Tutti i Santi
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Festeggiare tutti i santi è guardare coloro che già posseggono l’eredità della gloria eterna. Quelli che hanno voluto vivere della loro grazia di figli adottivi, che hanno lasciato che la misericordia del Padre vivificasse ogni istante della loro vita, ogni fibra del loro cuore. I santi contemplano il volto di Dio e gioiscono appieno di questa visione. Sono i fratelli maggiori che la Chiesa ci propone come modelli perché, peccatori come ognuno di noi, tutti hanno accettato di lasciarsi incontrare da Gesù, attraverso i loro desideri, le loro debolezze, le loro sofferenze, e anche le loro tristezze.
Questa beatitudine che dà loro il condividere in questo momento la vita stessa della Santa Trinità è un frutto di sovrabbondanza che il sangue di Cristo ha loro acquistato. Nonostante le notti, attraverso le purificazioni costanti che l’amore esige per essere vero amore, e a volte al di là di ogni speranza umana, tutti hanno voluto lasciarsi bruciare dall’amore e scomparire affinché Gesù fosse progressivamente tutto in loro. E' Maria, la Regina di tutti i Santi, che li ha instancabilmente riportati a questa via di povertà, è al suo seguito che essi hanno imparato a ricevere tutto come un dono gratuito del Figlio; è con lei che essi vivono attualmente, nascosti nel segreto del Padre.
Martirologio Romano: Solennità di tutti i Santi uniti con Cristo nella gloria: oggi, in un unico giubilo di festa la Chiesa ancora pellegrina sulla terra venera la memoria di coloro della cui compagnia esulta il cielo, per essere incitata dal loro esempio, allietata dalla loro protezione e coronata dalla loro vittoria davanti alla maestà divina nei secoli eterni.
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«Oggi, o Padre, ci dai la gioia di contemplare la città del cielo, la santa Gerusalemme che è nostra madre» canta la Santa Chiesa nel Prefazio della Messa di questa luminosa solennità, “Pasqua dell’autunno”, nella quale «in un unico giubilo di festa – dice il Martirologio Romano – la Chiesa ancora pellegrina sulla terra venera la memoria di coloro della cui compagnia esulta il cielo».
La Chiesa non contempla se stessa. Può capitare che lo facciano singoli credenti, o anche intere comunità, ma la Chiesa, Sposa di Cristo, è il suo Sposo che contempla! Mentre si rallegra di tanta parte di sé già nella gloria eterna, è Lui che la Chiesa contempla e, se vede se stessa, vede ciò che veramente essa è: opera del Salvatore; redenta dal Sangue dell’Agnello; consapevole che il bene che è in lei, e di cui ringrazia e gioisce, viene dalla Grazia di Dio ed il male presente, di cui soffre ed invita all’umile pentimento, è frutto della fragilità degli uomini. La Chiesa guarda con gioia gli innumerevoli suoi figli che hanno raggiunto la meta, ma sa che essi, come ha detto san Giovanni (Ap.7,2-4.9-14), «sono quelli che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello» e sostenuti dalla Grazia hanno testimoniato la fede: alcuni come martiri in persecuzioni cruente, poiché coraggiosamente hanno assunto come criterio di valutazione la Parola del Signore, non l’opinione propria o di altri; alcuni come discepoli di Cristo nel cammino quotidiano della vita: alcuni “grandi”, che hanno impegnato doti elevate in opere straordinarie, altri “piccoli” che hanno vissuto senza grandi imprese; una schiera di uomini e donne che «hanno cercano il volto di Dio», (cfr. Sal. 23) rivelatosi nel volto di Gesù che proclama «beati», felici – (Mt 5,1-12) – «i poveri in spirito», coloro che sono «nel pianto», i «miti», «quelli che hanno fame e sete della giustizia», i «misericordiosi», i «puri di cuore», gli «operatori