Passiflora incarnata, quale mirabile leggenda giace silente nello scenario del suo fiore. Quando nel lontano 1610, il missionario agostiniano Emmanuel de Villegas la vide per la prima volta ne rimase fatalmente colpito. Non un solo elemento era in essa lontano dall’eloquente immagine che prepotente s’imprimeva nei suoi occhi.

Un’immagine vivida, profonda: l’istantanea trasmutata in fiore dei simboli della cocente passione e crocifissione di Gesù Cristo.

Sotto, una Passiflora incarnata dl Norfolk Botanical Garden in Virginia. Fotografia via Wikipedia:

Nelle tortuose linee dei febbrili filamenti della raggiera centrale, era infatti possibile riconoscere la corona di spine che era stata posta sul capo di Gesù, nei tre stami affiorava il ricordo dei 3 chiodi coi quali egli era stato messo in croce, nei 5 petali ed nei 5 sepali il rimando ai 10 apostoli rimasti fedeli a Gesù, (lo stesso 5 sarebbe stato inoltre riconducibile alle piaghe, due alle mani, due ai piedi ed una al costato), nell’androginoforo la colonna della flagellazione e nei flessuosi rametti, le fruste con cui egli era stato flagellato.

La voglia di condividere la sorprendente scoperta era pungente. Al suo rientro dal Messico, il missionario mostrò lo stupefacente fiore al suo superiore, Padre Giacomo Bosio, che ne rimase anch’egli grandemente colpito; tanto da scrivere nei seguenti mesi un libro il “Trattato sulla Crocifissione di Nostro Signore” ove veniva fatta menzione del particolareggiato fiore.

Nota anche come il “fiore della passione”, essa è divenuta nei secoli simbolo della passione religiosa. Il suo nome, “Passiflora”, sembra essere stato scelto nel 1696 da Leonard Plukenet. Un nome confermato nel 1753 dal naturalista svedese Linneo che mantenne intatto il nome attribuito dai padri agostiniani (dal latino Flos Passionis, fiore della passione, in riferimento alla passione di Gesù Cristo).

Sotto, una Passiflora caerulea. Fotografia via Wikipedia:

Il termine “incarnata” si rifà alla purpurea e centrale corona e al violetto o rosaceo della sua periferia. La pianta originaria dell’America Centromeridionale, appartiene alla famiglia della passifloraceae, un genere di piante che comprende più di 600 specie.

Ma la sua fama non dipende solo dai suoi portentosi fiori (capaci di raggiungere i 12 centimetri di diametro) o dagli armoniosi, audaci filamenti, capaci di imprimersi nella memoria dell’uomo che ne è testimone, ma anche dalle sue molteplici proprietà benefiche e salutari. Fin dall’antichità gli Aztechi ne utilizzavano infatti l’infuso quale potente rilassante. Basti pensare che ai tempi della Prima guerra mondiale, la Passiflora venne anche impiegata nella cura delle “angosce di guerra”.

La Leggenda della Passiflora

Una leggenda di grande bellezza si ancora alla rara bellezza del particolare fiore. Tutto accadde nei giorni lontani, allorquando nel mondo appena creato da Dio, la primavera aveva fatto emergere dalle tenebre, verso il tepore di una ridente sole, tutte le piante della Terra.

Sotto e in copertina, una Passiflora caerulea. Ljubljana Botanical Garden in Slovenia. Fotografia via Wikipedia:

Tutte erano fiorite come per incanto. Tutte tranne una che aveva mancato il dolce richiamo della primavera. Quando ebbe infatti rotto la dura zolla di quella greve terra, la primavera era ormai già lontana e la piantina, rammaricata per il suo mancato sbocciare pregò allora:

“O Signore, fa’ che anch’io fiorisca!”

Ed egli rispose “…anche tu fiorirai”

Ed ella chiese allora “quando?”

Ed un velo di tristezza investì gli occhi del Signore quando egli le disse pensieroso “Un giorno…”

Passarono gli anni e la piccola piantina non vedeva ancora il germoglio di un solo suo fiore. La primavera era giunta per tutte, tranne che per lei: la piantina che non possedeva nome. Ella seguitava attendendo il giorno promesso dal Signore sino a che un dì avvertì un’eco lontana. Era un’eco portata dal vento. Un’eco che si colorava di urla, pianti e gemiti addolorati che riempivano copiosi ogni anfratto dell’aria.

All’improvviso apparve un uomo. Egli avanzava lento tra la folla urlante. Era ricurvo, abbattuto sotto l’ombra della pesante croce che come un macigno lo sovrastava. Il suo volto era contrito in una morsa di dolore e le pieghe del suo viso erano investite dal sangue intriso di un ardente dolore.

Ella allora desiderò di saper piangere come gli uomini per saper esprimere il dolore che un simile volto aveva in essa generato. L’uomo le passò dolorante accanto e mentre egli incespicava nel suo tortuoso percorso una lacrima cosparsa di quella purpurea passione, cadde dagli occhi suoi tristi, sulla piantina ignara. Quando quella goccia la toccò, improvvisamente la piantina fiorì in tutto il suo magnetico splendore offrendo le vesti del suo bel fiore, in memoria degli strumenti di quella passione. E fu così che ella divenne la Passiflora, il fiore a noi oggi noto, erede di una memoria antica e profonda che s’incagliata da sempre silente tra le sfumature del suo maestoso fiore.

Giada Costanzo
GIADA COSTANZO

APPASSIONATA DI ARTE, LETTERATURA, CINEMA E FOTOGRAFIA, ESPRIMO LA MIA CREATIVITÀ FRA PITTURA, DESIGN E PRODUZIONE DI ABITI. AMO LE “ANTICHITÀ” SOTTO OGNI FORMA E SFACCETTATURA. RICERCO LE STORIE DIMENTICATE DELLA GENTE PIÙ COMUNE E AMMIRO L’UMANITÀ CHE È NELLA PERSONE PIÙ SEMPLICI.