Giovedì Santo
Giornata eucaristica e sacerdotale
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Il giorno del Giovedì, nella storia, non è mai appartenuto al Triduo pasquale. Il Giovedì Santo costituisce il prologo, il preludio, la porta d'ingresso al Triduo pasquale. In qualche modo fa da cerniera tra la Quaresima e il Sacro Triduo e ne diventa quasi l'annuncio di ciò che sarà celebrato nei giorni del Venerdi Santo, del Sabato Santo e della Pasqua di Risurrezione. Ciò che il Triduo celebra in tre giorni, la Cena del Giovedì Santo lo presenta in sintesi e condensato nel sacramento.
Sant'Agostino è ancora più chiaro al riguardo e parla del sacratissimo triduo della crocifissione, della sepoltura e della risurrezione.
Lo stesso sant'Ambrogio si pone nella linea del pensiero agostiniano.
La riforma liturgica del Concilio Vaticano II lo considera una introduzione. Il giovedì santo è l'ultimo giorno della Quaresima, e con la Messa In Coena Domini, da l’avvio in qualche modo al Triduo pasquale dei tre giorni «Passionis et Resurrectionis Domini».
Diciamo che la memoria dell’ultima Cena è l’annuncio globale degli eventi pasquali e della loro finalità come appare chiaramente nel discorso di Gesù riportato da Giovanni.
Giovedì santo è il giorno sacerdotale, dell’eucarestia e dell’amore fraterno. E’, altresì, il giorno - o per meglio dire la notte – dell’agonia del Getsemani e inizio definitivo della passione e della pasqua di risurrezione.
Missa Chrismalis
Nel giorno del giovedì santo si celebrano due messe: al mattino nella Chiesa cattedrale il vescovo concelebra con tutto il suo presbiterio la Missa Chrismalis. Nella sera in ogni comunità parrocchiale si celebra la Missa in Coena Domini.
La Missa Chrismalis è la celebrazione eminentemente sacerdotale e rende visibile la comunione del Vescovo con il suo presbiterio. In essa i sacerdoti rinnovano nelle mani del proprio Vescovo le promesse sacerdotali.
Si chiama Missa Chrismalis poiché il Vescovo in quella celebrazione consacra gli oli santi che distribuirà a tutti i sacerdoti perché in ogni comunità cristiana vi sia a disposizione l’olio dei catecumeni, (per il battesimo), il sacro crisma (per il battesimo, la confermazione e l'ordine sacro) e l’olio degli infermi (per l’unzione dei malati).
La Messa Crismale è così la Mesa sacerdotale per eccellenza. Questo aspetto è altresì messo in evidenza da un elemento di grande bellezza e significato: il prefazio che esprime il parallelismo tra i sacerdozio di Gesù Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote e la vita e il ministero dei presbiteri.
Missa in Coena Domini
La messa vespertina del Giovedì Santo si chiama in Coena Domini. Essa attualizza e commemora l’Ultima Cena di Gesù, durante la quale il Signore Gesù istituisce il sacerdozio e l’eucarestia.
Anche il rito della lavanda dei piedi si colloca nei fatti dell’Ultima Cena durante la quale Gesù affida il comandamento dell’amore fraterno. La carità deve essere il segno distintivo del cristiano e simbolizza il cuore e l’anima della fede e della vita cristiana.
L’Altare della Riposizione
La Messa si conclude con la riposizione della Santissima Eucarestia consacrata nel corso della Santa Messa nell’Altare chiamato – appunto – della Riposizione. Non si tratta del “Santo Sepolcro”! Gesù non è ancora morto! Al contrario si conserva l’Eucarestia in un luogo degno, adornato di lumi e veli: Eucarestia che sarà distribuita nel corso del Venerdì Santo quando la Chiesa non celebra la Santa Messa.
Le norme liturgiche ribadiscono che il Santissimo Sacramento venga custodito in un tabernacolo chiuso o in una custodia che non deve avere la forma di un sepolcro. Infatti, la cappella della reposizione viene allestita non per rappresentare la “sepoltura del Signore”, ma per custodire il pane eucaristico, segno sacramentale del Signore vivo, per la comunione che verrà distribuita il venerdì nella passione del Signore. Va da sé che nell’organizzare il luogo della reposizione bisogna assicurare la centralità dell’Eucaristia evitando l’inserimento di simboli che distraggono e disorientano l’attenzione al Cristo presente nell’Eucaristia. In questo ci vuole molta sobrietà e gusto!
Per antica tradizione la breve processione eucaristica verso l’Altare della Riposizione, il popolo fedele ricorda il cammino gerosolimitano di Gesù dal monte Sión, dove Egli ha celebrato l’Ultima Cena al monte degli Olivi, dove si ritirò in orazione e agonia.
Il servizio d'amore
Questi giorni e questi riti sono preludio al Triduo sacro del Venerdì Santo, del Sabato Santo e della Notte Pasquale della Risurrezione del Signore.
In questi giorni del Triduo Santo non limitiamoci a commemorare la passione del Signore, ma entriamo nel mistero, facciamo nostri i suoi sentimenti, i suoi atteggiamenti, come ci invita a fare l’apostolo Paolo: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5). Allora la nostra sarà una “buona Pasqua”.
E confessiamoci
Senza confessione sacramentale
non c’è Pasqua di Risurrezione
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Se meditassimo seriamente sull'onnipotenza divina riflessa nella creazione del mondo e su tutti gli interventi di Dio lungo la Storia della Salvezza resteremmo ammirati dalle meraviglie operate da Dio nei confronti dell'antico Israele e nei nostri confronti che siamo il nuovo Israele, testimoni della sua incarnazione, della sua predicazione, dei suoi miracoli, della sua passione, morte e risurrezione e dell'invio dello spirito Santo che è stato irradiato nei nostri cuori.
