E si parla proprio di Virgilio in un incontro a Cesarea Marittima fra Gesù e le romane, ovvero Livia, Plautina, Lidia, Valeria e la liberta Albula Domitilla. Livia porta il discorso su Virgilio, raccontando come esse, insieme a Claudia, avevano cercato e trovato in Virgilio parole profetiche che annunciavano Gesù.
Poi Livia, arrossendo come una fiamma, dice: «Maestro, tempo fa cercavamo di Te anche nelle pagine del nostro Virgilio. Perché per noi hanno più valore le… profezie dei vergini da ogni fede d’Israele che quelle dei vostri profeti, nei quali possiamo sentire la suggestione di credenze millenarie… E fra noi si discusse… Confrontando i diversi che in ogni tempo, nazione e religione, ti hanno presentito. Ma nessuno così giustamente ti ha sentito come Virgilio nostro… Quanto parlammo quel giorno anche con Diomede, il liberto greco, astrologo, caro a Claudia! Egli sosteneva che ciò avvenne perché più vicini erano i tempi, e gli astri parlavano con le loro congiunzioni… E ad appoggio della sua tesi portava il fatto dei tre Saggi dei tre paesi d’Oriente venuti ad adorarti infante, provocando l’eccidio di cui Roma inorridì… Ma non ne fummo persuase, perché… in oltre cinquant’anni nessuno più dei sapienti di tutto il mondo parlò di Te per voce d’astri, benché più vicini ancora alla tua manifestazione attuale. Claudia esclamò: “Ci vorrebbe il Maestro! Egli darebbe la parola di verità e sapremmo il luogo e il destino immortale del nostro massimo poeta!”. Vorresti dirci… per Claudia… Un dono per mostrarci che non ti è invisa per il suo dubbio su Te…».
«Ho compreso la sua reazione di romana e non le ho serbato rancore. Rassicuratela. E udite. Virgilio non fu grande unicamente come poeta, non è vero?».
«Oh! no! Anche come uomo. In mezzo ad una società già corrotta e viziosa, egli fu luminoso di purezza spirituale. Nessuno può dire di averlo visto lussurioso, amante di orgie e di licenze. I suoi scritti sono casti, ma più casto ebbe il cuore. Tanto che nei luoghi da lui più abitati veniva detto “la verginella”, con scherno dai viziosi, con venerazione dai buoni».
«E dunque, in un’anima limpida di uomo casto non avrà potuto riflettersi Dio, anche se quell’uomo era pagano? La Virtù perfetta non avrà amato il virtuoso? E se amore e vista del Vero gli furono concessi per la bellezza pura del suo spirito, non potrà aver avuto un lampo di profezia? Di profezia, che altro non è che verità che si disvela a chi merita di conoscere il Vero per premio e per sprone ad una virtù sempre maggiore?».
«Allora… egli ti profetò realmente?».
«La sua mente accesa di purezza e di genio salì a conoscere una pagina che mi riguarda, ed egli può essere detto il poeta pagano e giusto, uno spirito profetico e precristiano per premio alle sue virtù».
«Oh! Il nostro Virgilio!! E avrà premio?».
«Ho detto: “Dio è giusto”. Ma voi non imitate il poeta fermandovi al suo limite. Procedete, perché a voi la Verità non si è mostrata per intuito e in parte, ma completa, e vi ha parlato».
«Grazie, Maestro… Ci ritiriamo. Claudia ci ha detto di chiederti se ti può essere utile in cose morali», dice Plautina senza dare risposta in merito.
«E vi ha detto di dirmelo se Io non ero un usurpatore…».
«Oh! Maestro! Come lo sai?».
«Sono più di Virgilio e dei profeti…» (EMV 426.6-7).
Livia conosce dunque la castità e la purezza di cuore di Virgilio, tanto che nei luoghi da lui più abitati veniva detto “La verginella”. Ora, nella più antica biografia del poeta, attribuita a Donato, si dice esattamente la stessa cosa: Virgilio “nella vita, nelle parole e nell’animo era tanto casto, che a Napoli era chiamato dal popolo ‘la vergine’[1].
La notizia è riportata anche da un altro antico commentatore di Virgilio, Servio: “A tal punto poi fu verecondo, che dai suoi costumi ricevette un soprannome: infatti fu chiamato ‘la vergine’[2].
