SAGRARIO
(060)
Nel negozio dell'orafo
(Quaderni '44 -25/11/44)
Da un orafo sono diversi calici d’argento, lavorati a sbalzo taluni, e con arte e intarsi d’oro e anche gemme, altri unicamente belli per il metallo e la forma liscia e svasata come calice di giglio su stelo sottile.
Vengono dei compratori e guardano. Molti, ricchi signori, comprano dei calici per la loro sontuosa dimora. Prendono i più belli, tutto intarsi, sbalzi e gemme. E se li portano via. Per ultimo, un umile prete acquista, con l’obolo dei suoi parrocchiani, un calice di solo argento. Il più semplice, umile come lo è quel prete e come lo è la chiesa che egli regge. Umile come ne permette l’acquisto la poca somma delle offerte, ammucchiate soldo a soldo.
Il povero prete porta via il suo tesoro. E’ felice di pensare che Gesù scenderà col suo Sangue e il suo Corpo, con la sua Anima e Divinità, in quel nuovo calice, più degno di Lui, Santissimo, che non nell’altro, ormai ridotto da decenni d’uso in proprio cattivo stato. E non vede l’ora che sia la mattina di domenica per poterlo usare, porre sulla pietra sacra, su esso pronunciare le sante parole: “Questo è il Calice del mio Sangue ….”. Oh! Come quel calice è santo agli occhi suoi e di quelli che credono dal momento che in esso la fede vede il Sangue di Gesù Cristo, Salvatore, Verbo di Dio, Figlio dell’Eterno Padre! Splende non per il lucente e nuovo argento ma per tutta la Luce che in sé rinchiude!
Adoramus Te
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