, per finire, assisterà al peccato originale, alla morte di Abele per mano di Caino e alla ribellione di Adamo che non accettò questa morte violenta e prematura.

L’Alfa e le sei fasi della creazione

Lo schermo virtuale ora si fa tutto nero, mentre in alto a sinistra si staglia una grande A, luminosa di luce propria, simbolo di Dio Creatore, seguita da sei puntini illuminati di luce riflessa: i sei giorni, o fasi, della creazione. ‘In principio’, prima di quei puntini, c’era il nulla infinito, buio, freddo, silenzioso, impenetrabile alla luce, al calore, al suono. Solo Dio esisteva, da sempre, Pensiero Puro, inimmaginabile.
Il Signore soggiunge: “Alfa”. Don Guido affrettatamente aggiunge: “Et Omega”. Il Signore precisa: “Distingui i due concetti: l’Alfa è l’Eterno, l’Onnipotente, l’Assoluto, il Necessario ed è da sempre; l’Omega è l’Uomo e con lui la Donna, Suo ultimo capolavoro”.
Don Guido interpreta così i sei puntini, simbolo della creazione: nel primo giorno appaiono, virtualmente, le particelle subatomiche, chiamate ‘luce’ nella Genesi e dette da noi ‘energia’, che supportano la creazione del tempo e dello spazio. Queste particelle escono come un flusso di scintille dal palmo di una mano aperta, rosea e trasparente, simbolo dell’azione creatrice di Dio. Esse determinano le condizioni perché la creazione possa sussistere.
Nel secondo giorno avviene la trasformazione dell’energia in materia, da noi chiamata ‘big bang’, che parte dall’atomo fino a comprendere il cosmo.
Nel terzo giorno c’è la formazione del sistema solare, quindi anche della terra.
Nel quarto giorno la nascita della luna.
Dopo un breve intervallo appaiono i due ultimi puntini. Nel quinto giorno il sorgere della ‘vita’ vegetale e animale raggruppate in un sol puntino. Nel sesto giorno la creazione dell’Uomo e della Donna che, a differenza di tutti gli esseri della natura, sono dotati dello Spirito di Dio. Don Guido riflette: l’Uomo non può essere fine a se stesso, sarebbe troppo infelice. È stato creato per amore, dunque è destinato alla felicità. E Dio ne vuole quanti più possibile partecipi alla Sua felicità. L’Uomo deve metterci il suo impegno, con l’aiuto di Dio.

L’universo e l’impatto fra un astro e una cometa

Immagine in alto della pagina attigua. Da un puntino centrale bianco e luminoso si dipartono altri puntini uguali che, roteando attorno al centro, si allontanano a spirale. Quei puntini, rimanendo in ordine fra loro come i raggi di una sfera, si moltiplicano e proseguono la loro traiettoria ingrandendosi progressivamente in infiniti globi. Ogni globo, raggiunta una certa grandezza, si sdoppia in due uguali che, girando, si ingrandiscono per poi dividersi a loro volta in ragione geometrica. Era come se si nutrissero dell’ambiente. Parevano fuochi d’artificio. Sembrerebbe la descrizione del big bang al rallentatore. Fine del secondo giorno.
Immagine in basso nella stessa pagina. Un globo bianco, grande come un pompelmo, passa in primo piano quando sopraggiunge un altro globo, luminoso, rosso e scintillante, seguito da una scia luminosa e bianca. Quando quest’ultimo raggiunge di striscio il primo, entrambi i globi spariscono dentro un polverone nero che si diffonde nel cielo nascondendo le altre stelle.
Don Guido esclama: “Uno sbaglio di traiettoria?”.
La Madonna gli risponde: “Dio Creatore sa quello che fa!”.
Don Guido riflette: allora non si tratta di un fatto casuale! Era preordinato! Non c’è evoluzione casuale neanche in cielo!
Da questo impatto nascerà il sistema solare: il sole con tutti i suoi pianeti. In quel nuvolone ci sono tutti gli elementi naturali semplici di cui essi sono formati. I più radioattivi e i più pesanti si attraggono per primi fra loro formando i nuclei centrali del sole e dei pianeti.
Poi i frammenti, riunendosi attorno ai nuclei, aumentano l’iniziale forza di attrazione di ciascuno, attirando successivamente su di loro le polveri più sottili che, come in tanti gomitoli, si depositano sulle loro superfici fino a formare delle sfere, i pianeti. Fine del terzo giorno.