Tra tutte le opere meravigliose operate da Dio della vita della Chiesa e nella nostra stessa vita non è di minore importanza la misericordia che Egli serba per i suoi figli quando pecchiamo e perdona le nostre colpe allorquando, pentiti, le confessiamo umilmente nello straordinario sacramento della penitenza, con la coscienza che Dio perdona pienamente e fino in fondo.
Quando tra noi ci perdoniamo resta sempre un poco di risentimento. Il nostro Dio, invece, perdona senza tener conto del male commesso se umilmente confessiamo i nostri peccati alla Chiesa dopo un sincero esame di coscienza, dopo aver espresso di cuore il nostro dolore e aver formulato il proposito del ravvedimento.
Non è un segreto per nessuno che da molti anni ormai il sacramento della penitenza o della riconciliazione sta attraversando una profonda crisi. Di essa anche i sacerdoti hanno una certa responsabilità poiché molti di noi hanno abdicato a un obbligo principale quale quello di essere disponibili per le confessioni, facendo conoscere ai fedeli orari possibili in cui il sacerdote sia disponibile per assicurare il perdono di Dio.
In qualche parte qualcuno ha addirittura fatto ricorso abusivamente a celebrazioni comunitarie della penitenza con l'assoluzione generale senza espressa e individuale accusa dei peccati. La normativa della Chiesa e dei Sommi Pontefici recenti hanno ripetuto che il ricorso alla confessione generale senza accusa individuale dei peccati è un fatto davvero eccezionale a cui di norma non è possibile ricorrere, se non nei casi previsti, ma non ordinariamente.
Altra causa della crisi di questo bellissimo sacramento è la perdita del senso del peccato già denunciata nell'anno 1943 dal papa Pio XII nell'enciclica Mystici Corporis. Oggi infatti non è difficile incontrare persone che dicano candidamente che non si confessano perché non hanno peccati. Infatti è possibile constatare che sono infinitamente un numero maggiore coloro che si comunicano senza confessarsi. Al riguardo non esiste verità più chiara nella parola di Dio che questa: tutti siamo peccatori!
Nel corpo mistico di Cristo che è la Chiesa solo la Santa Vergine Maria fu dispensata dal pregare ogni giorno: "Io confesso". Tutti gli altri hanno peccato. La stessa Chiesa è l’umile comunità di peccatori poiché, come dice l'apostolo San Giacomo "in molte cose sbagliamo tutti". San Giovanni per parte sua ricorda che "se diciamo di non aver peccato inganniamo noi stessi e non siamo sinceri" (1Gv 1,8).
Una causa dello smarrimento dell'importanza del sacramento del perdono nei nostri giorni è l'esaltazione dell'individualità che impedisce di riconoscere la necessità della mediazione istituzionale della Chiesa nel perdono dei peccati. Per questo molti cristiani dicono che non hanno bisogno del sacramento della Chiesa e non intendono minimamente ammettere il proprio peccato al sacerdote perché essi si confessano direttamente con Dio.
Questa posizione di chiara matrice protestante ignora la volontà espressa da Gesù risorto che nella sera di Pasqua ha istituito questo sacramento come rimedio preciso per la remissione dei peccati (cf. Gv 20, 23) e per la crescita dell'amore di Dio e del prossimo.
Occorre porre al centro della vita cristiana il sacramento della confessione secondo quanto il Magistero della Chiesa ha espresso nel Catechismo della Chiesa Cattolica. La prima è che rimane in tutto il suo vigore il secondo precetto della Chiesa che fa obbligo al buon cristiano di confessarsi almeno una volta all'anno, in pericolo di morte, e tutte le volte che intende accostarsi alla comunione se si dovesse trovare in stato di peccato grave.
Ma è evidente che se il sacramento della penitenza e manifestazioni di fedeltà, di crescita spirituale e di santità è sommamente raccomandabile la pratica della confessione frequente.
Occorre ricordare altresì che non si può accostarsi alla comunione se non si è in stato di grazia o se si è commesso peccati gravi.
Non dobbiamo dimenticare mai sia la dimensione personale del peccato che svilisce e degrada, che disprezza e allontana dall'amore di Dio, quanto la dimensione ecclesiale del peccato che infrange il rapporto di carità e di amore che esiste nel corpo mistico di Gesù Cristo.
Nella Grande Settimana dell'anno liturgico o Settimana Santa troviamo il tempo di accostarci al sacramento della riconciliazione. In questo sacramento celebriamo innanzitutto la bontà di Dio che riempie la nostra vita di ogni cosa buona. Confessiamo le nostre risposte inadeguate.
Alla fine, confessiamo anche la fede che la Sua potenza può guarire le nostre ferite e il nostro male, grande o piccolo che sia. Questo sacramento era chiamato anche "secondo Battesimo" in quanto riporta la nostra vita alla freschezza della rinascita interiore, come nel giorno del nostro Battesimo.
Facciamoci tutti consapevoli e convinti che, dopo il sacramento del battesimo e della eucaristia, il sacramento della penitenza è il più bello e il più felice dei sacramenti anche il fatto che esso è fonte di progresso, è crescita spirituale, sacramento della misericordia, della pace, della gioia, dell'incontro con Dio.
E sarà davvero Pasqua per ttti noi!
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