martedì 21 aprile 2020

La nostra vocazione

LA VOCAZIONE DI SAMUELE – Missionarie della Consolata

XIV - La vocazione di Samuele
La venerazione verso gli anziani è molto gradita a Dio, che ce la inculca dalle pagine della sacra Scrittura.
Per decreto della sua Provvidenza, Dio aveva scelto il piccolo Samuele, ma invece d'istruirlo direttamente e intraprendere un colloquio con lui, lo mandò una e due volte dal vecchio sacerdote (1 Sam 3). Dio volle che questo fanciullo, chiamato a diventare il suo confidente, fosse istruito da un uomo, che per giunta era in colpa: Dio volle così per l'unica ragione che quell'uomo era un anziano.
Il fanciullo giudicato degno di una vocazione altissima fu sottoposto alla direzione di un anziano affinché brillasse l'umiltà di chi era stato chiamato da Dio a un grande ministero, e fosse offerto alla gioventù un esempio di sottomissione.

XV - La vocazione dell'apostolo Paolo
L'apostolo Paolo fu chiamato direttamente da Cristo, ma colui che poteva, subito e senza intermediari, insegnargli la via della perfezione, preferì indirizzarlo ad Anania e fargli imparare da quello la via della verità. " Alzati - disse il Signore - entra in città, e là ti sarà detto quello che devi fare " (At 9, 6).
Se Dio indirizza anche Saulo a un anziano, e preferisce metterlo a quella scuola anziché istruirlo direttamente, lo fa per evitare che l'intervento diretto- spiegabile nel caso di Paolo - possa in seguito incoraggiare la presunzione. Il pericolo era che tutti avessero a persuadersi di non avere (come l'Apostolo) altra guida o maestro all'infuori di Dio, e non volessero formarsi alla scuola degli anziani.
Quanto sia da detestare la presunzione, l'apostolo stesso ce lo insegna, non solo con le parole, ma con le opere e con l'esempio. Egli infatti afferma di essersi recato a Gerusalemme unicamente per confrontare ed esaminare - in un incontro privato ed amichevole con i fratelli e predecessori nell'apostolato - il Vangelo che predicava tra i pagani, con accompagnamento di prodigi derivanti dalla grazia dello Spirito Santo. Ecco le sue parole: " Esposi loro il Vangelo quale lo predico ai Gentili, nel pensiero che io, forse, corressi o avessi corso invano " (Gal 2, 2).
Chi sarà tanto presuntuoso e cieco da volersi affidare al suo giudizio e alla sua discrezione, quando perfino il " Vaso di elezione " afferma di aver avuto bisogno di un incontro con i fratelli nell'apostolato? In questo noi abbiamo la riprova di un metodo caro al Signore: egli non manifesta la via della perfezione a chi, pur avendo la possibilità di farsi istruire, disprezza la dottrina degli anziani e le loro regole di vita, senza far caso a una parola di Dio che dovrebbe essere diligentemente ascoltata: " Interroga tuo padre e te lo insegnerà, interroga gli anziani e te lo diranno " (Dt 32, 7).

San Paolo: la caduta, la chiamata e … la conversione!

Lorenzo Cuffini
Scritto da  NORMA ALESSIO.
Paolo di Tarso, mentre viaggiava verso Damasco per ottenere l’autorizzazione ad arrestare i cristiani, durante la comparizione davanti al governatore Porcio Festo [1] e al re vassallo di Roma, Marco Giulio Agrippa II, a Cesarea Marittima, racconta una prima volta che “all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». Ed egli: «Io sono Gesù, che tu perseguiti! Ma tu alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutolitisentendo la voce, ma non vedendo nessuno.”(Atti 9,3-7)
L’evangelista Luca, una seconda volta narra in modo (quasi) uguale la “caduta di San Paolo” negli Atti degli Apostoli (22, 6-9): “verso mezzogiorno, all’improvviso una grande luce dal cielo sfolgorò attorno a mecaddi a terra e sentii una voce che mi diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Io risposi: «Chi sei, o Signore?». Mi disse: «Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti». Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono la voce di colui che mi parlava”.
Le azioni che sono comuni nei vari brani sono così sintetizzate: il viaggio verso Damasco, la luce abbagliante, la caduta, la chiamata. A queste gli artisti hanno dato livelli di importanza diversi e hanno introdotto in alcune loro interpretazioni i dettagli che caratterizzano i tre racconti. La presenza del cavallo, ad esempio, non è mai menzionata, tuttavia potrebbe essere logica poiché l’evento si verifica durante un viaggio ed è presumibile che Paolo non si stesse spostando a piedi. Un viaggio a piedi non è impossibile, dato che per la maggior parte dei suoi viaggi Paolo si muoverà così. In questo caso, però, ci sono alcuni elementi che possono giustificare la cavalcatura: la missione per conto del sinedrio e la fretta di compiere la missione (viaggiano nell’ora più calda!).


