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mercoledì 2 ottobre 2013

L'opera dell'Anticristo: «prodigi menzogneri». Lasciamoci illuminare dal "Doctor Angelicus"


S. Tommaso d'Aquino (13° secolo - Dottore della Chiesa)

"L’Anticristo, quando verrà il suo tempo, pervertirà alcuni attraverso una persuasione esteriore ... egli è il capo di tutti i malvagi in ragione della perfezione della sua malvagità ... «Come in Cristo risiede la pienezza della Divinità, così nell’Anticristo è presente la pienezza di ogni malvagità». Non certamente nel senso che la sua umanità sia assunta dal diavolo in unità di persona ... ma che il diavolo per ispirazione infonde la sua malvagità più copiosamente in lui che in tutti gli altri. In questo modo tutti i malvagi che sono venuti prima, sono segni dell’Anticristo". (Summa III, 8, 8) [d]


"Gli infedeli, e perfino l’Anticristo, non sono privi ... della custodia degli angeli. E malgrado questo aiuto ... non abbia per esito il meritare la vita eterna in virtù delle buone opere, esso comunque ... li protegge da certi mali che danneggerebbero loro ed altri. Perfino i demoni sono controllati da angeli buoni, affinché non possano nuocere tanto quanto vorrebbero. Allo stesso modo l’Anticristo non farà tanto male quanto ne vorrebbe fare". (Summa I, 113, 4) [d]


"... l’opera dell’Anticristo la si può definire «prodigi menzogneri», sia perché egli ingannerà i sensi umani per mezzo di immagini illusorie, così che egli non farà realmente ciò che sembra fare; o perché, se opera veri prodigi, essi condurranno coloro che gli credono nella falsità". (Summa I, 114, 4) [d]

"Di essi [i miracoli dell‘Anticristo] si dirà che sono veri... che sono veri, proprio come quelli dei maghi del Faraone che fecero vere rane e veri serpenti, ma essi non saranno autentici miracoli, perché saranno fatti attraverso la potenza di cause naturali". (Summa II, II, 178, 1) [d]

"... alcuni sostengono che Enoch ed Elia dimorano ancora in quel paradiso (l’Eden)". (Summa I, 102, 2) [d]
"Elia venne portato nel cielo atmosferico ma non in quello empireo, che è la dimora dei santi: e allo stesso modo Enoch venne trasportato nel paradiso terrestre, dove si crede che vivrà con Elia fino alla venuta dell’Anticristo". (Summa III, 49, 5) [d]

"h. Ci sono due cose: la ribellione che precede l’Anticristo e la venuta dell’Anticristo. La fede deve essere prima accolta in tutto il mondo e poi molti devono abbandonarla. Altri parlano di ribellioni contro l’Impero Romano a cui il mondo intero era assoggettato, ma le nazioni rifiutarono l’Impero e l’Anticristo non è venuto. Altri sostengono che l’Impero Romano non ha realmente cessato di esistere ma si è semplicemente trasformato da regno temporale in regno spirituale. In questo senso la ribellione predetta deve essere contro la Fede Cattolica della Chiesa Romana. Questo è abbastanza logico. Cristo venne quando tutti erano sottomessi a Roma: perciò, un vero segno della venuta dell’Anticristo è la ribellione contro Roma.
[...] come Cristo eccelse nell’abbondanza di virtù, l’Anticristo eccellerà in una moltitudine di tutti peccati, e poiché Cristo è migliore di tutte le persone sante, così l’Anticristo deve essere peggiore di tutte le persone malvagie. Per questa ragione è chiamato Uomo del Peccato. E’ chiamato anche Figlio della Perdizione, ciò significa che è destinato all’estremo della perdizione. Come tutto il bene e le virtù delle persone sante che precedettero Cristo erano prefigurazioni di Cristo, così in tutte le persecuzioni della Chiesa i tiranni erano e saranno prefigurazioni dell’Anticristo, e tutta la malizia che è celata in essi in quel tempo sarà resa manifesta.


i. Il delitto dell’Anticristo è duplice: egli è contro Dio e si mette al di sopra di Cristo. Opponendosi a Dio, egli si pone al di sopra del vero Dio, al posto di tutti i falsi dei, e nega perfino la partecipazione degli uomini alla Divinità. L’orgoglio dell’Anticristo supera quello di tutti i suoi predecessori, e, come per Cesare e il Re di Tiro, egli affermerà di essere Dio e uomo, e così in tale veste siederà nel tempio.

j. Alcuni dicono che l’Anticristo è della tribù di Dan e che perciò gli ebrei in un primo momento lo riceveranno e ricostruiranno il tempio di Gerusalemme, e sarà in questo tempio che egli siederà. Altri, tuttavia, sostengono che Gerusalemme o il tempio non verranno mai ricostruiti e che egli siederà nella Chiesa, nel senso che molti della Chiesa lo riceveranno. Sant’Agostino dice che egli con i suoi seguaci formeranno una Chiesa, come Cristo e i Suoi fedeli sono una Chiesa.

k. L’Anticristo verrà nel momento buono voluto da Dio. Coloro che adesso operano il male, fingendo che sia bene, attuano l’opera dell’Anticristo. Il diavolo, nella cui potenza viene l’Anticristo, già al tempo di San Paolo stava esercitando la sua iniquità in maniera nascosta attraverso tiranni e seduttori, perché le persecuzioni dei tempi passati prefigurano quell’ultima persecuzione contro tutte le persone buone, e sono imperfette quando raffrontate con essa.

l. L’Anticristo sarà distrutto dallo spirito della bocca di Cristo, cioè dallo Spirito Santo o dall’ordine di Cristo, a seguito del quale Michele lo ucciderà sul Monte degli Ulivi da dove Cristo ascese al Cielo [...]


m. L’Anticristo godrà dell’uso di una volontà libera nella quale opererà il diavolo, come è stato detto di Giuda: «Satana entrò in lui», cioè istigandolo. Egli ingannerà sia con il potere terreno che operando dei miracoli. [...] La facoltà di fare miracoli sarà simulata. [...]



n. Ma i suoi miracoli saranno imposture. Nessuno può operare un vero miracolo contro la Fede, perché Dio non è un testimone di falsità. Perciò, nessuno che predichi una falsa dottrina può operare miracoli, mentre può farlo chi conduce una cattiva vita". (Commento a II Tess. II, 1-3) [d]

Sancte Michael defende 
nos in proelio

giovedì 6 giugno 2013

Il Ministro dell’Interno, Manuel Vals, venerdì scorso ha dichiarato: «a partire dal momento in cui una legge viene votata dal Parlamento ed ha ricevuto l’avallo della Corte Costituzionale, tutti devono accettare questa scelta.» La replica, sonora come uno schiaffo, noi la lasciamo a San Tommaso d’Aquino: «Quindi una legge umana positiva in tanto ha natura di legge, in quanto deriva dalla legge naturale. Ché se in qualche cosa è contraria alla legge naturale, non è più legge ma corruzione della legge.» (Somma teologica I, II, q 95, a 2 co.).





