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sabato 31 agosto 2019

SALMO 42 nel commento di sant'Agostino

SUL SALMO 42

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ESPOSIZIONE
Discorso al popolo

1. Questo salmo è breve; soddisfa gli animi degli ascoltatori, e non è molesto allo stomaco di chi è digiuno. Si nutra di questo la nostra anima, che chi canta in questo salmo, dice che è triste; triste credo per qualche digiuno che ha fatto, o meglio per la sua fame. Infatti il digiuno è volontario, mentre la fame è imposta dalla necessità. Ha fame la Chiesa, ha fame il Corpo di Cristo, e quell'Uomo che si trova ovunque, il cui Capo è in alto, mentre le membra sono in basso; dobbiamo sentire ormai nota e familiare, come fosse la nostra, la sua voce in ogni salmo, sia che canti o che gema, si allieti nella speranza oppure sospiri per qualche cosa. Non è necessario dunque trattenerci a lungo per chiarirvi chi è che qui ci parla; sia ciascuno di voi nel Corpo di Cristo, e qui parlerà.
Convivenza dei buoni con i cattivi.
2. [v 1.] Ma voi conoscete tutti coloro che progrediscono, e coloro che anelano a quella città celeste, che riconoscono il loro esilio, che non perdono la via, che hanno fissato nel desiderio di quella saldissima terra, come fosse un'ancora, la loro speranza; sapete dunque che questo genere di uomini, questo buon seme, questo frumento di Cristo in mezzo alla zizzania geme; e ciò accade finché non verrà il tempo della mietitura, cioè fino alla fine del mondo, come ci dice la Verità che non sbaglia 1. Gemendo dunque in mezzo alla zizzania, cioè in mezzo agli uomini malvagi, in mezzo agli ingannatori e ai seduttori, o agli agitati dall'ira o agli avvelenati dalle insidie, rendendosi conto di essere insieme con loro come in uno stesso campo sparso per tutto il mondo, che riceve una stessa pioggia, che ugualmente è percosso dal vento, che parimenti è nutrito in mezzo alle avversità, che ha insieme a costoro in comune gli stessi doni di Dio, ugualmente concessi ai buoni e ai malvagi da colui che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui malvagi e fa piovere su giusti ed ingiusti 2; vedendo dunque il seme di Abramo, il seme santo, avere ora in comune con i malvagi, dai quali a suo tempo sarà separato, tante cose, in quanto ugualmente nasce, riceve in sorte la stessa condizione umana, parimenti porta un corpo mortale, insieme usa della luce, delle fonti, dei frutti, delle prosperità e delle avversità del secolo, della fame, dell'abbondanza, della pace, della guerra, della salute, della peste; orbene vedendo quante cose ha in comune con i malvagi, con i quali tuttavia non ha in comune la causa, prorompe in queste parole: giudicami, Dio, e distingui la mia causa dalla gente non santa. Dice: Giudicami, Dio; non temo il giudizio perché ho conosciuto la tua misericordia. Giudicami, Dio, e distingui la mia causa dalla gente non santa. Per ora in questo esilio non ancora distingui il mio posto, perché vivo insieme con la zizzania fino al tempo della mietitura; non ancora distingui la mia pioggia, non ancora distingui la mia luce: ebbene distingui la mia causa. C'è distanza fra colui che crede in te e colui che non crede in te. Pari è la debolezza, ma diversa è la coscienza; pari è la fatica, ma diverso è il desiderio. Il desiderio degli empi perirà; dovremmo dubitare anche del desiderio dei giusti se non fossimo certi della promessa che ci è stata fatta. Il fine del nostro desiderio è colui stesso che ci ha fatto tale promessa. Darà se stesso, perché se stesso ha dato, darà se stesso immortale agli immortali, perché ha dato ai mortali se stesso mortale. Giudicami, Dio, e distingui la mia causa dalla gente non santa. Liberami dall'uomo ingiusto e ingannatore cioè liberami dalla gente non santa. Dall'uomo, cioè da quel certo genere di uomini: c'è uomo e uomo, e tra questi due uno sarà accolto ed uno sarà abbandonato 3.
Tristezza del peccatore e gioia dei giusti.
3. [v 2.] È necessaria dunque con pazienza sopportare fino alla mietitura una certa, se così si può dire, indivisa divisione; perché sono insieme e perciò non ancora sono divisi; ma la zizzania è zizzania, e il frumento è frumento, e perciò già sono divisi. È dunque necessaria la fortezza che dobbiamo implorare da colui che ci ha ordinato di essere forti e, se egli non ci farà forti, non saremo ciò che ci ha ordinato per mezzo di colui che ha detto: Chi avrà perseverato fino alla fine, costui sarà salvo 4E, affinché l'anima stessa non si indebolisca arrogandosi la forza, subito aggiunge: Dato che tu sei il mio Dio, la mia forza, perché mi hai scacciato, e perché, rattristato avanzo mentre il nemico mi affligge? Egli cerca la causa della sua tristezza. Dice: Perché rattristato avanzo mentre il nemico mi affligge? Cammino rattristato, il nemico mi affligge con le sue quotidiane tentazioni, suggerendo ora un amore disordinato, ora un disordinato timore; e nell'anima, combattendo contro l'una e l'altra, anche se non ne è schiava, tuttavia corre pericolo, si rattrista e dice a Dio: Perché? Cerchi dunque da se stesso, e udrà perché. Cerca infatti nel salmo la causa della sua tristezza, dicendo: Perché mi hai scacciato, e perché rattristato cammino? Ascolti Isaia, lo soccorra quel passo, che ora è stato recitato: Lo spirito da me se ne andrà, e io ho emesso ogni soffio, a cagione del piccolo peccato io l'ho reso triste, io ho distolto la mia faccia da lui; ed è rattristato. e se ne va triste sulle sue vie 5. Che andava dunque cercando: perché mi hai scacciato, e perché rattristato cammino? Hai ascoltato perché: a cagione del peccato. La causa della tua tristezza è il peccato: sia la giustizia la causa della tua gioia. Volevi peccare, e non volevi portarne il peso; come se poco fosse stato per te l'essere ingiusto, avresti voluto che fosse ingiusto anche lui, dal quale non volevi essere punito. Ascolta in un altro salmo queste parole più chiare: bene è per me che tu mi abbia umiliato, affinché io apprenda le tue giustificazioni 6. Inorgoglito io avevo appreso le mie ingiustizie, apprenda umiliato le tue giustificazioni. Perché rattristato cammino, mentre il nemico mi affligge? Cerchi chi è questo nemico; egli veramente ti affligge, ma sei tu che gli hai dato l'occasione. Ed ora sai che cosa fare; prendi la tua decisione, accetta il re, respingi il tiranno.
Dio luce e verità.
4. [v 3.] Ma per far questo, stai attento a che cosa dice, che cosa supplica, che cosa prega. Prega ciò che ascolti, prega quando ascolti; e di tutti noi sia questa voce: Manda la tua luce e la tua verità; esse mi hanno sollevato e mi hanno condotto nel tuo monte santo e nella tua tenda. Parla della tua luce e della tua verità; questi sono due nomi, ma una sola è la cosa. Che altro è infatti la luce di Dio, se non la verità di Dio? E che cosa è la verità di Dio se non la luce di Dio? E ambedue queste cose sono il solo Cristo. Io sono la luce del mondo, chi crede in me non camminerà nelle tenebre 7. Io sono la via, la verità e la vita 8. Egli è la luce, egli è la verità. Venga dunque, e ci liberi distinguendo finalmente la nostra causa da quella della gente non santa; ci liberi dall'uomo ingiusto e ingannatore; separi il frumento dalla zizzania; perché è lui stesso che manderà i suoi angeli alla stagione della mietitura per raccogliere dal suo regno ogni scandalo e gettarli nel fuoco ardente, mentre riuniranno nel granaio il suo frumento 9. Manderà la sua luce e la sua verità; perché esse già ci hanno condotto nel suo santo monte e nella sua tenda. Abbiamo un pegno, speriamo il premio. Santo è il suo monte, santa è la sua Chiesa. Quello è il monte che da una piccolissima pietra tanto crebbe, secondo la visione di Daniele, da schiacciare i regni terreni, e a tal punto divenne grande, da riempire tutta la superficie della terra 10. In questo monte dichiara di essere esaudito colui che dice: Gridai con la mia voce al Signore, ed egli mi esaudì dal suo monte santo 11. Chiunque prega al di fuori di questo monte non speri di essere esaudito in vista della vita eterna. Molti infatti sono esauditi per molte altre cose. Non si rallegrino perché sono stati esauditi; furono esauditi anche i demoni, tanto che furono lasciati entrare nei porci 12. Aneliamo ad essere esauditi per la vita eterna, con il desiderio con cui diciamo: manda la tua luce e la tua verità. Quella luce penetra l'occhio del cuore: beati infatti i puri di cuore perché essi vedranno Dio 13. Ma ora siamo nel suo monte, cioè nella sua Chiesa, e nella sua tenda. La tenda è propria dei pellegrini, la casa è invece propria di coloro che hanno una dimora stabile; e c'è anche una tenda dei pellegrini e dei soldati. Quando odi parlare della tenda, intendi la guerra, e guardati dal nemico. Ma quale sarà la casa? Beati coloro che abitano nella tua casa, nei secoli dei secoli ti loderanno 14.
Valore della tribolazione.
