mercoledì 23 settembre 2020

Drammi della vita

 

 Festa di San Pio da Pietrelcina con i riferimenti alle Opere di Maria Valtorta: IX° giorno

O Dio, vieni a salvarmi, Signore vieni presto in mio aiuto.

    
   O San Pio, che sei sempre stato conforto per le miserie umane, degnati di volgere i tuoi occhi verso di noi, che abbiamo tanto bisogno del tuo aiuto. Fa’ scendere su di noi e le nostre famiglie la materna benedizione della Madonna, ottieni tutte le grazie spirituali e temporali di cui abbiamo bisogno, intercedi per noi nel corso della nostra vita e nel momento della nostra morte. Così sia.

   Preghiera a San Pio 
 O Gesù, pieno di grazia e di carità e vittima per i peccati, che, spinto dall’amore per le anime nostre, volesti morire sulla croce, io ti prego umilmente di glorificare, anche su questa terra, il servo di Dio, San Pio da Pietrelcina che, nella partecipazione generosa ai tuoi patimenti, tanto ti amò e tanto si prodigò per la gloria del Padre tuo e per il bene delle anime. Ti supplico perciò di volermi concedere, per la sua intercessione, la Grazia ....... che ardentemente desidero.

"O Padre Pio, luce di Dio,
prega Gesù e la Vergine Maria per me
e per tutta l'umanità sofferente. Amen."

