vitamina D
Vitamina D
(Sintesi dal libro I poteri curativi della vitamina del dottor Soram Khalsa, più qualche aggiunta da altre fonti).
Con Vitamina si intende una sostanza essenziale, che l’organismo non è capace di fabbricare da sé; quindi la cosiddetta vitamina D sarebbe in realtà un ormone.
La vitamina D è solubile nei grassi, non resiste ad acidi, sostanze ossidanti.
Funzioni della vitamina D:
La vitamina D è essenziale al metabolismo del calcio e del fosforo. Senza di essa solo un terzo del calcio presente negli alimenti viene assorbito.
Danni causati dalla sua carenza:
In passato si pensava solo al rachitismo e simili come l’osteoporosi e l’osteomalacia.
Ora, però, la ricerca più avanzata vede una correlazione tra la carenza di vitamina D con tante altre malattie: depressione tra cui il DAS, più o meno tutti i tipi di tumori, malattie cardiovascolari, schizofrenia, autismo, difficoltà di apprendimento e di memoria, morbo di Alzheimer, (IPCDVD p134 – 137), raffreddore ricorrente, sinusite, influenza, malattie autoimmuni (tra cui diabete I e II, sclerosi multipla, artrite reumatoide, malattie infiammatorie intestinali), difetti del feto, carie, malattia periodontale, dolore muscolo -scheletrico cronico, dolori ossei.
LA MISURAZIONE DELLA VITAMINA D
Avviene in nanogrammi per millimetro di sangue oppure in nanomole (1 ng – 2,5 nmol).
Secondo la moderna ricerca, fino a 10 ng si parla di grave carenza, fino a 20 ng di carenza, tra 20 e 30 di insufficienza, tra 30 e 40 ng di livello normale, tra 40 e 70 di livello ottimale; oltre 100 comincia il sovradosaggio e oltre 150 l’intossicazione (p68).
L’analisi della vitamina D sarebbe opportuna a novembre e in primavera per valutare il da farsi per il periodo successivo.
VALORI RITENUTI NECESSARI
Le autorità sanitarie hanno stabilito che il valore minimo per evitare il rachitismo sia di 20 ng/ml di sangue;
ma molti moderni ricercatori affermano che la vitamina D è necessaria per prevenire anche tante altre malattie;
che occorrono almeno 40 ng per attivare molte funzioni della vitamina D nel corpo;
e che i valori ottimali siano tra 40 e 70 ng.
Alcuni ricercatori hanno raccomandato per i bambini valori di oltre 50 ng o addirittura di 65 ng nei casi di malattie croniche come diabete, autismo e infezioni ricorrenti (p155).
che solo oltre i 100 ng si entri nel superdosaggio e oltre i 150 ng, peraltro difficili da raggiungere, si manifestino sintomi di intossicazione (IPCDVD p68).
Per raggiungere i 50 ng, la pratica clinica ha mostrato che occorrono 5000 UI al giorno (p11).
STORIA DELLA VITAMINA D
Si notò il diffondersi del rachitismo con la rivoluzione industriale.
Qualche medico pensò all’alimentazione; qualche altro – constatando che il rachitismo si manifestava nelle città – propose di prendere il sole, però molti non potevano farlo poiché passavano molto tempo dentro le fabbriche.
Allora i Governi resero obbligatoria l’integrazione delle farine e del latte con vitamina D, ma essa fu aggiunta anche ad altri prodotti ed il rachitismo scomparve. Però si verificarono, in numero limitato, anche casi di intossicazione di vitamina D. Allora fu proibito di aggiungere la vitamina D agli alimenti e da ciò derivano gli attuali casi di rachitismo.
A ciò si aggiunga la paura del cancro della pelle diffusa dopo il 1980 e si cominciarono ad usare i filtri solari o a stare al chiuso.
TIPI DI VITAMINA D NATURALE
I principali tipi naturali di vitamina D sono la D2 o ergocalciferolo e la D3 o colecalciferolo.
La prima è meno efficace, ne occorre più del doppio per raggiungere lo stesso livello di vitamina D nel sangue, ma di solito è l’unica prescritta dai medici. Essa si forma nelle piante e nei funghi shitakè essiccati al sole.
La D3 si forma nell’uomo stesso (e negli animali) quando la sua pelle è esposta alla luce solare, e procura assai meno rischio di intossicazione. Essa viene immagazzinata solo quando se ne hanno nel sangue livelli ottimali.
La D3 viene poi trasformata nella 25D (o calcidiolo o 25 -idrossivitamina D) dal fegato, e si diffonde nell’organismo in molti organi dove viene utilizzato all’interno di essi.
La 25D arrivando ai reni viene trasformata nella 1,25D (o calcitriolo) che è la vitamina D attivata.