5. [v 4.] Condotti ormai alla tenda e collocati sul suo santo monte, quale speranza nutriamo? Ed entrerò all'altare di Dio. C'è infatti un certo altare invisibile e sublime, al quale non si avvicina l'ingiusto. A quell'altare si avvicina soltanto colui che si accosta sicuro al suo santo monte, ivi ritroverà la sua vita colui che in questo monte distingue la sua causa. Ed entrerò all'altare di Dio. Dal suo santo monte, dalla sua tenda, dalla sua santa Chiesa entrerò all'altare sublime di Dio. Quale sacrificio vi si compie? Colui stesso che entra è assunto quale olocausto. Entrerò all'altare di Dio. Che significano le parole: all'altare di DioA Dio che allieta la mia giovinezza. Giovinezza significa novità; è come se dicesse: a Dio che rallegra la mia novità. Rallegra la mia novità, colui che rattrista la mia vecchiezza. Infatti ora, rattristato, cammino nella vecchiaia, ma allora starò in piedi, lieto nella novità. Ti loderò con la cetra, Dio, Dio mio. Che cosa significa lodare con la cetra e lodare con il salterio? Non sempre infatti si loda con la cetra e neppure sempre con il salterio. Questi due strumenti musicali differiscono l'uno dall'altro e la loro differenza è degna di considerazione e di essere ricordata. Ambedue si tengono con le mani e si toccano e sono l'immagine di qualche nostra opera corporale. Ambedue sono buoni, sempreché chi li usa sappia suonare il salterio o sappia suonare la cetra. Ma il salterio è così chiamato perché nella parte superiore ha la cassa armonica; si tratta di un timpano di un legno concavo in cui le corde toccate risuonano; mentre la cetra ha lo stesso legno concavo e sonoro nella parte inferiore. Dobbiamo perciò distinguere le nostre opere quando sono nel salterio e quando sono nella cetra, anche se ambedue sono gradite a Dio e dolci al suo udito. Quando dunque facciamo qualcosa che ci è indicata dai precetti di Dio, attenendoci ai suoi ordini ed agendo per adempiere i suoi comandamenti, e questo facciamo senza soffrire si tratta del salterio. Così si comportano infatti anche gli angeli; essi non subiscono certo alcuna sofferenza. Quando invece abbiamo qualche tribolazione, subiamo qualche tentazione o qualche scandalo in questa terra, poiché soffriamo nella nostra parte inferiore per il fatto che siamo mortali e dobbiamo le tribolazioni alla nostra prima origine, ed esse ci derivano da coloro che sono inferiori a noi, allora si tratta della cetra. Il suono soave viene infatti dalla parte inferiore; noi soffriamo e cantiamo, o meglio cantiamo e suoniamo la cetra. Quando l'Apostolo dichiarava che evangelizzava e predicava il Vangelo a tutto il mondo in forza del comandamento di Dio, in quanto diceva di avere ricevuto quel Vangelo non dagli uomini e neppure per mezzo di un uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo 15, dall'alto risuonavano le corde; quando invece diceva: ci gloriamo nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione suscita la pazienza, la pazienza la prova, la prova la speranza 16, la cetra suonava nella sua parte inferiore, ma con estrema dolcezza. La pazienza è sempre gradita a Dio. Se però in tali tribolazioni sei venuto meno, allora hai spezzato la cetra. Perché dunque ora ha detto: ti loderò con la cetra? Così si è espresso perché prima aveva detto: perché tristemente cammino mentre il nemico mi affligge? Soffriva insomma qualche afflizione nella sua parte inferiore, e in ciò stesso tuttavia voleva essere gradito a Dio e si sforzava di rendere grazie a Dio, forte nelle tribolazioni; e poiché non poteva essere senza tribolazioni offriva a Dio la sua pazienza. Ti loderò con la cetra, Dio, Dio mio.
L'immagine di Dio in noi.
6. [v 5.] E di nuovo si rivolge alla sua anima, affinché essa capti il suono che echeggia da quel legno sonoro che sta nella parte inferiore: Perché sei triste, anima mia, e perché mi turbi? Sono nelle tribolazioni, nella tristezza, nei dolori, e perché mi turbi, o anima? Chi dice queste parole? A chi le dice? Tutti sappiamo che le dice all'anima; è evidente che questo discorso è diretto a lei. Perché sei triste anima mia e perché mi turbi? Cerchiamo chi è colui che parla. È forse la carne che parla all'anima, dato che la carne senza l'anima non parla? È più logico peraltro che sia l'anima a parlare alla carne, piuttosto che la carne a parlare all'anima. Ma allora perché non ha detto: perché sei triste, carne mia, ma ha detto: perché sei triste, anima mia? Inoltre, se fosse l'anima a parlare alla carne, probabilmente non avrebbe detto: perché sei triste: ma avrebbe detto: perché ti duoli? Il dolore dell'anima infatti è detto tristezza; il disagio che si manifesta nel corpo può esser detto dolore, ma non tristezza. Ma molte volte l'anima si rattrista per il dolore del corpo. Interessa quindi sapere cos'è che duole, e cos'è che rattrista. Duole la carne e l'anima è triste; e chiarissime sono queste parole: perché sei triste, anima mia? Non è dunque l'anima che parla alla carne, dato che non ha detto: perché sei triste carne mia? Ma neppure è la carne che parla all'anima, perché è assurdo che l'inferiore parli con il superiore. Ci rendiamo conto di conseguenza di possedere qualcosa ove sta l'immagine di Dio, la mente e la ragione. La mente stessa invocava la luce di Dio e la verità di Dio. È per suo mezzo che comprendiamo ciò che è giusto e ciò che è ingiusto; che distinguiamo il vero dal falso; esso si chiama intelletto, quell'intelletto di cui mancano le bestie; e chiunque trascura questo intelletto, e lo pospone alle altre cose e si muove quasi non l'avesse, ascolti il salmo: non siate come il cavallo e il mulo che non hanno intelletto 17. È dunque il nostro intelletto che parla alla nostra anima. Essa nelle tribolazioni si è snervata, stancata nelle angosce, ripiegata nelle tentazioni, ammalata nelle fatiche. La mente che comprende dall'alto la verità, solleva l'anima e le dice: perché sei triste, anima mia, e perché mi turbi?
Tutto dobbiamo attenderci dal Signore.
7. Osservate un po' se questo discorso non si ritrova in quel conflitto di cui parla l'Apostolo il quale, prefigurando in sé alcuni e forse prefigurando proprio noi, dice: Amo con voi la legge di Dio secondo l'uomo interiore ma vedo un'altra legge nelle mie membra cioè i sentimenti carnali; e in questa lotta quasi disperata invoca la grazia di Dio: Me misero uomo, chi mi libererà da questo corpo di morte? La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore 18Il Signore stesso si è degnato di prefigurare in sé tali forze che tra loro combattono, allorché dice: triste è l'anima mia sino alla morte 19. Egli sapeva infatti per cosa era venuto. Temeva forse la passione colui che aveva detto: Ho il potere di dare la vita mia, ed ho il potere di riprenderla di nuovo; nessuno la toglie a me, ma io stesso la do, e di nuovo la prendo 20? Ma quando dice: triste è l'anima mia sino alla morte, raffigura in se stesso le sue membra. Di solito infatti lo spirito già crede con certezza e con sicurezza sa che l'uomo sarà, secondo la sua fede, nel seno di Abramo; crede questo, e tuttavia, quando viene il momento della morte, si turba per l'abitudine che ha fatto alla vita in questo secolo; tende l'udito a quella voce interna di Dio, ascolta l'intimo e spirituale canto. Così dall'alto risuona nel silenzio qualcosa, non alle orecchie, ma alla mente; per cui chiunque ode quella melodia, prova disgusto per lo strepito del corpo, e tutta questa vita umana è per lui solo rumore assordante che gli impedisce di udire quel suono sublime, straordinariamente piacevole, incomparabile e ineffabile. E parimenti quando, colpito da qualche turbamento, l'uomo subisce violenza, lo spirito dice all'anima sua: perché sei triste, anima mia, e perché mi turbi? È forse per questo che difficilmente si trova una vita purificata, quando giudica colui che sa giudicare secondo un'estrema purità e sicurezza? Per quanto la vita in mezzo agli uomini sia degna di lode in modo che gli uomini non hanno di che rimproverare con giustizia, si sviluppa il giudizio da parte del Signore, si applica la regola con una equanimità che non conosce errore, e trova nell'uomo qualcosa che Dio rimprovera, e che agli uomini non sembrava degno di rimprovero, neppure a colui che è sottoposto a giudizio. È forse temendo questo che l'anima si turba; le si rivolge allora la mente come dicendole: perché temi i peccati, dal momento che non puoi evitarli tutti? Spero nel Signore perché io a lui confesserò. Questo discorso risana un po', il resto è purificato dalla fedele confessione. Hai diritto di temere, se ti consideri giusto, e se non hai presenti le parole di quell'altro salmo: Non venire a giudizio con il tuo servo. Perché: non venire a giudizio con il tuo servo? La tua misericordia mi è necessaria. Se applicherai infatti il giudizio senza misericordia, dove andrò a finire? Se terrai conto delle ingiustizie, Signore, chi spererà? 21 Non venire a giudizio con il tuo servo, perché nessun vivente può giustificarsi dinanzi a te 22. Non sarà dunque giustificato al tuo cospetto alcun vivente, perché chiunque qui vive, anche se vive giustamente, guai a lui se Dio entrerà in giudizio con lui. Per mezzo del profeta il Signore così rimprovera gli arroganti e i superbi: Perché volete entrare con me in giudizio? Tutti mi avete abbandonato, dice il Signore 23. Non entrate dunque in giudizio; dàtti da fare per essere giusto; e qualunque cosa tu sia stato, confessati peccatore; sempre spera nella misericordia: e in questa umile confessione parla sicuro con la tua anima che ti turba e tumultua contro di te. Perché sei triste, anima mia, e perché mi turbi? Forse volevi sperare in te; Spera nel Signore, non in te. Cosa sei in te e cosa si può attendere da te? Egli sia la tua salvezza, lui che ha accettate le ferite per te. Spera nel Signore, perché lui confesserò. Che cosa confesserai? che egli è la salvezza del mio volto, il mio Dio. Tu sei la salvezza del mio volto, tu mi sanerai. Ti parlo da malato; riconosco il medico, non pretendo di essere sano. Che significa: riconosco il medico, e non pretendo di essere sano? Significa ciò che in un altro salmo è detto: Io dissi: Signore abbi pietà di me, risana l'anima mia, perché ho peccato contro di te 24.
Digiuno ed elemosina.