Oggi a Montpellier


si apre il vaso di Pandora
 

di Alain Escada

Articolo pubblicato su CIVITAS




Parigi, maggio 2013.
I cattolici manifestano contro il “matrimonio” omosessuale.

Su questo fronte, in Francia è attiva l'Associazione CIVITAS, del cui Presidente, Alain Escada, pubblichiamo il presente articolo.
CIVITAS conta sull'appoggio delle congregazioni cattoliche tradizionali, in particolare della Fraternità San Pio X, di cui si vede in foto il Superiore del Distretto Don Régis de Cacqueray





29 maggio 2013

È oggi che si svolgerà a Montpellier il primo “matrimonio” omosessuale, dopo la promulgazione dell’infame legge Taubira.

Checché ne pensi la cricca al potere, questa celebrazione militante e ultra-mediatizzata, costituisce uno scandalo e una sordida parodia di ciò che è sempre stato il matrimonio fin dalla notte dei tempi.


Sulla base di un preteso diritto al “matrimonio per tutti”, si è aperto il vaso di Pandora e all’orizzonte si annunciano ben altre disastrose rivendicazioni.
Prigioniero della sua logica contro natura, il legislatore, come potrebbe rifiutare a lungo il matrimonio poligamico o incestuoso tra persone maggiorenni e consenzienti?
Quanto alla procreazione medicalmente assistita e alla gestazione surrogata, malgrado tutti dinieghi del governo, sono tutte materie già sul tavolo dei negoziati, rimane da definire solo il calendario per cercare di autorizzare questa mercificazione dell’essere umano: moderna rinascita della schiavitù.



Il Ministro dell’Interno, Manuel Vals, venerdì scorso ha dichiarato:

«a partire dal momento in cui una legge viene votata dal Parlamento ed ha ricevuto l’avallo della Corte Costituzionale, tutti devono accettare questa scelta.»

La replica, sonora come uno schiaffo, noi la lasciamo a San Tommaso d’Aquino:

«Quindi una legge umana positiva in tanto ha natura di legge, in quanto deriva dalla legge naturale. Ché se in qualche cosa è contraria alla legge naturale, non è più legge ma corruzione della legge(Somma teologica I, II, q 95, a 2 co.).

La Chiesa insegna anche «Se si verifica che l’autorità stabilisca una legge o assuma delle misure contrarie alla legge naturale e, di conseguenza, alla volontà divina, queste disposizioni non possono obbligare le coscienze […] In più, in simili casi, l’autorità cessa di essere tale e degenera in oppressione


CIVITAS continuerà ad operare senza posa per ottenere l’abrogazione della legge Taubira, come anche a contribuire a mantenere una decisa resistenza contro il piano sovversivo portato avanti da un governo rivoluzionario sottomesso alle forze occulte.

Alain Escada, 
Presidente di CIVITAS

DEUS, 
IN ADIUTORIUM MEUM INTENDE!
AUXILIO, VIRGEN MARIA!

martedì 28 maggio 2013

Salmo 42 : Comentario de Santo Tomás de Aquino

Santo Tomás de Aquino

Comentario al Salmo 42

Salmo 42:

S. Iúdica me, Deus, et discérne causam meam de gente non sancta : ab hómine iníquo et dolóso érue me.
M. Quia tu es, Deus, fortitúdo mea : quare me repulísti, et quare tristis incédo, dum afflígit me inimícus ? 
S. Emítte lucem tuam et veritátem tuam : ipsa me deduxérunt et adduxérunt in montem sanctum tuum, et in tabernácula tua.
M. Et introíbo ad altáre Dei: ad Deum qui lætíficat iuventútem meam.
S. Confitébor tibi in cíthara, Deus, Deus meus: quare trístis es ánima mea, et quare contúrbas me ?
M. Spera in Deo, quóniam adhuc confitébor illi: salutare vúltus mei, et Deus meus.
S. Glória Patri, et Fílio, et Spíritui Sancto.
M. Sícut erat in princípio, et nunc, et semper, et in sæcula sæculórum. Amen.

Júzgame, oh Dios, y discierne mi causa de la gente no santa, del hombre injusto y falaz libérame. 


Porque tu eres, oh Dios, mi fortaleza: ¿por qué me desprecias? y ¿por qué marcho triste mientras el enemigo me aflige?. 

Envía tu luz y tu verdad: ellas mismas me apartaron y me condujeron hasta tu santo monte y hasta tus tabernáculos. 

Y entraré al altar de Dios: hasta el Dios que alegra mi juventud. 

Te confesaré con la cítara, oh Dios, mi Dios; ¿por qué estas triste alma mía? y ¿por qué me inquietas? 

Espera en Dios porque todavía he de alabarle, oh salvación de mi vida y Dios mío.


Comentario de Santo Tomás:

En el salmo anterior David narró su deseo. Ahora en efecto proporciona una oración para realizar el deseo. Y en primer lugar pone la oración (1), en segundo lugar, su efecto , allí donde dice por qué estás triste. (2)

1) Acerca de lo primero hace dos cosas: 

en primer lugar expone la oración en general (A), 
en segundo lugar, en particular, allí donde dice del hombre injusto (B) 

Y en primer lugar pide el juicio, 
en segundo lugar pide el efecto del juicio.