di pace», i «perseguitati per la giustizia» e per «causa Sua»; uomini e donne, giovani e adulti, che hanno conosciuto il peccato e i limiti della creatura umana, ma hanno lottato in un cammino di conversione a Cristo dentro le situazioni e le circostanze del viaggio terreno ed hanno fatto esperienza della misericordia di Dio, della pace che Dio dona e di cui quel martellante “Beati ” nel discorso della Montagna rivela le condizioni. Incamminati anche noi verso «la città del cielo», destino, meta del nostro vivere sulla terra, la contempliamo, ripetendo una stupenda preghiera con la gioia e la fiducia con cui la compose Giovanni da Fécamp, nipote di san Guglielmo di Volpiano che fondò l’abbazia di S. Benigno Canavese e morì anch’egli nel monastero di Fécamp in Normandia; la facciamo nostra, consapevoli che il cammino di fede consiste nel dare a Dio, ma prima ancora nell’accogliere da Lui i Suoi doni, poiché è il Suo amore accolto ed assaporato che ci mette in movimento, e la santità che ci è proposta è consegnarci al Suo Amore, come fu per i discepoli chiamati a Sé da Gesù e che «si avvicinarono a lui», come abbiamo ascoltato nel Vangelo. «O Casa luminosa e bellissima, io ho sempre amato il tuo splendore, il luogo dove abita la gloria del mio Signore, Colui che ti ha costruita e ti possiede. Sospiri a te il mio cammino quaggiù: io grido a Colui che ti ha fatta perché dentro le tue mura Egli possiede anche me. Io sono andato errando come una pecora smarrita, ma sulle spalle del mio Pastore, che è il tuo architetto, io spero di essere ricondotto a te.
Gerusalemme, città eterna di Dio, non si scordi di te l’anima mia. Dopo l’amore per Cristo sii tu la mia gioia ed il dolce ricordo del tuo nome beato mi sollevi da ogni triste zza e da tutto ciò che mi opprime».
La «casa luminosa e bellissima», meta del nostro pellegrinaggio sulla terra – ci fa comprendere il monaco Giovanni – è opera di Cristo che con la Sua Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione ci ha aperto la strada per il cielo, Lui che ha detto: Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del tempo, e che con la Sua presenza misteriosa e reale ci sostiene nel cammino verso il traguardo. Raggiungere questa meta è l’essenziale della vita, di questa vita che è bella non perché sia sempre piacevole, ma perché è iscritta in un Mistero d’Amore e destinata a costituire la Città eterna della quale, già ora, io sono pietra che il divino Architetto prepara lavorandola con lo scalpello del Suo amore misericordioso. «Sospiri a te il mio cammino quaggiù» Gli diciamo con il monaco Giovanni. Questo sospiro è la voce più vera del nostro essere che manifesta l’insopprimibile desiderio di felicità posto da Dio nel cuore umano: un cuore che chiede l’Eternità, poiché è fatto così dal Creatore: per una totalità, per una pienezza: poiché per meno di tutto non vale la pena! «Io grido a Colui che ti ha fatta, perché dentro le tue mura Egli possiede anche me ». E’ la preghiera che dalla Chiesa oggi sale al Signore con intensità speciale. La facciamo nostra perché sappiamo che anche noi «siamo andati errando come pecora smarrita», ma «sulle spalle del Pastore, speriamo di essere ricondotti a Lui» e ci «protendiamo» perciò «nella corsa per afferrarlo noi che già siamo stati afferrati da Cristo» (cfr. Fil.3,12). I nostri Santi, tutti i fratelli e le sorelle che abbiamo nella Gerusalemme del cielo, come amici e modelli di vita ci accompagnano nel viaggio. Noi li guardiamo commossi e con il monaco Giovanni diciamo: «Gerusalemme, città eterna di Dio, non si scordi di te l’anima mia. Il dolce ricordo del tuo nome beato mi sollevi da ogni tristezza e da tutto ciò che mi opprime».