8. Questa supplica, fratelli, è sicura; ma vigilate nelle opere buone. Toccate il salterio obbedendo ai comandamenti, toccate la cetra, sopportando le passioni. Spezza il tuo pane per chi ha fame 25, ha detto Isaia; non credere che sia sufficiente il digiuno. Il digiuno ti mortifica, non soccorre gli altri. Saranno fruttuose le tue privazioni se donerai ad altri con larghezza. Ecco, hai defraudato la tua anima; a chi darai ciò che ti sei tolto? dove porrai ciò che hai negato a te stesso? Quanti poveri potrebbe saziare il pranzo che noi oggi abbiamo interrotto! Il tuo digiuno deve essere questo: mentre un altro prende cibo, godi di nutrirti della preghiera per la quale sarai esaudito. Continua infatti Isaia: mentre ancora tu parli, io ti dirò: ecco son qui; se spezzerai di buon animo il pane a chi ha fame 26; perché di solito ciò vien fatto con tristezza e brontolando, per evitare il fastidio di colui che chiede, non per ristorare le viscere di chi ha bisogno. Ma Dio ama chi dona con letizia 27. Se avrai dato il pane con tristezza, hai perduto il pane e il merito. Fa' dunque questo di buon animo; affinché colui che vede dentro mentre ancora stai parlando, ti dica: ecco son qui. Con quanta celerità sono accolte le preghiere di coloro che operano il bene! Questa è la giustizia dell'uomo in questa vita, il digiuno, l'elemosina, la preghiera. Vuoi che la tua preghiera voli fino a Dio? Donale due ali: il digiuno e l'elemosina. Così ci trovi, così tranquilli ci scopra la luce di Dio e la verità di Dio, quando verrà a liberarci dalla morte colui che già è venuto a subire la morte per noi. Amen.