Pater, Ave, Gloria

***

Dai Quaderni di Maria Valtorta, 29 novembre 1944

   Un poco di penosa cronaca. E sento il bisogno di dirle quanto potrà parerle puerile. Ma così non è per me che da anni so la veridicità dei miei sogni.
   Otto giorni or sono, 22-11, proprio la notte che precedeva la discesa a Lucca di Marta per sentire del permesso di autotrasporto, nel breve sonno dell'alba sogno di essere incamminata per Viareggio (a piedi) insieme a Marta e di incontrare per via Padre Pio, o un francescano, ma era Padre Pio1 per me, il quale mi guarda e dice come parlando a se stesso: "Però è amara! Aver fatto la bocca al ritorno e avere tanto ritardo!". Io mi volto e un poco risentita e emozionata dico: "Cosa? Cosa?". E lui: "Niente. Dicevo che è amaro aver fatto bocca al ritorno e avere tanto ritardo". Lo dice due volte e scompare.
   Mi sveglio affannata e dico a Marta: "Vedrai che non si fa nulla". Marta dice: "Ma no! Anzi Padre Pio le è venuto a dire che il ritardo è stato amaro, ma è finito". Ed io: "No, no. Vedrai che incomincia ora. Era troppo triste nel dire quelle parole. Mi compassionava".
   Marta va a Lucca… e sa che non si può partire fino a dopo il 30 per negati permessi. E uno!
   Passano due notti. Altro breve sonno e sogno, 24-11. Mi pare di scendere verso Viareggio seguendo, anzi precedendo il camion dei mobili. Ma ostacoli di ogni sorta ritardano il cammino. Il carro non può, infine, proseguire. A me viene contro un toro furente e mi salvo a stento rifugiandomi in una casa che è quella della Sig. Sacconi di Viareggio. La signora è stupita che io sia potuta passare da via Aurelia, perché dice "è sempre battuta dalle cannonate". Infatti si sente il cannone. Mi dice anche: "Non è prudente stare qui. Io ormai ci sono. Ma chi è via è bene resti via". E due!
 Passano altre due notti. Ieri notte, 27, mi sogno una sorella di Giuseppe, morta da più anni e mai sognata né da viva né da morta, benché fossi stata con lei due anni e le volessi bene. Nel sogno mi pareva che io fossi in attesa di Irma o Maria per partire con loro alla volta di Viareggio (le altre due sorelle viventi di Giuseppe2, ora a Vigevano e a Mirandola). Ma non viene né Irma né Maria. Vedo invece entrare la morta Amelide. Me ne stupisco e dico: "Tu qui? Aspettavo Irma o Maria per partire". Mi risponde: "Loro non possono venire. Io posso andare dove voglio. Tieni. Ti ho portato questi due pani perché ti faranno comodo. Devi ancora aspettare due tempi (marca molto il due)". E mi dà due pani di un mezzo chilo l'uno. Uno bello, intatto. L'altro come cincischiato e ammaccato. E tre!
   Questa notte poi!… 28-29. Ieri sera il sopore mi aveva atterrata, e con molta sofferenza, alle 17,30, per trarmene poi alle 20,30. Poi avevo sofferto e smaniato fino a quasi mezzanotte. Poi mi sono addormentata per svegliarmi che l'una era appena suonata. Mi pareva di decidermi a partire per Viareggio perché su Pontedera erano state lanciate bombe di grosso calibro e la zona era tutta insicura. Dritta presso la finestra di questa stanza, dicevo a Marta: "Insicure per insicure, andiamo a Viareggio. Almeno sarò in casa mia e avrò vicino P. Migliorini".
   Una voce d'uomo mi dice dalla porta: "Non ci puoi andare". Mi volto e vedo ritto sul limitare D. Giuseppe Giurlani, l'ex curato di S. Paolino, morto da più anni. Si avanza sorridendo, naturalissimo, e ripete: "Non ci puoi andare. Non lo permettono per le cannonate che spesseggiano e specie sulla tua zona. Picchiano quasi sempre nel rettangolo che va da piazza dell'Ospizio (della vasca) a via Aurelia coi lati lunghi fatti dalle vie Vespucci e Mazzini. Specie lì. Tu, col tuo cuore e nel tuo stato, non ci puoi andare. Ti ho voluto sempre bene perché eri una delle migliori parrocchiane e non voglio ti accada del male".
   "Ma dicono che sono piccoli proiettili che fanno poco danno!".
   "Eh! no. Ora sono calibri grossi e dove picchiano… fanno morti e rovine. Le ultime sono cadute proprio vicino alla tua casa. Nel triangolo fra il villino Andreotti (via Veneto, in fronte a via Raffaelli), la casa del Sanminiatelli (in fondo a via Leonardo da Vinci) e la casa Soccani (ancora in via Leonardo). Vuoi rovinare tutta la mobilia ora che hai speso tanto per salvarla?".