Almeno così si pensava in passato; ora si sa che la 25D va anche in molte cellule e organi del corpo (tra cui seno, colon, prostata, sistema immunitario, ecc in cui è trasformata in 1,25 D) e utilizzata all’interno di essi senza essere rimessa in circolazione (p34).
FONTI DI VITAMINA D
1) La vitamina D si forma nella pelle sotto l’azione dei raggi solari ultravioletti (UVB).
I raggi solari contengono:
– i raggi UVA, che non bruciano ma penetrano più in profondità, favoriscono l’invecchiamento della pelle, le rughe, le macchie;
– e i raggi UVB che producono bruciature e l’arrossamento della pelle, rughe e invecchiamento della pelle, ma formano il colecalciferolo o vitamina D3 e quando essa supera le 20.000 UI viene distrutta da un meccanismo fisiologico.
La quantità di vitamina D ottenuta dai raggi solari dipende da 11 fattori:
– la latitudine: oltre i 35° di latitudine non si può ottenere sufficiente vitamina D da novembre a marzo a prescindere dalla durata dell’esposizione al sole;
– la stagione dell’anno, la quale influisce sull’angolazione con cui la luce solare arriva sul nostro corpo. l’altitudine aumenta l’arrivo dei raggi UVB, per la rarefazione dell’atmosfera;
– il momento della giornata: dalla 10 alle 14 è il momento migliore per i raggi USB oppure nei momenti in cui le previsioni meteorologiche prevedono un indice maggiore di 3;
– l’inquinamento atmosferico blocca i raggi UVB;
– la nuvolosità; riduce i raggi UVB;
– l’uso di creme solari e l’abbronzatura già ottenuta, che riducono il passaggio dei raggi UVB.
– il contenuto di melanina nella pelle riduce la formazione di vitamina D; occorre una irradiazione più intensa per le persone abbronzate; gli afro -americani hanno molto più frequentemente carenza di vitamina D;
– con l’età diminuisce la produzione dei precursori di vitamine D fino al 75%.
– il peso corporeo: l’adipe assorbe e trattiene in superficie la vitamina D invece di lasciarla arrivare all’interno;
– i vestiti, impediscono l’arrivo dei raggi UVB alla pelle: in Arabia saudita ci sono molti bambini rachitici (p54).
è sbagliato non prendere il sole per non rischiare tumori della pelle poiché per ogni donna che muore per un tumore della pelle ve ne sono 55 che muoiono per un tumore al seno, che è attribuito a scarsa esposizione al sole, senza considerare gli altri tumori e malattie che si ridurrebbero prendendo più sole.
D’altra parte, la vitamina D aiuta a prevenire anche i tumori della pelle (IPCDVD p88 – 90): è sufficiente prendere il sole con accortezza.
A questo riguardo, Holick ha definito Dose Minima di Eritema (MED) il tempo necessario perché la pelle esposta al sole si arrossi. E’ sufficiente esporre al sole braccia, mani e gambe per un tempo pari al 25 – 50% della MED per ottenere 1000 UI di vitamina D. In pratica, in persone con pelle chiara e che hanno la MED di 10 minuti, possono bastare da 2,5 a 5 minuti. (oppure si può alternare la parte del corpo esposta al sole ogni pochi minuti).
Bisogna ripetere l’esposizione più volte la settimana.
Ciò vale anche per i lettini abbronzanti.
L’esposizione al sole è il modo ideale per correggere la carenza di vitamina D.
– Anche solo 15 minuti di esposizione al sole estivo o di lettino abbronzante ai raggi UVB possono ottenere 10.000 o 15.000 UI di vitamina D. Si dice che, però, c’è il rischio di avere livelli bassi di vitamina D anche ad agosto, poiché si sta forse perdendo la capacità di formare la vitamina D (p11 e p48).
2) ALTRIMENTI SI PUÒ RICORRERE AGLI ALIMENTI
(ma è difficile ricevere da essi anche solo la quantità minima di vitamina D anche mangiando molto pesce, uova o funghi esposti al sole). Infatti, a parte l’’olio di fegato di merluzzo che ne contiene 1.360 unità in un cucchiaio, le sardine scatola essiccate con olio 500 UI in 100 grammi, il salmone cotto 360 UI, lo sgombro 345, il tonno in scatola con olio 235, il latte anche se intero e fortificato ne contiene solo 98 UI per tazza, un tuorlo d’uovo solo 20 UI.
Anche gli alimenti fortificati con la vitamina D ne contengono poca perché le autorità hanno stabilito una RDA molto bassa – a parte la semplice prevenzione del rachitismo – rispetto alle necessità secondo molte ricerche recenti, anche se attualmente essa è stata innalzata a 600 fino a 70 anni e a 800 dopo e la massima quantità dichiarata tollerabile nel 2010 è stata portata da 2000 a 4000.