AMDG et DVM

sabato 24 febbraio 2018

Salmo 42 : Comentario de Santo Tomás de Aquino


Santo Tomás de Aquino

Comentario al Salmo 42

Salmo 42:

S. Iúdica me, Deus, et discérne causam meam de gente non sancta : ab hómine iníquo et dolóso érue me.
M. Quia tu es, Deus, fortitúdo mea : quare me repulísti, et quare tristis incédo, dum afflígit me inimícus ? 
S. Emítte lucem tuam et veritátem tuam : ipsa me deduxérunt et adduxérunt in montem sanctum tuum, et in tabernácula tua.
M. Et introíbo ad altáre Dei: ad Deum qui lætíficat iuventútem meam.
S. Confitébor tibi in cíthara, Deus, Deus meus: quare trístis es ánima mea, et quare contúrbas me ?
M. Spera in Deo, quóniam adhuc confitébor illi: salutare vúltus mei, et Deus meus.
S. Glória Patri, et Fílio, et Spíritui Sancto.
M. Sícut erat in princípio, et nunc, et semper, et in sæcula sæculórum. Amen.

Júzgame, oh Dios, y discierne mi causa de la gente no santa, del hombre injusto y falaz libérame. 


Porque tu eres, oh Dios, mi fortaleza: ¿por qué me desprecias? y ¿por qué marcho triste mientras el enemigo me aflige?. 

Envía tu luz y tu verdad: ellas mismas me apartaron y me condujeron hasta tu santo monte y hasta tus tabernáculos. 

Y entraré al altar de Dios: hasta el Dios que alegra mi juventud. 

Te confesaré con la cítara, oh Dios, mi Dios; ¿por qué estas triste alma mía? y ¿por qué me inquietas? 

Espera en Dios porque todavía he de alabarle, oh salvación de mi vida y Dios mío.


Comentario de Santo Tomás:

En el salmo anterior David narró su deseo. Ahora en efecto proporciona una oración para realizar el deseo. Y en primer lugar pone la oración (1), en segundo lugar, su efecto , allí donde dice por qué estás triste. (2)

1) Acerca de lo primero hace dos cosas: 

en primer lugar expone la oración en general (A), 
en segundo lugar, en particular, allí donde dice del hombre injusto (B) 

Y en primer lugar pide el juicio, 
en segundo lugar pide el efecto del juicio.