   "Ma Padre Migliorini mi scrive di andar sicura perché non c'è pericolo e altri mi dicono che sono cose di poca importanza".
   "Ti possono dire quello che vogliono. La verità è questa che dico io. Povera Maria! Fra tutti quelli che ti circondano non ce ne è uno che ti dirà la vera verità. Chi per un motivo, chi per un altro. Ma io non ho nessuno scopo. Ti voglio bene perché lo meriti e voglio difenderti. Dàmmi retta. Porta pazienza. Che ci vuoi fare? Ci sei stata tanto… stàcci ancora. E poi, già, non ti lasciano entrare. Il Governatore non vuole vittime umane". Mi benedice e scompare.
   Mi sveglio in pianto. E resto sotto questa impressione al punto che racconto, appena Marta si desta, il sogno a lei, poi al Sig. Lucarini alle 11, e a sua moglie alle 15.
   Viene alle 17 Enzo Lucarini da Lucca. Era andato per sollecitare il permesso del camion. Porta la notizia delle cannonate, con rovine e vittime, nella zona presso casa mia: via Vinci e Fratti, e dice che non ha fatto nulla perché persone serie, al disopra di ogni dubbio di esagerazione, lo hanno sconsigliato. Fra queste, P. Fantoni.
   Rimango mesta e sconfortata…
   … e alle 20 Marta mi dice della morte del D.r Lapi…3
   La notizia l'ha portata venerdì 24 il Dr. Winspaere, suo collega e amico, nelle cui braccia egli è morto. Il dottore ha detto di dirmelo con cautela dato il mio stato. Lui non ha avuto cuore di dirlo. È morto in Corsica, in un'imboscata il 26-10-43. Ventidue giorni dopo mia mamma…
   Si ricorda, Padre, quando le dicevo che non sarebbe passato senza pena il fatto di avermi dato dolore col trascurare mamma al punto di provocarne la fine, fra sofferenze ben gravi, per noncuranza nel diagnosticare e curare la frattura costale riportata da mamma il 5 dicembre 1942? In gennaio 1943 lui pure si ruppe una costola e da lì vennero punizioni (per essersi allontanato abusivamente dal suo posto) e tutto il resto: Corsica e morte…
   Avevo sempre pregato per lui, complesso di buono e di molto umano. Per lui, non fra i peggiori né come uomo né come medico. E più per il suo bambino che egli adorava e per la sua povera mamma che ha già perduto due figli nella guerra 15-18 e che nel suo Lamberto aveva ogni conforto. Ma da mesi lo sognavo (5 volte l'ho sognato) sempre così sofferente, giallo, vecchio, curvo, triste, che mi ero fatta certa della sua morte e del suo purgatorio (almeno speriamo sia Purgatorio). Ora pregherò per la sua pace.
   Mi spiace pensare che non lo vedrò più. Per me era come un fratello. In nove anni mi aveva curato con pazienza e amicizia. Vero anche: con utile. Ma chi sarebbe stato come lui? Quante volte si era messo fra me e mamma per calmare le sue paranoie che mi aggravavano! Anche solo 6 giorni prima di partire. E il suo astio per mamma era originato dal fatto che egli, medico, egli più di tutti, capiva che nel mio male almeno 6 parti su dieci dipendevano dalla tortura morale che fin dall'infanzia avevo subito per il carattere materno. Eppure io non volevo [che] egli la trascurasse, perché quella vita mi era cara. Un tormento che era il mio amore…
   Mi spiace anche che lei, Padre, con la sua lentezza, se lo sia fatto sfuggire senza interrogarlo su me e farsi rilasciare un certificato. Quale altro medico può farlo così esatto come avrebbe potuto Lapi, che veniva da nove anni tre e più volte al dì, e che sapeva tutto il corso del male, le sue forme, la mia pazienza, e per le sofferenze dei molti mali che mi straziano, e del contorno familiare e amico che avevo intorno, rovo fra le spine? Groviglio di rovi? Lapi sapeva tutto. E onesto come era, avrebbe potuto deporre esaurientemente.
   Ora è morto. E anche questa prova si è perduta, come quella di molta corrispondenza che lei mi ha lasciato distruggere, aspettando a dire che la desiderava quando era già bruciata. Molti dei miei amici sono morti. E sono tutte prove che mancano. Prove per coloro, però, ai quali le prove servono solo per provare la loro non fede.
   Basta… se no mi svengo. Sto tanto male.


