martedì 28 agosto 2018

LA COPPIA DI SPOSI CHE ILLUMINO' IL SACRO ROMANO IMPERO: SANT'ENRICO II E SANTA CUNEGONDA

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Santa Cunegonda Imperatrice
e Sant'Enrico II

Le notizie che la riguardano sono tratte da fonti sparse, tramandate da cronisti contemporanei quali Tietmaro di Mersburgo e Rodolfo il Glabro, nonché da una vita composta da un canonico di Bamberga a oltre un secolo dalla morte. Da queste fonti sappiamo che Cunegonda venne cresciuta con una profonda educazione cristiana. A vent'anni circa sposò il duca di Baviera, che nel 1002 fu incoronato re di Germania e nel 1014 imperatore. Malgrado fosse sterile Enrico non volle ripudiare la moglie, scelta ammessa dal matrimoniale germanico, tollerato da Roma. Per la grande pietà e santità che riscontrava in lei preferì viverle assieme anche senza speranza di prole. Così nel 1002 a Paderborn fu incoronata regina e nel 1014 a Roma ricevette, assieme al marito, la corona imperiale da papa Benedetto VIII. Assecondata dal marito fece erigere il Duomo di Bamberga (1007) e il monastero benedettino di Kaufungen (1021) dove, rimasta vedova, si ritirò conducendo vita monastica. Morì il 3 marzo probabilmente del 1033 anche se qualcuno data la sua scomparsa sei anni dopo. 

Etimologia: Cunegonda = che combatte per la stirpe, dall'antico tedesco

Martirologio Romano: A Oberkaufungen nell’Assia, in Germania, santa Cunegonda: molti benefici arrecò alla Chiesa insieme al marito sant’Enrico imperatore, e, dopo la morte di costui, ella stessa migrò al Signore nel convento in cui come monaca si era ritirata, facendo di Cristo la sua eredità. Il suo corpo fu deposto con tutti gli onori accanto alle spoglie di sant’Enrico a Bamberga. 



Le Chiese d’Oriente e d’Occidente in due millenni di cristianesimo hanno attribuito l’aureola della santità quale corona eterna a non poche imperatrici, e talvolta anche ai loro mariti, che sedettero sui troni di Roma, di Costantinopoli e del Sacro Romano Impero. Sfogliando le pagine dell’autorevole Bibliotheca Sanctorum e della Bibliotheca Sanctorum Orientalium possiamo trovare i loro nomi: Adelaide, Alessandra e Serena (presunte mogli di Diocleziano), Ariadne, Basilissa (o Augusta), Cunegonda, Elena, Eudossia, Irene d’Ungheria (moglie di Alessio I Comneno), Irene la Giovane (moglie di Leone IV Chazaro), Marciana, Pulcheria, Placilla, Riccarda, Teodora (moglie di Giustiniano), Teodora (moglie di Teofilo l’Iconoclasta), Teofano. Anche nel XX secolo non sono mancate sante imperatrici: Sant’Alessandra Fedorovna, moglie dell’ultimo zar russo canonizzata dal Patriarcato di Mosca, la Serva di Dio Elena di Savoia, imperatrice d’Etiopia, ed in fama di santità è anche Zita di Borbone, moglie del Beato Carlo I d’Asburgo ed ultima imperatrice d’Austria.

Santa Cunegonda, oggi festeggiata, è venerata anche insieme al marito, l’imperatore Enrico II, la cui festa è però celebrata separatamente al 13 luglio. Le fonti relative a questa santa sono purtroppo costituite da notizie sparse, tramandate da alcuni cronisti contemporanei quali Tietmaro di Mersburgo e Rodolfo il Glabro, nonché da una vita composta da un canonico di Bamberga oltre un secolo dopo la morte. I genitori diedero alla figlia, sin dai primi anni, una profonda educazione cristiana. All’età di circa vent’anni, Cunegonda sposò il duca di Baviera, Enrico appunto, che nel 1002 venne incoronato re di Germania e nel 1014 sacro romano imperatore.