Un igienista afferma che c’è vitamina D in abbondanza nella frutta (LADNPF p33), ma non specifica la quantità né di quale frutta si tratti. Può darsi che sia soprattutto la frutta secca, ricca di grassi, visto che la vitamina D è liposolubile.
3) O AI LETTINI ABBRONZANTI CON APPARECCHIATURE CHE PRODUCONO RAGGI UVA E UVB NON SONO CONSIGLIATI DA HOLICK, MA KHALSA NON È TANTO D’ACCORDO.
4) O AGLI INTEGRATORI.
COSTO ECONOMICO DELLA CARENZA DI VITAMINA D
Si stimarono i costi della carenza di vitamina D, nel 2004, per gli USA in 40 – 56 miliardi di dollari l’anno (per cure contro il cancro, le fratture ossee per l’osteoporosi e l’osteomalacia, ecc.) mentre sarebbe bastato un miliardo di dollari l’anno per ovviare alla carenza di vitamina D fornendo gli integratori alla popolazione (p69).
Facendo un calcolo proporzionale alla popolazione e al valore dell’euro, per l’Italia si potrebbero risparmiare 7,5 miliardi di euro in spesa sanitaria ogni anno spendendone 150 milioni in integratori di vitamina D.
VITAMINA D E CANCRO
In un esperimento su donne in post -menopausa a doppio cieco si constatò che somministrando 1100 UI di vitamina D3 al giorno si otteneva una riduzione del 60% delle diagnosi di tumori in generale e del 47% somministrando 1000 mg di calcio da solo. Ancora più eclatante, ma non precisata, la riduzione ottenuta somministrando sia calcio che vitamina D3 (p88 – 90).
D’altra parte gli studi di tipo epidemiologico del 1980 avevano già mostrato la maggiore diffusione dei vari tipi di tumore e di altre malattie negli Stati nord -orientali, piuttosto che in quelli sud -occidentali (p90 – 92).
Dai ricercatori la carenza di vitamina D è stata correlata a ben 17 tipi di cancro: colon, seno, prostata, vescica, esofago, gastrico, ovaie, retto, reni, utero, cervice, cistifellea, laringe, cavo orale, pancreas, linfomi di Hodgkin e non Hodgkin (p95 – 96). Sembrano da aggiungere anche colon e polmoni (p103 – 106).
Alcuni ricercatori ritengono che alti livelli di vitamina D favoriscano l’apoptosi cioè la morte delle cellule vecchie o malate, frenino la proliferazione cellulare e regolino la crescita cellulare, inoltre inibiscano le metastasi (IPCDVD p93 – 94).
LA CARENZA DI VITAMINA D OGGI È MOLTO DIFFUSA
In California, il 75% dei nuovi clienti del dottor Khalsa risulta carente di vitamina D, spesso a livelli inferiori ai 20 ng.
I sintomi più frequenti di tale carenza sono:
debolezza muscolare, sensazione di pesantezza alle gambe, dolore muscolo -scheletrico cronico, sensazione di fatica e facile affaticamento, infezioni frequenti, depressione.
Essi hanno ottenuto generalmente un miglioramento con l’integrazione con vitamina D, più in particolare l’autore del libro ha ottenuto rilevanti miglioramenti prescrivendo vitamina D a suoi clienti soggetti a molto stress o ad affaticamento, o alla malattia di Grover che è un fastidiosissimo prurito della pelle, al raffreddore ricorrente (dopo il fiasco del vaccino antinfluenzale) e alla sinusite (IPCDVD p137 – 144), ad un dolore cronico al collo.
Secondo qualche studio si può sospettare un collegamento tra la carenza in vitamina D della madre e la carie dei bambini oppure tra carenza di vitamina D e malattia periodontale;
Secondo uno studio tra i pazienti di un ospedale psichiatrico, quelli che avevano assunto, per vari mesi, 2000 UI al giorno di vitamina D nessuno si era ammalato di influenza) (IPCDVD p140).
I bambini sono sempre più carenti di vitamina D perché passano sempre più tempo in casa o coperti dai vestiti quando stanno all’aperto.
Quanto ai lattanti, quelli allattati al seno ne sono più carenti poiché le loro madri sono esse stesse carenti di vitamina D anche quando prendono integratori con vitamina D nella misura di 400 UI, poiché questa non è in quantità adeguata nemmeno per la madre.
Il calcidiolo o 25D è un pre -ormone prodotto dalla vitamina D3. Esso è immagazzinabile nell’organismo ed è la vitamina D da misurare. è un esame che negli USA costa circa 200 dollari.