A) En consecuencia pide júzgame Dios, etc. Pero parece que <pedir tal cosa> es propio de la presunción pues el mismo dice:no entres en el juicio, etc. (Ps. 42) Respondo: debe decirse que el juicio es doble, a saber: el de severidad y el de misericordia o equidad. El primer <tipo de juicio> es aquel en el que es considerada solamente la cosa y no la condición, y este juicio debe ser temido. Acerca de éste dice en Ps. 142: no entres en el juicio,etc. Porque nuestras justicias son nada en la presencia de Dios,como se dice <en> Isa. 64: y este juicio es sin misericordia, como se dice en Jacob. 2. El segundo <tipo de juicio> es aquel en el que se considera no sólo la naturaleza de la cosa, sino <también> la condición de la persona, <como se dice en> Ps. 102:misericordioso es el Señor con quienes le temen, porque el mismo conoció nuestra figura. Y pide esto. O <SI SE CONSIDERA> DE OTRO MODO, el juicio es doble, a saber: <el juicio> de discusión, <esto es> cuando son discutidos los méritos, y aquí no pide este juicio porque la discusión <de los méritos> debe ser temida <según lo que se dice en > Job. 9: temía todas mis obras, sabiendo que no perdonas al que peca. <O es el juicio> de discreción, a saber, el de separación de los malos; y pide este <juicio>, y por lo mismo pone y discierne mi causa. Y esto se refiere al presente estado y así pedimos ser discernidos de los malos, aunque no sea en cuanto al lugar, a lo menos en cuanto a la causa. Muchas cosas en efecto son comunes a nosotros y a ellos: porque el lugar es un accidente de la fortuna, pero no la causa, porque de las mismas cosas los buenos se sirven de un modo y los malos, de otro; porque en las cosas adversas los buenos brillan por su paciencia, los malos por el contrario se ensucian por su impaciencia. Si, por el contrario, nos referimos al juicio futuro, pedimos ser distinguidos, porque la causa de los malos es juzgada para la condenación y la de los buenos, para la salvación.

B) En especial, por el contrario, pide ser juzgado en cuanto a dos cosas, a saber: en cuanto a la liberación <respecto> de lo malo (a) y en cuanto al adelantamiento en lo bueno (b)

a) En consecuencia pide ser liberado de lo malo ya presente ya futuro, de donde dice del hombre injusto y falaz libérame. Hombre injusto es llamado el diablo. <Según lo dicho en> Matth. 13: el hombre enemigo hizo esto. O es otro hombre que seduce o un injusto cualquiera. Y es llamado injusto aquel que se aplica abiertamente a la injusticia; por el contrario falaz <es llamado> a causa del engaño oculto, <según se dice en> Prov. 12: el engaño <está> en el corazón de los que conciben cosas malas. De estas cosas, en consecuencia, alguien es liberado de dos modos: por el primer modo, de no ser seducido con un engaño oculto; por el otro modo, de no ser oprimido por la adversidad, porque Tú eres mi Dios. Aquí es puesta la razón de la liberación, y <ésta> es doble: una por parte de Dios que puede, de donde dice Tú eres mi fortaleza. <También se dice en> Isa. 12: mi fortaleza y mi virtud es el Señor. Y es llamado efectivamente nuestra fortaleza porque <ésta> es por Él, <según se dice en> Isa. 40: quien da fuerza al caído y multiplica la fortaleza y la dureza a aquellos que no las tienen. La otra razón es por su parte, a saber, <razón> de los malos que es padecida <por él>. Padecemos en efecto ciertas cosas malas según la opinión porque cuando estamos en las adversidades, nos parece que estamos alejados de Dios, de donde dice ¿por qué me desprecias?, sin embargo el Señor no desprecia a su pueblo (Ps. 94). Y de este modo sólo es que se ha opinado mal de esto. Lo otro <que padecemos> por el contrario es verdadero, de donde se sigue ¿por qué marcho triste? Triste o tristeza del siglo la cual obra la muerte, y este es un sentido: ¿por qué marcho triste? <significa lo que padecemos> temporalmente. O <de otro modo, otro sentido de> ¿por qué marcho triste? <es> la buena tristeza que obra la penitencia para la salvación. Y sólo este <último> es el sentido de ¿por qué marcho triste?, porque también la alegría debe unirse a la penitencia.


b) Envía. Aquí pone el progreso en lo bueno. Y primero pide los bienes divinos por los cuales ser adelantado (a), segundo pide el adelantamiento por aquellos bienes (b)



a) Pide en efecto dos bienes: la luz y la verdad. A Dios se llega con el andar del espíritu y por el conocimiento. <Así se dice en> Heb. 4: la entrada fue prometida a aquellos que creen. Dos cosas son necesarias para el conocimiento, a saber: la luz y el conocimiento. <Por ello se dice en> Eph. 5: todo aquello que se manifiesta es luz. Y por lo mismo pide dos cosas, a saber: la luz y la verdad: a las cuales por mi mismo no puedo llegar. Y por ello dice, envía tu luz y tu verdad. Aquí la luz y la verdad son lo mismo, porque son tomadas por Cristo, envía tu luz, esto es a Cristo. <Por ello se dice en> Joan. 1: era luz verdadera, etc. Y tu verdad, porque el mismo Cristo es la verdad. <Por ello se dice en> Joan. 14: yo soy el camino, la verdad y la vida; como si dijera, Dios Padre envía a Cristo. O la luz es tomada por la ley, porque<, como se dice en> Prov. 6: el mandamiento del Señor <es> la lámpara, la ley <,> su luz. Y tu verdad, esto es el nuevo testamento.