Su questo matrimonio, specialmente al principio del XX secolo, sono sorte parecchie polemiche: in alcuni testi antichi infatti, tra i quali la bolla di papa Innocenzo III, si narra che i due coniugi fecero voto di perpetua verginità e si parlò così di “matrimonio di San Giuseppe” e per tale motivo a Cunegonda è stato talvolta attribuito il titolo di “vergine”, ma secondo altri autori moderni una simile qualifica non corrisponderebbe alle narrazioni di contemporanei come Rodolfo il Glabro. Secondo quest’ultimo, I fatti, Enrico si accorse della sterilità della moglie, ma nonostante il matrimoniale germanico ammettesse il ripudio, non volle usare questo diritto per la grande pietà e santità che riscontrava nella consorte e preferì continuare a vivere insieme a lei pur senza speranza di prole. Fu proprio ciò, unitamente alla fama di santità che circondò i due coniugi, a far nascere in seguito la leggenda del cosiddetto “matrimonio di San Giuseppe”.

Nella Vita e nella bolla pontificia di canonizzazione si legge che Cunegonda fu oggetto di una grande calunnia di infedeltà coniugale ed Enrico, per provarne l’innocenza, decise di sottoporla alla prova del fuoco. La moglie accettò e passò miracolosamente indenne a piedi nudi sopra vomeri infuocati. L’imperatore chiese perdono all’augusta consorte per aver dato troppo credito agli accusatori e da quel momento visse in piena stima e fiducia nei suoi confronti. Non ci è dato sapere quale validità storica abbia concretamente questo episodio, resta comunque il suo alto valore simbolico.

Il 10 agosto 1002 a Paderborn Cunegonda fu incoronata regina e nel 1014 si recò a Roma con il marito per ricevere la corona imperiale dalle mani di papa Benedetto VIII, il 14 febbraio di quell’anno. La vita dell’imperatrice costituì un mirabile esempio di carità, umiltà e mortificazione, virtù che la caratterizzarono in molteplici manifestazioni. Assecondata dal pio marito, nel 1007 fece erigere il duomo di Bamberga e nel 1021 il monastero di Kaufungen, fondato in seguito ad un voto fatto durante una gravissima malattia da cui uscì pienamente ristabilita. Proprio in questo monastero benedettino volle ritirarsi nel 1025, addolorata per la perdita del marito. Nel giorno anniversario della morte di Enrico II, Cunegonda convocò parecchi vescovi per la dedicazione della chiesa di Kaufungen, cui donò una reliquia della Santa Croce. Dopo la lettura del Vangelo, si spogliò delle insegne e degli abiti imperiali, si fece tagliare i capelli e vestì il rozzo saio benedettino. Continuò, come già aveva fatto in precedenza, a spendere il suo patrimonio nell’edificazione di nuovi monasteri, decorando chiese ed aiutando i poveri. Intrapresa dunque la vita monastica, visse in assoluta umiltà come se mai fosse stata addirittura imperatrice. Prese a trascorrere gran parte delle sue giornate in preghiera e nella lettura delle Sacre Scritture, non disdegnando però i lavori manuali ed i servizi più umili. Un compito assegnatole che gradì particolarmente fu la visita alle consorelle ammalate per portare loro conforto ed assistenza. Si distinse inoltre per la pratica severa della penitenza: asumeva infatti esclusivamente il cibo indispensabile per sopravvivere, rifiutando ciò che poteva solleticare in qualche maniera il palato.

Sino al termine dei suoi giorni Cunegonda condusse questo stile di vita. Morì infine il 3 marzo di un anno imprecisato, generalmente viene preferito il 1033 anziché il 1039. Le sue spoglie mortali trovarono degna sepoltura presso quelle del marito nella cattedrale di Bamberga. Nei primi anni non fu oggetto di grande culto, ma dal XII secolo la venerazione nei suoi confronti crebbe grandemente fino a superare quella tributata già in precedenza ad Enrico. La causa di canonizzazione fu introdotta sotto il pontificato di Celestino III, ma solo Innocenzo III con bolla del 29 marzo 1200 ne approvò ufficialmente il culto. Nella diocesi di Bamberga nel XV secolo ben quattro solenni celebrazioni erano dedicate alla memoria della santa imperatrice: il 3 marzo (anniversario della morte), il 29 marzo (anniversario della canonizzazione), il 9 settembre (traslazione delle reliquie) ed il 1° agosto (commemorazione del primo miracolo).