Autore: Mons. Edoardo Aldo Cerrato CO
AMDG et DVM
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La grande aurora boreale del 1938 in Friuli
Tra i molti racconti di vita e di Storia ascoltati dalla voce dei nonni materni c’è n’è uno che mi è rimasto particolarmente impresso, relativo a ciò che essi videro nel cielo del Friuli nella tarda serata di Martedì 25 Gennaio 1938: la più grande aurora boreale che si sia manifestata in epoca moderna alle nostre latitudini.
“Dopo cena, a Ponente e sopra di noi il cielo si fece di un rosso molto intenso, come se alle spalle del Monte di Ragogna si fosse sviluppato un enorme incendio. Lo fendevano ampi fasci di luce, dai colori simili a quelli dell’arcobaleno e così potenti da illuminare la notte, come al chiaro di Luna. Le stelle brillavano in modo straordinario e ci sembravano molto più vicine. Il fenomeno si protrasse a lungo, suscitando in noi profonda ammirazione ed altrettanto turbamento. In strada, nei cortili e nelle case era opinione diffusa che quell’improvviso, misterioso e grandioso evento celeste fosse il presagio di una prossima sventura”.
“Dopo cena, a Ponente e sopra di noi il cielo si fece di un rosso molto intenso, come se alle spalle del Monte di Ragogna si fosse sviluppato un enorme incendio. Lo fendevano ampi fasci di luce, dai colori simili a quelli dell’arcobaleno e così potenti da illuminare la notte, come al chiaro di Luna. Le stelle brillavano in modo straordinario e ci sembravano molto più vicine. Il fenomeno si protrasse a lungo, suscitando in noi profonda ammirazione ed altrettanto turbamento. In strada, nei cortili e nelle case era opinione diffusa che quell’improvviso, misterioso e grandioso evento celeste fosse il presagio di una prossima sventura”.
La diretta testimonianza dei nonni è fedelmente confermata da quanto scrive il “Corriere della Sera” nelle sue “ultimissime” di quel giorno. Dopo aver riferito di come l’aurora boreale sia stata variamente osservata in tutta Italia, da Torino a Roma, da Domodossola a Como e Venezia, il celebre quotidiano milanese si sofferma su come essa sia apparsa nella nostra Regione ed in particolare sul Carso:
Gli abitanti di parte dell’altopiano carsico hanno visto, invece, verso le 22, tutta la volta del cielo verso Occidente improvvisamente accesa di un rosso vivo, come per riflesso di un gigantesco incendio. Subito dopo, sempre da Occidente, sono spuntati all’orizzonte, disponendosi a ventaglio in alto, lunghi fasci di luce multicolori, quasi che il cielo fosse tagliato dalle lame lucenti di migliaia di riflettori. Il fenomeno, verificatosi con un’atmosfera perfettamente limpida e serena, si è esteso in breve da Occidente a Nord e verso Oriente, invadendo quasi tutta la linea dell’orizzonte e lasciando sgombro soltanto il settore marino del sottostante Golfo di Trieste, sul quale pareva quell’ora una leggera nebbia.
L’altrettanto noto quotidiano torinese “La Stampa”, nella sua edizione del 26 Gennaio, riporta:
Il Comm. Malignani di Udine, appassionato di astronomia e meteorologia, il quale lo ha ammirato in tutte le sue fasi dal suo osservatorio, ha definito il fenomeno un riverbero di aurora boreale, della stessa natura di quello che circa sessant’anni fa fu osservato a Udine.
La conferma viene dallo stesso “Popolo del Friuli”:
Un fenomeno interessantissimo e molto raro si è verificato ieri sera, destando non poca curiosità. (…) È apparso verso le ore 21, con un bagliore rossastro in direzione nord, che in breve si è dileguato gradatamente. Mezz’ora dopo si ripeteva più alto e più vasto, formando un’estesa fascia rossa sulla linea est-ovest centrata verso il nord. Questa immensa nube folgorante tendeva a spostarsi verso nord-ovest ed agli occhi dell’attento e stupito osservatore (il Cavaliere del Lavoro Comm. Malignani) lentamente e progressivamente cambiava colore per assumere verso le 22 una tinta verde. È stato un fenomeno non solo rarissimo ma anche particolarmente rimarchevole per le sue proporzioni. Infatti questa aurora boreale si spingeva fino alle Alpi, che per il riflesso luminoso si profilavano suggestivamente nonostante la serata senza Luna.
