martedì 15 settembre 2020

PIU' DI 20 ANNI DALL'ENCICLICA " FIDES ET RATIO "



La Santa Sede

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO INTERNAZIONALE PROMOSSO

DALLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE,

NEL X ANNIVERSARIO DELL'ENCICLICA "FIDES ET RATIO"

Sala Clementina

Giovedì, 16 ottobre 2008

Signori Cardinali,

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,

Gentili Signore, Illustri Signori!

Sono lieto di incontrarvi in occasione del Congresso opportunamente promosso nel decimo

anniversario dell’Enciclica Fides et ratio. Ringrazio innanzitutto Mons. Rino Fisichella per le

cordiali parole che mi ha rivolto introducendo l’odierno incontro. Mi rallegro che le giornate di

studio del vostro Congresso vedano la fattiva collaborazione tra l'Università Lateranense, la

Pontificia Accademia delle Scienze e la Conferenza Mondiale delle Istituzioni Universitarie

Cattoliche di Filosofia. Una simile collaborazione è sempre auspicabile, soprattutto quando si è

chiamati a dare ragione della propria fede dinanzi alle sempre più complesse sfide che

coinvolgono i credenti nel mondo contemporaneo.

A dieci anni di distanza, uno sguardo attento all’Enciclica Fides et ratio permette di coglierne con

ammirazione la perdurante attualità: si rivela in essa la lungimirante profondità 

dell’indimenticabile mio Predecessore. 

L’Enciclica, in effetti, si caratterizza per la sua grande apertura nei confronti

della ragione, soprattutto in un periodo in cui ne viene teorizzata la debolezza. Giovanni Paolo II

sottolinea invece l’importanza di coniugare fede e ragione nella loro reciproca relazione, pur nel

rispetto della sfera di autonomia propria di ciascuna. Con questo magistero, la Chiesa si è fatta

interprete di un'esigenza emergente nell'attuale contesto culturale. Ha voluto difendere la forza

della ragione e la sua capacità di raggiungere la verità, presentando ancora una volta la fede

come una peculiare forma di conoscenza, grazie alla quale ci si apre alla verità della Rivelazione

(cfr Fides et ratio, 13). 

1.

Si legge nell’Enciclica che bisogna avere fiducia nelle capacità della

ragione umana e non prefiggersi mete troppo modeste: “È la fede che provoca la ragione a uscire

da ogni isolamento e a rischiare volentieri per tutto ciò che è bello, buono e vero. La fede si fa così

avvocato convinto e convincente della ragione” (n. 56). Lo scorrere del tempo, del resto, manifesta

quali traguardi la ragione, mossa dalla passione per la verità, abbia saputo raggiungere. Chi

potrebbe negare il contributo che i grandi sistemi filosofici hanno recato allo sviluppo

dell’autoconsapevolezza dell’uomo e al progresso delle varie culture? Queste, peraltro, diventano

feconde quando si aprono alla verità, permettendo a quanti ne partecipano di raggiungere obiettivi

che rendono sempre più umano il vivere sociale. La ricerca della verità dà i suoi frutti soprattutto

quanto è sostenuta dall'amore per la verità. Ha scritto Agostino: “Ciò che si possiede con la mente

si ha conoscendolo, ma nessun bene è conosciuto perfettamente se non si ama perfettamente”

(De diversis quaestionibus 35,2).

Non possiamo nasconderci, tuttavia, che si è verificato uno slittamento da un pensiero

prevalentemente speculativo a uno maggiormente sperimentale. La ricerca si è volta soprattutto

all’osservazione della natura nel tentativo di scoprirne i segreti. Il desiderio di conoscere la natura

si è poi trasformato nella volontà di riprodurla. Questo cambiamento non è stato indolore:

l'evolversi dei concetti ha intaccato il rapporto tra la fides e la ratio con la conseguenza di portare

l'una e l'altra a seguire strade diverse. La conquista scientifica e tecnologica, con cui la fides è

sempre più provocata a confrontarsi, ha modificato l'antico concetto di ratio; in qualche modo, ha

emarginato la ragione che ricercava la verità ultima delle cose per fare spazio ad una ragione

paga di scoprire la verità contingente delle leggi della natura. La ricerca scientifica ha certamente

il suo valore positivo. La scoperta e l'incremento delle scienze matematiche, fisiche, chimiche e di

quelle applicate sono frutto della ragione ed esprimono l'intelligenza con la quale l'uomo riesce a

penetrare nelle profondità del creato. La fede, da parte sua, non teme il progresso della scienza e

gli sviluppi a cui conducono le sue conquiste quando queste sono finalizzate all'uomo, al suo

benessere e al progresso di tutta l'umanità. Come ricordava l'ignoto autore della Lettera a

Diogneto: “Non l'albero della scienza uccide, ma la disobbedienza. Non si ha vita senza scienza,

né scienza sicura senza vita vera” (XII, 2.4).