Autore: 
Fabio Arduino

Sant' Enrico II Imperatore
13 luglio 
973 - Bamberga, Germania, 13 luglio 1024
Enrico II è un esempio di rettitudine nell'arte del governare: per questo oltre che santo è patrono delle teste coronate. Nato nel 973 vicino a Bamberga, in Baviera, crebbe in un ambiente cristiano. Il fratello Bruno divenne vescovo di Augsburg (Augusta), una sorella si fece monaca e l'altra sposò un futuro santo, il re d'Ungheria Stefano. Enrico venne educato prima dai canonici di Hildesheim e, in seguito, dal vescovo di Regensburg (Ratisbona), san Wolfgang. Si preparò così all'esercizio del potere, cosa che avvenne dapprima quando divenne Duca di Baviera, e poi nel 1014 quando " già re di Germania e d'Italia " Papa Benedetto VIII, lo incoronò a guida del Sacro Romano Impero. Tra i consiglieri ebbe Odilone, abate di Cluny, centro di riforma della Chiesa. Enrico morì nel 1024. Fu lui a sollecitare l'introduzione del Credo nella Messa domenicale.

Patronato: Oblati benedettini
Etimologia: Enrico = possente in patria, dal tedesco
Emblema: Corona, Globo, Scettro

Martirologio Romano: Sant’Enrico, che imperatore dei Romani, si adoperò insieme alla moglie santa Cunegonda per rinnovare la vita della Chiesa e propagare la fede di Cristo in tutta l’Europa; mosso da zelo missionario, istituì molte sedi episcopali e fondò monasteri. A Grona vicino a Göttingen in Germania lasciò in questo giorno la vita. 



Probabilmente oggi può parer insolito che un uomo politico e di governo possa essere anche santo. Eppure nella storia della Chiesa cattolica numerosi sono i Sovrani saliti all’onore degli altari. Uno di questi è l’imperatore sant’Enrico (973-1024), che si trovò a capo del Sacro Romano Impero in un’epoca assai difficile quale l’XI secolo.

Enrico sposò una donna che fu anch’essa canonizzata, Cunegonda, con la quale visse un matrimonio giuseppino, all’insegna della perpetua verginità. I due decisero di comune accordo di vivere in castità, tanto che non lasciarono eredi. Si tratta di una scelta assunta diverse volte da varie coppie cristiane. Una scelta che non sminuisce, anzi valorizza le nozze cristiane.

La santità in politica

Sul fronte politico, Enrico fu uno strenuo difensore degli interessi imperiali e del bene della Chiesa. Per consolidare il suo potere, dovette condurre numerose imprese militari, che riuscì a vincere con l’aiuto di Dio. In un’occasione, trovandosi i due eserciti faccia a faccia, i nemici fuggirono, apparentemente senza ragione. In realtà, per terrorizzarli, Dio mostrò loro un angelo alla guida di una schiera di martiri.

Il santo imperatore fu anche artefice di eccezionali operazioni diplomatiche. Per controllare i popoli slavi, ebbe ad esempio bisogno dell’aiuto del re pagano Stefano d’Ungheria. Enrico gli propose un’alleanza e gli offrì in moglie sua sorella Gisella di Baviera, che lo sposò e lo convertì al Cristianesimo. In tal modo, il re magiaro divenne santo Stefano d’Ungheria e portò tutto il suo popolo alla fede cristiana.

L’impresa più importante che Enrico dovette affrontare fu quella contro Arduino d’Ivrea, in Italia. Eletto illegittimamente re della penisola, Arduino iniziò a perseguire un disegno egemonico, che lo portò a scontrarsi con la Chiesa e con l’Impero. Intervenne allora Enrico, che discese ben due volte nel Nord Italia per ristabilire i diritti e le prerogative imperiali, sconfiggendo Arduino. Fu in quest’occasione (1014) che il santo venne incoronato imperatore da Papa Benedetto VIII. Nella Basilica di San Pietro ricevette con sua moglie la corona imperiale.