Sarebbe bene acquistare un kit per misurare da sé la vitamina D ed evitare sia la carenza che l’eccesso, anche perché le etichette dei prodotti non sono necessariamente precise nell’indicare le dosi: in uno di essi la dose reale era 100 volte più alta di quella indicata nell’etichetta (p17). (Ma mi par di capire che poi occorre portare le gocce di sangue essiccate al laboratorio…p16).
Il calcitriolo o 1,25 D deriva dal calcidiolo che è trasformato dai reni. Altrove però si dice che una volta si pensava così, mentre ora si ritiene che tutti gli organi del corpo ricevano la 25 D ma poi la trasformino ed usino per i loro scopi interni senza rimetterla in circolazione, a differenza di quanto fanno i reni.
Il calcitriolo non va misurato poiché non è indicativo dell’eventuale carenza di vitamina D. La misurazione della 1,25 D dà solo una prova della funzionalità renale (p148).
Nella sua forma attivata di calcitriolo è un ormone steroideo che agisce su circa 200 geni del corpo.
COME IL DOTTOR KHALSA CURA LA CARENZA
Ai suoi clienti statunitensi che vivono oltre il 30° parallelo (l’Italia sta tutta oltre il 36°), e che non si sottopongono alle analisi il dottor Khalsa, tenendo conto dello stato attuale della ricerca consiglia 400 UI per i neonati fino ad un anno (e anche di più se sono allattati), 1000 – 2000 da 1 a 12 anni, oltre i 12 anni 2000 il giorno, pur pensando che questi dosaggi saranno aumentati in futuro (p166). Ci sono articoli che dichiarano la sicurezza di dosi da 1000 – 2000 UI per i neonati.
Se, invece sono state fatte le analisi e il valore della 25D è inferiore ai 20 ng allora prescrive per otto settimane 50.000 UI alla settimana, 5000 il giorno + altre 5.000 lunedì, mercoledì e venerdì. Ciò magari aumenta di 5 ng il valore della vitamina 25D e allora prosegue per altre otto settimane. E ciò generalmente basta per superare i 40 ng.
Poi usa 2.000 UI per il mantenimento.
(Veramente uno studio ha trovato che l’uomo medio consuma da 3.000 a 4.000 UI il giorno e quindi forse si porterà l’integrazione a 4.000 in futuro, ma questo richiederà uno studio anche per le donne e un controllo continuato con analisi).
Anche se il valore è tra 30 e 40 ng Khalsa prescrive sei settimane alla dose di 50.000 UI settimanali, prima di rifare l’analisi del sangue.
Se invece il valore supera i 40 ng, aspetta l’autunno per consigliare 2000 UI al giorno per tutto l’inverno.
Se però i pazienti hanno qualche patologia correlata alla carenza di vitamina D allora cerca di portare i valori tra i 50 e i 70 ng. con 50.000 UI alla settimana e poi prescrive la dose di mantenimento di 2000 UI al giorno.
I sintomi del sovradosaggio di vitamina D sono silenti inizialmente, poi si ha calcio nelle urine, in seguito nel sangue, poi dolore addominale, costipazione, debolezza muscolare, prurito, vomito e sete estrema ed anche calcoli renali e pressione alta (IPCDVD p167).
QUANDO NON SOMMINISTRARE LA VITAMINA D?
Si ritiene che la vitamina D non vada somministrata in genere ai malati di malattie granulomatose (tbc e sarcoidosi, ma secondo alcuni medici anche la malattie di Lyme. Però per la tbc c’è qualche riserva poiché in alcuni studi la vitamina D ha aiutato a contrastare l’aumento del calcio), nei pazienti con linfoma o negli alti livelli ematici di calcio o contemporaneamente all’uso di certi farmaci come l’idroclorotiazide.
OCCORRE MAGGIORE VITAMINA D
nella gravidanza, poiché altrimenti potrebbero anche esserci danni cerebrali nel feto, per prevenire la pre-eclampsia, e il parto cesareo.
La dose di 400 UI oggi in uso negli integratori è assolutamente inadeguata. La donna deve mantenere preferibilmente oltre i 40 ng e controllarsi ogni 3 mesi. Potrebbe aver bisogno di 4000 UI al giorno (p171 – 172).
A loro volta i neonati allattati al seno ricevono solitamente poca vitamina D e dovrebbero ricevere un’integrazione.
In Finlandia un gruppo di neonati ha ricevuto 2000 UI il giorno nel primo anno di vita e dopo trentuno anni è risultato che il loro rischio di ammalarsi di diabete era ridotto dell’80% e non si segnalavano eventi avversi (p173).
(Infine occorre più vitamina D quando si prendono farmaci che diminuiscono i valori della 25D quali quelli per l’epilessia, altri come la cimetidina, steroidi, o alcuni per l’asma o per perdere peso?).
Sul sito dell’autore www.drsoram.com. si potranno trovare aggiornamenti su nuovi studi relativi alla vitamina D.
AMDG et DVM
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