Caravaggio, Conversione di san Paolo – Basilica di Santa Maria del Popolo , Roma.


L’atteggiamento del cavallo e la sua collocazione nella scena sono diversificate nei vari dipinti: in quello di Caravaggio (realizzato nel 1600), è in primo piano e domina la composizione, ha ancora la schiuma alla bocca che fa pensare alla corsa avvenuta prima del fatto che l’aveva spaurito, guarda Paolo a terra nel momento in cui è già stato colpito dall’improvvisa manifestazione divina attraverso la luce, anzi adesso è Paolo stesso che la emana col gesto delle braccia aperte. Qui tutto è silenzioso e immobile.


Michelangelo, Conversione di Saulo – Cappella Paolina, Palazzi Vaticani.


Michelangelo, nell’affresco della Cappella Paolina (1542-45), invece, mostra lo sconvolgimento di tutti i soldati presenti come è evidenziato nel terzo racconto (Atti  26, 13-16), disposti senza un ordine e inserisce figure sospese nel vuoto senza separazione da quelle a terra: è come se tutti fossero stati coinvolti da quella chiamata  “... verso mezzogiorno vidi sulla strada, o re, una luce dal cielo, più splendente del sole, che avvolse me e i miei compagni di viaggioTutti cademmo a terra e io udii una voce che mi diceva in lingua ebraica: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? È duro per te rivoltarti contro il pungolo». E io dissi: «Chi sei, o Signore?». E il Signore rispose: «Io sono Gesù, che tu perseguiti.”.
Qui il cavallo c’è, ma il resto prevale.
La luce è un altro degli elementi che compare nei dipinti a rappresentare la chiamata del Gesù Risorto; infatti, in alcuni è sostituita dal volto di un Gesù dalle sembianze di Dio, che parla a Paolo.
Singolari sono due miniature nei capolettera di Bibbie, che fin dall’Alto Medioevo si decoravano per commentare visivamente il testo sacro in maniera immediata. In una di esse non compare il cavallo, nell’altra nemmeno la luce.

Beato Angelico, Miniatura con Conversione di San Paolo


In quella del Beato Angelico, del XV secolo, vi è rappresentato l’essenziale: Paolo giace a terra, vestito come un cavaliere, volge lo sguardo in alto, folgorato sulla via di Damasco dalla visione di Gesù che appare come il Dio Padre avvolto da raggi di luce dorata, con una mano benedicente e l’altra a reggere il libro con le lettere Alfa e Omega e si protende in avanti, con un movimento che sembra cacciare i due soldati che fuggono stupiti dalla visione, mentre sullo sfondo emergono le mura della città di Damasco.

Anonimo, Miniatura su Bibbia figurata con Conversione di San Paolo


Ancora una singolare interpretazione di questo evento è nella miniatura, sempre di una Bibbia figurata del 1300 circa, conservata nella Koninklijke Bibliotheek dell’Aia, di autore anonimo, come spesso avviene in questa tipologia di opere. Qui addirittura i testi delle scritture hanno una libera interpretazione: Paolo non cade a terra, ma sviene sul cavallo, non viene folgorato dalla luce e la chiamata di Gesù avviene attraverso la scritta su un cartiglio che una mano (quella di Gesù) srotola e il cavallo ha un espressione corrucciata di chi pensa al “peso” che deve sostenere.
Da questi esempi possiamo trarre delle considerazioni: gli artisti, in vario modo e secondo la loro sensibilità e spiritualità, traducono e non solo raccontano le sacre scritture, ma ciò che rimane è sicuramente quanto sono in grado di stimolare delle reazioni emotive in chi osserva le loro opere, in qualunque tempo.
Leon Battista Alberti, trattatista e architetto del quattrocento, nel suo Della pittura, definì come supremo compito dell’artista la narrazione, insistendo sulla finalità morale dell’immagine, la quale deve toccare chi la vede così profondamente da influire sulla sua vita. A questo scopo invitò gli artisti a dare ai loro personaggi reazioni fisiche emotive naturali, perché, dice, “moverà l’istoria l’animo quando gli uomini ivi dipinti molto progeranno suo proprio movimento d’animo”.
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[1] Festo fu procuratore della Giudea per Nerone a partire dal 59 o 60 d.C.; Agrippa II fu sopratutto incaricato da Roma di supervisionare il Tempio di Gerusalemme

AMDG et DVM

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