A difesa dei diritti della Chiesa

Sant’Enrico diede un fattivo e positivo sostegno al governo della Chiesa, a maggior gloria di Dio. In diversi Sinodi, come quello di Pavia celebrato con Benedetto VIII, si oppose al clero uxorato e promosse il rispetto del celibato sacerdotale, tant’è che il matrimonio dei sacerdoti fu proibito, sotto pena di deposizione. Sinceramente pio e colto, austero e di severi costumi, desideroso della riforma della Chiesa e del bene dei suoi sudditi, Enrico sponsorizzò tutte le iniziative volte ad assicurare ordine e giustizia all’interno dei territori dell’Impero.

Sia lui che sua moglie sentirono forte la vocazione monastica e cercarono di compensarla, favorendo l’Ordine cluniacense e costruendo innumerevoli monasteri. Fu poi grazie ad Enrico che sant’Odilone decretò, pena la scomunica, di interrompere le battaglie dal mercoledì sera al lunedì mattina nei tempi d’Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua e Pentecoste: furono le celebri paci e tregue di Dio, che riuscirono ad “umanizzare” la guerra ed a non farle perdere la dimensione cavalleresca. Una realtà ben lontana dalla concezione contemporanea…

Grande costruttore di chiese e conventi, Enrico fece erigere il Duomo di Bamberga (1007), città che grazie a lui divenne sede vescovile: lo stesso Benedetto VIII celebrò la consacrazione della nuova cattedrale nel 1020. A nord della città, Cunegonda fece invece edificare un monastero benedettino e uno di Canonici. Nel 1014, inoltre, Enrico chiese al Papa di inserire la recita del Credo in tutte le messe festive ed in altre celebrazioni particolari: il Sommo Pontefice acconsentì.

Sceso in Italia nel 1022 per lottare contro i bizantini, Enrico si ammalò, ma sulla via del ritorno, fermatosi nel monastero di Montecassino, guarì miracolosamente dopo aver pregato sulla tomba di san Benedetto. Tuttavia, restò storpio per il resto dei suoi giorni fino alla morte, avvenuta a Bamberga il 13 luglio 1024.

Entrambi i coniugi furono sepolti nella cattedrale di Bamberga. Le loro tombe divennero presto meta di pellegrinaggi. Enrico fu canonizzato nel 1146, per volontà del beato Eugenio III, mentre Cunegonda nel 1200, sotto Innocenzo III. San Pio X ha proclamato Enrico patrono degli Oblati benedettini.

Autore: Federico Catani

Fonte: Radici Cristiane

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L’Imperatore del Sacro Romano Impero e ultimo esponente della dinastia degli Ottoni Sant’Enrico II (973 o 978 – 1024) e sua moglie Santa Cunegonda di Lussemburgo (978 ca. – 1039) vissero in tempi «precari», ma il loro rapporto non fu precario e divenne di esempio per tutto il mondo occidentale e addirittura si adoperarono per rinnovare la vita della Chiesa e propagare la fede in Cristo in tutta l’Europa.

Votato inizialmente ad una carriera ecclesiastica, ricevette un’educazione scrupolosa presso la scuola capitolare di Hildersheim e a Ratisbona presso il santo vescovo Wolfango. Là acquisì una profonda pietà ed una precisa conoscenza dei problemi religiosi. Enrico ebbe un fratello, Bruno, che rinunciò agli agi della vita di corte per divenire pastore di anime come vescovo di Augusta, nonché due sorelle: Brigida, che si fece monaca, e Gisella, che andò in sposa al celebre Santo Stefano d’Ungheria.

Nel 995 Enrico II succedette al padre quale duca di Baviera e nel 1002 al cugino Ottone III come re di Germania. Contro Enrico insorse il celebre Arduino d’Ivrea, che dopo tante fatiche aveva ottenuto la corona d’Italia, ma questi lo sconfisse con un’armata e poi raggiunse Roma con sua moglie Cunegonda per ricevere nel 1004 la corona d’Italia da Papa Benedetto VIII. Nel 1014 il Pontefice lo consacrò imperatore del Sacro Romano Impero.