   Padre Pio, già menzionato il 25 luglio.


            
   2 Giuseppe è, come sempre, il cugino Giuseppe Belfanti.


            
   3 D.r Lapi è Lamberto Lapi, per nove anni medico curante della scrittrice, morto in guerra. Maria Valtorta ne parla 

nell'Autobiografia, specialmente nella parte sesta.

8 febbraio 1944

   Dice Gesù
   «Vieni, piccolo Giovanni. Dopo aver gioito della visione del tuo Gesù che ama i fanciulli, e te con loro, andiamo insieme a leggere il mio e tuo Daniele là dove parla di tre fanciulli che piacquero a Dio perché ebbero quella fede, fedeltà e fiducia, propria dei bambini, e credettero con tenacia, credettero senza titubanze, credettero anche in una prova tremenda perché amavano "con la mente, col cuore, con tutte le loro forze, con tutti se stessi, il Signore Iddio"1.
   I tiranni ci sono sempre stati. E nella loro tirannia, di cui Satana si serve per traviarli e per angosciare i loro sudditi portandoli a diffidare, oltre tutto, di Dio, si compiacciono di leggi inique, bandite per fomite di superbia e appoggiate alla forza della spada.
   Meschina forza da Me riprovata. Da Me maledetta. Forza che è debolezza. Forza di un prepotente che si rivolge in arma contro lo stesso. Forza che suscita altre forze, le quali o umanamente risolvono la situazione con un delitto, che è la conseguenza di tutti i delitti precedenti, oppure soprannaturalmente attirano l’aiuto divino il quale, ben più potente di tutte le armi e di tutte le parole, atterra la superbia del tiranno e la muta in benignità, liberando in maniera santa i suoi soggetti dalla sua tirannia sacrilega.
   Nabucodonosor, reso ebbro dalla sua potenza, credette lecito passare la misura anche verso Dio sostituendo, anche presso coloro che avevano adorazione al Dio vero, l’idolatria per una statua d’oro, simbolo della sua potenza da lui creduta divina.
   Di divino non c’è che Dio. Di vera potenza non c’è che quella divina. Le altre sono missioni di comando, perché ci deve essere chi è capo di un gruppo etnico, ma non sono superpotenze e tanto meno divine. Ho già spiegato2 che esse sono finché Dio permette che siano. Che sono per la loro azione di aiuto o di punizione degli uomini meritevoli o immeritevoli della protezione celeste. Che cessano di essere quando passano la misura rendendo troppo aspro il giogo punitivo sugli uomini protervi. Per punire una colpa, Dio non permette se ne formi una maggiore, e allora colpisce colui che non è più amministratore di giustizia ma di colpevole potenza.
   Ai tiranni, anzi ai potenti, l’uomo piega la sua schiena e sempre più la piega quanto più questi sono tiranni nella loro potenza male intesa e male esercitata. Avviene quell’idolatria delle folle, di cui ho parlato più volte3, verso uno della folla, divenuto più o meno lecitamente e santamente Capo-popolo ed esercitante più o meno giustamente la sua missione. E, dato che Satana è l’eterno creatore di inganni, colui che genera le sempre nuove "bestie" apocalittiche per trarre l’uomo in suo potere e le dota di tutte le potenze per sedurre; e dato4 che gli uomini hanno in loro il fomite del male più che quello del bene, perché sono più inclini al Male: Satana, che al Bene: Dio, e non controbilanciano e neutralizzano il fomite malefico con l’amore e l’unione col Cristo vincitore di Satana, avviene che sono tanto più idolatrati quanto più questi trionfatori di un’ora sono immeritevoli di esserlo.
   Nel regno di Babilonia i sudditi, sedotti dal luccichio della statua d’oro (profondo significato!) e dalle voci dei banditori tonanti la volontà del re, si affrettarono ad adorare l’idolo. L’idolo! Non il Dio. L’idolo d’oro! L’oro! L’eterno fascinatore!
   Dio non è idolo d’oro. Dio è uno Spirito infinito, eterno, perfetto, in Cielo; Dio è una Carne santissima pendente da una croce sulla Terra o vivente nel Sacramento sull’altare eucaristico. In Cielo cantano intorno al suo trono i nove cori angelici. Intorno alla sua Croce, dal Golgota ad oggi e sino alla fine del mondo, salgono le voci di chi prega e ama (pochi!) e gli urli di chi bestemmia (molti!). Intorno al suo Tabernacolo stanno come lampade i cuori che lo adorano e attendono da Lui vita e conforto.