A) En consecuencia pide júzgame Dios, etc. Pero parece que <pedir tal cosa> es propio de la presunción pues el mismo dice:no entres en el juicio, etc. (Ps. 42) Respondo: debe decirse que el juicio es doble, a saber: el de severidad y el de misericordia o equidad. El primer <tipo de juicio> es aquel en el que es considerada solamente la cosa y no la condición, y este juicio debe ser temido. Acerca de éste dice en Ps. 142: no entres en el juicio,etc. Porque nuestras justicias son nada en la presencia de Dios,como se dice <en> Isa. 64: y este juicio es sin misericordia, como se dice en Jacob. 2. El segundo <tipo de juicio> es aquel en el que se considera no sólo la naturaleza de la cosa, sino <también> la condición de la persona, <como se dice en> Ps. 102:misericordioso es el Señor con quienes le temen, porque el mismo conoció nuestra figura. Y pide esto. O <SI SE CONSIDERA> DE OTRO MODO, el juicio es doble, a saber: <el juicio> de discusión, <esto es> cuando son discutidos los méritos, y aquí no pide este juicio porque la discusión <de los méritos> debe ser temida <según lo que se dice en > Job. 9: temía todas mis obras, sabiendo que no perdonas al que peca. <O es el juicio> de discreción, a saber, el de separación de los malos; y pide este <juicio>, y por lo mismo pone y discierne mi causa. Y esto se refiere al presente estado y así pedimos ser discernidos de los malos, aunque no sea en cuanto al lugar, a lo menos en cuanto a la causa. Muchas cosas en efecto son comunes a nosotros y a ellos: porque el lugar es un accidente de la fortuna, pero no la causa, porque de las mismas cosas los buenos se sirven de un modo y los malos, de otro; porque en las cosas adversas los buenos brillan por su paciencia, los malos por el contrario se ensucian por su impaciencia. Si, por el contrario, nos referimos al juicio futuro, pedimos ser distinguidos, porque la causa de los malos es juzgada para la condenación y la de los buenos, para la salvación.

B) En especial, por el contrario, pide ser juzgado en cuanto a dos cosas, a saber: en cuanto a la liberación <respecto> de lo malo (a) y en cuanto al adelantamiento en lo bueno (b)

a) En consecuencia pide ser liberado de lo malo ya presente ya futuro, de donde dice del hombre injusto y falaz libérame. Hombre injusto es llamado el diablo. <Según lo dicho en> Matth. 13: el hombre enemigo hizo esto. O es otro hombre que seduce o un injusto cualquiera. Y es llamado injusto aquel que se aplica abiertamente a la injusticia; por el contrario falaz <es llamado> a causa del engaño oculto, <según se dice en> Prov. 12: el engaño <está> en el corazón de los que conciben cosas malas. De estas cosas, en consecuencia, alguien es liberado de dos modos: por el primer modo, de no ser seducido con un engaño oculto; por el otro modo, de no ser oprimido por la adversidad, porque Tú eres mi Dios. Aquí es puesta la razón de la liberación, y <ésta> es doble: una por parte de Dios que puede, de donde dice Tú eres mi fortaleza. <También se dice en> Isa. 12: mi fortaleza y mi virtud es el Señor. Y es llamado efectivamente nuestra fortaleza porque <ésta> es por Él, <según se dice en> Isa. 40: quien da fuerza al caído y multiplica la fortaleza y la dureza a aquellos que no las tienen. La otra razón es por su parte, a saber, <razón> de los malos que es padecida <por él>. Padecemos en efecto ciertas cosas malas según la opinión porque cuando estamos en las adversidades, nos parece que estamos alejados de Dios, de donde dice ¿por qué me desprecias?, sin embargo el Señor no desprecia a su pueblo (Ps. 94). Y de este modo sólo es que se ha opinado mal de esto. Lo otro <que padecemos> por el contrario es verdadero, de donde se sigue ¿por qué marcho triste? Triste o tristeza del siglo la cual obra la muerte, y este es un sentido: ¿por qué marcho triste? <significa lo que padecemos> temporalmente. O <de otro modo, otro sentido de> ¿por qué marcho triste? <es> la buena tristeza que obra la penitencia para la salvación. Y sólo este <último> es el sentido de ¿por qué marcho triste?, porque también la alegría debe unirse a la penitencia.


b) Envía. Aquí pone el progreso en lo bueno. Y primero pide los bienes divinos por los cuales ser adelantado (a), segundo pide el adelantamiento por aquellos bienes (b)



a) Pide en efecto dos bienes: la luz y la verdad. A Dios se llega con el andar del espíritu y por el conocimiento. <Así se dice en> Heb. 4: la entrada fue prometida a aquellos que creen. Dos cosas son necesarias para el conocimiento, a saber: la luz y el conocimiento. <Por ello se dice en> Eph. 5: todo aquello que se manifiesta es luz. Y por lo mismo pide dos cosas, a saber: la luz y la verdad: a las cuales por mi mismo no puedo llegar. Y por ello dice, envía tu luz y tu verdad. Aquí la luz y la verdad son lo mismo, porque son tomadas por Cristo, envía tu luz, esto es a Cristo. <Por ello se dice en> Joan. 1: era luz verdadera, etc. Y tu verdad, porque el mismo Cristo es la verdad. <Por ello se dice en> Joan. 14: yo soy el camino, la verdad y la vida; como si dijera, Dios Padre envía a Cristo. O la luz es tomada por la ley, porque<, como se dice en> Prov. 6: el mandamiento del Señor <es> la lámpara, la ley <,> su luz. Y tu verdad, esto es el nuevo testamento.