In effetti, in Italia analoghi fenomeni, sebbene di intensità inferiore, risalivano al 1848, al 1859, al 1870 ed appunto al 4 Febbraio 18724. Intervistando i massimi esperti dell’epoca, ovvero i direttori degli Osservatori astronomici sparsi nella penisola, tra i quali quello di Torino, di Monte Mario in Roma e dello Ximeniano di Firenze, la stampa attribuì l’evento di “eccezionale luminosità”, “di un’ estensione ed intensità senza pari”, alla “grande agitazione solare” rilevata in quel periodo ed alle “vaste macchie visibili sulla superficie del sole”.
Apparsa in Italia poco dopo le ore 19 del 25 gennaio e protrattasi in alcune zone fin dopo l’una del giorno 26, l’aurora boreale fu ampiamente visibile in tutto il Vecchio Continente, da Oslo a Londra, dalle coste della Normandia all’Olanda, in Belgio e Svizzera, in Baviera ed Austria, in tutta l’Europa centrale e sud-orientale, in Spagna, Gibilterra e Nord Africa, in Grecia e nella Crimea sovietica. I “fantastici splendori” di quella notte, comparsi anche negli Stati Uniti, in Canada ed alle Bermuda, furono preceduti e poi accompagnati da autentiche tempeste magnetiche con sensibili perturbazioni nelle comunicazioni telegrafiche e telefoniche, nonché nelle trasmissioni radio, specie quelle in onde corte. Violente oscillazioni colpirono anche gli aghi delle bussole di navi ed aerei. Lo attestano anche i giornali di bordo degli equipaggi della squadriglia dei “Sorci Verdi”, vanto dell’allora “Ala fascista”, impegnati proprio in quelle ore nella celebre trasvolata oceanica intercontinentale Roma – Dakar – Rio de Janeiro. Già a mezzogiorno del 25 Gennaio, in volo sull’Atlantico ai comandi del suo “Sparviero”, ovvero il “Savoia Marchetti S79T”, è lo stesso Bruno Mussolini, 19 anni, figlio del Duce, a segnalare la difficoltà di ascoltare la stazione radio di Guidonia (la base di partenza) e, complici le avverse condizioni meteo, di effettuare i rilevamenti radiogoniometrici con il sestante, “prima di perdere la visione del sole”.
Ovunque i testimoni furono convinti di trovarsi in presenza di un vastissimo incendio, tanto che quella notte le chiamate ai pompieri furono migliaia. Gli scienziati dell’Università di Grenoble affermarono che in Europa Occidentale non si vedeva nulla di simile dal 1709. L’altezza stimata dell’aurora da terra fu di 350 chilometri. Moltissimi i resoconti oculari:
Sulla Manica, per più di due ore una vasta luminescenza di color giallastro si è manifestata a settentrione mentre il sole allo zenith si colorava di un rosso violaceo, con zone verdognole e turchine. In certi momenti fasci di luce bianchissima si sprigionavano in linee parallele, rendendo ancor più pittoresco il fenomeno. Il cielo era terso e le stelle brillavano di vivo splendore. Da varie città della costa meridionale numerosi aeroplani si sono levati in volo, portando a bordo passeggeri desiderosi di godere in aria l’eccezionale spettacolo”. “A Vienna il fenomeno è durato dalle ore 20 alle 22: il cielo a settentrione aveva assunto l’aspetto di una grande parete drappeggiata di rosso e attraversata da strisce orizzontali bianche. Dal lato inferiore si dipartiva un arco verde.8
La grande aurora apparve anche nel cielo del Portogallo, destando profonda impressione. In molti gridarono “alla fine del mondo”. Come noto, Suor Lucia Dos Santos, veggente di Fatima, interpretò quell’evento celeste come il segno divino di cui la Madonna le avrebbe parlato nel messaggio del 13 luglio 1917:
Ovunque i testimoni furono convinti di trovarsi in presenza di un vastissimo incendio, tanto che quella notte le chiamate ai pompieri furono migliaia. Gli scienziati dell’Università di Grenoble affermarono che in Europa Occidentale non si vedeva nulla di simile dal 1709. L’altezza stimata dell’aurora da terra fu di 350 chilometri. Moltissimi i resoconti oculari:
Sulla Manica, per più di due ore una vasta luminescenza di color giallastro si è manifestata a settentrione mentre il sole allo zenith si colorava di un rosso violaceo, con zone verdognole e turchine. In certi momenti fasci di luce bianchissima si sprigionavano in linee parallele, rendendo ancor più pittoresco il fenomeno. Il cielo era terso e le stelle brillavano di vivo splendore. Da varie città della costa meridionale numerosi aeroplani si sono levati in volo, portando a bordo passeggeri desiderosi di godere in aria l’eccezionale spettacolo”. “A Vienna il fenomeno è durato dalle ore 20 alle 22: il cielo a settentrione aveva assunto l’aspetto di una grande parete drappeggiata di rosso e attraversata da strisce orizzontali bianche. Dal lato inferiore si dipartiva un arco verde.8
La grande aurora apparve anche nel cielo del Portogallo, destando profonda impressione. In molti gridarono “alla fine del mondo”. Come noto, Suor Lucia Dos Santos, veggente di Fatima, interpretò quell’evento celeste come il segno divino di cui la Madonna le avrebbe parlato nel messaggio del 13 luglio 1917:
Quando vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta, sappiate che è il grande segno che Dio vi dà che sta per castigare il mondo per i suoi crimini, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre.(…)
Nei drammatici giorni dell’immediata vigilia dell’effettivo inizio della Seconda Guerra Mondiale la profezia parve avere ulteriori riscontri. Lo si evince da quanto accadde nel famoso chalet di Adolf Hitler, nell’Obersalzberg bavarese, a ridosso del Berchtesgaden, la notte del 22 agosto 1939. A raccontarlo, nelle sue “Memorie del Terzo Reich”, è nientemeno che Albert Speer, l’architetto del nazismo:
Quella notte ci intrattenemmo con Hitler sulla terrazza del Berghof ad ammirare un raro fenomeno celeste: per circa un’ ora, un’ intensa aurora boreale illuminò di luce rossa il leggendario Untersberg che ci stava di fronte, mentre la volta del cielo era una tavolozza di tutti i colori dell’ arcobaleno. L’ ultimo atto del «Crepuscolo degli dei» non avrebbe potuto essere messo in scena in modo più efficace. Anche i nostri volti e le nostre mani erano tinti di un rosso innaturale. Lo spettacolo produsse nelle nostre menti una profonda inquietudine.
Affascinato e rivolto a Nicolaus von Below, capitano della Luftwaffe ed uno dei suoi più fedeli consiglieri militari, il Führer disse: “Sembra una grande massa di sangue. Questa volta non raggiungeremo il successo senza usare la forza”.
Il giorno dopo, al Kremlino di Mosca venne solennemente firmato il famigerato “Patto di non aggressione” nazi-sovietico “Molotov – Ribbentrop”, al quale era allegato il protocollo segreto di spartizione dell’area baltica e dell’Europa centro-orientale. Una settimana più tardi, il 1º settembre 1939, le armate tedesche invasero la Polonia. La Seconda Guerra Mondiale ebbe ufficialmente inizio.
Il giorno dopo, al Kremlino di Mosca venne solennemente firmato il famigerato “Patto di non aggressione” nazi-sovietico “Molotov – Ribbentrop”, al quale era allegato il protocollo segreto di spartizione dell’area baltica e dell’Europa centro-orientale. Una settimana più tardi, il 1º settembre 1939, le armate tedesche invasero la Polonia. La Seconda Guerra Mondiale ebbe ufficialmente inizio.
Jurij Cozianin
UIOGD