Risorto “secondo le Scritture”. Un’inedita omelia pasquale di Joseph Ratzinger.
La maggior parte di esse risalgono agli anni Settanta ed Ottanta, la più recente è del 2003. Sono ripartite per tempo liturgico: l’Avvento, il Natale, la Quaresima, la Pasqua, e infine il tempo ordinario.
Ne ha curato la pubblicazione Pierluca Azzaro, che è anche autore della traduzione italiana di questa e di altre opere di Joseph Ratzinger.
L’edizione del volume in lingua italiana è la prima uscita in libreria, dal 2 maggio, affidata dal papa emerito all’editore Davide Cantagalli:
> Joseph Ratzinger/Benedetto XVI, “Per Amore”, a cura di Pierluca Azzaro, Edizioni Cantagalli, Siena, 2019.
Ma presto seguiranno le edizioni in lingua inglese con Ignatius Press, in lingua francese con Parole et Silence, in lingua spagnola con Herder Spagna, in lingua portoghese con Principia, in lingua tedesca con Johannes Verlag, e poi ancora in croato, polacco, serbo.
Non solo. In settembre uscirà nelle librerie – di nuovo a cominciare dall’Italia – una seconda raccolta di omelie inedite di Ratzinger, dal titolo: “Sacramenti. Segni di Dio nel mondo”, questa volta a cura di Elio Guerriero.
Non deve sorprendere questo interesse del papa emerito Benedetto a pubblicare questi testi. I molti grossi volumi dei suoi “opera omnia”, in avanzata fase di pubblicazione in più lingue, mancano infatti delle omelie, che pure hanno un posto di assoluto rilievo nella vita di Ratzinger teologo, vescovo, cardinale e papa. Non è azzardato dire che, come papa Leone Magno, anche papa Benedetto passerà alla storia per le sue omelie.
Le omelie del suo pontificato sono tutte agli atti. Ma quelle degli anni precedenti erano state finora pubblicate solo in quantità minima e con difficile reperibilità. Ratzinger ha dunque voluto che almeno una parte di esse sia ora consegnata al grande pubblico.
Il testo che segue ne è un assaggio. É la parte iniziale di un’omelia da lui pronunciata il 15 aprile 1990, domenica di Pasqua, nel villaggio bavarese di Wigratzbad.
Il testo completo dell’omelia è tre volte più lungo. Ma in questo inizio c’è già in pieno il suo stile. Che sempre muove dai testi liturgici del giorno, in questo caso dai salmi e dall’antifona d’ingresso.
Buona lettura!
“SONO RISORTO, E ORA SONO SEMPRE CON TE”
“Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso” (Sal 118, 24). Queste luminose parole pasquali, con le quali oggi la Chiesa risponde al lieto annuncio della Risurrezione, sono tratte da una liturgia di ringraziamento antico-testamentaria celebrata alla porta del Tempio e tramandataci in un Salmo totalmente illuminato dal Mistero di Cristo. È il Salmo dal quale è tratto anche il “Benedictus” e l’”Osanna”; è anche il Salmo della “pietra scartata dai costruttori”, che “è divenuta testata d’angolo” (Sal 118, 22).
La peculiarità di questo Salmo sta però nel fatto che la salvezza di un personaggio sconosciuto, che dalla morte è risalito di nuovo alla vita, apre di nuovo le porte della salvezza per il popolo; in questo modo la salvezza di un singolo diventa liturgia di ringraziamento, un nuovo inizio, un nuovo raduno del popolo di Dio a favore di tutti.
All’interno dell’Antico Testamento non si trova risposta alla domanda su chi sia questo personaggio. Solamente a partire dal Signore, a partire da Gesù Cristo, l’intero Salmo acquista una sua logica, un suo chiaro senso.