b) Seguidamente es puesto el adelantamiento en el bien. Y en primer lugar pone la dirección a la que aproximarse, allí <donde se dice> ellas mismas me apartaron, esto es la luz y la verdad me condujeron hasta ti. O <de otro modo>, me apartaron, esto es me sacaron de las cosas malas y me condujeron hacia tu monte santo y hacia tus tabernáculos. Esta oración responde al deseo del salmo precedente, <donde se dice:> entraré al lugar, etc. Y porque todavía no es suficiente, pido ser conducido por Dios hacia el monte, etc.
Jerusalén estaba al pie del monte en el lado del aquilón (1). Y de este modo, los que allí iban primero llegaban hasta el monte, en segundo término hasta la habitación y tercero, hasta el lugar del sacrificio, a saber, el altar. Y tampoco allí descansa mi espíritu sino que asciende hasta Dios, por lo cual dice me condujeron hacia tu monte santo y hacia tus tabernáculos, esto es hasta la habitación. Y nuevamente no descansa allí <mi espíritu> sino que va hasta la casa de Dios, esto es hasta el altar. Por lo mismo dice: entraré al altar de Dios, y no descansa allí para no parecer idólatra, sino que va hasta Dios, quien alegra mi juventud. Sin embargo, místicamente, con el monte y con el tabernáculo es designada la iglesia presente o la iglesia celeste, como si dijera: me condujeron hacia tu iglesia. <Así se dice en> Isa. 2: estará preparado el monte <,> la casa de Dios <,> en la cima del monte, etc. Y a tus tabernáculos, esto es las diversidades de los santos que son como ciertas peregrinaciones sobre la tierra. <Así se dice en> Heb. 11: Y esta iglesia es llamada puerta del cielo. Y por lo mismo también es llamada altar de Dios, esto es el mismo Dios. <Así se dice en> Apoc. 21: el mismo Dios es el templo, porque todos los sacrificios espirituales deben ser ofrecidos en Dios, no en la cosa terrena.


Y allí estará la alegría. <Así se dice en> Isa. 66: veréis, y se alegrará vuestro corazón. <Asimismo se dice en> Matth. 25: entra en la alegría de tu Señor. Y por ello dice alegra de mi juventud,esto es: estará allí la renovación y la juventud porque<,> como se dice <en> Eph. 4 <,> todos asistiremos a la magnitud de la edad de la plenitud de Cristo. Y por ello dice juventud. <Así se dice en> Ps. 102: será renovada como <la> del águila, tu juventud. 

Y este salmo dicen los presbíteros cuando se aproximan al altar: <y esto> porque estas dos cosas, a saber, la alegría y la renovación, son necesarias para aquellos que quieren aproximarse al altar celeste. <Así se dice en> Levit. 10: ¿De qué modo puede comer o agradar al Señor en las ceremonias con el espíritu entristecido?. Además, no está allí (2) la antigüedad del pecado. <Así se dice en> Joan. 2: os escribiré, oh jóvenes. O todo lo que fue dicho se refiere a la patria celeste, en la cual debemos perseverar con el deseo y hacia la cual <debemos> dirigirnos con deseo vehemente. Y esto señala cuanto dice hacia tu santo monte. <Así se dice en> Exod. 15: los introducirás, y plantarás en el monte de tu heredad, porque allí se encuentra la firmeza del estado.


Del mismo modo allí se encuentra la sociedad de los santos, de donde se dice: y hacia tus tabernáculos. <Así se dice en> Num. 24: cuan hermosos <son> tus tabernáculos, oh Jacobo, etc.<Asimismo se dice en> Ps. 83: cuan amados son tus tabernáculos, Señor de las potestades. Y son llamados tabernáculos porque aunque sean ciudadanos según la gracia, sin embargo, según la condición de la naturaleza humana, allí son los huéspedes (3).
En tercer lugar con el altar se designa la humanidad de Cristo. <Así se dice en> Isa. 33: verán al rey en su gloria. Y cristo es llamado altar de Dios. <Asimismo se dice en> Heb. ult.: tenemos un altar del que no tienen potestad de comer aquellos que sirven con celo al tabernáculo. Porque como todos los sacrificios carnales eran ofrecidos en el altar, así todas las oraciones son ofrecidas por Cristo. De allí que toda oración se concluye <con> por Cristo nuestro Señor.
Pero porque no hay reposo <del espíritu> en la humanidad <de Cristo> tiende más adelante hacia la divinidad, de donde dice al Dios, etc. <Así se dice en> Job. 22: correrás con las delicias sobre el omnipotente y elevarás a Dios tu rostro.




2. El efecto de la oración es la confesión de la alabanza, de donde dice: te confesaré con la cítara, oh Dios. Y dice esto a causa del afecto; porque <así se dice en> Isa. 51: en ella se encuentran el gozo y la alegría. Y dice, con la cítara, a diferencia del salterio porque el salterio suena desde lo superior (a superiori), pero la cítara desde lo inferior (a inferiori), de donde se dice te confesaré con la cítara, porque somos liberados del mundo. Y con el salterio, porque perseguimos aquellas alegrías celestes.
Porque triste, etc., todo esto que sigue fue expuesto más arriba en el salmo anterior.


NOTAS:


(1Aquilón: Norte, polo ártico, y viento que sopla de esta parte.
(2En el espíritu de quien se aproxima al altar de Dios. (N. del T.)
(3Aquí contrapone ciudadano (civis) con huésped (hospes), de modo que el ciudadano es el compatriota, esto es el cosanguíneo; y el huésped es el extranjero, esto es aquel con quien los ciudadanos practican la hospitalidad. (N. del T.)



AVE MARIA!

PUNTI FERMI

lunedì 27 maggio 2013

¿Cuántas clases hay de mentira? — Tres: jocosa, oficiosa y perniciosa


De la verdad. 
Vicios opuestos: mentira, simulación o hipocresía

¿Cuál otra virtud, del mismo orden que la anterior, es necesaria para el bienestar social, no en atención a los demás, sino a nosotros mismos? — La virtud de la verdad (CIX). 

¿Qué entendéis por virtud de la verdad? — La qué nos enseña a mostrarnos, lo mismo en palabras que en acciones, tales como en realidad somos (CIX, 1-4). 

¿Cuáles son los vicios opuestos a esta virtud? — Los de mentira, simulación o hipocresía (CXCXIII). 

¿Qué entendéis por mentira? — Cualquier dicho o hecho encaminado a manifestar o asegurar una cosa falsa (CX, 1). 

¿Es la mentira esencialmente mala? — Lo es en tal grado, que no hay fin ni pretexto que pueda nunca justificarla (CX, 3). 