La nascita della terra

Sul virtuale quadro visivo cambia la scena. Sullo sfondo di un cielo stellato appare la terra. È arida, senz’acqua e la vegetazione non c’è ancora. Facendo giri su giri di circonvoluzione e di rotazione, il nucleo, coprendosi di detriti e di polveri, si era ingrossato formando i tanti strati rocciosi sovrapposti che compongono la crosta terrestre. La polvere di calcio, di silicio, di magnesio, riscaldata dalla combustione interna, si era cementata formando le rocce senza fossili che avvolgono la terra.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la forma iniziale della terra non era sferica, ma a pera, perché il suo nucleo non era situato al centro ma leggermente spostato nell’emisfero meridionale. Il calore del nucleo, che insisteva verso sud, aveva dilatato la superficie dell’emisfero meridionale dando alla terra, per l’appunto, l’aspetto di una pera. La crosta terrestre era ancora uniforme, senza avvallamenti e senza rilievi.
Il polo nord aveva una piccola calotta di ghiaccio che scintillava al sole e due nuvolette semicircolari che denotavano già la presenza di vapore acqueo. Anche al polo sud vi era una calotta liscia e uniforme di ghiaccio, ma meno estesa. Non vi appariva invece alcuna nuvoletta in simmetria con quelle del polo nord.

La nascita della luna

All’improvviso la terra comincia a tremare. Un nuvolone nero, gigantesco, si solleva all’orizzonte opposto alla visuale di don Guido: la terra era esplosa nella parte che ora è occupata dall’Oceano Pacifico, proiettando nel cielo nero un’enorme quantità di materiale incandescente che usciva con violenza dal virtuale schermo visivo di don Guido. Mentre l’enorme voragine lasciata dal materiale fuoruscito risucchiava immense porzioni di crosta terrestre, anche al di qua del globo, cioè nel lato visibile a don Guido, la crosta terrestre si era spaccata lungo l’odierna Dorsale Atlantica. Grandi screpolature apparivano sulla crosta rocciosa, dalle quali uscivano altre grandi emissioni di fumo nero.
La screpolatura più ampia fende in modo deciso e repentino la terra da nord a sud con una fenditura a forma di S. Erano i continenti americani che si stavano separando velocemente dall’Africa e dall’Europa, formando il bacino dove più tardi, con la presenza dell’acqua, sarebbe comparso l’Oceano Atlantico.
Frattanto, al di sopra dello spesso nuvolone prodotto dall’esplosione, continuano ad alzarsi molti immensi blocchi di pietra, più veloci del fumo nero che già proiettava ombra su tutto il globo.
La parte centrale del fiotto, composto da blocchi immensi, inimmaginabili di crosta terrestre, salita ad un’altezza tale da uscire dallo schermo virtuale, sparisce senza ricaduta. Inizia così la formazione della luna. Attraendosi tra loro, questi blocchi, girando intorno alla terra e intorno al proprio asse, formeranno un nucleo centrale attorno al quale altri massi di minor dimensione si sistemeranno fino a formare il satellite che noi conosciamo.
Solo gli spezzoni periferici, proiettati dall’immenso cratere e rimasti dentro la zona di attrazione della terra, dopo aver compiuta una traiettoria nel cielo ricaddero sulla terra che nel frattempo si era girata e che, per il contraccolpo, aveva inclinato il suo asse. Questa è l’origine delle grandi montagne monolitiche ancor prive di fossili. Fine del quarto giorno.
La luna, la cui origine è stata a lungo discussa, presenta gli stessi elementi della terra perché è figlia della terra. La diversa concentrazione di minerali sulla luna dipende solo dalle profondità della terra dalle quali essi sono partiti.
Cambia la scena. Ora la terra è tutta coperta di vegetazione e gli oceani e i mari blu scintillano al sole. All’improvviso la terra inizia nuovamente a tremare. Una seconda esplosione, avvenuta nel medesimo posto della prima perché lì la crosta terrestre era rimasta più sottile e più fragile, proietta nel cielo altri enormi spezzoni di crosta terrestre che però, dopo un’immensa parabola, ricadono sulla terra che nel frattempo si era girata. La caduta di questi giganteschi blocchi solidi formerà molte altre grandi montagne che questa volta saranno ricche di fossili perché partite da spiagge oceaniche già ricche di molluschi. Altri blocchi di crosta terrestre ricoperti invece da folte foreste formeranno giacimenti di petrolio per la loro combustione nel rientro nell’atmosfera, rallentata dal materiale che vi si è sovrapposto.