b) Seguidamente es puesto el adelantamiento en el bien. Y en primer lugar pone la dirección a la que aproximarse, allí <donde se dice> ellas mismas me apartaron, esto es la luz y la verdad me condujeron hasta ti. O <de otro modo>, me apartaron, esto es me sacaron de las cosas malas y me condujeron hacia tu monte santo y hacia tus tabernáculos. Esta oración responde al deseo del salmo precedente, <donde se dice:> entraré al lugar, etc. Y porque todavía no es suficiente, pido ser conducido por Dios hacia el monte, etc.
Jerusalén estaba al pie del monte en el lado del aquilón (1). Y de este modo, los que allí iban primero llegaban hasta el monte, en segundo término hasta la habitación y tercero, hasta el lugar del sacrificio, a saber, el altar. Y tampoco allí descansa mi espíritu sino que asciende hasta Dios, por lo cual dice me condujeron hacia tu monte santo y hacia tus tabernáculos, esto es hasta la habitación. Y nuevamente no descansa allí <mi espíritu> sino que va hasta la casa de Dios, esto es hasta el altar. Por lo mismo dice: entraré al altar de Dios, y no descansa allí para no parecer idólatra, sino que va hasta Dios, quien alegra mi juventud. Sin embargo, místicamente, con el monte y con el tabernáculo es designada la iglesia presente o la iglesia celeste, como si dijera: me condujeron hacia tu iglesia. <Así se dice en> Isa. 2: estará preparado el monte <,> la casa de Dios <,> en la cima del monte, etc. Y a tus tabernáculos, esto es las diversidades de los santos que son como ciertas peregrinaciones sobre la tierra. <Así se dice en> Heb. 11: Y esta iglesia es llamada puerta del cielo. Y por lo mismo también es llamada altar de Dios, esto es el mismo Dios. <Así se dice en> Apoc. 21: el mismo Dios es el templo, porque todos los sacrificios espirituales deben ser ofrecidos en Dios, no en la cosa terrena.


Y allí estará la alegría. <Así se dice en> Isa. 66: veréis, y se alegrará vuestro corazón. <Asimismo se dice en> Matth. 25: entra en la alegría de tu Señor. Y por ello dice alegra de mi juventud,esto es: estará allí la renovación y la juventud porque<,> como se dice <en> Eph. 4 <,> todos asistiremos a la magnitud de la edad de la plenitud de Cristo. Y por ello dice juventud. <Así se dice en> Ps. 102: será renovada como <la> del águila, tu juventud. 

Y este salmo dicen los presbíteros cuando se aproximan al altar: <y esto> porque estas dos cosas, a saber, la alegría y la renovación, son necesarias para aquellos que quieren aproximarse al altar celeste. <Así se dice en> Levit. 10: ¿De qué modo puede comer o agradar al Señor en las ceremonias con el espíritu entristecido?. Además, no está allí (2) la antigüedad del pecado. <Así se dice en> Joan. 2: os escribiré, oh jóvenes. O todo lo que fue dicho se refiere a la patria celeste, en la cual debemos perseverar con el deseo y hacia la cual <debemos> dirigirnos con deseo vehemente. Y esto señala cuanto dice hacia tu santo monte. <Así se dice en> Exod. 15: los introducirás, y plantarás en el monte de tu heredad, porque allí se encuentra la firmeza del estado.


Del mismo modo allí se encuentra la sociedad de los santos, de donde se dice: y hacia tus tabernáculos. <Así se dice en> Num. 24: cuan hermosos <son> tus tabernáculos, oh Jacobo, etc.<Asimismo se dice en> Ps. 83: cuan amados son tus tabernáculos, Señor de las potestades. Y son llamados tabernáculos porque aunque sean ciudadanos según la gracia, sin embargo, según la condición de la naturaleza humana, allí son los huéspedes (3).
En tercer lugar con el altar se designa la humanidad de Cristo. <Así se dice en> Isa. 33: verán al rey en su gloria. Y cristo es llamado altar de Dios. <Asimismo se dice en> Heb. ult.: tenemos un altar del que no tienen potestad de comer aquellos que sirven con celo al tabernáculo. Porque como todos los sacrificios carnales eran ofrecidos en el altar, así todas las oraciones son ofrecidas por Cristo. De allí que toda oración se concluye <con> por Cristo nuestro Señor.
Pero porque no hay reposo <del espíritu> en la humanidad <de Cristo> tiende más adelante hacia la divinidad, de donde dice al Dios, etc. <Así se dice en> Job. 22: correrás con las delicias sobre el omnipotente y elevarás a Dios tu rostro.




2. El efecto de la oración es la confesión de la alabanza, de donde dice: te confesaré con la cítara, oh Dios. Y dice esto a causa del afecto; porque <así se dice en> Isa. 51: en ella se encuentran el gozo y la alegría. Y dice, con la cítara, a diferencia del salterio porque el salterio suena desde lo superior (a superiori), pero la cítara desde lo inferior (a inferiori), de donde se dice te confesaré con la cítara, porque somos liberados del mundo. Y con el salterio, porque perseguimos aquellas alegrías celestes.
Porque triste, etc., todo esto que sigue fue expuesto más arriba en el salmo anterior.


NOTAS:


(1Aquilón: Norte, polo ártico, y viento que sopla de esta parte.
(2En el espíritu de quien se aproxima al altar de Dios. (N. del T.)
(3Aquí contrapone ciudadano (civis) con huésped (hospes), de modo que el ciudadano es el compatriota, esto es el cosanguíneo; y el huésped es el extranjero, esto es aquel con quien los ciudadanos practican la hospitalidad. (N. del T.)



AVE MARIA!

martedì 28 maggio 2013

Salmo 42 : Comentario de Santo Tomás de Aquino

Santo Tomás de Aquino

Comentario al Salmo 42

Salmo 42:

S. Iúdica me, Deus, et discérne causam meam de gente non sancta : ab hómine iníquo et dolóso érue me.
M. Quia tu es, Deus, fortitúdo mea : quare me repulísti, et quare tristis incédo, dum afflígit me inimícus ? 
S. Emítte lucem tuam et veritátem tuam : ipsa me deduxérunt et adduxérunt in montem sanctum tuum, et in tabernácula tua.
M. Et introíbo ad altáre Dei: ad Deum qui lætíficat iuventútem meam.
S. Confitébor tibi in cíthara, Deus, Deus meus: quare trístis es ánima mea, et quare contúrbas me ?
M. Spera in Deo, quóniam adhuc confitébor illi: salutare vúltus mei, et Deus meus.
S. Glória Patri, et Fílio, et Spíritui Sancto.
M. Sícut erat in princípio, et nunc, et semper, et in sæcula sæculórum. Amen.

Júzgame, oh Dios, y discierne mi causa de la gente no santa, del hombre injusto y falaz libérame. 