Luego, ¿estamos obligados a decir siempre toda la verdad? — No señor; pero sí lo estamos a no dar a entender ni decir jamás mentira (Ibíd.). 
¿Cuántas clases hay de mentira? — Tres: jocosa, oficiosa y perniciosa (CX, 2). 


¿En qué se diferencian? — En que la jocosa tiene por objeto divertir a los demás; la oficiosa serles útil, y la perniciosa causarles algún menoscabo o perjuicio. 

¿Cuál es la peor? — La perniciosa; y así como las dos primeras pueden no exceder de pecados veniales, ésta, por su naturaleza, es siempre pecado mortal, y si alguna vez es venial, lo será en atención a la parvedad de materia o perjuicio causado (CX, 4). 

¿Qué entendéis por disimulo o hipocresía? — Consiste el disimulo en aparentar exteriormente lo que interiormente no somos, y la hipocresía, en simular virtudes que no tenemos (CXI, 1, 2). 


¿Estamos obligados, para no caer en estos vicios, a descubrir y declarar públicamente nuestros defectos y malas cualidades? 
De ninguna manera; estamos, por lo contrario, obligados a recatarlos para no perder crédito en la opinión de los demás, y para no darles mal ejemplo ni motivo de escándalo; la verdad o sinceridad solamente exige que no intentemos dar a conocer hechos y cualidades, buenas o malas, que realmente no tengamos (CXI, 3, 4). 

¿Obliga la virtud de la verdad a abstenerse de toda manifestación que puede admitir diversas interpretaciones, y a precaver y evitar las falsas?
Excepto en los casos en que una mala interpretación acarrease perjuicios que estuviésemos obligados a evitar, no señor (CXI, 1). 


¿Existen maneras de cometer pecados de mentira, disimulo o hipocresía que constituyan faltas específicamente distintas? 
— Sí señor; puede el hombre faltar atribuyéndose excelencias que no posee, y tenemos el pecado de la jactancia, o dando a conocer que carece de cualidades y merecimientos que en realidad tiene, y esto constituye el pecado de la falsa humildad (CXII, CXIII).

De La Summa Theologica. 
B. Jacinta Marto r.p.n.

mercoledì 15 maggio 2013

Credo nello Spirito Santo


Credo nello Spirito Santo
    Abbiamo veduto che il Verbo di Dio è suo Figlio, come il verbo [mentale] dell'uomo è il concetto della sua intelligenza (70); ora accade talvolta che si tratti di concetti non vitali, di progetti inattuati per mancanza di volontà operativa. Il credente conosce le verità di fede, ma spesso non agisce in modo coerente. La sua, allora, è una fede morta.
    Il Verbo di Dio invece è [eternamente] vivo (cf. Eb 4, 12): è segno che in lui pulsa la volontà, l'amore.
   Come il Verbo è Figlio di Dio, così il suo Amore è lo Spirito Santo. Ne segue che un uomo ha in sé questo Spirito se ama Dio. «L'amore di Dio è stato diffuso in abbondanza nei nostri cuori dallo Spirito Santo che ci è stato donato» (Rm 5, 5).
   Non mancarono tal uni che, errando su tale materia, sostenevano che lo Spirito Santo era una semplice creatura, e, in quanto tale, minore, rispetto al Padre e al Figlio, loro servo e strumento. Per respingere simili errori, i teologi della ortodossia aggiunsero nel Simbolo cinque precisazioni intorno allo Spirito Santo.
   I. Esistono altri esseri spirituali, gli angeli, la cui funzione è propriamente quella di esecutori del volere di Dio: «spiriti al servizio di Dio», come si legge nella lettera agli Ebrei (Eb I, 14) mentre, al contrario, lo Spirito Santo è Signore, «è Dio» (Gv 4, 24) o, più esplicito, «lo Spirito Santo è Signore» (2 Cor 3, 17). Dunque, non subisce coazioni, è libero, e dove ci sia lo Spirito, ivi troviamo la vera libertà (2 Cor 3, 17). Egli, infatti, attraendoci all'amore di Dio, ci libera dagli attaccamenti mondani. Lo Spirito Santo è «Signore».
   2. La [vera] vita dell'anima deriva dalla sua unione con Dio, come è l'anima a render vitale un corpo cui sia unita. Dio si unisce all'uomo mediante il suo Amore, che è lo Spirito; e lo vivifica: «è lo Spirito che dà la vita [soprannaturale] (Gv 6, 63). Egli, dunque, «ci dà la Vita».
   3. Lo Spirito Santo è della medesima sostanza [divina] che il Padre e il Figlio. Difatti, come il Figlio è Verbo del Padre, lo Spirito è l'Amore intercorrente tra il Padre e il Figlio, procedente da entrambi e quindi partecipante dell'unica divinità. Egli «procede dal Padre e dal Figlio». Non è, evidentemente, quella creatura che qualcuno disse.
    4. Riguardo al culto [che gli dobbiamo], sta su un piano di uguaglianza col Padre e il Figlio.
    Il battesimo stesso che applica all'uomo i frutti della passione redentrice del Figlio e procede dalla benevolenza del Padre, si compie - accomunandolo nel medesimo rito ­ mediante l'effusione dello Spirito (cf. Mt 28, 19). «Con il Padre e il Figlio, [lo Spirito] è adorato e glorificato».
    5. A conferma dell'eguaglianza delle tre Persone sta la divina ispirazione concessa ai profeti. E evidente che se lo Spirito non fosse Dio medesimo, nessuno potrebbe sostenere quanto, ad esempio, afferma san Pietro: «Uomini retti, mossi dallo Spirito Santo, hanno parlato da parte di Dio» (71). E Isaia poté ripeterlo di sé medesimo: «Il Signore Dio e il suo Spirito mi hanno mandato [a profetare]» (Is 61, 1).
   Risultano così infirmate due tesi ereticali: l'errore cioè dei manichei, secondo i quali l'Antico Testamento non aveva Dio per autore; il che è falso, avendo parlato lo Spirito Santo per bocca dei profeti.
   Poi l'errore di Priscilla e di Montàno (72), i quali davano per certo che i profeti non trasmisero il pensiero dello Spirito Santo, bensì i propri vaneggiamenti.
    Dallo Spirito ci deriva una quantità di frutti spirituali.
    Egli purifica l'anima dai peccati, spettando l'opera di restaurazione all'autore medesimo. Ora, l'anima umana è creata mediante lo Spirito Santo, dato che il Padre crea ogni cosa per un atto del suo Amore. «Tu ami tutte le cose esistenti, e nulla disprezzi di quanto hai creato» (Sap II, 24). E Dionigi scrive che l'Amore non permise che la divinità restasse infeconda.
    Perciò è quanto mai opportuno che il cuore umano, devastato dalle conseguenze della colpa, venga rimesso a nuovo dallo Spirito. Anche in senso spirituale vale la considerazione del salmista : «Ridai [alle creature] il tuo alito e le ricrei, e rinnovi la faccia della terra» (Sal 104, 30). Ed è perfettamente convenevole che in tale operazione purificatrice operi lo Spirito, dal momento che i peccati trovano remissione in forza dell'amore. «I suoi numerosi peccati sono stati perdonati - dice Gesù della peccatrice - poiché ha molto amato» (Lc 7, 47). E Pietro: «Abbiate un'ardente carità gli uni verso gli altri, perché la carità copre un gran numero di peccati» (73).
    Lo Spirito Santo illumina la nostra mente; tutto ciò che conosciamo [circa i misteri soprannaturali] proviene dalla rivelazione dello Spirito. «Lo Spirito Santo che il Padre vi manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi farà comprendere tutto ciò che vi ho detto» (Gv 14, 26; cf. 1 Gv 2, 27).
    Ci aiuta a osservare i divini precetti, esercitando su di noi una sorta di [soave] pressione. Nessuno infatti riuscirebbe a osservare i comandamenti se non amasse Dio. «Se qualcuno mi ama, metterà in pratica le mie parole» (Gv 14, 23). E lo Spirito-Amore ci induce a riamare. Egli realizza la promessa antica: «Vi darò un cuore nuovo, in voi porrò un nuovo spirito; toglierò il cuore di pietra dal vostro corpo e lo sostituirò con uno di carne. Porrò in voi lo Spirito mio, facendo si che viviate secondo i miei statuti, mettendo in pratica le mie leggi» (74).
    Ci rafforza nella speranza di poter conseguire la vita eterna, poiché egli ne costituisce quasi il pegno. Dice l'Apostolo: «Avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo, che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità» (Ef I, 13-14). La vita eterna infatti viene promessa all'uomo che [mediante la fede in Cristo] diviene figlio adottivo di Dio, simile cioè al Cristo per opera dello spirito che abita in Gesù, ed è lo Spirito Santo. «Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale possiamo gridare: Abbà, Padre!' Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio» (Rm 8, 15-16).
    «La prova che voi siete figli, sta nel fatto che Dio mandò lo Spirito del Figlio suo nei vostri cuori, il quale grida: Abbà!', che vuol dire Padre!» (Gal 4, 6).
    Infine lo Spirito Santo ci consiglia nelle situazioni difficili, mostrandoci quale sia [nel caso concreto] la volontà di Dio. All'invito che leggiamo nell'Apocalisse: «Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice» (Ap 2, 7), fa eco l'esemplare disponibilità del profeta Isaia: «Lo ascolterò, come [il discepolo ascolta] il maestro» (Is 50, 4).