È un argomento poco conosciuto e poco trattato dagli studiosi di Virgilio, limitato agli specialisti. Ma qui diventa importante, perché, come dice Gesù, fra i pagani “coloro che sentono attrazione al Bene, alla Verità, e ripugnanza al Vizio, e fuggono le male azioni come avvilenti l’uomo … sono già sul sentiero della giustizia” (EMV 426.5). E Virgilio fu tra questi.
È importante inoltre il riferimento delle dame romane alla famosa “quarta ecloga” di Virgilio, nella quale si parla della nascita di un “puer”, un fanciullo, che rinnoverà la sua epoca con una nuova età dell’oro, di pace, giustizia, amore e prosperità. Esiste una lunga tradizione cristiana, a cominciare da Costantino, secondo la quale Virgilio avrebbe profetizzato in questa composizione la nascita di Cristo, e molto si è scritto in proposito. Molto singolare è la somiglianza fra Virgilio e il testo biblico di Isaia, capitoli 7-11, brani nei quali si predice la nascita dell’Emmanuele: “Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele. Egli mangerà panna e miele finché non imparerà a rigettare il male e a scegliere il bene” (Is 7,14-15).
Fra i tanti studi, citiamo quello di Luciano Nicastri su Virgilio e in particolare sulla quarta ecloga in rapporto alla Bibbia e ad Isaia. Fra questi due testi, dice Nicastri, vi sono profonde consonanze, ma Virgilio non poteva conoscere i Settanta e il “Libretto dell’Emmanuele”, che non circolava neppure in ambito giudaico e nei testi rabbinici, e che ci appare come totalmente rimosso dalla coscienza storica e religiosa ebraica.
La cosiddetta attesa messianica, sempre più debole, quasi accantonata nel tardo giudaismo, in ogni caso non prevedeva alcun bambino che dovesse ‘nascere di donna’, ma un… adulto, un re-guerriero e/o un sacerdote. (…) Sull’altra sponda diventa addirittura impensabile che un intellettuale pagano, anche il coltissimo Virgilio, arrivasse addirittura da solo — perché non c’era chi glielo porgesse — ad individuare, a tagliare per così dire, da una congerie di oracoli difficilissimi (ancor oggi per gli esegeti) quella sezione… o altre ancora, tematicamente connesse[3].
La profezia dell’Emmanuele di Isaia viene poi ripresa proprio in ambito cristiano, nel Vangelo di Matteo (Mt 1,22-23: “Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: ‘Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele’, che significa ‘Dio con noi’”).
Ma se siamo ragionevolmente certi che Virgilio non conosceva Isaia, come spiegare le concordanze con la quarta ecloga? La risposta, sottolinea Nicastri, va cercata al di fuori dello schema modello-imitazione, ricorrendo al discorso sull’universalità del Lògos, ovvero sulla trascendentalità del linguaggio poetico. I grandi poeti “si lasciano parlare” dall’universalità del linguaggio, riducono le interferenze personali e sono ricettivi al massimo nell’ascolto del Lògos.
Come mai si verifica, nel poeta latino, una tale concentrazione di paralleli significativi con l’universo testuale biblico? Credo che ciò consegua dalla misura unica del coinvolgimento di materia umana e divina, storica ed escatologica che egli poeticamente interpreta ed esprime nella sua opera, attingendo alle profondità del suo spirito il senso possibile di un travaglio epocale che prelude alla “pienezza del tempo”[4].
In sostanza, potremmo semplificare questo discorso esegetico dicendo che Virgilio, grande poeta ed animo puro e sensibile, scrive la sua quarta ecloga attingendo nelle profondità del suo cuore alle parole sussurrate dallo spirito divino, il Lògos. Ed è proprio quello che riguardo a Virgilio spiega Gesù alle romane ne L’Evangelo: “Se amore e vista del Vero gli furono concessi per la bellezza pura del suo spirito, non potrà aver avuto un lampo di profezia? (…) La sua mente accesa di purezza e di genio salì a conoscere una pagina che mi riguarda”.



Notes

1.Donato, Vita Vergilii, pagg. 22-23, par. 11 Brugnoli e Stock: “Vitae et ore et animo tam probum constat, ut Neapoli Parthenias vulgo appellatus sit.
2.Servio, In Vergilii Aeneidos librum primum commentarius, pag. 1 Thilo: “Adeo autem verecundissimus fuit, ut ex moribus cognomen acceperit; nam dictus est Parthenias”.
3.L. Nicastri, Per una iniziazione a Virgilio, Edisud, Salerno, 2006, pag. 396.
4.L. Nicastri, Per una iniziazione a Virgilio, cit., pagg. 403-404.