La creazione mediata

Tutte le specie, quella umana compresa, sono state create non adulte, ma in seme, cioè come prima cellula del primo e poi del secondo esemplare. Questa è stata la regola con cui il Signore ha creato ogni specie di esseri viventi. Perciò è sempre stato necessario disporre, ancor prima, di un luogo dove poter far germogliare queste cellule e far crescere il feto fino alla nascita. Per ottenere questo risultato il Signore si è sempre servito dell’utero di una femmina di una specie già esistente, la più somigliante a quella che voleva innestare, e questa femmina fu usata come ‘incubatrice biologica’.
La prassi richiedeva due passaggi, prima creando lo zigote, cioè il gamete femminile e quello maschile insieme, del primo esemplare della nuova specie; poi creando solo il gamete che fecondasse il gamete che questo nuovo esemplare avrebbe prodotto naturalmente appena raggiunta la maturità sessuale. Nessun gene della femmina usata come ‘incubatrice biologica’ passò mai al feto della nuova specie, ma passò solo il nutrimento. Questo concetto è assai importante. Quindi Dio ha sempre usato la creazione diretta per ogni specie. Una volta creati i primi due esemplari la specie era fatta e doveva moltiplicarsi secondo la propria specie. Come conseguenza logica nelle prime generazioni era necessario l’incesto per mantenere intatti i caratteri della specie. Quinto giorno.
Mentre per tutti gli animali Dio creò sempre prima la femmina e poi il maschio, per la specie umana creò prima il maschio Adamo, perché proteggesse la Donna nella sua tenera età: una premurosa attenzione di Dio.
Anche per la creazione del primo Uomo e della prima Donna c’era dunque bisogno di una ‘incubatrice biologica’. E perché la loro prima cellula potesse sopravvivere e alimentarsi, il Signore ha usato come incubatrice l’utero di una femmina di una specie già esistente, una specie intermedia fra le scimmie e l’Uomo. Gli appartenenti a questa specie intermedia il Signore li chiamò “ancestri”. Non erano dunque uomini, ma animali a stazione eretta, più intelligenti del cane, ma pur sempre animali, e senza l’uso della parola.
L’aspetto degli ancestri era alquanto sgraziato. Erano alti circa un metro e dieci i maschi, le femmine un metro. Camminavano su due gambe cortissime tali da parer in ginocchio; erano pelosi d’un pelo scuro e arruffato su una pelle color rame brunito. Avevano un muso piatto con bocca larga fino quasi agli orecchi, labbra sottili, canini più lunghi degli altri denti, cranio schiacciato, ed erano senza naso con le fosse nasali scoperte. I maschi avevano orecchi lunghi, appuntiti e verticali che sporgevano 5/6 cm sopra il capo, mentre le femmine avevano orecchi orizzontali e penzolanti come quelli delle pecore. Avevano piedi larghi e tozzi e braccia lunghissime fino a metà del polpaccio. Le mani erano lunghe con il pollice opponibile e unghie robuste e ricurve. Avevano secondo don Guido 48 cromosomi come le scimmie perché erano geneticamente incompatibili con l’Uomo. Erano stati voluti da Dio per essere d’ausilio all’Uomo nelle fatiche dei campi, nel trasporto di pietre o in qualunque altro compito che richiedesse anche un po’ d’ingegno. Questa specie allo stato puro ora è scomparsa perché vive fusa nell’uomo.
La femmina ancestre predisposta dal Signore per essere l’incubatrice della prima coppia umana era eccezionalmente giallastra e senza pelo, forse per agevolare l’allattamento. Perciò appariva meno brutta delle altre femmine della sua specie. Aveva il tronco di una donna, ma la testa e gli arti erano simili a quelli delle sue sorelle ancestri, esclusa la mancanza di pelo.
Aveva eccezionalmente 47 cromosomi (uno in meno degli individui della sua specie e uno in più della specie umana), creata da Dio con geni compatibili con il DNA umano, cosa necessaria per evitare il rigetto di un feto umano durante la gestazione. Questa particolarità, come si vedrà, la rendeva idonea a concepire sia dall’Uomo che dal maschio della sua specie. Ed è su di lei che don Guido vide scendere dall’alto, come un puntino illuminato, lo zigote, ossia la prima cellula completa che diede origine al primo Uomo.