   Questo è Dio. Spirito e Carne. Non oro. Metallo che voi avete rivestito di gran valore perché, eterni selvaggi, vi siete fatti sedurre dal suo luccichio, ma che è meno prezioso del ferro grigiastro che vi dà i vomeri, le falci, le vanghe, le uniche armi utili e sante perché dissodano le glebe, le aprono al seme, falciano la spiga, il grande dono di Dio all’uomo, la spiga che è il vostro pane quotidiano.
   I sudditi di Nabucodonosor, parte per seduzione dell’oro - i più - parte per paura dei castighi regi, adorarono l’idolo. Tutti, meno i tre giovanetti che, per cura del Profeta di Dio, non s’erano contaminati con cibi impuri.
   Osservate bene il grande insegnamento. Molte volte il fomite del peccato entra per la gola. In un corpo golosamente nutrito, anche gli altri appetiti sorgono. Viene la concupiscenza nella sua triplice veste, perché i fumi dell’eccesso di cibo svegliano la sensualità, eccitano la superbia e, conseguentemente, spingono l’uomo ad essere avido di denaro, perché per possedere la donna e il potere occorre molto denaro. Nel fermentare delle passioni muore la fede e l’anima si stacca da Dio, preparandosi così ad adorare il primo idolo che le venga presentato.
   Sidrac, Misac e Abdenago erano vissuti castamente anche nella gola. Fedeli a Dio, al loro Dio, anche con questa. E Dio era cresciuto in loro col crescere di loro stessi. Dio dominava nel loro cuore, puro altare al quale essi davano ogni cura perché trono del loro Signore.
   Avendo Dio, vivo in loro e padrone di tutte le loro forze, più che padrone Padre e Regolatore delle loro forze, seppero resistere ad ogni minaccia e non temere, non temere, Maria. Non hanno neppur trovato utile discutere con il tiranno. È buona regola non entrare in discussioni coi malvagi, ma pregare Dio che discuta nel loro cuore per noi, meglio di quanto potremmo fare noi.
   Guarda che feci io, che pure ero Dio, con i miei accusatori, inquisitori e giudici. Ho sempre troncato netto o non ho risposto offatto5. Prima sono salito sulla Croce, pregando e soffrendo, poi dal Cielo ho agito. Si fa così, piccolo Giovanni, per quelli che si vogliono convertire. La prima conversione la si ottiene con la preghiera il dolore. Dopo, nell’animo preparato a riceverla, scende la Luce di Dio si fa Parola e Vita.
   Non discutono i tre giovanetti. Sanno che ogni discussione rimarrebbe senza frutto e che occorre un prodigio per snebbiare il cuore al re. Un prodigio ottenuto attraverso ad un atto di fede assoluta e di eroismo intrepido. Fede, eroismo: i due fiori dell’amore.
   E l’Amore risponde all’amore. Dio non delude mai. E Dio, che nella sua perfezione sa già come avrebbero agito i tre giovanetti, li fa precedere dal suo angelo nella fornace perché, quando i crudeli li avessero precipitati fra le fiamme, già fosse preparato il luogo fresco come prato rugiadoso al mattino, ventilato dall’ala angelica del più soave vento, rispetto al quale quella dolce d’aprile è corrotto respiro; li fa precedere perché le fiamme non possano neppure sfiorare il più lieve dei capelli dei loro capi innocenti, ma solo siano viva tenda di ardori, meno, oh! meno forti di quella della loro carità, stesa fra il mondo pagano e la dimora preparata da Dio.
   Dio è Padre, Maria. Dio precede sempre i suoi figli nei loro bisogni. Quando voi lo chiamate perché vi aiuti, Egli ha già provveduto. Ma occorre aver fede. Fede grande. E riconoscenza grande.