Avviene, tuttavia, che non sempre gli scienziati indirizzino le loro ricerche verso questi scopi. Il

facile guadagno o, peggio ancora, l'arroganza di sostituirsi al Creatore svolgono, a volte, un ruolo

determinante. E’ questa una forma di hybris della ragione, che può assumere caratteristiche

pericolose per la stessa umanità. La scienza, d'altronde, non è in grado di elaborare principi etici;

essa può solo accoglierli in sé e riconoscerli come necessari per debellare le sue eventuali

patologie. La filosofia e la teologia diventano, in questo contesto, degli aiuti indispensabili con cui

occorre confrontarsi per evitare che la scienza proceda da sola in un sentiero tortuoso, colmo di

imprevisti e non privo di rischi. Ciò non significa affatto limitare la ricerca scientifica o impedire alla

tecnica di produrre strumenti di sviluppo; consiste, piuttosto, nel mantenere vigile il senso di

responsabilità che la ragione e la fede possiedono nei confronti della scienza, perché permanga

nel solco del suo servizio all'uomo.


2.

La lezione di sant’Agostino è sempre carica di significato anche nell'attuale contesto: “A che cosa

perviene - si domanda il santo Vescovo di Ippona - chi sa ben usare la ragione, se non alla verità?

Non è la verità che perviene a se stessa con il ragionamento, ma è essa che cercano quanti

usano la ragione... Confessa di non essere tu ciò che è la verità, poiché essa non cerca se stessa;

tu invece sei giunto ad essa non già passando da un luogo all’altro, ma cercandola con la

disposizione della mente” (De vera religione, 39,72). Come dire: da qualsiasi parte avvenga la

ricerca della verità, questa permane come dato che viene offerto e che può essere riconosciuto

già presente nella natura. L'intelligibilità della creazione, infatti, non è frutto dello sforzo dello

scienziato, ma condizione a lui offerta per consentirgli di scoprire la verità in essa presente. “Il

ragionamento non crea queste verità - continua nella sua riflessione sant'Agostino - ma le scopre.

Esse perciò sussistono in sé prima ancora che siano scoperte e una volta scoperte ci rinnovano”

(Ibid., 39,73). La ragione, insomma, deve compiere in pieno il suo percorso, forte della sua

autonomia e della sua ricca tradizione di pensiero.


La ragione, peraltro, sente e scopre che, oltre a ciò che ha già raggiunto e conquistato, esiste una

verità che non potrà mai scoprire partendo da se stessa, ma solo ricevere come dono gratuito. La

verità della Rivelazione non si sovrappone a quella raggiunta dalla ragione; purifica piuttosto la

ragione e la innalza, permettendole così di dilatare i propri spazi per inserirsi in un campo di

ricerca insondabile come il mistero stesso. La verità rivelata, nella “pienezza dei tempi” (Gal 4,4),

ha assunto il volto di una persona, Gesù di Nazareth, che porta la risposta ultima e definitiva alla

domanda di senso di ogni uomo. La verità di Cristo, in quanto tocca ogni persona in cerca di gioia,

di felicità e di senso, supera di gran lunga ogni altra verità che la ragione può trovare. E' intorno al

mistero, pertanto, che la fides e la ratio trovano la possibilità reale di un percorso comune.


In questi giorni, si sta svolgendo il Sinodo dei Vescovi sul tema “La Parola di Dio nella vita e nella

missione della Chiesa”. Come non vedere la provvidenziale coincidenza di questo momento con il

vostro Congresso. La passione per la verità ci spinge a rientrare in noi stessi per cogliere

nell'uomo interiore il senso profondo della nostra vita. Una vera filosofia dovrà condurre per mano

ogni persona e farle scoprire quanto fondamentale sia per la sua stessa dignità conoscere la

verità della Rivelazione. Davanti a questa esigenza di senso che non dà tregua fino a quando non

sfocia in Gesù Cristo, la Parola di Dio rivela il suo carattere di risposta definitiva. Una Parola di

rivelazione che diventa vita e che chiede di essere accolta come sorgente inesauribile di verità.


Mentre auguro a ciascuno di avvertire sempre in sé questa passione per la verità, e di fare quanto

è in suo potere per soddisfarne le richieste, desidero assicurarvi che seguo con apprezzamento e

simpatia il vostro impegno, accompagnando la vostra ricerca anche con la mia preghiera. A

conferma di questi sentimenti imparto volentieri a voi qui presenti ed ai vostri cari l’Apostolica

Benedizione.


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