Quel puntino bianco era illuminato, non luminoso. Ciò significa che non aveva luce propria, ma che prendeva luce da una sorgente esterna, cioè da Dio. Tuttavia era illuminato, e non semplicemente colorato, per farci comprendere che aveva una Vita non solo fisica, ma anche spirituale: c’era in quel puntino anche lo Spirito di Dio.
Mentre tutti gli animali hanno solo un corpo fisico ed una psiche, sia pur molto semplice, l’Uomo e la Donna originari e perfetti, e i loro discendenti legittimi che la Genesi chiama ‘i Figli di Dio’, avevano anche lo Spirito di Dio: erano cioè trinitari, composti di corpo, anima e Spirito. Erano, a tutti gli effetti, Suoi Figli legittimi. I loro requisiti rispecchiavano ogni perfezione. Il loro aspetto era maestoso. Alti due metri e mezzo gli Uomini e poco meno le Donne, erano bellissimi, iperdotati nel fisico e nella psiche. Avevano tutti i doni preternaturali e soprannaturali, un’intelligenza elevatissima e un perfetto controllo della loro volontà. Erano perciò idonei a ricevere e trattenere lo Spirito di Dio. Lo Spirito di Dio nell’Uomo è una particella di Dio stesso, dello stesso Dio che ha creato tutto ciò che esiste. Quindi l’Uomo originario e perfetto portava in sé una scintilla di Vita divina.
Tutto il creato è immerso in Dio, ma nei Suoi Figli Dio era presente in modo speciale, era presente con una parte di Se stesso: con il Suo stesso Spirito. Questo non era avvenuto prima in nessun altro essere della natura: avvenne solo nell’Uomo e nella Donna originari e perfetti e nei loro discendenti legittimi. In altre parole, Dio ha donato loro un frammento della Sua stessa Vita divina. Perciò i Figli di Dio, avendo per loro costituzione lo Spirito di Dio, sotto questo aspetto erano divini.
È bene che approfondiamo cosa intendiamo per Spirito. Lo Spirito è come l’Anima dell’anima.
E allora, che cos’è l’anima? L’anima è la parte invisibile che si eredita, per via genetica, dai genitori. Per esempio, un figlio non eredita dai genitori solo il colore degli occhi o dei capelli, la statura, la carnagione, i lineamenti, ma eredita anche certe doti o alcuni difetti. Può ereditare il senso musicale, la manualità o la predisposizione alle attività artistiche; può ereditare la sensibilità o la mancanza di sensibilità; può ereditare il carattere; può ereditare dei gusti o un aspetto dell’intelligenza piuttosto che un altro. Perché ci sono varie forme d’intelligenza e non è detto che chi ne possiede una ne possieda anche un’altra. Tutte queste qualità che non sono fisiche, ma che tuttavia si trasmettono per via genetica, fanno parte dell’anima che gli antichi greci chiamavano ‘psiche’. Anche gli animali hanno una loro psiche, quindi hanno un’anima animale.
Lo Spirito invece è tutt’altra cosa. Non si trasmette per via genetica, ma viene generato dall’Alto, direttamente da Dio. Per gli originari Figli di Dio lo Spirito entrava nell’Uomo nell’attimo del concepimento; invece noi, figli degli uomini che abbiamo perso la perfezione iniziale con il peccato d’origine e con essa lo Spirito (Gn 6,3), lo riacquistiamo nel momento in cui diventiamo figli ‘adottivi’ di Dio in Gesù con il Battesimo. È Gesù che ci genera in Spirito quali figli adottivi del Padre. Se volessimo raffigurare l’anima e lo Spirito, potremmo dire che l’anima è la coppa dentro la quale Dio versa il Suo Spirito.
Il Signore, esauriente come sempre nelle Sue spiegazioni, ci ha dato anche le coordinate del luogo dove la prima famiglia umana è stata creata. Zoomando l’emisfero settentrionale con cerchi concentrici, Egli ridusse a don Guido la visuale ad un punto: il luogo dove oggi sorge Mossul, presso l’antica Ninive (nell’Iraq settentrionale), terra a quel tempo lussureggiante, con foreste, ampie e rigogliose praterie con messi spontanee e frequenti corsi d’acqua.