<<Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis>>

AVE MARIA!




 
 
    Nella preghiera dell'Ave si distinguono tre parti: la prima venne pronunziata dall'angelo, cioè: «Ave, piena di grazia, il Signore è con te; tu sei benedetta tra le donne» (Lc 1, 28). L'altra da Elisabetta, madre di Giovanni Battista, quando disse: «Benedetto il frutto del seno tuo» (Lc 1, 42). La terza fu aggiunta dalla Chiesa: il vocativo «Maria» (215). Difatti l'angelo non disse: «Ave, Maria», bensì: «Ave, piena di grazia»; ma vedremo come il nome «Maria», nei suoi vari significati, si addica al saluto dell'angelo.
    In antico era considerato un grande onore il fatto che gli angeli si mostrassero agli occhi umani, e sommo titolo di lode l'essersi potuti prostrare dinanzi a quei messaggeri di Dio. Tant'è vero che a lode di Abramo vien detto che egli ospitò gli angeli nella propria tenda, rendendo loro la debita venerazione (216).
    Ma del tutto insolito risulta che sia stato un angelo a inchinarsi davanti a creatura umana, fino al momento in cui Gabriele salutò la beata Vergine, devotamente: «Ave» (217).
     La ragione per cui mai prima d'allora un angelo si era abbassato di fronte a persona umana è questa: che egli la sopravanza per tre motivi: quanto a dignità, a familiarità con Dio e al pieno splendore della grazia divina [che rifulge nelle sostanze angeliche].
    L'angelo è infatti di natura spirituale, come attesta il salmo 103: «Tu hai creato i tuoi messaggeri come spirito» (Sal 103, 4), mentre l'uomo è corruttibile per natura. Disse in tal senso Abramo: «Io, che sono polvere e cenere, parlerò al mio Signore?» (Gn 18, 27). Non era quindi opportuno che una creatura spirituale e incorruttibile si umiliasse dinanzi ad altra creatura, caduca, qual'è l'uomo.
    L'angelo è familiare con Dio; un suo assistente: «Mille migliaia [d'angeli] lo servivano, e miriadi di miriadi stavano in piedi di fronte a lui» (Dn 7, 10). Al contrario, l'uomo è come uno straniero, dopo essersi allontanato dal trono dell'Altissimo con la colpa d'origine. Ognuno di noi può ripetere: «Ecco, me ne son fuggito lontano» (Sal 54, 8). Perciò è assai più naturale che sia l'uomo a mostrarsi deferente nei confronti dell'angelo, intimo familiare del celeste sovrano.
    E infine, gli angeli partecipano largamente del lume divino. [Bildad lo Shukhita] si domandava: «E’ possibile far un censimento delle sue milizie? e c'è qualcuno tra loro che non è investito dal divino fulgore?» (218). Per questa ragione, l'angelo si manifesta sempre come un essere luminoso; gli uomini, invece, anche quando siano in qualche modo toccati da quel lume di grazia, restano in una sorta di semioscurità. Non era conveniente che l'angelo prestasse un atto d'ossequio o riverenza all'uomo finché non si fosse trovato nelle umane generazioni qualcuno che lo superasse - per spiritualità, familiarità con Dio e nel pieno splendore della grazia. Così fu l'angelo che rese omaggio a Maria, salutandola: «Piena di grazia».
    La beata Vergine, dunque, superò gli angeli per tre motivi, a cominciare dalla pienezza di grazia che, in lei, è superiore che non in qualunque spirito beato; e per sottolineare ciò, Gabriele le rese omaggio chiamandola: «Piena di grazia», quasi volesse dire: «Ti ossequio poiché mi vinci per sovrabbondanza di grazia».