È lui, in effetti, che è disceso nella notte della morte, che è stato avvolto e annientato da tutta la tribolazione del peccato e della morte. È lui che, risalendo, ha spalancato le porte della salvezza e ora ci invita a varcare le porte della salvezza e a rendere grazie insieme a lui. È lui, lui stesso in persona, il nuovo giorno che Dio ha creato per noi; per mezzo di lui il giorno di Dio risplende nella notte di questo mondo. Il giorno di Pasqua e ogni domenica è questo giorno che diviene presente, è incontro con il Risorto vivo, che come giorno di Dio viene in mezzo a noi e ci raduna.
Ma vediamo ora come l’Evangelista, il cui annuncio abbiamo appena ascoltato, descrive il sorgere e l’inizio di questo nuovo giorno (Mc 16, 1-7).
Ci sono le donne che vanno al sepolcro, le uniche che, ben oltre la morte, hanno l’audacia della fedeltà: anime semplici e umili che non hanno un nome da difendere, una carriera cui aspirare, possessi da salvaguardare; e che perciò hanno il coraggio dell’amore per andare ancora una volta da chi è stato oltraggiato e ora è fallito, per prestargli l’ultimo servizio di amore.
Nella fretta del giorno della Parasceve, all’approssimarsi del giorno della festa, avevano potuto fare solo le prime e le più necessarie cose della sepoltura, ma non avevano potuto portare a termine i riti che soltanto ora vogliono terminare: i lamenti funebri, che durante la festa non potevano risuonare e che ora, quale accompagnamento d’amore, lo conducono nell’ignoto, lo devono proteggere come forza di bontà; e poi l’unzione, che è come un vano gesto d’amore che vorrebbe dare immortalità (l’unzione mira infatti a preservare dalla morte, a preservare dalla putrefazione, come se volesse tenere in vita il morto con tutta l’inermità dell’amore, e tuttavia non può). Le donne sono venute dunque per dimostrargli ancora una volta un amore che non svanisce e, d’altra parte, per dargli il saluto di congedo verso la terra da cui non si torna più, la notte della morte da cui non si torna indietro.
Ma quando arrivano, scoprono che un Altro, un altro e più forte amore lo ha unto, che per lui si sono avverate le parole del Salmo: “Non lascerò che il mio Santo veda la corruzione” (Sal 16, 10). Dato che egli stesso sta nel circuito dell’amore trinitario, era unto con l’amore eterno e perciò non poteva rimanere nella morte. Infatti, esso solo è la potenza che è vita e dà vita per l’eternità.
E così per lui si compiono anche le altre parole del Salmo che la Chiesa tuttora pone come antifona d’ingresso della Messa del giorno di Pasqua: “Resurrexi, et adhuc tecum sum”… “Mi risveglio e sono ancora con te […] poni su di me la tua mano […] Tu mi scruti e mi conosci» (Sal 139, 18b.5.1).
Nell’Antico Testamento questa è la preghiera di un orante per metà spaventato e per metà meravigliato, il quale, nel suo confronto con Dio, diviene consapevole che in nessun luogo può fuggire dalla presenza di Dio. Se navigasse fino all’estremità del mare e se riuscisse a scendere negli inferi credendo di essere definitivamente lontano da Dio, tanto più egli sarebbe al cospetto di Dio, il quale tutto abbraccia e dal quale in nessun luogo si può sfuggire.
Ma quello che qui era rimasto per metà oscuro, per metà era timore e per metà gioia, ora è definitivamente compiuto nella grande grazia dell’amore divino, perché Gesù è stato capace dell’impossibile: egli con il suo amore ha raggiunto tutti i confini della terra. Egli è disceso nel regno della morte. E poiché egli stesso è il Figlio, insieme a lui è disceso ed è divenuto presente ovunque l’amore di Dio; per questo proprio nel discendere, e come colui che discende, egli è colui che risorge, che è risorto e che ora può dire: “Resurrexi, et adhuc tecum sum”… “Sono risorto e sono sempre con te, per sempre.”
Dal blog Settimo cielo, Sandro Magister
AMDG et DVM
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