La femmina ancestre partorisce la prima Donna

Ritorniamo alla femmina ancestre che ha ricevuto nel suo utero, da Dio, la prima cellula del primo Uomo unita allo Spirito. Dopo aver partorito il primo Uomo, questa femmina partorisce, 15 anni più tardi, anche la prima Donna. Dio dunque attese che l’Uomo avesse superato la pubertà perché voleva che ne fosse il padre. Voleva che Adamo fosse il capostipite dell’intera umanità, quindi anche della prima Donna.
Ma non è tutto: la Donna fu concepita anche dall’ovulo che il Signore stesso aveva predisposto nell’utero di quella stessa femmina ancestre. Mentre Dio era intervenuto nel concepimento dell’Uomo con la creazione di entrambi i gameti, in quello della Donna Dio era intervenuto creando solo il gamete femminile, l’ovulo. Con questo atto si completa il sesto giorno.
La Bibbia dice che la Donna fu plasmata dalla costola di Adamo. Questo è un eufemismo per dire che fu concepita dal seme di Adamo, nel sonno, come dice la Bibbia, perché lui non se ne accorgesse. Il motivo di quel sonno era dovuto non solo ad una delicatezza di Dio nei confronti del giovane Uomo, ma anche ad una precauzione perché la cosa non doveva ripetersi. Perciò al tempo del concepimento della prima Donna, Adamo non aveva compreso quanto era accaduto. Lo capirà alla nascita della bambina.
Siamo nella piana ai piedi del promontorio sul quale si trova l’abitazione del giovane Uomo. La puerpera è semiseduta mentre la sua vecchia madre ancestre, che le ha fatto da levatrice, porge al giovane padre la neonata. Ma ora, vista la sua somiglianza con la piccina, si rende conto di esserne il papà e solleva la neonata al cielo come per dire a Dio che quella era sua figlia, che era sua proprietà. Un gesto non di amore o di riconoscenza, come tutti avremmo pensato, ma di arroganza e di superbia. La frase biblica che gli viene attribuita “Questa è carne della mia carne e ossa delle mie ossa” non è un atto di ringraziamento a Dio, bensì la rivendicazione di ciò che ritiene esclusivamente suo. È da quel momento che nasce in Adamo la tentazione di avere dalla stessa femmina ancestre altri figli altrettanto belli che siano totalmente suoi, escludendo Dio. Crede di aver carpito a Dio il segreto della vita. Non sa che in quel concepimento Dio era intervenuto creando un ovulo della specie umana perfetta. Pensa che solo il padre dia origine alla nuova creatura, come il seme che germoglia nel solco della terra. Perciò non crede al Signore che gli raccomanda di non toccare, né mangiare, ovvero ‘conoscere’ (perché ‘mangiare’ o ‘conoscere’ in senso biblico significa ‘avere rapporti generativi’) mai più quella femmina, perché senza l’intervento di Dio ne sarebbe derivata la morte, ossia l’estinzione della sua specie perfetta. La prima caduta di Adamo è quella di non essersi fidato di Dio!
La Bibbia dice che due erano gli alberi in mezzo al giardino, ossia in evidenza, nel paradiso terrestre: “l’Albero della Vita” e “l’albero della conoscenza del bene e del male”. Sono due espressioni metaforiche. Per albero si intende ‘albero genealogico’. Poiché la femmina ancestre poteva dare sia frutti buoni (del bene), perché aveva partorito con l’intervento di Dio i primi due Figli di Dio, sia frutti cattivi (del male), poiché partorirà Caino concepito senza l’intervento di Dio, è lei per Adamo l’albero della conoscenza del bene e del male. Infatti Adamo, diffidente verso Dio pensando che fosse un Dio geloso della sua capacità procreativa, attuerà ugualmente il suo piano disobbediente mirato a generare da quella femmina ancestre degli altri figli, tutti suoi, escludendo di proposito Dio. Non sapeva che Dio aveva posto nell’utero di quella femmina ancestre i gameti necessari al concepimento sia suo che della neonata e che Dio aveva così terminato la Sua opera creatrice. In quelle due occasioni, infatti, nessun gene era passato da quella femmina ancestre ai feti, solo il nutrimento. Ma senza l’intervento di Dio un nuovo concepimento avrebbe dato come esito un figlio ibrido. Così quella femmina ancestre che aveva partorito ‘in bene’ prima lui e poi la Donna, genererà ad Adamo ‘in male’ un frutto cattivo, cioè ibrido: Caino. Ecco cosa significa ‘albero della conoscenza del bene e del male’. Perciò il Signore gli aveva ordinato ‘di non mangiare’ di quell’albero.
Ora che abbiamo visto che cos’era il secondo albero, vediamo cosa significa ‘Albero della Vita’. Per ‘Vita’ si intende la Vita spirituale, non quella fisica. Infatti la creazione dell’Uomo, e con lui della Donna, ha portato una novità assoluta sul pianeta terra: la presenza dello Spirito di Dio nei Figli di Dio. Questi ultimi, e i loro discendenti legittimi, appartenevano all’Albero della Vita.
Anche i Figli di Dio morivano fisicamente, perché chi nasce muore, diceva don Guido, cioè passa dall’altra parte della vita. Ma in questo episodio della Genesi e in molti altri passi della Bibbia l’espressione ‘morte’ ha un significato spirituale: è spiritualmente morto chi non possiede lo Spirito di Dio.
I Figli di Dio dopo la morte fisica erano destinati a salire al cielo in Spirito, anima e corpo, sebbene in altra dimensione, come la Vergine Maria che sperimentò la dormizione; i disobbedienti, invece, dopo la morte fisica dovevano affrontare la loro purificazione.