    I. La beata Vergine è detta «piena di grazia» innanzi tutto riguardo alla propria anima, satura di grazia divina. Tale dono viene concesso per due finalità: onde farci ben operare ed evitare il male. Maria ebbe il duplice ausilio in misura perfetta. Ella evitò il peccato meglio che qualunque altro santo, seconda soltanto rispetto al Cristo.
    Esiste il peccato, che è di due specie. Da quello originale Maria venne mondata fin dal grembo materno; e fu esente da qualsiasi peccato personale, anche il più lieve. Si legge nel Cantico dei Cantici: «Tu sei tutta bella, amica mia, e in te non è possibile trovare alcuna macchia!» (Ct 4, 7). E sant'Agostino, nel trattato su La natura e la grazia, aggiunge: «Esclusa la santa Vergine Maria, se la totalità dei santi e delle sante fosse stata interrogata durante la loro vita terrena, se si stimassero immuni da colpa, avrebbero esclamato concordi: 'Quando dicessimo di non avere in noi l'esperienza del peccato, inganneremmo noi stessi: non ci sarebbe la verità nelle nostre parole!' (I Gv I, 8). Tutti. Eccetto questa santa Vergine che, come dico, non dev'esser neppure nominata in tale questione, per l'onore dovuto a Dio. Sappiamo infatti che le venne concessa tanta grazia da poter vincere la minima tentazione, quanto ne richiedeva il suo merito di concepire e dare alla luce colui che di certo non conobbe ombra di peccato».
    Cristo, d'altronde, superò la beata Vergine: egli fu concepito senza la colpa d'origine mentre la Vergine santa, pur nascendo senza peccato, ne fu sfiorata appena, all'atto del concepimento [nel grembo di sua madre, Anna] (219).
    Ella esercitò inoltre tutte le virtù, invece i santi rifulsero solo in tal une di esse: chi fu particolarmente umile, chi casto, chi misericordioso; singolarmente considerati, essi ci son d'esempio per qualche virtù specifica (come san Nicola che vien citato a modello di misericordia, ecc.). La vergine Maria è esemplare in ogni singola virtù: difatti trovi in lei esempio d'umiltà, quando dice: «Eccomi, sono l'ancella del Signore... Egli ha guardato alla pochezza della sua serva» (Lc 1, 38; 48). Fu modello di castità («Non ho [né intendo avere] esperienze matrimoniali») (220); e così di seguito, per le rimanenti virtù. Sicché la beata Vergine fu piena di grazia sia in ordine al bene da compiere, sia quanto al male da evitare.


 
    2. Di più, ricevette la pienezza della grazia anche allo scopo di far ridondare l'eccesso [della medesima], dall'anima, nel proprio corpo.
    È già mirabile cosa che i santi abbiano quel tanto di grazia sufficiente a santificarli nell'anima; ma lo spirito della Vergine ne fu così ricolmo da traboccare nel suo fisico, da cui doveva prender inizio il concepimento del Figlio di Dio. Dice al riguardo Ugo da san Vittore: «Dato che l'amore dello Spirito Santo ardeva nell'animo suo in misura singolare, produsse meraviglie nella sua carne, facendo germinare da lei l'Uomo-Dio». È un appropriato commento a quanto aveva scritto san Luca: «Il bambino che da te nascerà sarà santo, e verrà chiamato 'figlio dell'Altissimo'» (Lc l, 35).