   È così bello il grido che sale dalla terra, dal cuore di un uomo riconoscente, al trono di Dio! Esso risuona come arpeggio d’arpa nel Paradiso e tacciono per un istante tutte le armonie celesti, perché tutto l’Empireo si curva ascoltando quel grido di grazie che un figlio buono manda al Padre buono. E poi quel grido viene raccolto, ripetuto, amplificato da tutti i cori degli angeli e dei beati, e diviene il canto di quel giorno nel bel Paradiso, e la Trinità sfavilla nel suo contento e ride Maria col suo riso di Madre e Regina.    Troppo pochi ringraziano, Maria. E lo sa unicamente Iddio se Egli continuamente vi fa dei doni! Voi non ve ne accorgete neppure. La sua Paternità ve li dà così dolcemente per non offendervi come con un obolo, che voi credete siano opera vostra. No. Da mattino a sera, da sera a mattino, Dio vi benefica. E voi non ringraziate. Non ringraziate neppure per le "grandi" grazie ottenute.
   Ma tu non sei più un uomo: tu sei il piccolo Giovanni. Sai cosa vuol dire "Giovanni"? Vuol dire: "Dio fa grazie". In verità a pochi ho fatto e faccio tante grazie come a te. E, guarda, tu porti i due nomi a Me più cari: Maria - Giovanni. L’uno te l’hanno messo i tuoi parenti. Ma l’altro te l’ho messo io: tuo Re e Sposo. Eri la Perla amara, il Mare amaro. Ma io ti ho voluto far dolce: una perlina del mio Cuore che è dolcezza divina. E ti ho ribattezzato "Giovanni" perché sono il Dio che ti fa grazie.
   Ma tu dimmi "grazie" sempre, sempre, sempre, dall’alba al tramonto, dalla notte al di. Il tuo "grazie" empia il Cielo, continuamente, per te, e per gli infiniti che vivono e muoiono senza un "grazie" per il loro Dio. Amplifica il tuo "grazie", come i tre giovanetti, chiamando tutte le cose create ad unirsi al tuo canto: le cose che, col loro linguaggio, sanno lodare Dio meglio degli uomini.
   Unisciti ai santi del Cielo ed ai santi della Terra per dire il tuo "grazie". Unisciti a Me- Eucarestia, e con le labbra fatte dolci e profumate dal Pane di vita prega e ringrazia Dio Padre con il Cristo stesso vivente in te. E il prodigio avverrà come avvenne per i tre fanciulli e per il re crudele. Gli uomini "vedranno" Dio per mezzo del tuo orare. Non tutti. Ma anche fosse un solo, saresti da Me benedetta una volta di più.
   Nabucodonosor vede Dio nel suo angelo e comprende che contro quel Dio non si lotta. Comprende che il suo idolo è materia inerte fatta peccato per colpa dell’uomo, e che uno solo è il vero Dio: quello di Sidrac, Misac e Abdenago e, tocco dalla Luce, riconosce l’errore e lo confessa e dà culto e onore al Dio santo, Signore del Cielo e della Terra.
   Lo vedi, piccolo Giovanni, quanto può fare la fede di tre fanciulli?
   Ora confessa, tu che ieri dicevi di non volere più essere il mio piccolo discepolo sinché non ti avevo ascoltato, perché eri troppo ferita da ciò che è nel mondo e intorno a te. Non è tutto passato: il dolore, il disgusto, lo sconforto di ieri? Non è tutto annullato dall’onda di gaudio che ho versato su te? Come potresti fare senza di Me, povera anima che vivi di questo mio pane: della mia Parola, più che del pane di grano di cui ti sfami? Non sai che quando uno è preso nel mio gorgo d’amore non può più uscirne, non vuol più uscirne? Ma tu lo sai. E se come in cielo d’aprile sorgono delle nubi, esse non sono che acqua lustrale che fa più fulgido il sole e più bella la terra.
   Vieni, vieni come i piccolini di ieri6. Vieni a mettere il tuo capo sui miei ginocchi. È la posa dei bimbi e degli amorosi. Quella che ebbe Maria redenta7 che beveva la Vita ascoltandomi. Vieni e non avere mai paura. Io sono con te.»

   [Saltiamo l8 pagine, le ultime del quaderno autografo, che portano, sotto la data del 24-2-44, l’episodio di Gesù tentato dal diavolo nel deserto e il successivo dettato d’insegnamento, appartenenti al ciclo del Primo anno di vita pubblica della grande opera sul Vangelo.]

   1 Daniele 3, 8-97. 

   2 il 30 giugno, il 23 e il 30 ottobre 1943, ne «i quaderni del 1943», pag. 70, 328, e 344. 

   3 il 2l e 28 luglio, il 5 e l0 novembre, e il 29 dicembre 1943, ne «i quaderni del 1943», pag. 154, 215, 284-85, 359-59 e 477. 

   4 dato è aggiunto da noi 

   5 Per esempio: Matteo 27, 14; Marco 15, 4-5; Luca 23, 9. 

   6 Della visione del 7 febbraio, pag. 137.    

   7 Luca l0, 38-42.

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