Adamo coglie un favo di miele

La Bibbia dice che l’Uomo avrebbe dovuto “lasciare suo padre e sua madre”, ossia il branco degli ancestri nel quale era stato allevato, per formare con la neonata, una volta cresciuta, una sola carne, ossia la nuova specie, quella umana. È un altro eufemismo per dire che l’Uomo avrebbe dovuto tener lontana la femmina ancestre dalla sua abitazione allo scopo di evitare l’occasione di lasciarsi sedurre dalla tentazione, ossia di illudersi di avere da quella femmina altri figli simili a sé. Infatti, con la nascita della bambina, l’opera creatrice di Dio era finita e Dio non sarebbe più intervenuto, avendo raggiunto il Suo scopo: la creazione dei capostipiti della specie umana perfetta. L’espressione della Bibbia ‘nel settimo giorno Dio si riposò’ è un altro eufemismo perché Dio non si stanca quando crea: vuol dire che dopo la nascita della prima Donna Dio si astenne dal creare altre nuove specie superiori a quella umana.
Riconsegnata la neonata alla femmina ancestre, ‘incubatrice biologica’ della piccina, Adamo si allontana per cogliere un favo di miele da portarle in dono. Il suo intento era di distrarla in modo da portarle via la bambina. È probabile che questo sia stato un comando di Dio per evitare un’inopportuna convivenza. Al latte poteva supplire con quello di altri animali domestici.
La scena della raccolta del favo è significativa: a quegli strappi uno sciame di api lo assale e lo punge ovunque. Le smorfie sul suo volto rivelano che egli sente dolore. Il viso gli diventa arrossato e tumefatto. Dunque i dolori fisici c’erano già prima del peccato originale. Infatti non è a quelli che si riferisce la Genesi quando parla dei dolori che avrebbero raggiunto l’umanità a causa della disobbedienza. Certi dolori, come quelli legati a lesioni o a ustioni, sono cautelativi perché impediscono che uno si ferisca o si bruci senza accorgersene. I dolori a cui si riferisce la Bibbia sono invece quelli dovuti alle malattie genetiche derivate dal compenetrarsi di cromosomi delle due specie, cioè alle malattie fisiche e psichiche conseguenti al peccato originale che accadrà tra poco, oltre all’abbassamento del quoziente intellettivo.