Porque tu eres, oh Dios, mi fortaleza: ¿por qué me desprecias? y ¿por qué marcho triste mientras el enemigo me aflige?. 

Envía tu luz y tu verdad: ellas mismas me apartaron y me condujeron hasta tu santo monte y hasta tus tabernáculos. 

Y entraré al altar de Dios: hasta el Dios que alegra mi juventud. 

Te confesaré con la cítara, oh Dios, mi Dios; ¿por qué estas triste alma mía? y ¿por qué me inquietas? 

Espera en Dios porque todavía he de alabarle, oh salvación de mi vida y Dios mío.


Comentario de Santo Tomás:

En el salmo anterior David narró su deseo. Ahora en efecto proporciona una oración para realizar el deseo. Y en primer lugar pone la oración (1), en segundo lugar, su efecto , allí donde dice por qué estás triste. (2)

1) Acerca de lo primero hace dos cosas: 

en primer lugar expone la oración en general (A), 
en segundo lugar, en particular, allí donde dice del hombre injusto (B) 

Y en primer lugar pide el juicio, 
en segundo lugar pide el efecto del juicio.

A) En consecuencia pide júzgame Dios, etc. Pero parece que <pedir tal cosa> es propio de la presunción pues el mismo dice:no entres en el juicio, etc. (Ps. 42) Respondo: debe decirse que el juicio es doble, a saber: el de severidad y el de misericordia o equidad. El primer <tipo de juicio> es aquel en el que es considerada solamente la cosa y no la condición, y este juicio debe ser temido. Acerca de éste dice en Ps. 142: no entres en el juicio,etc. Porque nuestras justicias son nada en la presencia de Dios,como se dice <en> Isa. 64: y este juicio es sin misericordia, como se dice en Jacob. 2. El segundo <tipo de juicio> es aquel en el que se considera no sólo la naturaleza de la cosa, sino <también> la condición de la persona, <como se dice en> Ps. 102:misericordioso es el Señor con quienes le temen, porque el mismo conoció nuestra figura. Y pide esto. O <SI SE CONSIDERA> DE OTRO MODO, el juicio es doble, a saber: <el juicio> de discusión, <esto es> cuando son discutidos los méritos, y aquí no pide este juicio porque la discusión <de los méritos> debe ser temida <según lo que se dice en > Job. 9: temía todas mis obras, sabiendo que no perdonas al que peca. <O es el juicio> de discreción, a saber, el de separación de los malos; y pide este <juicio>, y por lo mismo pone y discierne mi causa. Y esto se refiere al presente estado y así pedimos ser discernidos de los malos, aunque no sea en cuanto al lugar, a lo menos en cuanto a la causa. Muchas cosas en efecto son comunes a nosotros y a ellos: porque el lugar es un accidente de la fortuna, pero no la causa, porque de las mismas cosas los buenos se sirven de un modo y los malos, de otro; porque en las cosas adversas los buenos brillan por su paciencia, los malos por el contrario se ensucian por su impaciencia. Si, por el contrario, nos referimos al juicio futuro, pedimos ser distinguidos, porque la causa de los malos es juzgada para la condenación y la de los buenos, para la salvación.

B) En especial, por el contrario, pide ser juzgado en cuanto a dos cosas, a saber: en cuanto a la liberación <respecto> de lo malo (a) y en cuanto al adelantamiento en lo bueno (b)

a) En consecuencia pide ser liberado de lo malo ya presente ya futuro, de donde dice del hombre injusto y falaz libérame. Hombre injusto es llamado el diablo. <Según lo dicho en> Matth. 13: el hombre enemigo hizo esto. O es otro hombre que seduce o un injusto cualquiera. Y es llamado injusto aquel que se aplica abiertamente a la injusticia; por el contrario falaz <es llamado> a causa del engaño oculto, <según se dice en> Prov. 12: el engaño <está> en el corazón de los que conciben cosas malas. De estas cosas, en consecuencia, alguien es liberado de dos modos: por el primer modo, de no ser seducido con un engaño oculto; por el otro modo, de no ser oprimido por la adversidad, porque Tú eres mi Dios. Aquí es puesta la razón de la liberación, y <ésta> es doble: una por parte de Dios que puede, de donde dice Tú eres mi fortaleza. <También se dice en> Isa. 12: mi fortaleza y mi virtud es el Señor. Y es llamado efectivamente nuestra fortaleza porque <ésta> es por Él, <según se dice en> Isa. 40: quien da fuerza al caído y multiplica la fortaleza y la dureza a aquellos que no las tienen. La otra razón es por su parte, a saber, <razón> de los malos que es padecida <por él>. Padecemos en efecto ciertas cosas malas según la opinión porque cuando estamos en las adversidades, nos parece que estamos alejados de Dios, de donde dice ¿por qué me desprecias?, sin embargo el Señor no desprecia a su pueblo (Ps. 94). Y de este modo sólo es que se ha opinado mal de esto. Lo otro <que padecemos> por el contrario es verdadero, de donde se sigue ¿por qué marcho triste? Triste o tristeza del siglo la cual obra la muerte, y este es un sentido: ¿por qué marcho triste? <significa lo que padecemos> temporalmente. O <de otro modo, otro sentido de> ¿por qué marcho triste? <es> la buena tristeza que obra la penitencia para la salvación. Y sólo este <último> es el sentido de ¿por qué marcho triste?, porque también la alegría debe unirse a la penitencia.


b) Envía. Aquí pone el progreso en lo bueno. Y primero pide los bienes divinos por los cuales ser adelantado (a), segundo pide el adelantamiento por aquellos bienes (b)



a) Pide en efecto dos bienes: la luz y la verdad. A Dios se llega con el andar del espíritu y por el conocimiento. <Así se dice en> Heb. 4: la entrada fue prometida a aquellos que creen. Dos cosas son necesarias para el conocimiento, a saber: la luz y el conocimiento. <Por ello se dice en> Eph. 5: todo aquello que se manifiesta es luz. Y por lo mismo pide dos cosas, a saber: la luz y la verdad: a las cuales por mi mismo no puedo llegar. Y por ello dice, envía tu luz y tu verdad. Aquí la luz y la verdad son lo mismo, porque son tomadas por Cristo, envía tu luz, esto es a Cristo. <Por ello se dice en> Joan. 1: era luz verdadera, etc. Y tu verdad, porque el mismo Cristo es la verdad. <Por ello se dice en> Joan. 14: yo soy el camino, la verdad y la vida; como si dijera, Dios Padre envía a Cristo. O la luz es tomada por la ley, porque<, como se dice en> Prov. 6: el mandamiento del Señor <es> la lámpara, la ley <,> su luz. Y tu verdad, esto es el nuevo testamento.