Segnata dall’impronta del realismo e della chiaroveggenza, la politica di Enrico II fu caratterizzata dall’abbandono delle grandiose mire universaliste di Ottone III e rafforzò l’alleanza del potere imperiale con la Chiesa. Sovrano consacrato alla più alta carica religiosa, presidente dei sinodi episcopali, canonico di alcune cattedrali, accrebbe l’autorità del clero. Restaurò nel 1004 l’Arcivescovado di Merseburg e nel 1007 fondò, con i propri beni, quello di Bamberg. Fu assai sensibile ad un sano rinnovamento della vita monastica, appoggiando alcuni riformatori come Riccardo di Saint-Vanne, sostenendo l’Abbazia di Cluny e il suo Abate Odilone.

Nel 1022 presiedette, insieme a Papa Benedetto VIII, il Concilio di Pavia, a conclusione del quale vennero emanati sette canoni contro il concubinato dei sacerdoti e la difesa dell’integrità dei patrimoni ecclesiastici: questo Concilio è considerato un momento importante del processo di riforma delle Chiesa dell’XI secolo.

Durante il regno ebbe al suo fianco Cunegonda, incoronata regina nel 1002 a Paderborn. Le fonti attestano che ella svolse un ruolo politico di primo piano. Fondò il monastero femminile di Kaufungen, vicino a Kassel, nel 1021. La coppia imperiale non ebbe figli e la causa viene rimandata a due ipotesi: voto di castità dei coniugi oppure sterilità. Alla fine dell’XI secolo sorse la tradizione della castità degli sposi. I primi a descriverla furono alcuni monaci dell’abbazia di Monte Cassino, molto legati all’Imperatore, Amato e Leone d’Ostia.

Secondo altre fonti, contemporanee ai fatti storici, viene attestata la sterilità di Santa Cunegonda. Le prime conoscenze sul matrimonio imperiale poggiano su tre brevi testi. Il cronista Titmaro di Merseburg riferisce la dichiarazione fatta da Enrico II al Sinodo di Francoforte del 1007: «(…) per mia ricompensa divina, ho scelto Cristo come erede, poiché non mi resta più alcuna speranza di avere una discendenza». Il secondo testo è una lettera del Vescovo Arnoldo di Halberstat (novembre 1007) ad un suo confratello di Würzburg: «(…) rifiutandogli una discendenza umana, farà di Dio, a Lui piacendo, il suo erede». Infine il monaco cluniacense Rodolfo il Glabro lascia scritto (prima del 1047): «Vedendo che da Cunegonda egli non poteva avere figli, non se ne separò a causa di questo, ma accordò alla Chiesa di Cristo tutto il patrimonio che avrebbe dovuto a dei figli».

Nell’alto Medioevo, una simile situazione terminava spesso con il ripudio della sposa. Come dimostra Rodolfo il Glabro, il fatto essenziale che colpì i contemporanei e fondò i termini per la reputazione di santità, fu l’inaudito rifiuto dell’Imperatore di ripudiare la moglie. La ragione di tale scelta è stata cercata nella profonda pietà cattolica dell’Imperatore, pietà che gli veniva da una tradizione ottoniana: i comportamenti matrimoniali costituirono un punto capitale delle relazioni fra gli Ottoni e la Chiesa. Infatti i suoi predecessori osservarono sempre una condotta matrimoniale esemplare: una stretta monogamia, unioni canonicamente irreprensibili, l’assenza di figli illegittimi e ripudi caratterizzarono la loro vita familiare. Emblematica una biografia commissionata dallo stesso Enrico II, la Vita della sua bisavola Santa Matilde, dove il sacramento matrimoniale primeggia: l’unione sponsale è qui celebrata come indissolubile e spiritualmente benefica per ogni coniuge. Ne emerge una coppia di sposi di stampo evangelico, modello di vita coniugale.
Enrico II non volle essere da meno della sua antenata e fu deciso nel credere e testimoniare l’indissolubilità matrimoniale, e tenne per sposa la sua Cunegonda.