La femmina ancestre mangia il favo che le è stato donato

Adamo consegna il favo di miele alla femmina ancestre che, addentandone e strappandone un grosso boccone, dimostra di averlo molto gradito. Dalla sua larga bocca cadono molti fili di miele vischioso e trasparente. Masticava molto volentieri, ma non era bella a vedersi. Aveva il palato piatto e le labbra sottili e larghe fino alla radice delle mascelle. I capelli erano castano scuro e opachi, corti a caschetto: evidentemente non le crescevano più di così. Le orecchie larghe e sporgenti erano ripiegate verso la punta e le uscivano dai capelli. Aveva la carnagione giallastra e le lunghe dita terminavano in unghie robuste e adunche. Era glabra, con poco pelo solo all’inizio degli arti, a differenza delle sue sorelle di pelle rosso-rame e interamente coperte di pelo arruffato e scuro. Le gambe erano cortissime: un terzo della sua statura, mentre le lunghe braccia le arrivavano a metà polpaccio.
Tuttavia aveva dimostrato uno spiccato senso materno se aveva nutrito e allevato l’Uomo nei suoi primi anni di vita. Non aveva l’uso della parola, ma emetteva suoni scomposti accompagnati da vibrazioni della lunga lingua che allungava in modo sgraziato. I suoi denti erano bianchi e ben allineati, ma i canini erano più lunghi degli incisivi e dei molari.
La fronte era bassa, il mento sfuggente, gli occhi sporgenti e il capo schiacciato. Il suo viso piatto con le narici scoperte le dava un aspetto sinistro che ricordava vagamente quello di un serpente. Perciò Mosè con non poca ironia la soprannominò ‘serpente’, anche perché era effettivamente l’animale più intelligente e astuto di tutti quelli presenti in quel luogo. Comunicava solo con il suo atteggiamento e con il suono della voce perché non aveva l’uso della parola.
Lo stratagemma del favo ha funzionato, e mentre essa avida era intenta a mangiare il miele, il giovane padre le porta via la figlioletta. Egli sa che avrebbe potuto nutrirla ugualmente con il latte di cangura, perché i canguri a quei tempi erano presenti in quel sito ed erano addomesticati.
Così, approfittando della sua distrazione, le sottrae la neonata e s’incammina, poi corre per il viottolo che sale lungo il lato scosceso della collina verso la propria abitazione.
A quel punto la femmina scatta in piedi furiosa. Gli occhi grossi sembrano uscirle dalle orbite. Le labbra tirate mostrano tutte intere le due file di denti fino alla radice delle mascelle. La lingua appuntita e la gola vibrano. Urla. Anche gli enormi orecchi vibrano fuori dalla cortina di capelli disordinati.

Colluttazione fra la femmina ancestre e Adamo

Infuriata per essersi lasciata rapire la sua creatura, la femmina pone la mano sinistra a terra e, servendosi del lungo braccio come fosse una pertica, spicca un salto dopo l’altro agilmente, sale anch’essa per il sentiero, raggiunge il giovane Uomo e lo assale presso un passo pericoloso. Egli tiene alta la bimba con la mano destra accostata alla spalla e con la sinistra cerca di difendersi. Ma essa, con quegli unghioni lunghi, forti e ovali, gli produce dei solchi profondi e sanguinanti dalla spalla al femore sinistro, dalla gola al ventre.
Il giovane reagisce e con la mano sinistra tenta di allontanarla. Ma essa gliela afferra e la morde profondamente. I denti canini penetrano nel dorso e nel palmo. A quel punto il giovane padre le fa uno sgambetto e la fa rovesciare verso la scarpata ed essa sparisce. Poi Adamo, insanguinato e piangente, con la piccina in mano riprende il sentiero.
Il Signore commenta: “Quella femmina sarà il dèmone per l’uomo. Con il suo sangue di albero (genealogico) selvatico corromperà il sangue perfetto dei Figli di Dio, quando l’Uomo, che già l’aveva conosciuta ‘in bene’, vorrà conoscerla ‘in male’ (fuori dal progetto di Dio per avere dei figli tutti suoi). È lei ‘il serpente’ che condurrà l’umanità a perdere la propria integrità fisica e psichica di specie perfetta per farla sopravvivere allo stato di ominide a causa dell’ibridazione della specie umana e della prevalenza numerica dei nati con caratteri ancestrali”.
Queste affermazioni sono la previsione del futuro peccato originale e delle sue conseguenze. Infatti il giovane padre, considerando che dopotutto questa femmina era stata con lui premurosa e solerte come una madre e che avrebbe potuto allattare la piccina con altrettanta cura, la riammette nella sua abitazione.
...........................................
http://www.donguidobortoluzzi.com/lopera-di-don-guido-bortoluzzi/
AMDG et DVM

Nessun commento:

Posta un commento