b) Seguidamente es puesto el adelantamiento en el bien. Y en primer lugar pone la dirección a la que aproximarse, allí <donde se dice> ellas mismas me apartaron, esto es la luz y la verdad me condujeron hasta ti. O <de otro modo>, me apartaron, esto es me sacaron de las cosas malas y me condujeron hacia tu monte santo y hacia tus tabernáculos. Esta oración responde al deseo del salmo precedente, <donde se dice:> entraré al lugar, etc. Y porque todavía no es suficiente, pido ser conducido por Dios hacia el monte, etc.
Jerusalén estaba al pie del monte en el lado del aquilón (1). Y de este modo, los que allí iban primero llegaban hasta el monte, en segundo término hasta la habitación y tercero, hasta el lugar del sacrificio, a saber, el altar. Y tampoco allí descansa mi espíritu sino que asciende hasta Dios, por lo cual dice me condujeron hacia tu monte santo y hacia tus tabernáculos, esto es hasta la habitación. Y nuevamente no descansa allí <mi espíritu> sino que va hasta la casa de Dios, esto es hasta el altar. Por lo mismo dice: entraré al altar de Dios, y no descansa allí para no parecer idólatra, sino que va hasta Dios, quien alegra mi juventud. Sin embargo, místicamente, con el monte y con el tabernáculo es designada la iglesia presente o la iglesia celeste, como si dijera: me condujeron hacia tu iglesia. <Así se dice en> Isa. 2: estará preparado el monte <,> la casa de Dios <,> en la cima del monte, etc. Y a tus tabernáculos, esto es las diversidades de los santos que son como ciertas peregrinaciones sobre la tierra. <Así se dice en> Heb. 11: Y esta iglesia es llamada puerta del cielo. Y por lo mismo también es llamada altar de Dios, esto es el mismo Dios. <Así se dice en> Apoc. 21: el mismo Dios es el templo, porque todos los sacrificios espirituales deben ser ofrecidos en Dios, no en la cosa terrena.


Y allí estará la alegría. <Así se dice en> Isa. 66: veréis, y se alegrará vuestro corazón. <Asimismo se dice en> Matth. 25: entra en la alegría de tu Señor. Y por ello dice alegra de mi juventud,esto es: estará allí la renovación y la juventud porque<,> como se dice <en> Eph. 4 <,> todos asistiremos a la magnitud de la edad de la plenitud de Cristo. Y por ello dice juventud. <Así se dice en> Ps. 102: será renovada como <la> del águila, tu juventud. 

Y este salmo dicen los presbíteros cuando se aproximan al altar: <y esto> porque estas dos cosas, a saber, la alegría y la renovación, son necesarias para aquellos que quieren aproximarse al altar celeste. <Así se dice en> Levit. 10: ¿De qué modo puede comer o agradar al Señor en las ceremonias con el espíritu entristecido?. Además, no está allí (2) la antigüedad del pecado. <Así se dice en> Joan. 2: os escribiré, oh jóvenes. O todo lo que fue dicho se refiere a la patria celeste, en la cual debemos perseverar con el deseo y hacia la cual <debemos> dirigirnos con deseo vehemente. Y esto señala cuanto dice hacia tu santo monte. <Así se dice en> Exod. 15: los introducirás, y plantarás en el monte de tu heredad, porque allí se encuentra la firmeza del estado.


Del mismo modo allí se encuentra la sociedad de los santos, de donde se dice: y hacia tus tabernáculos. <Así se dice en> Num. 24: cuan hermosos <son> tus tabernáculos, oh Jacobo, etc.<Asimismo se dice en> Ps. 83: cuan amados son tus tabernáculos, Señor de las potestades. Y son llamados tabernáculos porque aunque sean ciudadanos según la gracia, sin embargo, según la condición de la naturaleza humana, allí son los huéspedes (3).
En tercer lugar con el altar se designa la humanidad de Cristo. <Así se dice en> Isa. 33: verán al rey en su gloria. Y cristo es llamado altar de Dios. <Asimismo se dice en> Heb. ult.: tenemos un altar del que no tienen potestad de comer aquellos que sirven con celo al tabernáculo. Porque como todos los sacrificios carnales eran ofrecidos en el altar, así todas las oraciones son ofrecidas por Cristo. De allí que toda oración se concluye <con> por Cristo nuestro Señor.
Pero porque no hay reposo <del espíritu> en la humanidad <de Cristo> tiende más adelante hacia la divinidad, de donde dice al Dios, etc. <Así se dice en> Job. 22: correrás con las delicias sobre el omnipotente y elevarás a Dios tu rostro.




2. El efecto de la oración es la confesión de la alabanza, de donde dice: te confesaré con la cítara, oh Dios. Y dice esto a causa del afecto; porque <así se dice en> Isa. 51: en ella se encuentran el gozo y la alegría. Y dice, con la cítara, a diferencia del salterio porque el salterio suena desde lo superior (a superiori), pero la cítara desde lo inferior (a inferiori), de donde se dice te confesaré con la cítara, porque somos liberados del mundo. Y con el salterio, porque perseguimos aquellas alegrías celestes.
Porque triste, etc., todo esto que sigue fue expuesto más arriba en el salmo anterior.


NOTAS:


(1Aquilón: Norte, polo ártico, y viento que sopla de esta parte.
(2En el espíritu de quien se aproxima al altar de Dios. (N. del T.)
(3Aquí contrapone ciudadano (civis) con huésped (hospes), de modo que el ciudadano es el compatriota, esto es el cosanguíneo; y el huésped es el extranjero, esto es aquel con quien los ciudadanos practican la hospitalidad. (N. del T.)



AVE MARIA!