Autore: Cristina Siccardi
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Nella storia della Chiesa riscontriamo non poche coppie di sposi ascese alla gloria degli altari, vicende di santità coniugale sovente purtroppo poco conosciute, come quella di Cunegonda ed Enrico, quest’ultimo singolarmente festeggiato in data odierna nell’anniversario della sua morte. Le notizie sul suo conto ci provengono da due versioni della sua Vita, attribuite ad Adalberto di Utrecht ed Adalberto di Bamberga.

Nato nel 972 dal duca bavarese Enrico il Litigioso e Gisella di Borgogna, Enrico fu istruito dal vescovo di Ratisbona, San Volfango. Enrico ebbe un fratello, Bruno, che rinunciò agli agi della vita di corte per divenire pastore d’anime come vescovo di Augusta, nonché due sorelle: Brigida, che si fece monaca, e Gisella, che andò in sposa al celebre Santo Stefano d’Ungheria. Nel 995 Enrico II succedette al padre quale duca di Baviera e nel 1002 al cugino Otone III come re di Germania. Contro Enrico insorse il celebre Arduino d’Ivrea, che dopo tante fatiche aveva ottenuto la corona d’Italia, ma questi lo sconfisse con un’armata e poi raggiunse Roma con sua moglie Cunegonda per ricevere la corona imperiale da Papa Benedetto VIII, che lo pose così a guida del Sacro Romano Impero.

Enrico si mostrò in vari modi benefattore della Chiesa, restaurando le sedi di Hildeshein, Magdeburgo, Strasburgo e Meersburg. Nel 1006 fondò la diocesi di Bamberga ed in tale città fece edificare la cattedrale ed un monastero, onde rafforzare il suo potere in quella parte della Germania. In questa sua opera fu osteggiato dai vescovi di Wurzburg ed Eichstatt, che perdettero parte del territorio delle loro diocesi. Il sovrano pensò bene di ottenere al riguardo l’approvazione pontificia e lo stesso Benedetto VIII officiò nel 1020 la consacrazione della nuova cattedrale.

Il santo imperatore sostenne la riforma cluniacense, in particolare Sant’Odilone di Cluny e Riccardo di Saint-Vanne, e fu lui inoltre a sollecitare l’introduzione della recita del Credo nella Messa festiva, pur restando un potente sovrano intento ad estendere la sua influenza ed il suo potere. Alcune delle sue azioni politiche appaiono infatti equivoche, se analizzate da un punto di vista del bene del cristianesimo: rovesciò infatti la politica dei suoi predecessori nei confronti dell’Oriente cristiano e, come ebbe ad evidenziare il Dvornik, per la prima volta “il capo dell’impero del cristianesimo occidentale prende le armi contro un paese [la Polonia], il cui carattere cristiano è stato così apertametne e solennemente benedetto dal suo predecessore”.

Pur di perseguire i suoi scopi, strinse alleanze con alcune popolazioni pagane, consentendo loro di praticare le loro religioni apertamente e di portare in battaglia i loro stendardi ed i loro dei. A molti suoi contemporanei tale atteggiamento parve in assoluto contrasto con quello tradizionale dell’imperatore in dovere di convertire i pagani. Fu perciò aspramente criticato da San Bruno di Querfurt, missionario proprio in terra pagana: “E’ giusto perseguitare una nazione cristiana e concedere amicizia ad una nazione pagana? In che modo può Cristo avere relazione con Satana? In che modo possiamo paragonare la luce al buio? Non è meglio combattere i pagani per il bene del cristianesimo, piuttosto che far torto ai cristiani per onori terreni?”.
Queste sono solo alcune delle ragioni per cui pare fu problematico, agli occhi dei suoi primi biografi, dipingere Enrico II come un santo ed a tal fine non restò che creare, forse artificiosamente edificanti leggende che lo descrissero come un governante riluttante ed un monaco sincero, intento a condurre uno stile di vita ascetico, vivendo il matrimonio in castità. Si trattò però in gran parte di esagerazioni volte ad esaltare oltre misura la sua opera pubblica e la sua vita privata.