   3. Maria fu piena di grazia anche in ordine alla compartecipazione del dono a tutti gli uomini. Se è un fatto ammirabile che un santo abbia posseduto la grazia in misura tale da procurar la salvezza di molti altri, il possederne in quantità sufficiente da provvedere alla salvezza spirituale del mondo intero, questo equivarrebbe ad aver la grazia in grado massimo: ed è quel che si verifica in Cristo e nella Vergine beata.
    In qualunque frangente ti trovassi, tu potrai scamparne grazie alla gloriosa Vergine. Per simboleggiarne la potenza, può applicarsi a lei ciò che si può leggere nel Cantico. «Innumerevoli corazze - ossia ripari contro ogni pericolo - la circondano» (Ct 4, 4). E puoi averla al tuo fianco, ad aiutarti nel compimento di ogni opera virtuosa; in questo secondo senso è applicabile alla santa Vergine un'altra citazione biblica: «In me si trova ogni speranza [necessaria] alla vita e alla virtù» (Sir 24, 25).
    Dunque, Maria è piena di grazia, da eccedere per abbondanza gli angeli stessi. Perciò è chiamata convenientemente «Maria», che significa: «Colei che ha in sé la luce». La sua anima, infatti, per riportare alcune parole del profeta, «risplende nelle tenebre» (Is 58, 11): luce che si irradia sopra l'intera umanità. Ecco perché Maria vien rassomigliata al sole e alla luna.
    Ella supera gli angeli anche quanto a familiarità con Dio. Volle metterlo in risalto l'angelo: «Il Signore è con te»; quasi dica: «Ti rendo ossequio giacché tu sei più intima con Dio, di quanto non lo sia io stesso. Il Signore infatti è 'con te': Dio Padre e il suo Verbo!» Nessun angelo né alcun' altra creatura potrà ripetere altrettanto. «Colui che nascerà da te, sarà detto 'Figlio di Dio'» (Lc 1, 35). Nel tuo grembo, il Figlio unigenito del Padre. Perciò, Maria, «esulta e giubila... che abiterà in te, possente, il Santo d'Israele» (Is 12, 6).
    Il Signore sta con la beata Vergine anche in altro senso, rispetto al suo stare assieme agli angeli. [Diverso il rapporto:] Dio, che si rende figlio di Maria, resta Signore delle schiere angeliche.
    Lo Spirito Santo dimora in lei come in un tempio, sicché essa riceve giustamente l'appellativo di «tempio del Signore, sacrario dello Spirito Santo». Maria concepì [il Cristo] in virtù dello Spirito Santo, che scese su di lei con la potenza dell'Altissimo (cf. Lc 1, 35). Un'intimità col creatore più profonda di qualunque altra, cui possa aspirare una creatura: sono in lei Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo, l'indivisa Trinità; per questo si canta della Vergine: «O nobile triclinio della Trinità» (221); e l'espressione: «Il Signore è con te» è la più nobile che si possa proferire. Giustamente l'angelo s'inchina davanti a Maria: è la madre del suo Signore, e dunque Signora lei medesima. Le si addice [anche] perciò il nome «Maria» che, in siriaco, viene interpretato «signora».
    Infine, la beata Vergine supera gli angeli nella purezza, dal momento che fu pura non soltanto in se stessa, ma dispensatrice di purezza per tanti altri. Fu purissima sia quanto alla minima colpa - giacché non contrasse il peccato d'origine, né commise alcun peccato, mortale o veniale -, sia quanto alla pena (222).
    A causa del peccato [d'origine] erano stati comminati tre generi di castigo. La donna avrebbe concepito d'allora in poi con pregiudizio della verginità, portato avanti nel disagio la gravidanza, e partorito tra le doglie.
    Ma la beata Vergine fu esente da tutto ciò: concepì senza danno della propria integrità, tutta consolata portò in grembo il Figlio e tra gaudi inenarrabili diede alla luce colui che è il Salvatore. Le si possono adattare le parole d'Isaia: «Si coprirà di fiori..., fiorirà simile al narciso; esulterà piena di contentezza e cantando laudi» (Is 35, 2).
    Altra pena, data all'uomo: avrebbe dovuto guadagnarsi il pane col sudore della fronte. Ne fu esclusa la Vergine beata, secondo la sentenza dell'Apostolo: «Le vergini si danno pensiero [unicamente] delle cose che riguardano il Signore» (1 Cor 7, 34).
    La terza è comune agli uomini e alle donne, il cui corpo deve tornare [a risolversi] in polvere. La beata Vergine ne fu risparmiata, essendo stata assunta in cielo, anima e corpo, quasi aderendo all'invito: «Lèvati, Signore, verso la tua dimora: tu, e l'arca tua santa» (Sal 131, 8).
    Insomma, ella fu libera da ogni genere di maledizioni; «benedetta tra le donne », lei che - tolta di mezzo la maledizione - ci donò la benedizione [nel Cristo] e aprì l'accesso al paradiso. Le si addice così il nome di «Maria» nel significato di «stella del mare». Come infatti, grazie alla stella [polare], i naviganti si orientano ritrovando la rotta verso il porto, similmente i cristiani son guidati da Maria alla patria celeste.
 

 
 
    Talvolta il peccatore cerca nei beni un godimento che non gli riesce d'ottenere, mentre il medesimo viene concesso al giusto. E detto nel libro dei Proverbi: «Le sostanze dell'empio sono serbate per l'uomo retto» (Prv 13, 22). Eva, ad esempio, mangiò del frutto [proibito] senza tuttavia trovarci quanto aveva sperato. La beata Vergine invece trovò nel frutto del proprio grembo ciò che Eva aveva cercato invano.

 
    I. Il diavolo le aveva ingannevolmente promesso che [lei e Adamo] si sarebbero tramutati in dèi, capaci di 'conoscere il bene e il male': «Sarete - promise quel bugiardo - simili alla deità» (Gn 3, 5). Naturalmente mentiva, poiché è menzognero, ispiratore d'ogni falsità.
    L'aver mangiato del frutto vietato non rese Eva simile a Dio, bensì dissimile, giacché peccando s'allontanò dall'unico che poteva salvarla. Venne cacciata dal paradiso.
    Il contrario accadde alla beata Vergine ed a ciascun cristiano: in forza della nostra unione al Cristo (223) siamo congiunti e resi simili a Dio: « Quando in noi sarà attuale [lo splendore della vita divina], saremo simili a lui, e lo vedremo quale egli è» (I Gv 3, 2).

 
    2. Ancora. La donna aveva sperato di appagare il proprio desiderio mangiando di quel frutto che le sembrava così appetibile. Ma non ne trasse piacere, perché all'istante si ritrovò spogliata [di tanti doni] e in preda all'angoscia. Nel frutto della Vergine [madre] troviamo invece soavità e salute. L'ha detto la Verità incarnata: «Chi mangia la mia carne, partecipa della vita eterna» (Gv 6, 55).


     3. Il frutto bramato da Eva, infine, era bello all'apparenza, ma assai più bello è il frutto della Vergine Maria, tanto che gli angeli bramano di poterlo contemplare. Di lui canta il salmista: «Tu splendi per bellezza tra i figli dell'uomo; soffuse di grazia sono le tue labbra» (224), ed è un effetto della gloria del Padre.
     Eva, al pari d'ogni altro peccatore, non poté conseguire ciò che sperava dal peccato. E allora, quel che desideriamo cerchiamolo nel Figlio della Vergine. È un frutto benedetto da Dio, che lo arricchì d'ogni grazia, tanto da farla traboccare sino a noi appena gli porgiamo il nostro ossequio. «Egli ci ha benedetti in Cristo, dall'alto dei cieli, con ogni genere di benedizioni spirituali» (Ef I, 3). E benedetto dagli angeli: «Lode, gloria; sapienza, rendimento di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio, nei secoli dei secoli!» (Ap 7, 12). Benedetto dagli uomini, che ripetono: «Ogni lingua riconosca che Cristo Gesù è il Signore, a gloria di Dio Padre» (Fil 2, 11), e: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Gv 12,13; cf. Sal 117, 26).
     Benedetta di sicuro la Vergine santa, ma ancor più benedetto il frutto del suo grembo.


AVE AVE AVE MARIA!