mercoledì 15 maggio 2013

L'urgenza di «purificare una società dominata dalla cultura di morte» e di «rivestirsi di Cristo attraverso preghiera e penitenza»


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Marcia per la vita- movimenti anti abortisti
 A sfilare per tutto il tragitto il Cardinale Raymond Leo Burke, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura apostolica. La sera prima dell’evento, il Cardinale ha definito l’aborto «un vero crimine, anche legale, divenuto comune nella nostra società». Da qui l’urgenza di «purificare una società dominata dalla cultura di morte» e di «rivestirsi di Cristo attraverso preghiera e penitenza»; dunque «La nostra Marcia per la Vita procede dalla nostra adorazione eucaristica. La nostra fede non può restare chiusa nel tempio, ma deve esprimersi nella carità verso il prossimo. Occorre opporsi dunque a chi vorrebbe marginalizzare il cristianesimo e relegarlo alla sfera privata per ribadirne il ruolo legittimo nello spazio pubblico».

    Fra coloro che hanno preso la parola sul palco, prima che il corteo - costituito da famiglie, movimenti pro-life, sacerdoti, religiosi, religiose - si incamminasse, anche l’eroico Dottor Xavier Dor, classe 1929. È stato pediatra all’ospedale della Pitié-Salpétrière,  ricercatore di embriologia cardiaca all’INSERM, nonché fondatore e Presidente dal 1986 dell’Associazione SOS bambini.  Dor ha portato la protesta e la preghiera antiabortista in ospedali e cliniche, dove si pratica l’infanticidio. Proprio per la sua azione è stato perseguitato più volte per aver organizzato manifestazioni senza autorizzazione  e fu condannato, in particolare, dopo il 1993, quando fu emanata la legge contro il reato di ostacolo all’aborto legale: subì addirittura il carcere, scontando la pena a Bois d’Arcy nel novembre 1997 e visse la libertà vigilata nel gennaio 1998.

Il Dottor Xavier Dor fra Don Emanuele du Chalard e
 il Marchese Luigi Coda Nunziante

    Questa la sua toccante ed edificante testimonianza, che provoca le coscienze:

«Io ringrazio profondamente Famiglia Domani  per avermi invitato a Roma, capitale della Cristianità e di avermi permesso di aver preso la parola. Desidero attirare l’attenzione sul più grave crimine che venga commesso contro Dio e contro noi stessi: l’aborto. Legalizzato quasi ovunque, le sue vittime, innocenti e piccole, si contano a miliardi. È il più grande flagello dei nostri tempi, e senza dubbio di tutti i tempi.
Il nuovo vice presidente della Conferenza episcopale di Francia, il Vescovo di Montpellier, ha dichiarato, a proposito della legge che permette i matrimoni omosessuali: “La Chiesa non si può immischiare nelle leggi civili”.

Possiamo mantenere il silenzio sul crimine ed il vizio? Come salvare i nostri bambini dalle menzogne e dall’ignoranza? Di fronte all’evidenza c’è un dovere di verità, di coraggio, di fedeltà, di vera libertà e di resistenza. Bisogna testimoniare.

Dovrò presto comparire davanti alla giustizia per aver, negli uffici del Planning Familial, donato un paio di scarpette ad una donna che voleva fare un aborto. Il simbolo delle scarpette è fra tutti il più forte perché rappresenta la debolezza e la piccolezza dell’essere più prezioso al mondo per l’amore materno. 
Durante un precedente processo a Nanterre io ho ricordato queste scarpette. L’emozione fu grande. Le avvocatesse delle parti civili si sono immediatamente adirate. L’una ha detto: “Signora Presidente, queste scarpette sono d’una violenza estrema”, e l’altra: “Voi fate del terrorismo con queste scarpette!”. Tutta la sala ha riso, comprese le stesse esponenti della sinistra. Forse, dovrei offrire ai nostri vescovi,  un paio di scarpette?».

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