Enrico tornò nuovamente in Italia nel 1021, per una spedizione in Puglia contro i bizantini, ma si ammalò e sulla via del ritorno fu portato a Montecassino, ove secondo la leggenda guarì miracolosamente pregando sulla tomba di San Benedetto. Restò tuttavia storpio per il resto dei suoi giorni, fino alla morte avvenuta a Bamberga il 13 luglio 1024. Sua moglie Cunegonda si ritirò in un monastero benedettino da lei fondato ed infine fu sepolta accanto al marito nella cattedrale di Bamberga.
L’imperatore Enrico II, forse innanzitutto per il suo aperto appoggio concesso al papato, fu canonizzato nel 1152, o secondo altre fonti autorevoli nel 1146 dal papa Beato Eugenio III, ma solo nel 1200 fu raggiunto nel canone dei santi dalla moglie Cunegonda.
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Da una «Vita antica» di sant'Enrico.

Questo santo servo di Dio, ricevuta l'unzione regale, non fu contento delle ristrettezze di un regno terreno, ma, per conseguire la corona della vita immortale, si propose di militare sotto le insegne del sommo Re. Servire lui è regnare! Perciò usò grandissima diligenza nel diffondere l'amore alla religione, nell'assicurare alle chiese benefici e suppellettili preziose. Stabilì nel suo stesso palazzo la sede episcopale di Bamberga sotto i titoli dei principi degli apostoli Pietro e Paolo e del glorioso martire Giorgio. Ne fece omaggio con diritti particolari alla santa Chiesa di Roma, per rendere alla prima Sede l'onore dovutole per diritto divino. Con questo alto patronato diede solide basi alla sua fondazione.

Perché poi a tutti sia noto con quale vigilanza quest'uomo santo abbia provveduto la sua nuova chiesa dei beni della pace e della tranquillità anche per i tempi futuri, inseriamo qui, a conferma, una sua lettera: «Enrico per divina Provvidenza re, a tutti i figli della Chiesa presenti e futuri. Siamo invitati e ammoniti dai salutari insegnamenti della Sacra Scrittura di abbandonare i beni temporali e le comodità di questa terra e cercare con ogni mezzo di conseguire le dimore eterne dei cieli. Infatti il godimento della gloria presente è transitorio e vano, a meno che non sia orientato all'eternità celeste. E la misericordia di Dio provvide al genere umano un utile rimedio quando stabilì che i beni della terra fossero il prezzo della patria celeste.

Perciò a noi, memori di questa clemenza e ben sapendo di essere stati innalzati alla dignità regale per una gratuita disposizione della misericordia di Dio, è parsa cosa buona non solo di ampliare le chiese costruite dai nostri predecessori, ma di costruirne delle nuove a maggior gloria di Dio e dotarle di benefici e favori in segno della nostra devozione. Perciò, porgendo vigile ascolto ai comandamenti del Signore e osservando i divini consigli, desideriamo mettere in serbo in cielo i tesori elargiti dalla generosa liberalità divina; in cielo dove i ladri non sfondano né rubano, né il tarlo o la tignola li consumano; in cielo dove, mentre ora ci diamo premura di raccogliervi tutte le nostre cose, anche il nostro cuore possa rivolgersi più spesso con desiderio e con amore.

Pertanto vogliamo che tutti i fedeli sappiano che noi abbiamo innalzato alla dignità di prima sede episcopale una località che si chiama Bamberga, lasciataci in eredità dal nostro padre, perché là si mantenga un solenne ricordo di noi e dei nostri genitori e si offra continuamente il sacrificio di salvezza per tutti i fedeli».


ORAZIONE

O Dio, che hai colmato dei tuoi doni Sant’Enrico
e dalla regalità terrena lo hai innalzato alla corona eterna, 
assisti e proteggi i tuoi fedeli, perchè tra le vicende del mondo
corrano incontro a te nella giustizia e nella santità. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, 
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, 
per tutti i secoli dei secoli. Amen.


Autore: 
Don Fabio Arduino
AMDG et DVM

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